Il Tribunale di Brescia con ordinanza rigettava l’istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova proposta dall’imputato in quanto
“pur sussistendo in astratto i presupposti edittali per il beneficio della messa alla prova, difettava la seria volontà dell’imputato di eliminare le conseguenze dannose e pericolose del reato, non solo per le difficoltà economiche dello stesso ma soprattutto per il suo atteggiamento fortemente denegatorio della propria responsabilità penale”.
Il rigetto dell’istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova si sostanzia nella mancata ammissione da parte dell’imputato del reato contestato, ponendosi a parere del Tribunale, come ostacolo ad un idoneo percorso di risocializzazione del reo a cui l’istituto deve tendere.
L’ordinanza del Tribunale è stata impugnata dall’imputato con ricorso per Cassazione.
La sentenza della Suprema Corte può essere così sintetizzata:
- L’ordinanza di sospensione del procedimento con la messa alla prova è un provvedimento basato su una serie di accertamenti che il Giudice è chiamato a compiere sulla base del compendio probatorio sottoposto al suo esame.
- In primis, ai fini dell’ accoglimento dell’istanza di sospensione così come previsto dall’art.464 bis e seguenti C.p.P., il Giudice deve accertare l’insussistenza, dei presupposti di una pronuncia di proscioglimento a norma dell’art. 129 C.p.P.
Se ne desume che l’accertamento dell’insussistenza, allo stato degli atti, dei presupposti di una pronuncia di proscioglimento a norma dell’art. 129 C.p.P, unitamente al consenso dell’imputato che si esplica nella richiesta di messa alla prova, consente di fondare l’attribuzione del fatto- reato al richiedente e costituisce un fondamento giustificativo alle misure in cui si concretizza la messa alla prova.
Non è, pertanto, necessario l’ammissione del fatto da parte dell’imputato.
E comunque l’ammissione del fatto da parte dell’imputato è estranea al novero dei requisisti della sospensione del procedimento con messa alla prova delineati dalla Legge n. 67 del 2014.
Sul piano sistematico inoltre l’ammissione del fatto da parte dell’imputato risulta incompatibile con l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova. Invero in caso di revoca dell’ordinanza che concede la messa alla prova il procedimento riprende il suo corso, e, pertanto, all’ammissione del fatto-reato rivelerebbe profili di tensione delle garanzie sostanziali e processuali dell’imputato.
Nella stessa prospettiva occorre rilevare che, a norma dell’art. 464 quater C.p.P. ai fini della pronuncia dell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova il Giudice, in base ai parametri di cui all’art. 133 C.p., deve reputare idoneo il programma di trattamento e ritenere che l’imputato si asterrà in futuro dal commettere ulteriori reati.
E anche sotto tale profilo, ai fini dell’ accoglimento della istanza di sospensione per messa alla prova, non è previsto il requisito dell’ammissione del fatto – reato da parte dell’imputato.
In conclusione ne deriva che l’ammissione del fatto – reato da parte dell’imputato non rappresenta un presupposto necessario ai fini della pronuncia dell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova.
La Corte di Cassazione accogliendo il ricorso dell’imputato annullava quindi l’ordinanza impugnata.