Le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità sono disciplinate dell’art. 54 D.lgs., 28 agosto 2000, n. 274, con riferimento all’art. 186 Codice della Strada.
L’art. 186 Codice della Strada, che vieta la guida di veicoli in stato di ebbrezza, incrimina, a titolo di contravvenzione, la relativa infrazione, qualora sia accertato un tasso alcolemico di valore superiore alle soglie indicate nella norma.
Il successivo comma 9-bis stabilisce che, fuori dei casi in cui dal fatto sia derivato un incidente stradale, le pene dell’arresto e dell’ammenda possano essere sostituite, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell’imputato, con la sanzione del lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 54 D.lgs. n. 274 del 2000, da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale.
Il lavoro di pubblica utilità ha, in ogni caso, durata corrispondente a quella della pena detentiva irrogata e del ragguaglio a quest’ultima della pena pecuniaria, in ragione di un giorno di lavoro ogni 250 euro.
La Corte di legittimità ha ripetutamente affermato che l’individuazione delle modalità attuative della predetta sanzione sostitutiva è demandata al giudice procedente, che non può imporre oneri al condannato, il quale ha la facoltà di sollecitare l’applicazione della sanzione sostitutiva, ovvero può limitarsi a dichiarare di non opporsi ad essa, ma non è tenuto ad indicare l’ente o la struttura presso la quale svolgere il lavoro di pubblica utilità, né ad avviare il relativo procedimento esecutivo (Cass., Sez. 4, n. 36779 del 03/12/2020; Sez. 1, n. 7172 del 13/01/2016; Sez. 1, n. 35855 del 18/06/2015; Sez. 4, n. 20043 del 05/03/2015).
Dopo che il Pubblico ministero competente abbia dato impulso all’esecuzione, è compito dell’Ufficio locale di esecuzione penale esterna di verificare l’effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità.
In caso di mancato avvio del medesimo, o di altra violazione connessa al suo
svolgimento, il giudice dell’esecuzione, tenuto conto di tutte le circostanze del
caso, procede alla revoca della pena sostitutiva e ripristina quella sostituita, ferma l’eventuale integrazione del reato di cui all’art. 56 D.lgs. n. 274 del 2000.
Non vi è dubbio che nel caso in cui è stata operata la sostituzione della pena principale con il lavoro di pubblica utilità, è onere dell’autorità giudiziaria – e non del condannato – l’avvio del procedimento finalizzato allo svolgimento dell’attività lavorativa individuata (Cass., Sez. 1, n. 15861 del 17/09/2020, che, in applicazione del principio, ha annullato con rinvio l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che aveva revocato la sanzione sostitutiva sulla base della sola inerzia del condannato senza verificare se il pubblico ministero avesse avviato la fase esecutiva con la notifica all’interessato dell’ordine di esecuzione e la contestuale ingiunzione ad attenersi a quanto prescritto in sentenza).
Ciò non esclude che il condannato possa, senza attendere l’iniziativa del pubblico ministero, legittimamente dare avvio all’esecuzione della sanzione sostituiva, prestando spontaneamente il lavoro di pubblica utilità presso l’ente indicato nella sentenza irrevocabile.
Corte di Cassazione Sez. 1 n. 11264 Anno 2022