La consulenza legale gratuita on line è una consulenza che si svolge on line, ovvero senza il necessario incontro dal vivo tra il professionista e l’assistito, e si sostanzia nella preventiva formulazione di un quesito e nella successiva redazione di un parere a carattere giuridico senza nessun tipo di onere o compenso economico a carico della parte che formula la questione.
Per tali ragioni, occorre sin da subito evidenziare quanto segue:
- la consulenza legale gratuita on line è possibile solo in tutti quei casi in cui la questione giuridica/legale rimanga ad un livello teorico e di mero dubbio e possa consentire la libera formulazione di un parere legale che si sostanzia, nella specie, in un consiglio professionale.
- la consulenza legale gratuita on line non può in alcun modo sostituire l’assistenza legale di un professionista avvocato, (attività esclusivamente a titolo oneroso) che previa valutazione e studio del caso può fornire tutte le più ampie possibilità di risoluzione della controversia, sia giudiziali che stragiudiziali.
Per accedere al servizio di consulenza legale gratuita on line è necessario compilare il modulo sottostante “Lascia un Commento” in ogni sua parte, specificando, nel form “Commento” nel dettaglio, il vostro quesito (nel limite massimo di 300 parole).
E’ necessario porre la questione in modo chiaro e semplice, con indicazione di tutti gli elementi utili che possano consentire la formulazione di un parere aperto, con indicazione di eventuali procedure da seguire.
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La risposta al quesito on line potrà avvenire entro le 48 ore successive alla richiesta formulata e sarà visualizzabile nella sezione “Risposte” (sezione aperta e visibile anche agli altri utenti della rete).
Bonasera , ho letto sopra che per accedere al servizio di consulenza legale gratuita on line è necessario compilare il modulo sottostante “Lascia una Risposta”,
poiché ho trovato solo questo modulo per un commento spero vada bene ugualmente.
Vorrei sapere se , attraverso procedimento legale per sfratto e recupero morosità si può ottenere tale recupero da una persona che è consulente e non dipendente da una ditta che si conosce.
grazie
Gentile Sig. Claudio,
le possibilità di recuperare le somme inevase del canone di locazione dipendono da molti fattori.
Ovviamente lo sfratto per morosità è finalizzato alla liberazione dell’immobile e l’azione di recupero ad ottenere la condanna al pagamento di quanto dovuto.
Il fatto che il conduttore moroso sia consulente di un ditta può significare che lavora con partita iva, o con altre tipologie contrattuali diverse dal lavoro dipendente. Questo comporta che, ottenuta il provvedimento costituente titolo esecutivo per il recupero delle somme, dovrà poi attivarsi con l’azione esecutiva. A questo punto sorgono i problemi. Perchè a meno che il consulente non abbia un contratto continuativo seppure non da lavoro dipendente con la ditta e quindi incarichi con scadenze prestabilite per i pagamenti dei suoi compensi, difficilmente riuscirà ad ottenere qualcosa con il pignoramente presso terzi, ovverosia presso il datore di lavoro. E’ chiaro che in questo caso è preclusa la possibilità di pignorare il quinto dello stipendio, in quanto il consulente non è stipendiato dalla ditta.
Quindi, potrebbe provare ad agire con un pignoramento presso terzi, provando, se del caso, a pignorare gli eventuali crediti del consulente verso la ditta (trovo difficile credere che questa azione possa sortire gli effetti sperati).
Altro percorso consiste nel provare a rintracciare i conti correnti d’appoggio del consulente ed agire con pignoramento sul conto.
Il punto è che se un debitore è aggredibile, ovvero a beni alla luce del sole, le azioni di recupero daranno i frutti sperati, altrimenti i problemi sono seri.
Le auguro di riuscire nella sua impresa.
La saluto cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buona sera
Io invece sono affituaria da 20 anni, rispettato sempre I pagamenti.
La proprietaria è deceduta da oltre un anno non si fa vedere nessuno fino ad ogni. Ho ricevuto una racc dal gestore comunale che dice che sono morosa e devo pagare entro 10gg. La proprieta è stata donata al comune, io sono sepatata non ricevo soldi da nessuno ho uno stipendio basso e un figlio a carico.
Gentile Signora
se la proprietà dell’immobile è stata donata al Comune lo stesso subentra nel rapporto di locazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve sto impazzendo ho un contratto di locazione di 4+4 con rinunzia di disdetta del contratto alla prima scadenza fatto eccezione ad adibire l’immobile ad usi o opere ….a luglio scadono i primi 4 anni e la proprietaria mi ha mandato disdetta xchè vuole vendere l’immobile… Se è proprietaria di altri immobili lo può fare?
Gentile Signora
ai sensi dell’articolo 3 Legge sulle locazioni abitative -Legge n. 431/1998) il locatore nei contratti di locazione c.d 4+4 (ovvero di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di altri quattro anni) alla prima scadenza il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, per i seguenti motivi:
quando il locatore intenda destinare l’immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;
b) quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l’immobile all’esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità;
c) quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;
d) quando l’immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;
e) quando l’immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l’integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all’ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell’immobile stesso;
f) quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l’immobile senza giustificato motivo;
g) quando il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
Ne consegue che la risoluzione anticipata ovvero alla prima scadenza del contratto di locazione con lo scopo di vendere a terzi l’immobile è consentita solo se il locatore non abbia altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve sono una ragazza di 18 anni un anno emmezzo fá ho denunciato il mio ragazzo perche una sera mi ha alzato le mani e essendo minorenne i miei genitori quando mi hanno visto mi hanno portato in ospedale a fare le foto dei lividi e dal ospedale poi sono andata in caserma e denunciare, dopo 2 settimane dalla denuncia ci sono tornata assieme ora conviviamo e quelle cose non succedono più però ho semore il pensiero che quella denuncia possa arrivare da un giorno all’altro altro, ora non ho capito bene nemmeno se mi hanno fatto fare una denuncia o una querela i carabinieti perché non spiegano niente, sta di fatto che non riesco a capire se l’hanno archiviata o se la denuncia sta procedendo e in tal caso come devo muovermi per farla archiviare? Posso archiviare anche se e passato tanto tempo, ora che le cose si sono sistemate e sto bene non vorrei che arrivi da un giorno all altro
Gentile Signora
la querela sporta l’anno scorso farà il suo corso presso gli organi giudiziari competenti (Tribunale o Giudice di Pace – a seconda del reato indicato nella querela) mentre per la remissione della querela occorre capire che tipo di reato è stato contestato al suo compagno ovvero se un reato perseguibile a querela della persona offesa o perseguibile d’ufficio. Tenga presente che solo “Nei delitti punibili a querela della persona offesa, la remissione estingue il reato” (art. 152 Codice penale). L’archiviazione è altro istituto giuridico e viene disposta dal Pubblico Ministero per infondatezza della notizia di reato (art. 408 Codice di procedura penale); qualora manchi una condizione di procedibilità dell’azione penale o che la persona sottoposta alle indagini non è punibile ai sensi dell’articolo 131 bis del codice penale per particolare tenuità del fatto (art. 411 Codice di procedura penale) o quando è ignoto l’autore del reato (art. 415 Codice di procedura penale). Pertanto le consiglio di informarsi anche tramite un avvocato di sua fiducia sullo stato delle indagini, sulla tipologia del reato contestato al suo compagno, e sulla eventuale remissione della querela (giudiziale o extragiudiziale).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve.
Vi sto scrivendo perché mio zio, ha trovato una signora fuori regione volenterosa di comprare una vecchia casetta, da ristrutturare ovviamente a spese della signora, stimata 40.000€ per la vendita.
Io, mia madre e mio fratello abbiamo dovuto fare la successione in quanto mio padre è morto anni fa quindi siamo gli eredi. Questo Zio, non ci ha mai cercati né spiegato la situazione, tanto che siamo stati informati dalla figlia della sorella di mio padre.
La signora in questione che voleva comprare casa, si è tirata indietro all’improvviso, dicendo di aver impiegato troppo tempo con le pratiche( causa Covid e causa Giudice per mio fratello autistico). Però, siamo venuti a conoscenza che questa signora abbia dato una CAPARRA di 10.000 € a mio zio, divisibile per 4. Questa caparra, però, l’hanno fatta risultare come una vendita di un Rolex (inesistente).
Ora, mio zio non vuole darci i soldi perché dice che dobbiamo aspettare almeno 2-3 mesi nella speranza che la signora non si rivolga ad un avvocato per ricevere indietro questa caparra. Ma il mio dubbio è: come può chiamare un avvocato se tutto ciò che hanno fatto sarebbe ILLEGALE? Considerando il fatto che la signora avrebbe dato dei soldi per un Rolex inesistente, invece che per una casa. E considerando anche che inizialmente, volevano fare tutto ciò anche con il notaio, ovvero dare 20 Mila € “in nero”, e 20mila € segnalati.
Cosa dovremmo fare in questo caso? Ho la sensazione che questi soldi non li vedremo mai più, in quanto non è la prima volta che questo zio si comporta in questo modo riguardo l’argomento “vendita casa”.
Spero davvero che qualcuno possa aiutarci
In attesa di una risposta, vi ringrazio anticipatamente e vi auguro un buon proseguimento di giornata.
Gentile Signora
sinceramente la situazione non mi appare molto chiara. In primo luogo se c’è il versamento di una caparra deve esserci un preliminare di vendita (la caparra non è altro che un anticipo sul prezzo della compravendita). Se il futuro acquirente si ritira dall’affare e non intende più acquistare l’immobile, (risultando inadempiente) la caparra può essere trattenuta dal venditore. Viceversa se è il venditore a rivelarsi inadempiente, il compratore avrà diritto al doppio della caparra. Ora tali operazioni avvengono solitamente davanti ad un notaio che stipula il contratto preliminare e la somma di denaro versata deve avere una sua tracciabilità. Inoltre davanti allo stesso notaio o comunque in sede di stipula del contratto preliminare con versamento della caparra devono comparire oltre al futuro acquirente anche la parte venditrice (proprietaria dell’immobile), ovvero nel caso di specie: lei, sua madre e suo fratello. A tal guisa non riesco a capire il ruolo di suo zio, rispetto al quale non riesco ad anticipare alcun suggerimento in merito ad eventuali comportamenti o azioni di tutela.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
La mia situazione è la seguente: ho un pignoramento in corso dove mi pignoreranno 1/5 dello stipendio per una causa di lavoro persa durante la pandemia.. Oltre a questo ho un prestito sempre periodo pandemia con la società. Se non riusciamo a pagarlo come fanno a pignorarmi 1/5 dello stipendio se già è pignorato ?
Grazie.
Cordiali Saluti.
Egregio Signore
in via generale, salvo casi specifici, il pignoramento dello stipendio non può superare il limite di un quinto, (il quinto deve essere calcolato sull’importo netto dello stipendio). Nell’ipotesi in cui sopravvenga un secondo creditore quest’ultimo potrà agire sullo stipendio solo dopo il primo creditore, ovvero quando il primo pignoramento sarà estinto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Per favore vorrei sapere come posso fare per recuperare dei soldi dati ad un privato come prestito personale con un bonifico. La somma doveva essermi restituita entro un mese e sono passati 2 anni.
Devo denunciarlo??
Grazie
Gentile Signora
credo che l’unico modo, dal momento che sono passati due anni dal prestito, sia quello di agire per via giudiziale, mediante atto di messa in mora a firma di un avvocato di sua fiducia con raccomandata con avviso di ricevimento e in caso di esito negativo mediante azione giudiziaria. Tenga conto che il ternmine di prescrizione è quello di dieci anni che decorre dal giorno in cui è avvenuto il prestito ovvero il bonifico.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Chiedo scusa avvocato può spiegarmi cos’è l’atto di messa in mora? Io purtroppo non conosco avvocati.
Grazie Maria D’Amicis
Gentile Signora
L’atto di costituzuione in mora, atto stragiudiziale, è una intimazione scritta, redatta secondo il disposto di cui all’art. 1219 Codice civile “Il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto”. L’intimazione fatta per iscritto è diretta ad ottenere l’adempimento di una determinata prestazione a carico del debitore. Pertanto con l’atto di messa in mora si invita il debitore ad adempiere entro un determinato termine fissato nella lettera.
L’atto di messa in mora deve eesere inviata al destinatario con raccomandata con ricevuta di ritorno e lo stesso consegue il fine dell’interruzione della prescrizione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie .
Cordialmente Maria d’Amicis
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Salve,
mi chiamo Isabella e sono un’autrice esordiente.
L’11 ottobre 2018 mi é stato mandato un contratto da parte di una casa editrice mo profit che ha scelto il mio manoscritto( che ho firmato e restituito a loro insieme a copia di un mio documento di riconoscimento).
Da Divembre in poi sono a Giugno 2019 sembravano persone serie…. mi avevano affidata ad un editor e mi mandano la seconda verifica dell’impaginato e do il mio ok.
Arriva il 31 luglio, li scrivo con largo anticipo x dire loro k il 19 agosto avrei fatto la mia presentazione ufficiale, in paese, e k m servivano 30 copie cartacee…..la data prevista nn é stata rispettata ed è saltato tutto(ho perso pure soldi per le locandine e gli inviti k avevo stampato).
Ad Agosto vendo qualche copia e un mio amico mi fa notare che c’erano refusi ed errori nel testo.
Mi arrabbio e mando loro delle mail( visto che era l’unica forma di comunicazione) e loro mi hanno colpevolizzata del fatto che io avessi dato loro il ‘visto stampi’…del quale non avevo ben chiara l’idea di cosa fosse realmente!
Dopo diverse parole esce fuori che erano disposti a correggere di nuovo il tutto, che loro non riscontravano errori e che glieli avrei dovuti far notare correggendo l’intero testo. A novembre 2019 hanno voluto i soldi dei libri venduti e mi hanno chiesto se avessi provveduto a correggere (io dovevo farlo) il testo è a Dicembre mi rispondono che l’editor stava controllando la revisione.
A gennaio 2020 mi mandano il nuovo impaginato e mi chiedono il visto stampi…. ma io riscontro ulteriori errori e a febbraio chiedo di avere il file in formato word per poterlo correggere da sola. Mi rispondono che non é possibile perché va conservata l’impaginazione del libro e quindi avrei dovuto fornire loro l’ennesima lista su word con le correzioni da apportare…….dal 24 febbraio al 6 marzo riesco a correggere l’intero testo e gli mando tutto….. nel frattempo scoppia Il covid e per mesi non ricevo notizia.
Li contatto il 13 maggio 2020 ma non ricevo risposta alcuna tramite email, allora provo su Messenger( hanno una pagina Facebook che seguo e mi accorgo ke non si sono fermati durante la pandemia)e chiedo loro di essere contattata dal direttore della casa editrice.
Il 22 luglio scrivo nuovamente e solo il 28 luglio ricevo risposta(dopo 4 mesi di silenzio) e il direttore mi dice k di stava cercando di tornare in carreggiata e che avrebbe contattato l’editor per farmi sapere notizia del mio libro….e chiedo il numero di Cel del direttore.
Passano agosto settembre ottobre e novembre( io a settembre vado e mi rompo una vertebra inoltre)….. arrivata a giorno 13
A marzo 2020 gli mando la revisione completa…… e poi il silenzio totale(sono scomparsi per mesi) e chiamo il direttore oltre ad una ennesima mail( essendo domenica non vuole darmi corda e mi liquida dicendomi che sarei stata contattata nei giorni seguenti).
Giorno 14 dicembre 2020 mi dice che la distruzione non richiede più il mio libro, k nn suscita interesse e che l’editore non è intenzionato ad avallare investimenti sulla Ri-lavorazione del testo, né sulla ristampa…….
Mi rivolgo a voi ora per cercare di capire come posso difendermi.
Io sono vincolata x 3 anni( ho perso tempo ed altre occasioni perchè diverse case editrici mi avevano contattata) e ora che le copie sono andate al macero e nncircolava più il libro ha perso interesse.
Mi hanno mandato un modulo di risoluzione contrattuale da restituire loro firmato.
Gentile Signora
per rispondere al suo quesito sarebbe opportuno, oltre che necessario, leggere il contratto stipulato tra lei e la casa editrice, in relazione alla durata e agli obblighi delle parti. Certamente da quello che lei scrive vi sono stati diverse negligenze da parte della società editrice e infine la stessa richiede la risoluzione consensuale del contratto. Le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia, il quale previo esame della documentazione e, in primis del contratto, può esaminare la questione nel merito ed indirizzarla verso la soluzione più congeniale. Se lei ritiene che la “negligenza” della casa editrice le abbia comportato un danno è necessario agire in via giudiziale, azione che deve essere valutata anche sotto il profilo di opportunità e di convenienza, in quanto ha dei costi, in caso contrario può accettare la risoluzione consensuale del contratto e rivolgersi ad altra casa editrice. Si tratta di azioni che devono essere valutate nel merito con l’assistenza di un professionista di fiducia.
Colgo l’occasione per augurarle Buon Natale
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,
cosa posso fare se sono nato in italia da genitori extracommunitari,residente nella regione dalla nascita,ma ho il permesso di soggiorno scaduto da oltre 60 gg,per motivi personali non ho potuto rinnovarlo.Ho 22 anni.Cosa potrei fare?
Cordiali saluti.
Le consiglio di provvedere al rinnovamento del permesso di soggiorno, il prima possibile.
Buongiorno, vorrei informarmi di più riguardo le denuncie per mancato mantenimento. Premetto che ho 18 anni, non conosco mio padre e fino a due anni fa ho sempre vissuto con mia madre; da due anni vivo invece con i miei nonni, dal momento che mia madre soffre di un disturbo che la porta ad accumulare di tutto in casa, a tal punto che io ho scelto di mia volontà di non volerci più vivere, date le condizioni davvero penose. Da quando vivo con i miei nonni sono loro a mantenermi, e io non lo trovo giusto, ma mia madre non vuole saperne, incolpandomi perchè “sono andata via di casa ingiustamente” come afferma lei.
È possibile sporgere denuncia per mancato mantenimento? Ci tengo a precisare che ho scelto di non vivere più in quella abitazione perchè è davvero invivibile oltre che malsana.
Grazie mille per l’attenzione
Gentile Signora,
l’obbligo genitoriale (di entrambi i genitori) di mantenimento del figlio a norma degli artt. 147 e 148 del Codice Civile, non cessa con il raggiungimento della maggiore età di quest’ultimo, ma solo con il raggiungimento dell’indipendenza economica (con la quale si intende una attività lavorativa definita stabile e che possa consentire al figlio un tenore di vita adeguato e dignitoso). Si precisa che entrambi i genitori deve concorrere al mantenimento del figlio, anche maggiorenne e non economicamente indipendente. Ne consegue che l’onere della prova per la cessazione dell’obbligo del mantenimento del figlio maggiorenne spetta al genitore il quale dovrà a provare che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività produttiva di reddito (o il
mancato compimento del corso di studi) dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, ho un quesito relativo alla successione ereditaria.
Mio zio è il più giovane di quattro fratelli, essendo gli altri tre tutti deceduti da tempo (uno dei tre era mio padre).
Mio zio non ha più i genitori né i nonni e inoltre non si è mai sposato né ha avuto figli.
Dei quattro fratelli solo mio padre ha avuto figli (io e le mie due sorelle).
Mio zio ha anche una cugina, figlia della sorella di sua mamma.
Stando a quando leggo su vari siti internet, in assenza di testamento, io e le mie due sorelle dovremmo essere i soli eredi legittimi di mio zio per l’intera l’eredita, spettando quindi un terzo ciascuno.
Gradirei vostra cortese conferma della mia corretta comprensione. Grazie.
Cordiali saluti
Egregio Signore
esattamente come lei scrive l’eredità si devolve ai discendenti (nel caso specifico lei e le sue sorelle in qualità di nipoti e quindi di parenti in linea collaterale di 3° grado) per il combinato disposto degli artt. 565 del Codice Civile e 572 Codice civile (quest’ultimo soltanto in mancanza di discendenti, genitori, ascendenti, fratelli o sorelle e i loro discendenti).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Vi espongo il mio problema
Il mio compagno (nessun rapporto di parentela tra noi, ma viveva sotto il mio tetto tenendo la residenza a casa sua in altro comune) a giugno 2018 ha acquistato una Toyota Yaris con finanziamento Toyota al 100%.
Il 19 dicembre è deceduto senza lasciare alcuna disposizione sui beni. Unica erede la sorella che vive in condizioni indigenti non ha alcun reddito, e ha problemi di salute ( mentali e fisici e non vuole essere aiutata da nessuno, quindi è abbandonata a se stessa).
L’auto in questo momento è parcheggiata in un parcheggio pubblico soggetto a furti e vandalismo nel mio comune, ma, pensavo, nel week end di trasferirla presso la residenza del defunto, che ha un cortile recintato essendo vecchia casa di ringhiera, per preservarne il più possibile l’integrità e la sicurezza. Le chiavi le consegnerò alla sorella ? Non vorrei essere denunciata per furto o appropriazione indebita. (Anche se i documenti dell acquisto e della finanziaria li ho io, io ero presente all’acquisto e ho versato la caparra di 500 euro dal mio conto personale, ma è tutto intestato a lui)
Ho scritto alla finanziaria dicendogli che la macchina è a loro disposizione di venirla a prendere. i rid bancari delle rate sono stati bloccati ( i soldi non sono sufficienti per saldare l’auto ora il conto è di circa 5000 euro e lui era un dipendente pubblico, la successione non sarà svolta velocemente, e la sorella non è assolutamente in grado di prendersi in carico un auto e soprattutto di pagarla), e la macchina non può essere rilevata da nessuno nemmeno da me che ho giá un auto e non ho disponibilità economiche.
La finanziaria mi ha risposto presentandomi il conto a saldo della vettura intestato al deceduto, cosa ne devo fare ?
Gli ho ribadito che non può essere saldata e che è a loro disposizione. Mi hanno risposto che loro non la possono prendere in carico e che io devo cercare un concessionario disponibile al ritiro. Ma la macchina è di proprietà del deceduto non è mia. Per coscienza
ho contattato il concessionario dove è stata acquistata e attendo risposta, ma so già che mi diranno che loro non possono fare nulla, almeno credo.
Comunque io non ho nessun diritto in merito, almeno credo. E doveri? se si, quali? Oltre quello di cercare di tutelare la sorella il più possibile anche se non sono una parente ?
Cosa devo fare? Perfavore aiutatemi
Grazie
Katia
Gentile Signora,
permetta, in primis, di esprimerle il cordoglio per la perdita del suo convivente.
Quanto alla macchina, se si limita a spostarla in un posto più sicuro, direi che non ci sono problemi. L’unica erede, in assenza di disposizioni testamentarie diverse, è la sorella a cui ben fa a riconsegnare le chiavi. Per sicurezza, se la sorella è in grado, dovrebbe farsi firmare un verbale di consegna delle chiavi dell’autovettura, onde evitare problemi un domani. Certo è che, con il finanziamento che grava sull’autovettura, e considerate le condizioni economiche della sorella, sarebbe cosa utile per la stessa rinunciare formalmente all’eredità. Vero è d’altro lato che se la sorella accetta l’eredità, non vedo come la finanziaria possa aggredirla economicamente, salvo abbia beni particolari intestati. Alla finanziaria non resterebbe altro che rifarsi sull’autovettura.
Ovviamente, se la sorella avesse un tutore, un amministratore di sostegno, allora lei ben farebbe a comunicargli il decesso del fratello affinchè lo stesso si muova di conseguenza. Ma da quanto ho capito, la sorella non ha nessun ausilio.
I suoi doveri? Lei sta adempiendo pienamente ai suoi doveri, informando la sorella e restituendole l’autovettura. Se vuole, per ulteriore correttezza può informare l’istituto di credito dove è acceso il conto del defunto. La banca provvederà, se del caso, alle verifiche e congelerà le somme ivi giacenti in attesa di una formale presentazione della dichiarazione di eredità.
Per il resto, direi che può stare tranquilla.
Cordialmente
Avv. Francesco Meatta
Buongiorno. Siamo un condominio di 3 piani, 7 abitazioni e tre rimesse interrate. La maggioranza è d’accordo che le spese luce e scale vengano ripartite in base al C.C. 50% in base alla tab. A e 50% in base all’altezza ( art 1123). Due condomini, ovviamente dei piani più alti, dicono che vanno divise solo in base alla tab A perché così dice il regolamento condominiale contrattuale. Dividendo le spese in tab A il proprietario del PT andrebbe a pagare pulizia scale e luce di più rispetto ai piani più alti. Premetto che con una delibera, assunta all’unanimità, nel 2010 é stato deciso di redigere un nuovo regolamento condominiale e di abbandonare le vecchie tabelle millesimali allegate ad esso perché entrambe considerati obsoleti ed errati, ( all’epoca gli faceva comodo) oltretutto quel regolamento non fu mai trascritto all’ufficio delle entrate e manca di numero, firma, timbro e date. Gli ultimi due acquirenti non ce l’hanno neanche citato nell’atto.Le tabelle furono redatte da un tecnico e regolarmente approvate ma il regolamento non più. Questo per risparmiare e perché non superando i dieci proprietari
( teste) non ci sentivamo obbligati. Oggi peró rivendicano il vecchio regolamento contrattuale per i motivi di cui sopra e perché adducono che quella delibera sia nulla. Ma non l’avevamo disconosciuto all’unanimità? La vecchia delibera, mai impugnata, non dovrebbe valere ancora? Possiamo approvare a maggioranza che la ripartizione venga fatta in base alle norme del C.C. o che non ci riteniamo vincolati a quel regolamento, tanto più che siamo 8 proprietari ? Grazie
Ovviamente potete deliberare a maggioranza e seguire la precedente delibera al fine di ripartire equamente Tab A e altezza piani le relative spese che le ha indicate. I condomini contrari potranno, semmai, impugare la delibera che voi approverete. Insomma, se la delibera è nulla, o illegittima non può essere stabilito a voce da alcuni condomini. La delibera che si ritiene illegittima dovrà dagli stessi semmai essere impugnata nelle sedi opportune.
Cordialmente
Avv. Francesco Meatta
Salve ho un dubbio, e vorrei se possibile un chiarimento.
Ho una cessione e delega di pagamento in corso.
Più un prestito, che sto cercando di Pagare ma non in modo regolare purtroppo.
La finanziaria mi ha prospettato, mi ha prospettato un probabile, pignoramento presso terzi.
Quello che mi chiedo se è in che misura la fibanziaria può pignirare lo stipendio, tenendo conto delle cessioni e deleghe in busta paga e dei nuovi limiti del DL 83/2015
In modo se sarà il caso fare una eventuale opposizione
Vi sarò grato se potete fornirmi una risposta grazie infinite
Il pignoramento è possibile nella misura di 1/5 dello stipendio tolti contributi ritenute previdenziali e la cessione del quinto. Consideri quindi il suo stipendio base netto, decurti la cessione del quinto, e avrà la base su cui calcolare il quinto pignorabile. Se la cessione assume, come vede, rilievo ai fini del calcolo del quinto, non assume invece rilievo la delega.
Cordialmente
Avv. Francesco Meatta
Grazie mille
Buonasera,
vorrei chiedere un’informazione riguardante la prescrizione di una richiesta di pagamento da parte di un legale.
Praticamente questo legale ha fatto nell’anno 2015 (aprile – giugno 2015) due decreti ingiuntivi per me (per fatture non pagate da parte di clienti). Prima di iniziare ho chiesto più volte quanto mi costerebbe tutto il procedimento in caso il cliente non dovrebbe pagare. La riposta dell’avvocato era sempre che io non dovrai pagare niente, perché il debitore deve pagare anche le spese insieme con le mie fatture non saldate. A un certo punto con il decreto ingiuntivo un cliente ha pagato la mia fattura (giugno 2015) ma non le spese del procedimento, l’altro cliente non ha pagato niente.
A questo punto l’avvocato mia ha comunicato tramite semplice email (nel aprile 2016), senza fattura, senza messa in mora che voleva il suo onorario e le spese da me (500 Euro + 570 Euro= 1070 Euro). Non ho sentito più niente fino dicembre 2018. Mi arriva una raccomandata con richiesta di pagamento della somma e messa in mora.
Le mie domande: Le richieste di pagamento non sono prescritte dopo tre anni o vale la semplice email di aprile 2016 come interruzione della prescrizione? Non serve una fattura per la messa in mora? Come mi devo comportare? L’avvocato prima non aveva mai detto che io dovrei sostenere questi costi, come descritto sopra.
Vi ringrazio già in anticipo per il Vs. prezioso consiglio!
Egregio Signore
il professionista avvocato ha il termine di tre anni (definito termine di prescrizione) per poter richiedere il pagamento dei suoi onorari (sul punto la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che il termine di prescrizione del diritto al compenso decorre dal giorno in cui è stato espletato l’incarico commesso, e non già dal compimento di ogni singola prestazione professionale in cui si articola l’obbligazione). Se il titolare, nella specie il professionista, non esercita il diritto in tale periodo stabilito dalla legge, il diritto stesso si prescrive ovvero si estingue (art. 2934 C.c.). Per converso, se nel periodo stabilito dalla legge, nella specie tre anni, intervengono atti interruttivi inizia un nuovo periodo di prescrizione (art. 2945 C.c.). Più precisamente l’interruzione fà si che il tempo anteriormente trascorso non ha più alcun valore e pertanto inizia a decorrere, per intero, un nuovo periodo di prescrizione. In tale senso l’interruzione si verifica con determinati atti come la notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione ovvero conservativo o esecutivo (decreto ingiuntivo) e ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore (art. 2943 C.c.). Come sopra affermato tali atti interruttivi hanno l’effetto di produrre la decorrenza di un nuovo termine di prescrizione. Per quanto concerne la quantificazione dell’onorario del professionista ovvero dei vari accordi intrapresi con lo stesso non mi è consentito entrare nel merito per questioni prettamente deontologiche.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avv. Carnevale,
ringrazio molto per la Sua risposta.
Avrei una domanda per capire meglio: Per interrompere la prescrizione di 3 anni basta una semplice email con richiesta di pagamento (senza indicazione chiara della somma dovuta, scritto in questa maniera: “Quanto al dovuto per l’attività già svolta potrà anche procedere mediante bonifico su c/c attraverso il seguente codice IBAN…”) o con una semplice email senza messa in mora non si interrompe il tempo di prescrizione di 3 anni?
Grazie e cordiali saluti,
Mattia
Egregio Signore
La costituzione in mora del debitore avviene mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto (art. 1219 Codice civile). La missiva dovrà essere inviata a mezzo PEC o lettera raccomandata con ricevuta di ritorno in modo da dare esistenza e certezza del momento in cui è stata ricevuta. Le semplici email ordinarie non hanno di per sè valore di prova legale anche se il mittente ha predisposto un sistema di avviso di lettura inviato al destinatario per avere la conferma di ricevimento della mail medesima (sebbene in alcuni casi, spetta al giudice la valutazione circa il valore legale della mail tradizionale, anche in relazione agli altri elementi probatori).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera Avv. Carnevale,
ringrazio per il Suo messaggio.
Ho capito, che una semplice email non dovrebbe essere il mezzo adatto per la costituzione in mora di un debitore.
Avrei un altra domanda: La richiesta di pagamento contenuto nell’email, scritto in questa maniera (cit.): “Quanto al dovuto per l’attività già svolta potrà anche procedere mediante bonifico su c/c attraverso il seguente codice IBAN…” comunque non è valida come costituzione in mora perché formalmente inadatta o/e incompleta. Giusto?
Cordiali saluti,
Mattia
Egregio Signore
ai sensi dell’art. 1219 C.c. “Il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto”. Al di fuori della forma scritta non sono previsti ulteriori requisiti. In relazione al contenuto della richiesta di adempimento dell’obbligazione, non mi è consentito valutarla nel merito per questioni deontologiche.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
A Gennaio ho chiesto alla mia banca la possibilità di sospensione della rata capitale del mutuo chiedendo di pagare i soli interessi a causa di perdita di lavoro. Il direttore mi ha confermato la fattibilità. A febbraio per questioni lavorative di mio marito ci siamo dovuti trasferire in Australia. Ora la banca mi comunica che per sospendere la quota è necessaria la firma in mia presenza davanti a un funzionario. Io sono impossibilitata a rientrare nell’immediato e ho proposto di dare delega a mia sorella. Questo è stato rifiutato. Vorrei chiedere se la banca ha il diritto di rifiutare la delega per firmare il contratto bilaterale di modifica e se sono quindi obbligata a tornare in Italia per poter sospendere la quota.
Può inoltre esserci qualche alternativa?
Grazie
Cordiali saluti
Fiammetta
Gentile Signora
la sospensione della rata del mutuo è prevista dal Fondo di Solidarietà e può essere concessa qualora si versi in una serie di difficoltà economiche e lavorative (cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e determinato oppure in caso di gravi problemi di salute o condizione di non autosufficienza) ed è valida soltanto per la quota capitale e non per la quota relativa agli interessi che dovrà essere pagata.
La richiesta per la sospensione del pagamento delle rate del mutuo deve essere presentata in un apposito modulo indirizzato alla banca erogatrice del mutuo con l’indicazione dei motivi di sospensione e allegazione della documentazione necessaria. La domanda deve essere inoltrata alla Consap e dopo attenta verifica dei requisiti necessari per l’accesso emana parere positivo o negativo, ovvero accetta o meno l’istanza di sospensione (la suindicata premessa è relativa alla mancata conoscenza dello stato della sua istanza di sospensione della rata del mutuo).
Il modello per richiedere la sospensione del pagamento delle rate del mutuo deve essere effettuato personalmente dal richiedente o dai richiedenti in caso di mutuo cointestato. Per quanto a mia diretta conoscenza non sono previste deleghe.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve.i miei genitori acquistarono una campagna e costruirono per necessità abitativa una casa abusiva.
Alla morte di mia madre io ho ereditato una quota di questa proprietà sia del terreno che della casa insieme ai miei tre fratelli.ora è morto mio padre e dobbiamo fare la successione.se si scopre l abusivismo,io rischio di dover perdere la casa dove vivo?
Grazie
Gentile Signora
le consiglio preventivamente una verifica al catasto in merito alla esatta situazione urbanistica e amministrativa in cui versa l’immobile. Sotto il profilo giuridico i beni immobili appartenenti al de cuius al momento della apertura della successione e privi della necessaria concessione edificatoria vengono accettati dagli eredi che dovranno provvedere alla regolarizzazione urbanistica. La morte del de cuius funge da prescrizione penale mentre nell’ipotesi in cui sia stato emanato un ordine di demolizione del manufatto abusivo, anche nell’ipotesi di acquisto dell’immobile per successione a causa di morte, questo conserva la sua efficacia nei confronti dell’erede.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
vorrei chiedere cortesemente un’informazione riguardante il diritto d’autore. So che per non ledere il copyright occorre citare le fonti quando si pubblica in rete o su carta. Ma se si studiano dei libri di testo (o altri materiali) per preparare esami, concorsi ed altre prove e nella prova in questione si risponde ad una domanda su un dato argomento, scrivendo proprio le stesse parole del testo (la stessa espressione/frase/periodo), perché si è studiato in parte o del tutto a memoria, questo rappresenta una violazione del diritto d’autore o no?
Grazie infinite.
Cordiali saluti.
Gentile Signora
la fattispecie che lei delineata rientra nel cd. diritto di citazione, ovvero il diritto di menzionare alcune parti tratte da una opera dell’ingegno tutelata dal diritto d’autore. In tal caso la riproduzione parziale dell’opera è libera e può avvenire secondo le regole stabilite dal diritto d’autore, e principalmente non devono sussistere finalità commerciali. Il diritto di citazione trova una specifica tutela nell’art. 70 della Legge 22 aprile 1941 n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio) che, al primmo comma, dispone “Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali”. Il comma terzo del citato articolo afferma altresì che “Il riassunto, la citazione o la riproduzione debbono essere sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell’opera, dei nomi dell’autore, dell’editore e, se si tratti di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull’opera riprodotta”.
In conclusione nell’ambito dell’esercizio del diritto di citazione di un’opera, in tal caso letteraria, devono essere rispettati alcuni criteri indicati dalla norma come la presenza di finalità didattiche, di critica, di ricerca o di insegnamento, la mancanza di finalità commerciali, e la ampiezza della parte riprodotta in proporzione all’ intera opera (riproduzione sempre parziale). Si consiglia anche nell’ipotesi da lei delineata, ovvero di citazioni molto brevii, di citare sempre il titolo dell’opera oltre al nome dell’autore e dell’editore.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie della gentile risposta. Sapevo che per citare ad esempio, nella tesi, avrei dovuto riportare le fonti. Ma, per quanto concerne il caso a cui mi riferisco io spero che le cose non siano come dice Lei. Se uno va a scuola, all’università o si prepara per un concorso o altra prova studiando dei testi e ad una domanda (ad. esempio, se fosse un quesito di diritto: “Che cos’è l’interesse legittimo?”) risponde con la stessa definizione che c’è sul libro che ha studiato, possibile che trasgredisca qualche norma?! In un normale studio, uno non è che si segna tutti gli autori e i testi di ogni cosa che ha studiato/schematizzato, senza contare che nessuno credo abbia mai fatto causa per una cosa del genere, anche se al di là di queste ultime due considerazioni, io ci tengo sempre ad essere nel lecito. Quindi se così è… (Ma è davvero così?).
In merito alla Sua frase “e la ampiezza della parte riprodotta in proporzione all’ intera opera (riproduzione sempre parziale)”, Le chiederei ancora gentilmente un’informazione. Dovendo preparare anche la tesi, non ci sono dei limiti di citazione per ogni singolo testo, vero? Ad esempio, sto leggendo un libro (poi ne seguiranno altri) e mi sto segnando tutti i vari punti su cui tornare (citazioni che poi riporterò fedelmente oppure in modo indiretto, parafrasando, o ancora faranno parte del discorso generale/riassunto che farò), fermo restando che riporterò i dati della fonte (titolo, autore, editore, traduttore, anno), non ho limitazioni sulla quantità delle citazioni su ogni testo (che ovviamente non riporterò nella sua interezza!), vero?
Grazie ancora per la disponibilità.
Cordialità.
Gentile Signora
certamente la riproduzione verbale o anche per iscritto ad una prova di esame di piccole frasi di un libro di testo o ancora menzionare le medesime parole con riguardo argomenti che prevedono dati tecnici e specifici non rientra nell’area di una possibile violazione del diritto d’autore (a titolo esemplificativo, e ricollegandomi all’esempio da lei citato, sovente alla domanda di esame che “cosa è il contratto” si risponde riportando le esatte parole indicate nella’art. 1321 Cc.). Altra situazione è riprodurre per iscritto una parte di un testo letterario anche a scopo di critica. La normativa sul diritto d’autore indica delle ipotesi tassative e vincolanti, e, a fronte di una molteplicità di situazioni (che, come lei ben sottolinea, spesso rimangono solo ipotetiche), il mio consiglio, è quello di riportare, ove possibile, almeno il titolo dell’opera.
Per quanto concerne i limiti quantitativi del diritto di citazione, questi si caratterizzano per il requisito della brevità (la citazione di un testo può essere sempre e solo parziale).Il regolamento di esecuzione della legge sul diritto d’autore dispone all’ art. 22 che la misura della riproduzione non può superare dodici mila lettere in caso di prosa, centottanta versi in caso di poesia. Le consiglio anche nella parafrasi di fornire, ove possibile, la fonte di riferimento.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, grazie per la precisione delle Sue risposte. Mi perdoni, vorrei vedere se ho ben compreso. In merito al primo punto, quindi, se io studio testi su svariati temi, tipo biblioteconomia, diritto amministrativo ecc. vale questo Suo discorso:
“certamente la riproduzione verbale o anche per iscritto ad una prova di esame di piccole frasi di un libro di testo o ancora menzionare le medesime parole con riguardo argomenti che prevedono dati tecnici e specifici non rientra nell’area di una possibile violazione del diritto d’autore”
poiché si tratta di libri di testo che spiegano un dato argomento (manuali), cioè non romanzi o saggi (questi forse rientrano nelle opere letterarie, poiché c’è in essi un’interpretazione personale?).
In quest’altro caso:
“Altra situazione è riprodurre per iscritto una parte di un testo letterario anche a scopo di critica. La normativa sul diritto d’autore indica delle ipotesi tassative e vincolanti, e, a fronte di una molteplicità di situazioni (che, come lei ben sottolinea, spesso rimangono solo ipotetiche), il mio consiglio, è quello di riportare, ove possibile, almeno il titolo dell’opera.”
invece Lei faceva riferimento solo alle opere letterarie (romanzi, biografie) e ai saggi?
Sul secondo punto,
“la misura della riproduzione non può superare dodici mila lettere in caso di prosa, centottanta versi in caso di poesia.”
questi termini valgono indipendentemente dalla lunghezza dei testi in questione, vero?
Grazie ancora.
Le auguro una buona giornata.
Rossana
Gentile Signora
in via generale la Legge 22 aprile 1941 n. 633 (legge sul diritto d’autore) tutela le opere dell’ingegno o opere creative; art.1 della legge dispone che “Sono protette ai sensi di questa legge le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”. Il successivo art. 2 contiene un elenco di opere protette dal diritto d’autore, e in particolare le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose, le composizioni musicali, le opere coreografiche e pantomimiche, le opere della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari, ecc….
Pertanto sia l’opera letteraria in senso stretto e sia le opere didattiche rientrano entrambe nell’ambito delle opere dell’ingegno e trovano tutela, nella stessa misura, dalla legge sul diritto d’autore.
Per quanto concerne la misura della riproduzione dell’opera, i limiti precedentemente indicati riguardano la misura massima. La norma rimane sul punto abbastanza generica, ma in virtù di una interpretazione della stessa e in relazione al fatto che la riproduzione può essere soltanto parziale (con caratteristiche di brevità), ritengo che i suindicati limiti devono essere comunque proporzionati alla lunghezza del testo che si vuole citare.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno.
Mi scusi ma se la norma si estende a qualsivoglia opera dell’ingegno perché Lei ha fatto questa distinzione?
“certamente la riproduzione verbale o anche per iscritto ad una prova di esame di piccole frasi di un libro di testo o ancora menzionare le medesime parole con riguardo argomenti che prevedono dati tecnici e specifici non rientra nell’area di una possibile violazione del diritto d’autore (a titolo esemplificativo, e ricollegandomi all’esempio da lei citato, sovente alla domanda di esame che “cosa è il contratto” si risponde riportando le esatte parole indicate nella’art. 1321 Cc.).
Altra situazione è riprodurre per iscritto una parte di un testo letterario anche a scopo di critica. La normativa sul diritto d’autore indica delle ipotesi tassative e vincolanti, e, a fronte di una molteplicità di situazioni (che, come lei ben sottolinea, spesso rimangono solo ipotetiche), il mio consiglio, è quello di riportare, ove possibile, almeno il titolo dell’opera.”
Grazie ancora per la cortesia.
Cordialità.
Gentile Signora
in entrambe le ipotesi mi riferivo alle opere dell’ ingegno che sulla base dell’art.1 e dell’art. 2 della legge Legge, 22/04/1941 n° 633 (legge sul diritto d’autore) include sia le opere letterarie che le opere didattiche. Resto a sua disposizione per ulteriori specificazioni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
mi riferivo al fatto che qui:
“certamente la riproduzione verbale o anche per iscritto ad una prova di esame di piccole frasi di un libro di testo o ancora menzionare le medesime parole con riguardo argomenti che prevedono dati tecnici e specifici non rientra nell’area di una possibile violazione del diritto d’autore (a titolo esemplificativo, e ricollegandomi all’esempio da lei citato, sovente alla domanda di esame che “cosa è il contratto” si risponde riportando le esatte parole indicate nella’art. 1321 Cc.).”
mi dice che non c’è violazione.
Qui invece mi dice che ci può essere ed è meglio tutelarsi fornendo i riferimenti alle fonti:
“Altra situazione è riprodurre per iscritto una parte di un testo letterario anche a scopo di critica. La normativa sul diritto d’autore indica delle ipotesi tassative e vincolanti, e, a fronte di una molteplicità di situazioni (che, come lei ben sottolinea, spesso rimangono solo ipotetiche), il mio consiglio, è quello di riportare, ove possibile, almeno il titolo dell’opera.”
E’ questo che credo di non capire. Metto le fonti solo in un tema scritto ove faccio una critica di un dato autore, ad esempio? Mentre in concorsi, esami e simili mi posso rilassare e rispondere semplicemente alle domande come un essere umano normale?!
Aggiungo solo che detesto le nostre normative che non semplificano la vita alle persone, specie a quelle ansiose come me!
Grazie ancora, anche di questo utile servizio.
Buona giornata.
Gentile Signora
il vero problema è che le norme giuridiche sono generali ed astratte mentre nella realtà si verificano una moltitudine di casi concreti con specifiche ed uniche peculiarità, ed ognuno di essi meriterebbe un esame adeguato, e nel merito, che sovente mal si concilia con la generalità della norma giuridica. Fatta tale premessa, occore affermare che la normativa sul diritto d’autore prevede, a fronte di una molteplicità di opere dell’ingegno, l’obbligo di menzione del titolo dell’opera, dei nomi dell’autore, ecc.. (art. 70 comme 3 Legge 22 aprile 1941 n. 633), e, pertanto, in qualità di mero operatore del diritto la mia indicazione deve essere data in tal senso. Ciò, almeno per quanto riguarda la citazione o la riproduzione per iscritto di brani o di parti dell’ opera. Un discorso diverso avviene per la riproduzione orale, ad esempio in sede di esame; in tali casi capita spesso di riportare parole o piccole frasi del libro di testo sul quale si è studiato, soprattutto quando si tratta di tematiche che impongono la riproduzione di dati tecnici ( in tal senso è l’esempio del “contratto” nell’ambito di un esame orale di diritto, ma potrebbe essere le “diatomee” nell’ipotesi di un esame di medicina legale). D’altronde “Verba volant, scripta manent”. Resto a sua completa disposizione per ulteriori delucidazioni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Aggiungo al mio ultimissimo commento questo: o forse è sufficiente per essere in regola citare sempre le fonti? (Anche se sarebbe, credo, un caso unico in Italia).
Grazie di nuovo.
Buon pomeriggio,un mese fa sono venuta a conoscenza di bugie di mia madre, vedova e con problemi depressivi, che ha sempre fatto pesare a me e alla mia famiglia anche con minacce poi realizzate,il fatto di essere rimasta sola.Noi l’abbiamo sempre aiutata e supportata al contrario di mio fratello e della sua famiglia che però lei ha sempre cercato di non disturbare…ora però abbiamo scoperto che mio fratello le ha portato via tutti i soldi e che lei ha fatto un finanziamento ,ora con una pensione ridotta e senza soldi ha ospitato mio fratello in casa perché lui ha rubato tutto alla sua famiglia anche l’oro dei figli e ha lo stipendio pignorato, A causa del gioco …noi non riusciamo a vivere più tranquilli e dover gestire mia mamma e le spese è veramente impossibile viviamo con la paura.di doverci rimettere dei soldi nostri che servono per curare mia figlia con una malattia rara e altri problemi e un figlio piccolo ..mia mamma ha 72 anni e un ricovero in psichiatria con 4tentati suicidi io non potrei mai ospitare lei a casa tantomeno mio fratello con gli strozzini che lo inseguono…come possiamo tutelarci,?
Gentile Signora
la situazione che lei prospetta è abbastanza complessa in quanto comprende un fitto intreccio di una serie di problematiche sia sotto il profilo medico- psichiatrico, sotto il profilo economico/finanziario e, infine sotto il profilo giuridico. Queste problematiche meriterebbero un accurato esame nel merito, che, per ragioni pratiche non mi è consentito affettuare. In via generale, dal punto vista legale, lei non rischia, almeno al momento nulla, in quanto nè i creditori di suo fratello nè quelli di sua madre, possono rifarsi su di lei.
Inoltre, non è obbligata ad ospitare sua madre e suo fratello. Per sua madre, ove la situazione dovesse peggiorare, potrebbe rivolgersi al giudice tutelare.
L’unica accortezza reale riguarda il futuro, quando sua madre verrà a mancare. In quel caso, se sua madre ha contratto finanziamenti anche per aiutare suo fratello, le suggerisco di valutare l’opportunità di accettare l’eventuale eredità con beneficio di inventario, in modo da non rispondere degli eventuali debiti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile avvocato
La situazione che mi accingo a descriverle è estremamente complicata e si trascina ormai da più di 20 anni.
Provo a riassumere
Nel 1998 manca mio padre, io e mia sorella decidiamo, visti i pessimi rapporti esistenti tra mia madre e mio fratello, che tra l’altro utilizzava dei locali industriali di proprietà dei miei genitori per la propria attività senza corrispondere alcun compenso, di rinunciare alla nostra quota di legittima per dare a mia madre un maggior “potere contrattuale” nei confronti del figlio. Ma ciò non accade, mia madre vive nell’ indigenza non avendo alcun mezzo di sostentamento anche se proprietaria al 50% + le quote mia e di mia sorella di due capannoni industriali e di una casa. Mi adopero per farle avere la reversibilità della pensione di mio padre e così sopravvive. I due eredi non arrivano ad alcun compromesso in quanto mio fratello ostacola in ogni maniera ogni iniziativa. Nel 2004 muore anche mia madre lasciando un testamento olografo dove indica come eredi mia sorella, i suoi tre figli e mia figlia, tutti minorenni, oltre a destinare due legati a dei conoscenti. Io non vengo citata, mentre mio fratello viene escluso in maniera esplicita.
Su consiglio del mio avvocato procediamo con l’ accettazione con beneficio di inventario da parte di mia figlia, minore, che, a detta dell’ avvocato, si porta dietro tutti gli altri eredi.
Viene fatto inventario dei beni , peraltro gravati da molti debiti, ma non si arriva mai alla denuncia di successione.
In tutto questo tempo mio fratello continua in maniera ostinata e incomprensibile a ostacolare ogni iniziativa.
Nel 2010 manca il fratello di mia madre che non è sposato né ha figli ed è comproprietario con la sorella di una piccola porzione di rustico in montagna. Per sbloccare la situazione io e mia sorella ci costituiamo come attrici contro mio fratello: riusciamo ad ottenere la divisione di un po’ di denaro depositato in un conto ma non riusciamo a vendere la porzione di immobile che ha già tra l’altro un acquirente sicuro. L’offerta assolutamente congrua viene rigettata da mio fratello e dunque il giudice ordina una perizia (parliamo di un valore di circa 10.000 euro). In precedenza, a causa di un debito non pagato da parte dello stesso fratello, relativo ad una pratica di accatastamento di cui sia io sia mia sorella avevamo già pagato la nostra parte, per il principio della solidarietà io mi sono ritrovata all’improvviso con il conto corrente Pignorato ! (tra l’altro stavo accendendo un mutuo per l’acquisto della mia prima casa!!).
Ora, tornando all’ultima perizia, il geometra ha mandato nuovamente a me una parcella ( che dovrebbe essere divisa in tre) di circa 2000 euro! Faccio presente che io sono un dipendente pubblico e percepisco circa 1200 euro al mese, mentre mio fratello ha un reddito (dichiarato …) che sarà almeno 10 volte tanto. Inoltre la mia situazione di salute è piuttosto grave. Ma io sono un dipendente pubblico, vivo a Torino ( mia sorella vive in Francia…) quindi sono la più solvibile ,quindi “cornuta e mazziata”!
Le domande sono due: voglio liberare me stessa e mia figlia da questo incubo, come fare ? Esiste una qualche ipotesi di reato tale per cui io possa denunciare mio fratello per il comportamento prevaricatore perpetrato almeno dal 1998, che mi ha causato e mi causa una situazione pesante di stress oltre a danni economici ingenti (parcelle avvocati, more per debiti non pagati da lui e via dicendo)? .
La ringrazio infinitamente
Tiziana
Gentile Signora
la situazione che lei prospetta delinea una serie di problematiche a carattere successorio e familiare che si perpetrano da lungo tempo, oltre venti anni, almeno dalla morte di suo padre nel 1998.
Premetto che è molto difficile fornire un supporto legale, sebbene in via telemetica, in una situazione così complessa che meriterebbe un accurato approfondimento nel merito. Mi limito a focalizzare l’attenzione su alcuni punti fondamentali del suo narrato ovvero l’ accettazione con beneficio di inventario dell’eredità testamentaria di sua madre da parte di sua figlia, minore, (non so per la legittima) e la divisione dell’eredità di suo zio. Orbene su tali punti, non potendo tornare indietro, occorre trovare una soluzione anche transattiva con suo fratello, magari attraverso la consulenza e l’assistenza di un avvocato di sua fiducia, facendo anche valere tutte le somme che lei nel corso del tempo ha pagato al suo posto. Credo che sia l’unico modo per porre fine ad una situazione familiare incresciosa che si protrae ormai da molti anni. In merito ad una possibile azione penale contro la condotta di suo fratello non intravedo ipotesi delittuose, sufficientemente idonee a porre le basi per una eventuale responsabilità penale, ma soltanto un comportamento ostile e sbagliato.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Cerco assistenza in merito ad un ex ed ex convivenza. Ho firmato con garante per un prestito per un mio ex, il quale dopo esserci lasciati, dopo minacce ed harrasment non vuole più pagare causandomi problemi grossi con la banca. Il direttore di banca e’ testimone, ho tutti i pagamenti fino poco fa e tanti messaggi. Vorrei sapere cosa posso fare per obbligarlo a finire di pagare. Credo anche che una lettera legale possa bastare.
Gentile Signora
la figura del garante costituisce una maggiore tutela dell’istituto di credito (banca o finanziaria) che eroga il prestito, in quanto garantisce personalmente l’adempimento di un’obbligazione altrui. In primis sul garante grava l’obbligo di rimborso delle rate del finanziamento nell’ipotesi in cui il debitore principale risulti insolvente. Tale garanzia personale prende il nome di “fideiussione” disciplinata dal codice civile in particolare all’art. 1936: “È fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui” e all’art. 1944: “Il fideiussore è obbligato in solido col debitore principale al pagamento del debito”.
Lo stesso art. 1944 C.c. al secondo comma stabilisce che “Le parti però possono convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima dell’escussione del debitore principale”. Invero, in alcune ipotesi il creditore, in tal caso l’istituto di credito o la finanziaria che ha erogato il prestito, prima di agire e quindi pretendere il pagamento dal fideiussore può procedere alla escussione del debitore principale, aaggredendo i suoi beni attraverso procedure esecutive e di pignoramento. Tale clausola deve essere inserita nel contratto di fideiussione.
In caso contrario il fideiussore è obbligato a pagare le rate del finanziamento, ma può agire in regresso contro il debitore principale;: art. 1950 c.c.: “Il regresso comprende il capitale, gli interessi e le spese che il fideiussore ha fatto dopo che ha denunziato al debitore principale le istanze proposte contro di lui”. Attraverso l’ attività di regresso il fideiussore può ottenere il pagamento di quanto versato oltre agli interessi legali sulle somme pagate.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, mi sono sposata in regime di separazione dei beni 30 anni fa. Abbiamo comprato casa 10anni fa con proprietà al 50%. Da 4anni separata legalmente in consensuale per la quale lui doveva corrispondere un mantenimento che non ho mai ricevuto. Sono andata ad abitare a casa di mia madre sia per essere più vicina al lavoro che per assisterla, venuta a mancare la casa ereditata è stata venduta , adesso che ho acquisito la mia parte vorrei comprare il 50% del mio ex marito e tornare ad abitare nella mia casa.
Premesso che la residenza è stata mantenuta da entrambi e che ho timore che lui abbia contratto dei debiti per circa la metà del valore della casa, la compravendita potrebbe essere invalidata con una revocatoria da parte dei suoi debitori se lui non dovesse estinguere i debiti contratti? Quale sarebbe il mio rischio? Non vorrei perdere i soldi della vendita della casa di mia madre ( perché nel frattempo lui se li potrebbe anche giocare al lotto.. faccio un esempio x) ed anche la casa coniugale dì cui cmq avrei acquisito la piena proprietà?
Gentile Signora
l’azione revocatoria rientra tra i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale e consente al creditore di dichiarare inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni (Articolo 2901 Codice civile). In tal modo il creditore può ottenere una sentenza con la quale può aggredire ovvero intraprendere azioni sia esecutive che conservative contro i beni alienati a terzi dal debitore.
Per l’esercizio dell’azione revocatoria occoore la sussistenza di determinate condizioni: 1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento; 2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione. E’ pertanto necessario la conoscenza e la consapevolezza da parte del terzo acquirente del bene del pregiudizio arrecato al creditore. Nell’ipotesi che sussistono tali condizioni il creditore può ottenere una sentenza che gli consente di aggredire il bene alienato, nella misura corrispondente al proprio credito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera sono stato convocato dalla direzione aziendale, che dopo 14 mesi di lavoro, mi segnala che il mio lavoro non è in linea con le loro aspettative, non mi licenzieranno e quindi vorrebbero che terminassi mia sponte di lavorare nel giro di un mese e mezzo. Sono stato assunto con la qualifica di quadro con benefit dell’auto aziendale, ed ho un contratto a tempo indeterminato, il contratto è quello dei consorzi agrari. L’azienda può licenziarmi? Il settore dove lavoro è in perdita, però l’azienda nel suo complesso è in positivo vanta un fatturato di 180 milioni di euro. Dicono che non possono ricollocarmi. Mia mamma ha una pensione di invalidità, non ho mai richiesto la legge 104 per non gravare sull’azienda…. ed ora mi ripagano cosi…. potrei chiedere anche il congedo biennale di 2 anni, in questo caso potrebbero cmq licenziarmi? Quali sono i miei diritti e come conviene muovermi? Grazie
Egregio Signore
nell’ambito del contratto a tempo indeterminato il licenziamento può avvenire solo in determinati casi: quando il lavoratore tenga un comportamento non diligente e non conforme alle regole dell’azienda (licenziamento disciplinare); quando il lavoratore ponga in essere un comportamento molto grave che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro (licenziamento per giusta causa); quando il lavoratore ponga in essere un comportamento meno grave rispetto a quello previsto nel licenzimento per giusta causa ma abbastanza grave da non consentire comunque la prosecuzione del rapporto di lavoro (licenziamento per giustificato motivo soggettivo); e infine in caso di problematiche legate esclusivamente all’attività aziendale ad esempio mutamento dell’attività produttiva aziendale o riduzione della stessa a seguito della crisi economica (licenziamento per giustificato motivo oggettivo). Nell’ipotesi in cui lei volesse usufruire di un congedo straordinario biennale non può essere licenziato (sebbene si tratti di una tutela meno forte rispetto al congedo di maternità) e comunque il licenziamento deve rientrare in una delle ipotesi prima elencate.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, il 2 settembre 2018 mi sono introdotto di notte in un parco giochi. Non era la prima volta che lo facevo, e in quel giorno il proprietario mi ha filmato e detto che mi avrebbe querelato. Se ad oggi non ho ricevuto alcuna comunicazione, c’è ancora il rischio concreto che io sia stato querelato o il proprietario ha fatto ciò solo per spaventarmi, anche perché non ho mai provocato alcun danno?
Grazie mille dell’attenzione e buon lavoro!
Luigi
Egregio Signore
ai sensi dell’articolo 124 del Codice penale “il diritto di querela non può essere esercitato, decorsi tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato”. Da tale norma si ricava l’assunto che la querela può essere proposta entro tre mesi dal fatto o dalla notizia del fatto. Pertanto, nell’ipotesi in cui la querela sia stata presentata dal proprietario del parco giochi, potrebbe essere ancora presto per una eventuale notifica nei suoi riguardi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
Volevo un parere legale in merito alla mia separarazione, mi sono sposata sei mesi fa, matrimonio in cui lui non partecipa minimamente alle spese, tornati dal viaggio di nozze dopo una litigata arriva a mettermi le mani addosso facendomi finire al pronto soccorso, prognosi di 7 gg e querela, dopo 10 giorni chiede scusa e io stupidamente lo perdono con la promessa di andar a far terapia di coppia, rimetto anche la querela. Alle sedute di terapia si presenta due volte e poi rifiuta di venire dicendo che lui problemi non ne ha, nel frattempo L situazione in casa si fa tesa, lui non mi parla e se parla sono per lo più insulti o battute.
All ennesima litigata perdo la pazienza e gli dico che forse è il caso di finirla qua…. lui inizia ad urlare insultare e minacciare è il giorno dopo lascia l abitazione…. è passato un mese e mezzo da che se ne è andato di casa, ha smesso di versare la sua parte di mutuo e prestiti!
La casa è intestata al 60% a me e al 40% a lui nonostante abbia pagato solo io caparra agenzia notaio e anticipo alla banca!
Volevo capire cosa mi aspetta ora
Grazie
Gentile Signora
mi pare di capire che non ci sono figli minori e l’unico bene in comune è la casa di proprietà nella misura del 60% a lei e del restante 40% al suo ex marito e il relativo nutuo bancario. Orbene, se il contratto di mutuo è cointestato ad entrambi i coniugi, questi sono obbligati al pagamento, indipendentemente dalla loro crisi coniugale e conseguente decisione di separarsi. La stessa cosa si verifica anche nel caso di divorzio. Le consiglio, pertanto, di trovare un accordo con il suo ex marito, magari attraverso l’ausilio di avvocato di sua fiducia, da portare all’attenzione del giudice all’udienza presidenziale, nel corso della quale il giudice emana con ordinanza i provvedimenti temporanei ed urgenti. Un eventuale accordo preventivo con il suo ex marito potrebbe consistere o nella vendita della casa coniugale con conseguente estinzione del mutuo (e divisione della somma derivante dalla vendita in base alle rispettive quote) ovvero nella rinegoziazione del contratto di mutuo con l’istituto bancario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, sono conduttore di un appartamento da citca 15 anni con regokare contratto ad uso abitarivo registrato. Da pochi giorni ho scoperto che il mio immobile non ha l’agibilità. Posso chiedere una riduzione o una restituzione anche parziale del canone? Grazie
Egregio Signore
il rilascio del certificato di agibilità di un immobile è un obbligo posto a carico della parte locatrice, e potrebbe configuare un inadempimento contrattuale del locatore che può dar vita alla risoluzione del contratto in particolare nelle ipotesi di contratto di locazione di immobile ad uso diverso da quello abitativo in quanto incide sulla possibilità di adibire legittimamente l’immobile all’uso contrattualmente previsto. Il tutto è subordinato alla condizione che il conduttore, al momento della stipulazione del contratto, fosse all’oscuro della mancanza del suddetto certificato. Nelle locazioni ad uso abitativo non sempre il certificato di agibilità è considerato un elemento essenziale ( il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia dispone che il certificato di agibilità in merito alla sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, deve essere richiesto per a) nuove costruzioni; b) ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali; c) interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di cui al comma 1. Inoltre ai fini dell’agibilità, la segnalazione certificata può riguardare anche:
a) singoli edifici o singole porzioni della costruzione, purché funzionalmente autonomi, qualora siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative all’intero intervento edilizio e siano state completate e collaudate le parti strutturali connesse, nonché collaudati e certificati gli impianti relativi alle parti comuni;
b) singole unità immobiliari, purché siano completate e collaudate le opere strutturali connesse, siano certificati gli impianti e siano completate le parti comuni e le opere di urbanizzazione primaria dichiarate funzionali rispetto all’edificio oggetto di agibilità parziale).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La ringrazio, da quanto emerso in una recente riunione condominiale sembrerebbe che non sia stato mai effettuato il collaudo statico della palazzina in cui alloggio. Pertanto ritengo che non sussistano le condizioni per poter abitare l’immobile in oggetto. Neanche i proprietari erano a conoscenza di tale condizione.
Egregio Signore
certamente da quanto emerso nella riunione condominiale l’inagibilità o l’inabitabilità dell’immobile attiene a carenze intrinseche del bene locato, tale da fondare la risouzione del contratto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La ringrazio. Molto gentile.
Gentile avvocato, sono una ragazza di 18 anni (a breve 19) e mi trovo in una situazione molto seria. Ero una studentessa di un Liceo delle scienze umane (attualmente ritirata dagli studi per i motivi che spiegherò in seguito), con ottimi voti, carattere pacato, timida, sempre molto corretta con tutti e in tutti i rapporti sociali, con valori morali e con pieno discernimento delle mie scelte. Ho sempre studiato (la mia vita è sempre e solo stata improntata agli studi come obbligo perenne e violento da parte dei miei genitori) ,vengo vessata e maltrattata quotidianamente da entrambi poiché troppo autoritari e violenti da più di 5 anni, soggetta a maltrattamenti psicologici (offese verbali continue e pesanti, stalking di ogni genere, minacce di tutti i tipi, atti indecorosi, dispetti, aggressioni verbali a voce altissima, violazione della mia privacy totale, infamie, e quant’altro) e a volte anche violenze fisiche (frequenti tentativi di sottrarre il mio cellulare con destrezza e con violenza, tentativi di violare il mio pc, violazione della mia corrispondenza cartacea, spintoni, trattenermi per i polsi violentemente, tirate di capelli, persecuzioni quando mi allontano da casa, e in passato quando ero minorenne ho subito anche percosse), tutto questo con la motivazione di non essere d’accordo con le loro idee, non fare alla lettera tutto ciò che mi impongono con violenza e minacce. Mi ritengono colpevole di non dire (più) loro tutto ciò che faccio, chi sento, chi frequento come se avessi 12 anni. In passato ero costretta a non avere alcun tipo di privacy e di vita privata (ero costretta con violenza e minacce a fargli conoscere forzatamente tutti i miei fidanzati anche se appena conosciuti e di rivelare loro tutti i dati nonché portarli anche in casa, dove a loro volta erano sottoposti a interrogatori e dopo poco tempo mi lasciavano). Oggi compiuti i 18 anni (stanca di subire questa situazione allucinante) ho scelto di iniziare a rifiutarmi di permettergli di violare i miei diritti. Questa sorta di ribellione alla loro “schiavitù psicologica” mi sta portando all’esaurimento nervoso. Ho così deciso che a breve andrò via dalla casa familiare (probabilmente andrò a casa di una mia amica in altra regione), ma le mie amicizie mi dicono che se vado via non mi lasceranno mai in pace, dicono che faranno denuncia di scomparsa o di “rapimento” e quant’altro anche con motivazioni fraudolente (ne sono capacissimi, solo per sapere dove mi trovo, venirmi a riprendere per i capelli e ricominciare a vessarmi in modo ancor peggiore una volta riportata nel “lager familiare”). Mi consigliano di scrivere alcune missive prima di andarmene in via cautelativa alle Forze dell’Ordine dove spiego i motivi del mio allontanamento volontario e chiedo di ignorare ogni tentativo di denuncia di scomparsa da parte dei miei familiari tutelando la mia privacy, correlando il tutto con copia di documento di riconoscimento.
Preciso che (per tutelarmi) sono stata costretta a produrre prove oggettive di quello che subisco, registrando alcuni culmini dei maltrattamenti onde evitare di non essere creduta. Avevo contattato i centri anti violenza e parlato con un’assistente sociale ma non ho avuto risultati utili. Il centro anti violenza non fa altro che rinchiudere i soggetti oppressi in una casa famiglia o in una casa protetta in regime di “detenzione” (cosa che assolutamente non mi gioverebbe e che scarto a prescindere). L’assistente sociale invece ha ignorato la mia richiesta di aiuto, forse perché vivo in un piccolo paesino omertoso e poco propenso al rispetto dei diritti (?) Vi chiedo gentilmente un parere in merito alle seguenti due possibilità:
1) Le missive alle Forze dell’Ordine possono essere utili? Oppure (senza presentarmi di persona) ci sono altri mezzi utili per permettermi di andare via liberamente senza ripercussioni o da parte di Forze dell’Ordine troppo zelanti e incuranti dei diritti individuali della persona? (preciso che le forze dell’ordine non sono state ufficialmente informate sulla situazione).
2) Una volta andata via da quell’inferno, vorrei riprendere gli studi in un’altra regione, e (come credo e spero sia previsto dalla legge anche nella mia personale situazione) vorrei che i miei “genitori” provvedessero al mio mantenimento a distanza, agli studi e alle spese che dovrò sostenere per mantenermi, però senza permettergli di sapere dove mi trovo (per ovvi motivi). Ne ho diritto? Posso ancora riprendere a vivere serenamente?
Ringrazio anticipatamente e mi scuso per essermi dilungata.
Gentile Signora
la situazione che lei narra impone di analizzare due apetti giuridici: la responsabilità genitoriale (che ha preso il posto della patria potestà) sancita dall’art. 316 C.c. come modificato dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. n. 154, (“Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore”…). In particolare entrambi i genitori hanno la rappresentanza del figlio minorenne, privo della necessaria capacità di agire, (ovvero il potere di compiere di tutti i negozi giuridici in suo nome e conto).
Orbene con il raggiungimento della maggiore età, il figlio acquista la piena capacità di agire che limita i poteri genitoriali. Ciò consente al figlio ormai maggiorenne di lasciare la casa familiare per trasferirsi altrove (l’importante sarebbe comunicare apertamente, o con precise motivazioni, la volontà di andare via di casa a tutti i componenti della famiglia e alle persone che stanno accanto, in modo da non creare falsi allarmismi). Sulle modalità di tale comunicazione non entro nel merito non potendo valutare la situazione in esame, ma come affermato precedentemente occorre che la decisione di lasciare la casa familiare sia conosciuta alle persone interessate, in modo che non si possa ipotizzare una fuga o cose più gravi.
La seconda questione concerne il mantenimento del figlio maggiorenne. In tal senso occorre affermare che la riduzione della responsabilità genitoriale con il raggiungimento della maggiore età del figlio minorenne, limita i poteri genitoriali ad esclusione degli obblighi di mantenimento. Tale obbligo grava su entrambi i genitori fino al momento in cui il figlio maggiorenne non abbia raggiunto l’indipendenza economica. La giursiprudenza sul punto non indica una età precisa ma solo il limte del raggiungimento dell’indipendenza economica.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Nel ringraziarLa per questa utilissima risposta, Le chiedo gentilmente un’ultima conferma (per sicurezza). Considerando il fatto che non sia possibile (come Lei giustamente dice) informare “apertamente” i componenti della famiglia dato che, se non si fosse compreso, se lo facessi mi riempirebbero di botte e mi sequestrerebbero in casa impedendomi di comunicare con l’esterno, Le chiedo: sarebbe sufficiente un biglietto dove dico che me ne vado altrove poiché esasperata dalle loro violenze? Venga considerato che trattasi di persone violente e prive di capacità empatiche e di ragionevolezza.
Infine Le missive che intendo inviare alle Forze dell’Ordine non sono contemplate anch’esse come dimostranza del diritto a un allontanamento volontario?
Ringrazio.
Distinti saluti.
Gentile Signora
come già precedentemente affermato non entro troppo nel merito delle questioni in quanto ciò imporrebbe un esame che non mi è consentito effettuare in via telematica con la conseguenza che potrei darle dei consigli sbagliati. L’importante è che la volontà di lasciare la casa familiare sia stata maturata attentamente da lei (vagliando le conseguenze positive e negative) e che sia portata a conoscenza dei suoi familiari e delle persone che le stanno accanto (parenti, amici, conoscenti) in modo chiaro e preciso. Ciò è necessario affinchè non maturino falsi allarmismi di eventuali ed ipotetici pericoli verso la sua persona. Detto ciò la comunicazione della sua decisione può avvenire nel modo che ritiene più opportuno, nel rispetto dei principi sopra enunciati.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentilissimo avvocato, sono un giovane studente universitario. Da qualche mese vengo fermato spesso dalla Polizia di Stato durante i classici controlli effettuati in zona rossa/arancione. Faccio una classica passeggiata con la mascherina e mantenendo la distanza interpersonale, allontanandomi massimo 1/2 km dalla mia abitazione. Nel corso dell’ultimo controllo ho scritto sul modulo di autocertificazione che il mio spostamento era finalizzato allo svolgimento di attività fisica, come previsto dalla normativa vigente. Tuttavia, l’operatore di polizia mi ha risposto sinteticamente che non è consentito l’abbandono della propria abitazione se non per necessità. Questa situazione incomincia ad essere un po’ pesante, anche perché la confusione è tanta. Cosa mi consiglia di fare? La passeggiata è consentita? Quanto mi posso spostare?
La ringrazio per la sua disponibilità.
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza e secondo le disposizioni vigenti sia in zona rossa che in zona arancione l’attività fisica all’aperto, o anche una semplice passeggiata intesa come attività motoria, è consentita purchè sia effettuata all’interno del proprio comune di residenza, e nei pressi della propria abitazione, mantenendo in tutti i casi la necessaria distanza tra le persone oltre alle altre prescrizioni. Pertanto credo che gli operatori di polizia non abbiano potuto procedere alla sanzione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
PS. Nell’ipotesi in cui abbia trovato utile tale servizio può aiutarci a sostenere le nostre attività sociali a favore soprattutto di minori e persone diversamente abili devolvendo il cinque per mille all’Associazione Aletes Onlus codice fiscale 97577330588.
IL 5 X 1000 NON COSTA NULLA
Mi chiamo jenny vivo con i miei suoceri a casa del mio ragazzo ,siamo conviventi e abbiamo un problema,mia suocera e invadente e ci siamo dovuti trasferire nella tavernetta per avere un po di privacy pero di sopra abbiamo la nostra camera da letto e volevo chiuderla a chiave per poter mettere i nostri oggetti personali e vestiti ma finche ce la porta aperta non mi arrischio perche lei va a frugare dappertutto e frega anche la biancheria della casa,possiamo chiudere a chiave la nostra stanza? E se chiama i carabinieri perche ho chiuso la porta chi e nella parte del giusto?
Gentile Signora
mi pare di capire che l’appartamento dove sono conservate le sue cose personali è di proprietà dei suoi suoceri, pertanto, pur sussitendo un obbligo di custodia a carico di suoi suoceri, mi sembra quantomeno inopportuno ed azzardato chiudere a chiave la stanza impedendo in tal modo l’accesso ai legittimi proprietari dell’immobile. Le consiglio di trasportare i suoi effetti personali nel luogo (nella specie la tavernetta) dove lei e il suo compagno dimorate abitualmente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
mi chiamo Paolo. Nel 2004 ho stipulato un contratto di “comproprietà alberghiera” con una nota società. Il contratto definitivo è stato stipulato nel 2010. Il sito internet della suddetta società prometteva che con il rogito l’acquirente diverrebbe proprietario a pieno titolo di una suite e che non ci sarebbero spese fisse da pagare.Inoltre, l’offerta veniva presentata come un investimento sicuro. Al contrario, il contratto prevedeva innanzitutto una serie di spese ambiguamente quantificate, inoltre, all’acquirente veniva venduta una quota millesimale dell’intero complesso con “diritto di prenotazione di una suite” ( e non proprietà della suite come ingannevolmente indicato nel messaggio). Il predetto diritto di prenotazione prevede il pagamento di una tariffa alberghiera agevolata che si è poi rivelata non corrispondente al vero. Alla luce di quanto detto,un anno e mezzo fa ho presentato una segnalazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. L’Autorità ha avviato un procedimento istruttorio che si è concluso il 30 gennaio 2019 con un provvedimento sanzionatorio nei confronti del professionista e di altre società coinvolte, per violazione degli artt. 21, 22,24 e 25 del Codice del Consumo ( pratiche commerciali scorrette ingannevoli ed aggressive). Il suddetto provvedimento è stato pubblicato nel bollettino settimanale del sito istituzionale dell’AGCM ( bollettino n° 7 del 18 febbraio 2019). Se dovessi intraprendere un’azione legale, potrei chiedere la risoluzione dei contratti con eventuale risarcimento dei danni? Il mio diritto è prescritto anche se il contratto definitivo è del 2010?
Grazi per l’attenzione e le invio i miei iù cordiali saluti
Paolo Lazzari
Egregio Signore
preliminarmente preciso che, ai fini di un esaustivo parere legale, occorrerebbe una valutazione del contratto definitivo stipulato, in quanto è quest’ultimo che fa fede tra le parti, indipendentemente da quello che viene indicato nel sito internet della società. Inoltre, nel caso che lei narra vi è stato un notevole lasso di tempo tra la stipula del preliminare e il contrattto definitivo è ciò presuppone un attento esame nel merito di entrambi i contratti. Orbene, la risoluzione del contratto è un istituto giuridico che consente di eliminare (per l’appunto risolvere) il vincolo contrattuale tra le parti con effetto retroattivo oltre al risarcimento del danno. La risoluzione è prevista in determinati casi: inadempimento (grave o di non scarsa importanaza), impossibilità sopravvenuta della prestazione ed eccessiva onerosità sopravvenuta. Con riguardo il termine prescrizionale (la prescrizione ordinaria è di dieci anni) ai sensi dell’art. 2935 del Codice civile “La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”. Da ciò si ricava il principio che il diritto alla risoluzione del contratto sorge quando, avuto riguardo al concreto interesse delle parti, si configura la causa della risoluzione, ad esempio il grave inadempimento o l’impossibilità sopravvenuta della prestazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Avv.to Buongiorno. Mi chiamo Alessandro e la contatto per chiederle gentilmente (se può) un consiglio riguardante la mia posizione lavorativa. Sono impiegato da 15 anni in una agenzia di assicurazioni. Due anni fa io e la mia collega abbiamo dovuto contattare i sindacati perchè abbiamo scoperto che nell’arco degli anni mi sono stati trattenuti in busta paga circa 6000 euro di errori vari fatti dal loro consulente amministrativo. Questo fatto mi ha un po’ lasciato l’amaro in bocca e così ho deciso di rassegnare le mie dimissioni e quindi (compreso il preavviso di lavoro) dovrò lavorare sino al 13/04/2019. Nel frattempo sono stato contattato da un’altra compagnia di assicurazioni che mi ha proposto di lavorare con loro come subagente. Quindi una mia partita iva, un mio ufficio. Mi scusi se mi sono dilungato, ma volevo spiegare bene quello che mi sta accedendo in questo periodo. Eccoci alla domanda…. Essendo che molti dei clienti dove lavoro attualmente sono miei parenti, amici o clienti portati da me, è inevitabile che quando sarò subagente vengano via con me nella nuova agenzia/compagnia assicurativa. Rischio qualche tipo di ripercussione dal mio attuale datore di lavoro sul fatto che gli “porto via” dei clienti? Esiste la possibilità di infrangere un patto di non concorrenza? (specifico che non ho mai firmato nessun foglio dove fosse riportato il patto di non concorrenza). La ringrazio del tempo che potrà dedicarmi. Distinti saluti. Alessandro
Egregio Signore
il patto di non concorrenza è una forma di tutela del rapporto lavorativo a favore del datore di lavoro ed è disciplinato dall’art. 2125 C.c. “Il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo”.
Dal primo comma della norma citata si ricava il principio che il patto di non concorrenza prevede la forma scritta, ai fini della validità. In merito alle attività successive alla risoluzione del rapporto di lavoro il patto di non concorrenza deve essere contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo, (ovvero con rigurdo al settore economico e produttivo in cui l’azienda esplica la sua attività e in relazione alla quale si potrebbe verificare la concorrenza) e deve essere previsto un corrispettivo a titolo di retribuzione a favore del prestatore di lavoro (in quanto il patto di non concorrenza limita l’attività lavorativa e pertanto il guadagno del prestatore di lavoro). Potrebbe essere altresì pattuito il pagamento di una penale in caso di violazione del patto di non concorrenza da parte del prestatore di lavoro.
Il secondo comma dell’art. 2125 C.c. afferma poi che “La durata del vincolo non può essere superiore a cinque anni, se si tratta di dirigenti, e a tre anni negli altri casi. Se è pattuita una durata maggiore, essa si riduce nella misura suindicata”.
In caso di violazione del patto di non concorrenza validamente stipulato al prestatore di lavoro potrebbe essere intimato il pagamento della penale ove opportunamente prevista ovvero il datore di lavoro può agire davanti al giudice civile per ottenere un provvedimento di urgenza per la cessazione dell’attività concorrente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, mio nonno era comproprietario di un immobile con suo fratello nel quale vivevano con le rispettive famiglie. Un paio d’anni fa il fratello è deceduto e la sua parte è passata in eredità alla moglie e figli. Attualmente nell’immobile vivono solamente i miei nonni. Uno dei figli del fratello deceduto, ora, non avendo altro, vuole andare a vivere nell’immobile. Trattandosi di una persona poco affidabile in che modo possono tutelarsi i miei nonni?
Gentile Signora
mi pare di capire che la persona che vuole andare a vivere nell’immobile ( ovvero il figlio del fratello di suo nonno, deceduto e comproprietario dell’edificio) sia l’erede legittimo (in comunione con la moglie del defunto) di una quota dell’immobile medesimo, oggetto della successione. Se ciò corrisponde al vero non si può impedire a tale persona la possibilità di ususfruire dell’immobile del quale risulta, pro quota, proprietario. Inoltre la scelta di andare a vivere nell’immobile in questione non limita i diritti di proprietà dei suoi nonni. Oltremodo se la convivenza potrebbe comportare una serie di problematiche e se l’immobile è un bene indiviso o non frazionato in distinti locali si potrebbe optare per la procedura di divisione del bene ( e in casi residuali i suoi nonni potrebbero chiedere l’assegnazione dell’intero bene, liquidando le quote degli eredi del fratello defunto).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.ma Avv. Carnevale,
la ringrazio per la risposta. Volevo però precisare che, riguardo al contratto definitivo, esso testualmente prevede che:” L’acquirente acquista una quota di comproprietà alberghiera dell’intero complesso ecc.. con diritto di prenotazione per la fruizione ed il soggiorno a TARIFFA AGEVOLATA sulla suite n. 8 periodo 43″. Orbene,ho constatato che la suddetta tariffa agevolata non corrisponde al vero. Mi spiego: attraverso una simulazione di prenotazione alberghiera sul sito ufficiale dell’hotel in questione, ho appurato che ,a parità di condizioni, ovvero stesso hotel,tipologia di camera e periodo di soggiorno, tale tariffa era uguale o addirittura superiore a quelle normalmente applicate dal gestore ai clienti occasionali.L’ AGCM, su mia segnalazione,ha confermato quanto da me asserito;in pratica, l’Autorità Garante durante l’ispezione nella sede del professionista venditore e proprietario, ha raccolto le dichiarazioni del predetto professionista, il quale ha confermato, innanzi ad un pubblico ufficiale, che le suddette tariffe non sono realmente agevolate, potendo essere addirittura superiori alle ordinarie tariffe. Tale circostanza, è stata riportata dall’AGCM nel provvedimento sanzionatorio, definendo, tali tariffe,” ingannevoli e decettive”. Le chiedo, gentilmente, si può parlare, dunque, di inadempimento contrattuale? Il provvedimento dell’Antitrust, può essere utile in un eventuale contenzioso giudiziario contro questa società?
La ringrazio infinitamente.
Cordiali saluti
Paolo Lazzari
Egregio Signore
ad un primo esame sussistono i presupposti per agire ai fini della risoluzione del contratto per inadempimento (previa verifica nel merito del contratto stipulato, come precedentemente affermato) e il provvedimento dell’Antitrust può certamente essere utile ai fini della proposizione della domanda giudiziale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, se possibile vorrei avere maggiori informazioni riguardo il contratto d opera con esperti ( senza partita IVA) per quanto riguarda la paga oraria minima, il totale di ore previste per la prestazione, e se possibile sapere ogni quanto é possibile ristipulare questo tipo di contratto con la stessa persona.
Lavoro presso un I.C. con la mansione di assistente alla persona, con retribuzione oraria 5€ lordi (paga inferiore a quella prevista dai contratti d opera), inoltre credo il mio contratto non rispetti certi vincoli che riguardano la prestazione d opera con esperti (la non continuità, 280 ore lavorative in un anno solare..) cosa mi consiglia di fare? In attesa di un riscontro, porgo i migliori saluti
Gentile Signora
il contratto d’opera è disciplinato dall’art. 2222 Codice Civile “Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV”.
Si tratta di una sorta di lavoro autonomo, che può essere esercitato senza partita iva,(c.d. lavoro autonomo occasionale), ovvero una attività lavorativa espletata in modo saltuario e non continuativo, senza vincoli di durata e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, il cui compenso deve essere inferiore a cinque mila euro l’anno (non credo che sia previsto una paga oraria minima). Il compenso avviene dietro presentazione della ricevuta nella quale deve essere indicato il pagamento della ritenuta d’acconto pari al 20% . Le consiglio, per maggiori informazioni, di rivolgere le sue domande ad un consulente del lavoro o ad un dottore commercialista, che sarà certamente più preciso di me.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, ho alcuni quesiti relativi ad un’aggressione con prognosi superiore a 40 gg subita da parte di un vicino di casa:
1) puó testimoniare a favore del vicino di casa (x alleggerire la sua posizione di aggressore) un’altra vicina di casa con cui la persona offesa dall’aggressione ha avuto un procedimento penale in passato (mai andato in giudizio x accordo tra le parti) ? Lo chiedo perchè potrebbe produrre una testimonianza (falsa) a favore dell’aggressore ma a discapito della persona offesa come “ripicca”… chiedo se puó essere considerato legalmente un testimone attendibile.
2) in tale occasione ma alcune ore dopo l’aggressione i cc hanno ritrovaro un’arma da taglio, sembra di capire che l’aggressore usi questo ritrovamento a suo favore come prova di aver aggredito x legittima difesa; mi chiedo:
a) il verbale di sequesto puó essere impugnato se riporta date errate rispetto alla data dell’aggressione ? (aggressione in cui è intervenuto il 112 e il 118)
b) considerato che l’area dove è avvenuta l’aggresione è un’area condominiale, puó essere considerata oltre ogni ragionevole dubbio ‘non contaminata” ? (nel senso che puó essere stato messo da chiunque nel frattempo)
3) l’aggresione essendo stata la conseguenza di ‘liti’ condominiali dovute a delle mancanze da parte dell’amministratore (che non è intervenuto per far rispettare le norme di condominio) in che modo l’amministratore ne è responsabile ?
4) essendo l’aggressore un inquilino, in che modo il proprietario puó essere responsabile non avendo agito per far rispettare le regole al suo inquilino?
5) in caso di sentenza a carico dell’aggressore con relativo risarcimento danni a favore dell’offeso, e nel caso di mancata disponibilità a pagare, deve pagare il proprietario ?
6) il coniuge dell’offesso, anch’esso aggredito puó essere considerato un testimone ?
Grazie molte x i miei vari quesiti.
Gentile Signora
procediamo con ordine:
1) in merito alla attendibilità del testimone si precisa che sul punto la giurisprudenza di legittimità e di merito è concorde nel ritenere che il testimone deve essere innanzitutto imparziale. Per imparzialità si intende che la persona indicata come teste non deve avere un interesse nel processo, nè sotto il profilo giuridico e nè sotto il profilo personale. E’ rimessa sempre e comunque al giudice la valutazione dell’efficacia probatoria della prova testimoniale. Tale valutazione viene solitamente effettuata dopo la deposizione del testimone (e ciò avviene anche nel caso di falsa testimonianza).
2) Qualora il verbale di sequestro riporti una data errata del fatto (nella specie l’aggressione) ciò non costituisce un valido motivo ai fini dell’impugnazione, trattandosi di mero errore materiale e di trascrizione. L’impugnazione o riesame si fonda sulla sussistenza o meno di tutti gli elementi sui quali si basa il vincolo probatorio. Come lei afferma l’area dove è stata trovata l’arma da taglio è una area condominiale quindi aperta al transito di un pubblico, sebbene con le opportune limitazioni, e pertanto potrebbe essere considerata una area “contaminata”, ma tale circostanza dovrebbe essere fatta valere nell’ambito del processo, in relazione al complesso delle prove acquisite.
3) In merito alla possibile responsabilità dell’amministratore per mancanze dovute al suo operato trattandosi di presunte “liti’ condominiali” non si intravede un fondamento, in quanto nel diritto penale la responsabilità è personale.
Lo stesso discorso vale per i punti 4 e 5 (la responsabilità penale è personale).
6) Il coniuge della persona offesa, se ha assistito al fatto, può essere considerato un testimone.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
salve Avvocato, sono una ragazza di 19 anni, e premetto che non sono affatto immatura o sprovveduta come si potrebbe ipotizzare data la mia età, sono fidanzata da alcuni mesi con un uomo di 45 anni
con cui mi trovo benissimo, e
sono quì a chiedere un serio consiglio su come comportarmi (nessun problema col mio compagno ma con l’assurda concezione che la società ha di questo tipo di rapporto con un uomo più grande).
Il mio compagno è una persona per bene, so che la differenza di età è tanta, ma finora mi ha sempre e solo dato soddisfazioni e certezze, nessun dubbio su di lui e sulle sue serissime intenzioni nei miei confronti, ne ho piena certezza. Per questa relazione sto subendo
gravi ripercussioni da parte della mia famiglia, loro sono persone all’antica, non sanno esattamente quanti anni ha e non lo conoscono poichè io stessa mi rifiuto di parlare di lui con loro poichè purtroppo non sono ragionevoli ma sono bestie. Ora dato che non resisto più
ho deciso di andare a vivere con lui contro il parere dei miei genitori, ma loro (per una mia personale scelta ben più che matura) minacciano denunce al mio compagno se si azzarda ad accogliermi. Io chiedo, se per la legge sono maggiorenne e libera delle mie scelte, perchè
la legge non mi consente un allontanamento volontario?
Perchè questo assurdo potere dei genitori anche in maggior età?
Ho contattato un Ispettore di polizia di Stato chiedendo consiglio sulla mia situazione e
addirittura mi ha detto che è quasi “illegale” andarsene di casa volontariamente anche se ho 18 anni?? Io non capisco come interpretare questa legge tanto confusa…
L’ispettore mi ha detto che se me ne vado (anche con pieno diritto e con tutte le consapevolezze di un allontanamento annunciato e volontario) loro mi cercherebbero comunque e
addirittura comunicherebbero ai miei genitori dove mi trovo e con chi.
Ma allora non si è maggiorenni a 18 anni? Si diventa maggiorenni a 30?
Una ragazza di 19 anni non ha diritto di farsi una propria vita serena e felice come
meglio crede? Preciso (e ci tengo ad essere presa seriamente) che ho pieno discernimento della mia scelta e so bene che il mio compagno ha intenzioni assolutamente serie, non ha scheletri nell’armadio e non sono nè infatuata nè tantomeno soggiogata (ho sentito dirmi questi termini assurdi parlando della mia relazione).
Chiedo cortesemente un reale parere di diritto:
Si è maggiorenni a 18 anni?
Posso andarmene serenamente senza temere addirittura false denunce di scomparsa se sono più
che maggiorenne?
Perchè l’ispettore mi ha detto che non sono libera di andarmene? In che senso non sono libera di andarmene?
Perchè devo essere costretta a dare (mi dicono “addirittura” che sono obbligata dalla legge)
le generalità del mio compagno a loro? Questa cosa è legale?
In pratica se me ne vado volontariamente e avvisando la famiglia (anche se ho 19 anni)
la polizia accetta una falsa denuncia di scomparsa? A 18 anni non ho diritto alla privacy? (l’ispettore mi dice che in famiglia non si ha diritto di privacy).
Chiedo cortesemente i motivi di questa diffidenza e di questo alienamento dei diritti di una persona maggiorenne, consenziente e matura (seppur con poca esperienza).
Ringrazio anticipatamente.
Gentile Signora
il compimento del diciottesimo anno segna il raggiungimento della maggiore età, e la persona acquista la “capacità di agire” ovvero la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita un’età diversa (art. 2 C.c.), nella specie compiere coscientemente e consapevolmente atti giuridici, ed esercitare diritti o doveri, sia in ambito civile che in ambito penale. In tal senso, a seguito del raggiungimento della maggiore età la persona può assumere le decisioni che ritiene più opportune, purchè, nel caso di specie, data la sua giovanissima età, siano determinate secondo coscienza e consapevolezza, e non dettate da semplice istinto giovanile. Nell’ipotesi in cui la persona maggiorenne decida di lasciare la casa familiare o di allontanarsi dall’ambiente domestico (per motivi personali o anche per motivi di studio) sarebbe opportuno manifestare tale volontà ai suoi parenti in primis, e amici e conoscenti in modo che non si creano falsi allarmismi di ipotetici pericoli o danni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Ho un dubbio che non riesco a colmare e che proverò a spiegare nel miglior modo possibile. Mio padre è un debitore di Equitalia, e vorrebbe effettuare una donazione di 3 garage a favore mio e di mia sorella, in più nel corso di questi anni mi ha fatto da garante per l’acquisto di un auto a mio nome e da garante per una casa in affitto nella quale ora vivo. Vorrei sapere se la donazione che lui ha intenzione di farci e il fatto che mi abbia fatto da garante in queste due situazioni possa influire un giorno dovesse mancare mio padre per ciò che riguarderà la successione. Ovviamente sapendo di questi debiti che mio padre ha con Equitalia sicuramente intendiamo rinunciare all’eredità. Quindi mi chiedo puro scopo preventivo e informativo se la rinuncia all’eredità, la donazione e il suo avermi fatto da garante possano in qualche modo crearmi in futuro dei problemi. Vi ringrazio in anticipo per la disponibilità.
Gentile Signora
la situazione che lei prospetta (come in generale tutte le situazioni debitorie) merita un accurato esame nel merito, che non è possibile effettuare in via telematica. La donazione è, nel caso di specie, un negozio giuridico che comporta una serie di rischi, in primo luogo perché la stessa è soggetta ad azione revocatoria (articolo 2901 del codice civile), e in tal caso il creditore può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni. Lo stesso discorso vale per gli atti a titolo oneroso come la vendita, la quale è soggetta ad azione revocatoria, a condizione che il terzo (acquirente) sia consapevole del pregiudizio arrecato al creditore. Inoltre la suindicata norma considera le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, come atti a titolo oneroso, purchè siano contestuali al credito garantito.
Detto ciò non è pertanto possibile formulare un esaustivo consiglio legale, ma sarebbe necessario affrontare la questione attraverso l’ausilio di un professionista di sua fiducia, prima di concludere contratti di donazione o di vendita.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, chiedo consiglio su un incidente stradale che ho avuto, in quanto pur essendo stato coinvolto a mio avviso senza nessuna colpa, si presume che non mi risarciranno i danni o quantomeno solo la metà. Per capire meglio spiego la dinamica dei fatti: percorrevo una tangenziale cittadina in prima corsia ad una velocità di circa 85 km/h siccome vi era un intenso traffico si viaggiava per file parallele, ad un certo punto il veicolo della corsia centrale si sposta in modo brusco alla sua destra e mi colpisce sulla fiancata sx facendomi sbattere nel guard rail , entrambi i veicoli risultano danneggiati in modo da non poter più camminare, a spiegazioni fatte dal Sig. che mi ha investito lui dichiara che un terzo veicolo in terza corsia lo ha a sua volta tamponato e che per cause che non sò lui non solo non l’ho ha visto ma dichiara che è pure fuggito. All’arrivo della polizia stradale per redigere la dinamica dell’incidente io riferisco quello che mi ha raccontato il guidatore della vettura della corsia centrale confermando la sua versione. Purtroppo qualcuno mi ha detto che ho fatto male in quanto dovevo dichiarare che non ho visto nulla della terza corsi ma solo il tipo che mi tamponava ossia quello della corsi centrale. Lei conferma i miei sospetti? Chi deve pagarmi ? Verro risarcito? Oppure essendo che ho confermato la dinamica della terza vettura non vengo risarcito? Grazie anticipate
Egregio Signore
la fattispecie che lei delinea necessita di un attento esame nel merito, inerente sia le circostanze e i rilievi effettuati che ricostruiscono la dinamica esatta del sinistro stradale e sia le dichiarazioni rilasciate nei verbali della polizia municipale. Tale esame non è consentito in via telematica. Fatta tale opportuna e doverosa premessa nel risarcimento del danno da sinistro stradale occore provare la responsabilità del danneggiante (si parla di colpa derivante da negligenza, imprudenza o imperizia) oltre alla prova del danno (materiale e/o fisico) riportato.
Il quantum del risarcimento viene determinato sommando le singole voci dei danni riportati sia al veicolo, e sia alle persone coinvolte. Comunque nel caso così come descritto non intravedo, ictu oculi, una corresponsabilità da parte sua nella causazione del sinistro stradale tale da imporre soltanto una liquidazione pari la 50%. Le consiglio di agire anche in via straguidiziale presso la compagnia di assicurazione magari mediante l’assistenza di un legale di sua fiducia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la sua professionalità e disponibilità. Saluti
Buongiorno,
vorrei aprire un centro per aiutare i clienti ad addormentarsi utilizzando tecniche di rilassamento.
Mi chiedo:
– è consentito vendere un corso per aiutare la gente ad addormentarsi anche senza una laurea in medicina o altre qualifiche?
– posso pubblicizzare il mio corso come un aiuto contro l’insonnia? Ci sarebbero differenze se lo pubblicizzassi solo come un corso per aiutare ad addormentarsi prima?
Grazie
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza credo che il problema del sonno e delle patologie collegate allo stesso tra cui la difficoltà ad addormentarsi sia un problema prettamente medico che può avere diverse cause sia fisiche che psicologiche (tra le cause più comuni vi è l’ansia che spesso è un problema di carattere medico).
Anche le tecniche di rilassamento per aiutare la persona ad addormentarsi sono molto varie e diversificate e devono essere applicate da personale qualificato (a titolo esemplificativo il training autogeno che viene qualificata quale tecnica di rilassamento ha una base clinica).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato,
il mio vicino di casa ha installato, da circa n.10 anni, una grondaia al primo piano del suo appartamento, lungo la mia area di confine.
Pertanto, la proiezione in verticale della grondaia, ricade nel sottostante tetto di copertura del mio stabile sito al piano terra. Ho fatto notare, più volte,al confinante l’anomala situazione, ma senza ottenere alcun esito.
Ai sensi dell’art. 908 c.c. la grondaia non deve sporgere sul fondo del vicino.
Per quanto sopra esposto si configura una servitù di sporto, soggetta ad usucapione ?
Grazie e distinti saluti.
Egregio Signore
il citato dispositivo dell’art. 908 del Codice civile afferma al primo comma che “Il proprietario deve costruire i tetti in maniera che le acque piovane scolino sul suo terreno e non può farle cadere nel fondo del vicino”. Sulla base della norma la grondaia per lo scolo delle acque piovane non deve ricadere sul fondo del vicino. Tale circostanza sarebbe possibile solo se si trattasse di evento naturale, ovvero in mancanza di opere derivanti dall’intervento dell’uomo.
Il principio espresso dalla suindicata norma può però essere soggetto a deroga per accordo delle parti con la costituzione di una servitù di stillicidio. Ai fini dell’acquisto della servitù per usucapione, secondo la giurisprudenza di legittimità, occorre che la stessa non sia configurabile quale servitù non apparente, la quale ai sensi dell’art. 1061 del Codice civile non può essere aqcuistata per usucapione o per destinazione del padre di famiglia. E’ necessario l’esistenza di opere di natura permanente, derivanti dall’intervento dell’uomo, che rivelino, per la loro struttura e funzione, in maniera inequivoca, l’esistenza del peso gravante sul fondo servente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avv.,
sono mesi che non riesco ad uscire da una situazione perniciosa..
il mio impianto elettrico (istallato un anno e mezzo fa, con regolare certificazione di conformità) è evidentemente malfunzionante visto che in famiglia prendiamo la scossa a contatto con rubinetteria e altri parti metalliche (staccando corrente dal quadro la corrente nelle parti metalliche se ne va magicamente); l’elettricista che ha installato l’impianto non risponde al telefono, mail e nemmeno a una mia raccomandata di diffida.
Mi hanno consigliato l’associazione consumatori o l’avvocato ma quello che a me interessa è rendere da subito l’impianto sicuro e non rimanere folgorato mentre i miei familiari o io facciamo la doccia.
Nessun elettricista consultato interviene (sarebbe come manomettere l’impianto, come è indicato anche espressamente nella dichiarazione di conformità).
Vorrei a questo punto rivolgermi direttamente alle Forze dell’ordine in quanto esiste un concreto rischio per l’incolumità personale dei miei familiari e dello scrivente, (oltre che una palese dichiarazione di conformità menzognera, o, al limite, rilasciata con negligenza..), ma questa alternativa mi è stata sconsigliata da amici e parenti in quanto assolutamente esulante dalle competenze delle Forze dell’ordine visto il carattere prettamente ‘privatistico’ della contesa.
La ringrazio per ogni tipo di suggerimento.
Cordilamente.
stefano
Egregio Signore
la dichiarazione di conformità di un impianto è il documento (obbligatorio) che attesta la conformità dell’impianto alla normativa vigente. La finalità è quella di garantire la sicurezza dell’impianto (in tal caso domestico) e pertanto viene rilasciato dal tecnico installatore o dalla ditta installatrice che ha provevduto ad installare l’impianto stesso. Nell’ipotesi in cui l’installazione dell’impianto risulti difettosa ovvero non conforme alle regole tecniche e giuridiche stabilite il tecnico installatore rischia conseguenze sia sotto il profilo penale che disciplinare con possibile sospensione della abilitazione. Se ne deduce che la responsabilità sulla sicurezza dell’impianto ricade sempre sul tecnico o ditta che lo ha installato. Pertanto può fare un esposto alla camera di commercio presso la quale la ditta è registata e chiedere una nuova certificazione di conformità dell’impianto. In questo secondo caso, potrà, ovviamente, agire nei confronti del precedente tecnico per le spese che ha dovuto sostenere per mettere in sicurezza l’impitanto e per inadempimento contrattuale. Quanto alla denuncia alle forze dell’ordine, in effetti, non è la sede competente, ma potrebbe, in via cautelare, presentare alle stesse un esposto cautelativo volto ad esporre i fatti. Le tornerà utile anche in caso di richiesta risarcitoria.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille Avvocato per i preziosi consigli.
Cordialmente.
stefano.
Grazie a lei.
Rimaniamo a sua disposizione per altri ed eventuali pareri.
Gent.mo Avv.,
il giorno stesso del Suo cortese riscontro ho inviato mediante
pec un esposto alla CCIA di zona la quale, in tempi brevi, mi ha
sostanzialmente risposto di non essere competente nella questione,
se non dal punto di vista sanzionatorio; praticamente, secondo il
D.M 37/08 la CCIA non accerta la mancata conformità dell’impianto e non
irroga sanzioni se non dopo l’accertamento da parte degli uffici
competenti di ASL, Comune o Vigili del Fuoco (anche avvalendosi
dell’opera di professionisti del settore).
Se i Vigili del Fuoco mi hanno risposto di non avere nè personale
competente per l’accertamento dell’infrazione nè di avvalersi di
professionisti, Comune e ASL si sono dichiarati competenti limitatamente
ad impianti industriali o per impianti pubblici.
E l’accertamento dell’infrazione, a quanto ho capito, è propedeutico
sia all’intervento di un professionista che posso chiamare di mia iniziativa,
sia alla nuova dichiarazione di conformità che, in questa fase, non può
essere richiesta (per lo stesso motivo che nessuno degli organi precedentemente
elencati certifica che la dichiarazione di conformità in mio possesso non sia corretta).
La sensazione che ne scaturisce è che mi trovi davanti ad una classica
situazione kafkiana stile ‘italico’, nel quale chi sbaglia
(e potenzialmente mette in pericolo la vita altrui) non rischia praticamente
niente perchè, in questo caso, non eiste un vero e proprio meccanismo controllo-sanzione.
Sono stato anche edotto più volte da un amico Geometra sugli eventuali
rischi di interventi di professionisti perché la dichiarazione di conformità,
più che essere una pezza d’appoggio a valore della mia sicurezza, è un importante
documento che mette al riparo il professionista da eventuali interventi o
mancate o errate manutenzioni che possono essere sempre, come dire,
ipotizzate dal professionista perchè ‘per lui’ quell’impianto certificato
è pienamente funzionante.
La saluto cordialmente.
Egregio Signore
a questo punto credo che per poter trovare una soluzione ad una situazione ai limiti dell’assurdo lei debba rivolgersi ad un legale di sua fiducia, il quale possa agire presso tutti gli organi sopra citati mediante atti prettamente giuridici.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buon giorno, vorrei conoscere quali normative, nazionali o europee possano salvaguardare un immobile da danni che potrebbero verificarsi a seguito del ritiro, da parte della ditta esecutrice dei lavori, di quanto installato a protezione dell’immobile medesimo da eventi atmosferici.
E’ il caso della palazzina in cui abito, oggetto di lavori di ristrutturazioni al solaio di copertura, dove è stato emesso un ordine di sequestro dalla Procura e successivamente un parziale dissequestro dei soli materiali di proprietà della ditta esecutrice, a seguito del quale quest’ultima si accinge a togliere la copertura installata a protezione del solaio di copertura non ancora impermeabilizzato, che pertanto rimarrebbe esposto alle intemperie con grave nocumento per l’intero stabile.
Da sottolineare che già durante i lavori, a seguito di un burrascoso temporale gli appartamenti degli ultimi piani hanno subito imponenti allagamenti.
Ringrazio e rimango in attesa.
Gentile Signora
la giurisprudenza di legittimità ha affermato in una serie di sentenze che la responsabiltà dei danni provocati a singole unità immobiliari (con conseguente risarcimento del danno) ricade, in via generale, sulla ditta appaltatrice, a seguito del principio di autonomia insito nell’esecuzione dell’appalto. Alla responsabilità della ditta appaltatrice si potrebbe associare, in alcuni casi, anche la responsabilità del condominio quale ente committente, e ancora la responsabilità dell’amministratore del condominio che non abbia vigilato attentamente nell’esecuzione dei lavori. Nel caso da lei narrato mi sembra di capire che la ditta appaltatrice abbia interrotto i lavori di ristrutturazione dei solai, lasciandoli pertanto scoperti, a seguito di un provvedimento di sequestro dell’autorità giudiziaria con conseguente ordine di demolizione, quindi occorrerebbe capire su quali elementi si è fondato il sequestro prima di poter affermare una responsabilità singola o condivisa dei tre soggetti sopra indicati (ditta appaltatrice, condominio e amministratore del condominio) che comporterebbe un risarcimento del danno.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egr. Avv., lo scorso ottobre ho acquistato una casa sulla quale esisteva gia’ una scrittura privata autenticata di un diritto di servitu’ di passo pedonale fatta tra il precedente proprietario e il signore che ha il diritto di passaggio sulla mia scala (con tanto di chiavi del cancello in suo possesso!). Il 28 giugno 2018, avanti al giudice, le due parti si sono accordate per l’impegno e l’obbligo, da parte del signore con il diritto di passo pedonale, a concorrere nella misura annuale di € 130 e di € 20 ai costi, rispettivamente, di pulizia e illuminazione della scala. Purtroppo, ad oggi, anche a fronte di una mia raccomandata, con ricevuta di ritorno, nella quale informavo che la somma doveva essere pagata a me medesima, non ho ancora ricevuto nulla! Che devo fare? Ricontattare la persona che beneficia del passaggio pedonale? Il suo avvocato? O che altro? RingraziandoLa anticipatamente per il Suo prezioso e gentile aiuto, rimango in attesa e Le porgo i miei piu’ cordiali saluti.
Gentile Signora
le consiglio di fare un atto di messa in mora, mediante l’ausilio di un avvocato di fiducia. Mi sembra l’unico modo per intimare il pagamento di quanto dovuto. L’atto di messa in mora potrebbe costituire, nell’ipotesi in cui il debitore non provveda al pagamento di quanto dovuto nel termine prescritto, il punto di partenza per una eventuale procedura esecutiva da attuare in seguito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Situazione familiare attuale: io, mia moglie e ns figlio che convive con una ragazza da anni. I genitori miei e di mia moglie deceduti. Mia moglie figlia unica, io ho una sorella che ha figli e nipoti.
Domanda: in caso di decesso mio, di mia moglie e di ns figlio, a chi spetterebbe l’eredità ?
Ringrazio in anticipo.
Cordialità.
Egregio Signore
nella situazione che lei prospetta il diritto di successione passerà ai fratelli e sorelle del defunto, compresi i loro discendenti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
mi chiamo Francesca e sono divorziata. Ho un figlio minorenne (16 anni) e l’affidamento è congiunto.
Vorrei sapere una cosa: il fine settimana per tenere il figlio è alternato. Nello specifico però: il giorno 13 e 14 Aprile il figlio era con me. la settimana successiva doveva essere con il padre, ma essendo Pasqua è toccato a me. La settimana successiva, e cioè il 27 e 28 Aprile, il figlio deve stare con me oppure toccherebbe al babbo? Perché stando a come dice il mio ex toccherebbe di nuovo a me, quindi per 3 fine settimana consecutivi…Possibile?
Grazie per la cortese risposta
Francesca
P.S. spero di essere stata abbastanza chiara nello spiegare.
Gentile Signora
la frequentazione alterna (solitamente dal venerdì pomeriggio o dal sabato mattina, fino alla domenica sera o lunedì mattina con pernottamento presso il genitore non collocatario) rientra nell’ambito del regime paritetico di frequentazione del minore con entrambi i genitori volto a garantire un coinvolgimento equivalente dei genitori alla vita del figlio. Solitamente è a carico dei genitori trovare un accordo sulle modalità di frequentazione del figlio minorenne, da un lato osservando quanto prescritto nel provvedimento giudiziario di affidamento congiunto, e dall’ altro tenendo conto anche delle esigenze pratiche, lavorative, personali, ludiche sia di entrambi i genitori quanto del figlio. Sovente nell’ambito dei fine settimana alterni si concorda di alternare i periodi estivi, che sono periodi più lunghi e anche i giorni festivi, come il Natale e il Capodanno, in modo che il minore possa trascorrere le ricorrenze festive con entrambi i genitori e le rispettive famiglie, come nonni, zii, cugini.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille per la sollecita risposta. Forse però non mi sono spiegata bene. Vorrei sapere se, avendo preso mio figlio il 13 e 14 Aprile (come mi spettava) e il fine settimana successivo, cioè il 20 e 21 Aprile (Pasqua, perché l’anno prima era con il padre) credevo che questo fine settimana (e cioè 27 e 28 Aprile) dovesse stare con il babbo. Ma a quanto dice lui non è così. Quindi in parole povere, per tre fine settimane consecutive il figlio resta con me. E’ corretto? Non riesco davvero a capire….
Cordialità
Francesca
Gentile Signora
in linea teorica e se volessimo rispettare pienamente il principio della frequentazione alterna del minore con entrambi i genitori, si potrebbe ben affermare che il fine settimana (27 – 28 Aprile) suo figlio dovrebbe stare con il padre, in quanto fine settimana successivo a quello del 13- 14 Aprile, dove è rimasto con lei (congelando il fine settimana della Pasqua). Ma come precedentemente affermato spesso l’alternarsi delle date dipende anche dall’accordo tra i genitori, in relazione alle loro esigenze personali oltre che alle esigenze del minore.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Scusate ma forse ho messo la mia richiesta di consiglio gratuito al posto di un commento! Gentilmente potreste rispondere al commento LU SAYS: APRILE 27, 2019 AT 7:43 AM? Grazie mille e scusate di nuovo!
Gent. Avvocato,
Le scrivo per chiederLe aiuto per una situazione che sta diventando a dir poco insostenibile. Fra un mese ci sarà il primo accesso dell’ufficiale giudiziario per uno sfratto per finita locazione. Al momento, nonostante l’impegno di tutta la famiglia, non è stato trovato un immobile alternativo e non credo che lo si troverà nemmeno nel giro di un breve termine. Ho letto sul web che in particolari condizioni (comune al alta densità abitativa, monoreddito, sfratto per finita locazione) è possibile ottenere un “congelamento” del provvedimento o una proroga. Confido in un Suo prezioso riscontro.
Cordiali saluti
Egregio Signore
potrebbe presentare istanza per la sospensione dello sfratto. Tale istanza deve essere depositata presso la cancelleria della sezione del giudice competente. Nell’istanza deve essere indicato il reddito annuo lordo complessivo dell’intera famiglia, l’eventuale presenza nel nucleo familiare di persone ultrasessantacinquenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidita superiore al 66%, e qualsiasi altra documentazione idonea a comprovare le difficoltà economiche, personali e familiari che impediscono il rilascio dell’immobile. L’istanza consente una proroga dello sfratto per un termine che va da sei mesi fino anche a diciotto mesi ( quest’ultimo nei casi in cui il conduttore abbia compiuto i 65 anni di eta’, abbia cinque o piu’ figli a carico, sia iscritto nelle liste di mobilita’, percepisca un trattamento di disoccupazione o di integrazione salariale, sia formalmente assegnatario di alloggio di edilizia residenziale pubblica ovvero di ente previdenziale o assicurativo, sia prenotatario di alloggio cooperativo in corso di costruzione, sia acquirente di un alloggio in costruzione, sia proprietario di alloggio per il quale abbia iniziato azione di rilascio). Il tutto è previsto e e disciplinato dalla Legge 431/1998.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato, anzitutto La ringrazio per il Suo prezioso riscontro. Spero vivamente che l’istanza che presenteremo in Cancelleria possa avere ascolto concreto. Il mio avvocato di fiducia (che si è presentato all’udienza di convalida a gennaio) non mi ha mai parlato di questa eventualità di sospensione del provvedimento, nonostante sapesse che il reddito familiare sia basso (monoreddito) con moglie e figli universitari a carico (oltre al fatto che l’abitazione in questione si trova in un comune ad alta densità abitativa –quasi 500 abitanti a km/q — ed è pertanto molto improbabile trovare una abitazione in locazione per lunghi periodi ). Secondo Lei questi “requisiti” basterebbero da soli a bloccare lo sfratto per finita locazione, nonostante sia stato fissato già il primo accesso?
La ringrazio in anticipo per la disponibilità.
Cordiali saluti
Egregio Signore
non entro nel merito del procedimento, cosa che mi è vietata per ragioni deontologiche, ma credo che si possa tentare la strada dell’istanza di sospensione del provvedimento di sfratto al fine di ottenere una proroga almeno di sei mesi.
Le invio i miei migliori auguri per tutto.
La saluto cordialmente
Gentilissimo Avvocato, ho contatto l’ufficiale giudiziario ed ha manifestato tutta la sua disponibilità a concedere altro tempo per cercare un’altra casa. L’unico intoppo al momento è rappresentato dal legale dei proprietari che vorrebbe concludere quanto prima
Egregio Signore
sono contenta che l’ufficiale giudiziario le abbia concesso un altro pò di tempo. Le auguro di sfruttarlo al meglio per trovare una nuova sistemazione locativa per sè e per la sua famiglia. Certamente il legale dei proprietari dell’immobile fa il suo lavoro e non potrà essere d’accordo con tale decisione dell’ufficiale giudiziario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Ho problemi con l’impresa edile che ha terminato dei lavori in cortile. Oltre a imputare delle voci di trasporto terra che non trovano riscontro nella realtà (e su questo si rifiutano di presentare i formulari) continuano a presentare un computo excel con errori di calcolo nell’ordine del 10% sul totale. Ho già evidenziato gli errori e contestato la voce del trasporto terra ma hanno risposto tramite avvocato confermando il loro totale. In che modo posso evitare di essere coinvolto in una disputa legale onerosa basata su loro evidenti errori e su un singolo aspetto che sarebbe dimostrabile dai formulari che tuttavianon vengono presentati? Grazie
Egregio Signore
credo che per dirimere la questione lei debba intimare alla ditta la presentazione dei formulari e pertanto procedere ai relativi calcoli. L’intimazione deve avvenire mediante atto scritto. Nell’ipotesi in cui la ditta non provveda alla presentazione dei formulari, le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia che riformulerà la sua richiesta nelle forme dovute. Sovente tali casi si risolvono in tal modo senza procedure lunghe e troppo onerose.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la celere risposta. In realtà i formulari sono stati richiesti anche via Pec sia da me in quanto committente sia dal Direttore dei Lavori. In entrambi i casi l’impresa si è rifiutata in quanto sostengono che solo un giudice può ottenerne la visione. In merito agli errori di calcolo, distinti dalla differenza sulla terra movimentata, in che modo posso far valere le mie ragioni? Grazie
Egregio Signore
credo che lei debba far valere le sue ragioni, in relazione agli errori di calcolo, mediante l’assistenza di un legale di sua fiducia. In tal modo, come precedentemente affermato, tali controversie trovano rapida soluzione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile avvocato, le sue risposte sono molto preziose.
Colgo l’occasione per porle altre domande. Dove si può reperire l’istanza da compilare? (i moduli che ho trovato su internet sono relativi ad una legge valida fino al 2013).
I figli che hanno più di 18 anni sono da controllarsi a carico?
L’iter deve essere avviato da un legale o si può compilare e consegnare il documento in autonomia?
La ringrazio ancora.
Egregio Signore
il modello dell’istanza è abbastanza reperibile sia in internet e solitamente si trova anche presso la cancelleria del giudice competente. Consiglio comunque di avvalersi dell’assistenza di un legale di sua fiducia, per non incorrere in errori. I fgli maggiorenni ma non economicamente autosufficienti sono a carico dei genitori.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avv., torno a scriverLe per correttezza, dal momento che un legale di mia fiducia mi ha riferito che il modulo che si può trovare in internet o presso la cancelleria, è relativo ad una sospensione del provvedimento di sfratto prevista dal decreto Milleproroghe, che dal 2015 non è più rinnovato. È possibile richiedere la sospensione, invece (a suo parere) mediante un vero e proprio processo. Mi perdonerà, ma sono abbastanza confuso.
Cordiali saluti
Buonasera, mio padre ha dato un acconto di 250 euro per l’acquisto di un divano il 15 dicembre 2018 presso un punto vendita GDO. Dopo innumerevoli solleciti, oggi dicono che la holding ha chiesto concordato preventivo presso il tribunale di Milano e che se vuole può andare in negozio e ritirare beni per quella somma, ma non possono restituirgli i soldi. É possibile un sopruso del genere? Grazie per la risposta.
Egregio Signore
il concordato preventivo è un istituto giuridico che consente all’imprenditore o alla società (debitore/debitrice) di poter avviare la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi procedura come la cessione dei beni o l’accollo a un terzo. Il tutto deve avvenire attraverso un accordo con i creditori e il controllo del Tribunale competente. Non mi prolungo nella esposizione in quanto sarebbe troppo articolata, ma nell’ottica dello strumento giudiziario diretto alla risoluzione della crisi di un’impresa, potrebbe essere stata adottata tale linea.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avv., torno a scriverLe per correttezza, dal momento che un legale di mia fiducia mi ha riferito che il modulo che si può trovare in internet o presso la cancelleria, è relativo ad una sospensione del provvedimento di sfratto prevista dal decreto Milleproroghe, che dal 2015 non è più rinnovato. È possibile richiedere la sospensione, invece (a suo parere) mediante un vero e proprio processo. Mi perdonerà, ma sono abbastanza confuso.
Cordiali saluti
Confido in un Suo riscontro.
Le chiedo scusa per il disturbo e colgo l’occasione per augurarLe un buon 1° maggio.
Cordialmente
Egregio Signore
mi adeguo a quanto riferito dal suo avvocato di fiducia. Dopo una breve ricerca in rete ho avuto effettivamente l’impressione che il decreto Milleproroghe non sia stato più rinnovato. Ulteriori consigli utili nel merito della controversia può fornirli solo il professionista che la ha gestita e/o che la gestice.
Le invio i più cordiali saluti
Buongiorno, io ho un dubbio riguardo una compravendita internazionale. Ho la doppia cittadinanza italo-americana, mentre residenza e domicilio sono italiani.
Ora vorrei acquistare un piccolo lotto di terreno negli Stati Uniti per tentare di avviare una nuova vita ed eventualmente anche un’attività agricola. Sono soggetta a doppia tassazione per il contratto di acquisto del terreno? Inoltre, se poi volessi trasferire anche la residenza negli Usa, in quali modi rimarrei ancora fiscalmente vincolata all’Italia? Grazie infinite
Gentile Signora
la situazione che lei afferma rientra nella materia fiscale e richiede l’ausilio di un consulente commerciale, al quale le consiglio di rivolgersi per ottenere informazioni più corrette.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, vorrei qualche informazione riguardo ad una denuncia per violazione della privacy. Sono fidanzata e da qualche mese ho una relazione con un uomo sposato. Un mese fa sua moglie ha assunto un investigatore privato, autorizzato dal giudice, per provare l’infedeltà coniugale di lui (già provata in precedenza con un’altra relazione extra-matrimoniale) e utilizzare le prove in tribunale. La moglie però ha utilizzato i dati raccolti dall’investigatore (il mio nome, quello del mio ragazzo, il mio indirizzo di casa) per presentarsi sotto casa mia, parlare con i miei genitori e per contattare il mio ragazzo sui social. A entrambi ha rivelato la relazione e più volte ha esordito dicendo di poter mostrare delle prove della mia relazione. Immediatamente il suo avvocato le ha consigliato di non farlo in quanto atto illegale (vivo con i miei genitori ma sono maggiorenne). Volevo sapere se potevo denunciarla per violazione della privacy dato l’uso improprio che ha fatto delle prove dell’investigatore le quali erano finalizzate esclusivamente a provare l’infedeltà coniugale.
Cordiali saluti
Gentile Signora
le investigazioni raccolte da un detective privato in una causa di separazione per provare la violazione del dovere di fedeltà possono essere utilizzate nell’ambito del processo e al fine dell’ addebito della separazione. Si tratta di prove atipiche, tra le quali rientra anche la relazione investigativa, qualificata come scritture provenienti da terzi, che devono essere liberamente apprezzate dal giudice e in rapporto ai quali, in assenza di valide contestazioni, il giudice può fondare il suo convincimento. Tale relazione non può essere utilizzata al di fuori del processo e/o impropriamente soprattutto quando contiene dati personali di terze persone, ovvero quei dati che rendono identificabile quella persona, come i dati anagrafici, configurando una palese violazione della privacy. Se ne deduce che scaturisce il diritto di querela (almeno in linea teorica) con conseguente risarcimento del danno cagionato.
Su tale ultimo punto le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia che, dopo aver approfondito la situazione nel merito, può assisterla sia sotto il profilo tecnico che giuridico e nella redazione della querela.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
il mio quesito è questo:
Il figlio maggiorenne con residenza dalla madre, lavora in un altra citta, fa il pendolare.
Successivamente come previsto dalla legge nella città dove lavora acquista la sua unica e prima casa
senza spostare la residenza, ma come prevede la legge può usufruire di tutti i bonus prima casa.
Successivamente in quella sua unica casa dove lavora convive more uxorio con una donna che li la donna mette la sua residenza.
Quindi il figlio non convive ed è autonomo economicamente.
La domanda è:
il figlio maggiorenne che ha formato una nuova famiglia anagrafica fa parte del nucleo famigliare della madre’ dove ancora ha la residenza?
Grazie
Egregio Signore
in via generale il nucleo familiare è composto da tutti i componenti della famiglia anagrafica (in pratica i soggetti che fanno parte dello stato di famiglia anagrafico) e nel caso di figli maggiorenni questi devono essere fiscalmente a carico dei genitori o del genitore anche se non conviventi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.le Avvocato,
in merito ad una segnalazione effettuata all’Antitrust per pratica commerciale scorretta posta in essere da una società, è stato avviato un procedimento istruttorio che si è concluso con un provvedimento sanzionatorio a conferma della suddetta pratica. A seguito di ciò, il professionista mi ha notificato,in qualità di controinteressato,il ricorso al Tar del Lazio impugnando il provvedimento per ottenere l’annullamento con riserva di richiesta di risarcimento danni, qualora il predetto provvedimento risultasse illegittimo ai sensi dell’art. 30 c.p.a.. Sulla base di questo articolo, tale riserva riguarda solo l’AGCM o può essere estesa anche nei miei confronti? Le chiedo questo perché la società mi ha inviato una comunicazione via pec minacciando di estendere la suddetta riserva di richiesta di risarcimento anche nei miei riguardi, in quanto segnalante e partecipante al provvedimento. Io non ho alcuna intenzione di costituirmi come controinteressato ed in ogni caso ho già risposto alla società, comunicando che la loro intimazione è destituita di fondamento oltreché inammissibile.
Cosa mi consiglia di fare.
Grazie
Paolo Lazzari
Egregio Signore
al procedura di contestazione da lei attuata appare logica e corretta. Alla luce di quanto esposto non credo che via siano adeguati presupposti per estendere nei suoi confronti la richiesta di risarcimento danni qualora il Tar dichiarasse l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio adottato dall’AGCM. Comunque l’elaborazione di un preciso consiglio a carattere giuridico concernerebbe una attenta analisi nel merito e potrebbe essere effettuata a seguito del contenuto della pronuncia del Tar.
Cordialmente
Gentile Avvocato,
in data 1 marzo 2019 ho preso in affitto con regolare contratto 4+4 un appartamento a Milano.
Dal primo giorno di locazione si sono manifestati problemi col suddetto immobile.
In particolare non funzionavano diverse cose tra cui: piastre di cottura, frigorifero, prese di corrente che facevano scintille, lavatrice, doccia, caldaia (con annessi problemi di riscaldamento e acqua calda).
Sia il proprietario dell’appartamento che l’agente immobiliare erano già a conoscenza della situazione dell’immobile, pur avendomi detto in fase di firma del contratto che fosse tutto in buone condizioni. In particolare l’agente immobiliare, ha detto in seguito al manifestarsi dei primi problemi che se non avrebbe mai preso un appartamento in quelle condizioni se non fosse che il proprietario era suo amico. Ha lui stesso riconosciuto che l’immobile non era da affittare in quelle condizioni.
Il proprietario nel corso di due mesi in cui sono ho avuto parecchi disagi, ha cercato di risolvere i problemi e sostituire gli elettrodomestici non funzionanti (data ultimo intervento, venerdì 10 maggio 2019). Tuttavia già dalla sera stessa si è manifestato nuovamente un problema già avvenuto diverse volte in precedenza: la caldaia ha smesso di funzionare non consentendomi per l’ennesima volta di fare una doccia calda. In più ho trovato diverse larve in ciascuna delle 3 stanze dell’appartamento, di cui una persino nel letto e altre in vicinanza del battiscopa. Queste ultime motivazioni, unitamente a tutti i problemi e i disagi riscontrati negli ultimi mesi, mi hanno portata a lasciare l’appartamento.
Inoltre, una inquilina del palazzo mi ha detto che non posso utilizzare l’ascensore poichè il proprietario dell’immobile che occupo, non paga l’utilizzo di questo da 10 anni (dimostrabile da verbali a detta della signora). Nel mio contratto c’è scritto invece che nelle spese condominiali che sostengo, c’è l’utilizzo di tutti i servizi comuni). Avendo una vite nel ginocchio per me l’utilizzo dell’ascensore è fondamentale.
Alla luce di tutto questo voglio chiedere se:
1) ci sono le premesse per dare disdetta immediata del contratto senza preavviso e richiedere la caparra versata (2.100€)
2) posso esigere che mi venga restituita la metà dell’affitto del mese di maggio non fruito (e pagato in anticipo)
3) posso chiedere all’agenzia il rimborso delle spese a loro intestate (1.200€) dal momento che erano a conoscenza del cattivo stato dell’immobile e degli elettrodomestici in dotazione
Un cordiale saluto
Gentile Signora
può chiedere la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del locatore a norma degli artt. 1575 e 1576 C.c. (Obbligazioni principali gravanti sul del locatore in modo che il conduttore possa godere in modo pieno ed effettivo dell’immobile locato), previa verifica delle clausole contenute nel contratto in merito allo stato dell’immobile. La domanda volta ad ottenere l’accertamento e la dichiarazione della risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento del locatore, può essere accompagnata dalla domanda di risarcimento dei danni per il mancato godimento dell’immobile oltre alla restituzione dei canoni di locazione versati e del deposito cauzionale. Per quanto concerne la responsabilità dell’agenzia, ovvero del mediatore immobiliare, questa è limitata ai vizi della cosa locata di sua effettiva conoscenza e che non ha comunicato alla parte, art. 1759 C.c.: “Il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso”. La dichirazione di responsabilità comporta il risarcimento del danno e delle spese sostenute.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
divorziata, con un figlio minorenne(16 anni) e continui dispetti dal mio ex. Tutti gli anni quando arriviamo al periodo estivo per tenere il figlio 15 giorni per uno, il giudice non ha specificato il periodo. Le ferie io ce l’ho tutto il mese di agosto, quindi a logica sarebbe gradito tenere il figlio 15 giorni per uno in questo mese, ma lui lo prende quando io lavoro (di solito a luglio…da premettere che lui è libero sempre perché ufficialmente è disoccupato…). Così mi ritrovo che mio figlio non vuole venire in vacanza con me e il mio compagno e ovviamente non lo posso lasciare a casa da solo, e quindi non posso trascorrere neanche una settimana di vacanza, perché quando ho le ferie ho sempre mio figlio…Posso chiedere al giudice (tramite l’avvocato) di imporre il mese di agosto per tenere il figlio 15 giorni ciascuno? Grazie per la risposta.
Francesca
Gentile Signora
in questi casi è possibile tramite il suo legale ricorrere al Tribunale per chiedere una modifica delle condizioni della separazione volta a specificare l’esatto di periodo di permanenza del minore presso entrambi i genitori sia per il periodo invernale e sia, come nel caso indicato, per il periodo estivo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato,
non riusciamo a capire se il testo qui sotto garantisce il recupero di una somma di denaro o no.
scrittura privata autenticata da notaio
I signori P, e i suoi due figli 1 e 2, con il presente atto ricognitivo intendono accertare i diritti ereditari su una somma di denaro insorti dopo la morte di M (madre di 1 e 2, e sposata in regime di comunione dei beni con P. I suddetti P, 1, e 2, coeredi legittimari di M, riconoscono all’unanimita’, ovvero ciascuno di loro tre dichiara e conferma agli altri due, che <>. Letto, approvato, e sottoscritto.
P potrebbe non restituire i soldi? Grazie per l’aiuto
Gentile Signora
è evidente che il sig. P è giuridicamente obbligato a metttere a disposizione dell’asse ereditario la somma indicata (la quale deve essere suddivisa pro quota tra tutti gli eredi). Poichè nessuno può materialmente costringere P ad adempiere a tale obbligo ovvero P non metta a disposizione la somma a i fini della divisione pro quota tra gli eredi, quest’ultimi possono agire giudizialmente per ottenere il recupero delle quota ereditaria dovuta per legge.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato,
non riusciamo a capire se il testo qui sotto garantisce il recupero di una somma di denaro o no.
scrittura privata autenticata da notaio
I signori P, e i suoi due figli 1 e 2, con il presente atto ricognitivo intendono accertare i diritti ereditari su una somma di denaro insorti dopo la morte di M (madre di 1 e 2, e sposata in regime di comunione dei beni con P. I suddetti P, 1, e 2, coeredi legittimari di M, riconoscono all’unanimita’, ovvero ciascuno di loro tre dichiara e conferma agli altri due, che “M era cointestataria con P presso banca bb, di un conto corrente bancario e di una polizza custodia titoli per investimenti finanziari collegata al conto corrente. Con l’evolversi delle banche online, P ha trasferito il denaro coniugale dal suddetto conto verso suoi conti personali accesi presso banche con servizi di investimento migliori. Sulla base e nei limiti dei documenti bb disponibili relativi agli ultimi 10 anni, tale trasferimento e’ avvenuto tramite i seguenti bonifici [elenco bonifici con importi e date]. Pertanto l’importo totale trasferito dal conto di M+P a conti di P e’ 60mila euro. Quest’ultimo importo totale di denaro coniugale e’ sempre stato in comunione dei beni di M+P e nella pari disponibilita’ di entrambi i coniugi, deriva da rapporti bancari coniugali cointestati e dalla comproprieta’ di investimenti coniugali effettuati durante il matrimonio, e la meta’ appartenente a M, pari a 30mila euro, anch’essa trasferita verso conti personali di P, e’ in successione ereditaria e va restituita dai conti di P all’asse ereditario come parte di eredita’ in denaro, deve essere dichiarata in successione, e alla dichiarazione di successione va allegata copia della presente scrittura privata autenticata”. Letto, approvato, e sottoscritto.
P potrebbe non restituire i soldi? Grazie per l’aiuto
Gentile Avvocato,
torno a riscriverLe per aggiornarla sul problema dello sfratto per finita locazione. Pochi giorni fa c’è stato il primo accesso dell’ufficiale giudiziario, il quale ha concesso ancora più di un mese di tempo, dal momento che ha ben capito la difficoltà nella ricerca di un altro immobile in una città particolare. Mi auguro ovviamente di trovare quanto prima una sistemazione per porre fine a questo incubo, ma la mia paura è quella di non riuscire a individuare un immobile da abitare per lunghi periodi (al momento solo per i mesi estivi e a cifre assurde). Al prossimo accesso si presenterà l’u.g. con la forza pubblica per l’esecuzione forzata? Oppure avremo modo di essere avvisati preventivamente?
Grazie infinite,
cordiali saluti
Egregio Signore
solitamente dopo il primo accesso, che ha avuto esito negativo dal momento che non potuto lasciare l’immobile in quanto non ha trovato un nuovo alloggio, l’ufficiale giudiziario fissa un nuovo accesso e in tale occasione può avvalersi dell’ausilio della forza pubblica. Tale secondo accesso viene quindi fissato con l’indicazione di una data.
Cordialmente
Buongiorno
Mia mamma ha ricevuto in questi giorni una raccomandata dall’INPS con cui le viene richiesto il rimborso di € 26.000 per prestazioni di indennità di accompagnamento (concessa a seguito di una operazione per asportazione di tumore al seno) erroneamente erogate dal 2014 al 2019. L’INPS sostiene di aver trasmesso apposita comunicazione al termine del periodo dovuto per indennità di accompgnamento (circa 1 anno) segnalando che da quel momento a mia mamma non spettava più tale indennità. Tuttavia ha continuato ad erogare l’assegno per altri 4 anni circa. La mia domanda è, ammesso e non concesso che la suddetta raccomandata sia stata inviata (al momento stiamo verificando tutta la documentazione in nostro possesso per vedere di rintracciarla), l’INPS può richiedere la restituzione delle somme che ha comunque continuato ad erogare erroneamente sino ad oggi ?
Cordiali saluti
L’INPS ovviamente può formulare la richiesta di restituzione delle somme erogate in assenza dei requisiti richiesti dalla legge.
Vi sono alcuni punti che dovrete indagare.
1) Il primo riguarda il motivo in base al quale l’indennità non sarebbe stata più dovuta. Bisogna distinguere a seconda si tratti di assenza di requisiti di legge, ovvero di assenza di requisiti di natura sanitaria richiesti dalla legge. Capisco che può sembrare una questione di lana caprina, ma è importante.
Se si tratta di assenza di requisiti di legge (ad esempio ipotizziamo un indennità dovuta per 1 solo anno a prescindere da successivi controlli medici), in tal caso trova applicazione in via analogica la disciplina sulle pensioni di invalidità in forza della quale se l’ente continua ad erogare la pensione, le somme non dovute non sono più ripetibili. Il che significa che non potranno essere legittimamente richieste al percettore.
2) Se sono venuti meno i presupposti di carattere sanitario, in tal caso il discorso è più complesso. Si tratta di interpretazioni giurisprudenziali. Secondo alcuni giudici di merito, in questi casi il percettore che in buona fede ha continuato ha percepire l’indennità, pur non dovuta, non è tenuto alla restituzione. Si applica il principio dell’affidamento incolpevole. Secondo altri giudici questo principio non trova applicazione, per cui è dovuta la restituzione.
Se il vostro caso ricade nella ipotesi sub 2, ovviamente sarà, per evidenti ragioni, importante capire se e quando l’ente ha inviato la comunicazione. Se la detta comunicazione esiste, in tal caso non resterà che opporsi, con un legale, in via giudiziale alla richiesta dell’INPS facendo leva sul principio dell’affidamento incolpevole, ed augurandosi che l’indirizzo giurisprudenziale seguito dal tribunale competente sia quello sopra indicato.
Cordiali saluti
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile avvocato,
nel corso del giudizio di primo grado, il giudice, a seguito di un documento sopravvenuto di elevato valore probatorio a mio favore, ha disposto la remissione in termini acquisendo tale documento, nonostante l’opposizione di controparte.
La causa, ha subìto una rapida accelerazione poiché il giudice, dopo la precisazione delle conclusioni, ha ordinato la discussione orale ex art. 281 sexies c.p.c.
Quali sono i criteri,in genere, sulla base dei quali, il giudice ordina la discussione orale della causa rispetto alle ordinarie modalità di trattazione? Grazie.
Cordiali saluti
Paolo Lazzari
Egregio Signore
l’art. 281 sexies cpc Decisione a seguito di trattazione orale, afferma: Se non dispone a norma dell’articolo 281 quinquies, il giudice, fatte precisare le conclusioni, può ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un’udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. In tal caso, la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria”. Tale norma ha l’effetto di produrre una rapida accelerazione della causa che conduce in breve tempo alla decisione da parte del giudicante e ciò sovente avviene quando la questione oggetto della causa è di facile soluzione ad esempio si tratta di una questione di mero diritto, o come nell’ipotesi da lei narrata la decisione può fondarsi esclusivamente su materiale probatorio documentale acquisito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buongiorno,ho saputo che hanno effettuato delle indagini preliminari riguardanti molte persone,e ho saputo che era presente anche il mio nome.Ora le indagini si sono chiuse e gli avvisi della conclusione sono arrivati il 30 aprile 2019 solamente ad alcune persone oggetto di indagine nel fascicolo e non a tutte,e anche io non ho ricevuto nulla.Come mai? Cosa vuol dire? Possono inviarli a scaglione?Grazie
Gentile Signora
le indagini preliminari sono attività dirette dal Pubblico Ministero volte all’esercizio o meno dell’azione penale, che si evolve nel processo penale. Soltanto con la notifica dell’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p. lo stesso viene messo a conoscenza dello suo status di indagato e dei correlativi diritti, in primis il diritto di difesa. L’avviso della conclusione delle indagini preliminari deve essere notificato a pena di nullità nell’ipotesi in cui il pubblico ministero intenda esercitare l’azione penale ovvero, più specificatamente prima della richiesta di rinvio a giudizio o prima della citazione diretta a giudizio (nel procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica che non prevede l’udienza preliminare).
In alcuni casi il Pubblico Ministero, incaricato delle indagini, può richiede l’emissione del decreto penale di condanna di cui agli artt. 459 e seguenti del Codice di Procedura penale, nel caso in cui può essere applicata una pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di una pena detentiva. La richiesta motivata deve essere presentata dal Pubblico Ministero al Giudice per le Indagini Preliminari nel termine di sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato. In tali casi la persona indagata prenderà contezza della suo status al momento della notifica del decreto penale di condanna.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie in primis per la sua cortese attenzione.
Le spiego il mio dubbio…ho saputo solo da persone coinvolte in queste indagini, che hanno già ricevuto l’avviso, che era presente il mio nome nel fascicolo. Io vorrei sapere se il fatto che a me non abbiano inviato la notifica è un buon segno oppure, relativamente alla medesima indagine, essa può essere inviata in momenti diversi e quindi devo restare in attesa. Il dubbio nasce dal fatto che in relazione a tale indagine hanno già ricevuto l’avviso circa 200 persone. a fine aprile.
Scusi la mia ignoranza, ma sono un pò preoccupata, perchè non capisco come mi sia ritrovata in questa situazione.
Grazie
Gentile Signora
il suo nome era presente nel fascicolo come indagata? Sicuramente essendo coinvolte diverse persone indagate ci possono essere delle notifiche successive anche dovute ad un eventuale stralcio. Sicuramente se fin ora non le è stato notificato nulla è certamente un buon segno.
Buonasera gentilissimo Avvocato
in effetti delle persone coinvolte come indagato nell’indagine e che come ho anticipato in precedenza, hanno già ricevuto la notifica di conclusioni delle indagini preliminari, mi hanno riferito di aver letto anche il mio nome nel fascicolo come indagata. Ecco il perchè dei miei dubbi e delle mie preoccupazioni, visto che ufficiamente a me non è stato recapitato tale avviso. Per lo stesso fascicolo entro quanto tempo posso aspettarmi anche io tale notifica?
Grazie ancora ma sto chiedendo questa consulenza per sapere cosa devo fare, e se è necessario che mi rivolga già a un legale che sia pronto nel caso fosse necessario.
Gentile Signora
in tal caso l’avviso della conclusione delle indagini preliminari dovrebbe (il condizionale è d’obbligo non potendo esaminare il carteggio) essere notificato anche a lei, ed è solo una questione di tempi forse dal momento che, a quanto mi pare di capire, siete circa 200 persone destinatarie dell’avviso. Le consiglio di attivarsi attraverso la nomina di un difensore di fiducia (o in mancanza può avvalersi del difensore d’ufficio, nominato dal Tribunale), dal momento che a seguito della notifica decorrono i termini (venti giorni) per la presentazione di memorie scritte ovvero chiedere al Pubblico Ministero di disporre interrogatorio nei suoi confronti o di essere sentita a spontanee dichiarazioni, e comunque predisporre tutti gli atti necessari alla sua difesa.
Cordialmente
Cordialissimo Avvocato,
da quanto ho capito, riceverò comunque la notifica della conclusione delle indagini preliminari. Ma dalla data di chiusura c’è un tempo massimo in cui potrei riceverla? Oppure potrebbero trascorrere giorni, mesi o anni?
La ringrazio per la sua consulenza
Gentile Signora
spesso dipende dall’ufficiale giudiziario che effettua le notifiche, ma dal momento che siete circa 200 indagati (oltre i rispettivi avvocati di fiducia o d’ufficio), potrebbero esserci rallentamenti in relazione anche ai dati indicati nell’avviso, ad esempio la residenza o il domicilio. Il termine finale per la notifica alla persona sottoposta ad indagine e al difensore dell’avviso di conclusione delle indagini (ai sensi dell’art. 415 bis cpp e dell’art. 405 comma 2 cpp) è “entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato”.
Cordialmente
Per ulteriori approfondimenti restiamo a sua disposizione.
Gent.mo Avvocato,
ho realizzato un sito educativo a scopo di lucro (entrate provenienti da banner pubblicitari) e vorrei aggiungere gli svolgimenti (calcoli corredati da spiegazioni a parole), da me realizzati, di alcuni esercizi presenti su un libro di scuola.
Tali svolgimenti non includerebbero i testi degli esercizi, al loro posto sarebbero invece presenti i riferimenti al titolo ed all’autore del libro. In tal modo nessuna parte del libro verrebbe copiata sul sito.
L’art. 12 L. 633/41 concede all’autore il diritto esclusivo di utilizzo economico delle sue opere in ogni forma e modo, originale o derivato.
È per voi possibile aiutarmi capire come vada interpretata in questo caso la Legge citata, e se lo svolgimento, sprovvisto del testo dell’esercizio, sia considerato un’opera derivata?
La ringrazio
Saluti
Gianni
Egregio Signore
premetto che la questione che lei sottopone è abbastanza borderline e comporterebbe una analisi approfondita, anche nel merito. Secondo il mio parere (personale)lo svolgimento di esercizi legati ad un testo scolastico potrebbe essere classificata (il condizionale è d’obbligo) come opera derivata, in quanto elaborazione di un’opera preesistente (il tipico esempio è quello della traduzione di un testo). Ciò compoterebbe il previo consenso dell’autore dell’opera originaria.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buonasera.
Mi sono sposata in Egitto con cittadino egiziano.
Seguendo l’iter indicato dall’ambasciata io e mio marito abbiamo scelto la separazione dei beni al momento del matrimonio di fronte alle autorità locali. Il contratto di matrimonio è stato tradotto e legalizzato dall’Ambasciata e successivamente trascritto in Italia, paese in cui viviamo. Vorrei sapere se la scelta del regime patrimoniale è per legge valida anche in Italia.
La trascrizione in Italia riporta la separazione ed è stato anche annotato a margine ed è quindi anche presente sull’estratto. Ma il mio Comune mi ha comunque specificato di non essere certo della validità in Italia.
l’art 30 della legge del 31 maggio 1995 n218 dichiara che “i coniugi posso convenire per iscritto…..”
noi abbiamo messo per iscritto la scelta del regime, ma senza specificare “secondo la legge italiana “. Può essere questo oggetto di contestazione?
il regime patrimoniale di separazione dei beni è valido in Italia o no?
Gentile Signora
Le convenzioni matrimoniali come la scelta del regime di separazione dei beni nel matrimonio contratto all’estero tra cittadino italiano e/o cittadino straniero vengono annotate nell’atto di matrimonio trascritto in Italia e sono pienamente valide. L’art. 30 della legge 281 del 1995 disciplina le situazioni di conflitto dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, ovvero più precisamente indica la legge applicabile nei casi di conflitto dei coniugi sui rapporti di natura patrimoniale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buona sera;
la mia situazione e la seguente …più o meno 4 anni fa la figlia della mia compagna dichiaro che aveva avuti rapporti sessuali con me …dopo di che ho ricevuto un foglio non ricordo quale e poi e passato tutto questo tempo circa 4 anni ….la ragazza ora ha 20 anni e ammette che ha detto tutto questo solo perché la hanno costretta…. ma il fatto e che io non so niente di questo processo ne come eh andatone niente solo so che arrivo un foglio a una persona…..lo so che eh tutto confuso ma pure per me che sono straniero e non capisco niente la mia domanda e come so chi e il mio avvocato, come so se eh finito e mi hanno condannato a fare galera, che posso fare per informarmi se ne gli ultimi tre anni non ho saputo più niente di questa cosa sono veramente disperato. grazie
Egregio Signore
la situazione che lei narra è abbastanza confusa, ed andrebbe analizzata attentamente e nel merito, cosa che non è possibile fare a livello telematico. Innanzitutto le consiglio di richiedere un casellario giudiziale e il certificato dei carichi pendenti presso la Procura della Repubblica del Tribunale del luogo del fatto o di sua residenza; nel casellario giudiziale sono indicati tutti i procedimenti penali della persona che ne fa richiesta incluse le condanne passate in giudicato, mentre il certificato dei carichi pendenti contiene l’elencazione di tutti procedimenti penali pendenti, ovvero ancora in corso, della persona che ne fa richiesta. In subordine le consiglio di attivarsi mediante la nomina di un difensore di fiducia, il quale potrà assisterla nell’iter giudiziario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
(perdonate la forma artigianale,non sono un addetto ai lavori).
Vi sembrerà incredibile ciò che vi esporrò,ma è la verità.
Mia moglie era andata in causa per anatocismo (circa cinque-sei anni fa) contro un istituto bancario,
in quanto vantavano un credito residuo nei suoi confronti,a seguito di una vendita all’asta
di un immobile di sua proprietà, che non aveva soddisfatto il credito.
Il procedimento si è concluso con una sentenza con data inizi 2015 che l’avvocato di mia moglie non è riuscito a spiegare,intendo dire(io ero presente) che siamo venuti fuori dal suo studio senza sapere cosa aveva espresso il giudice.
non ci crederete ,ma è la realtà dei fatti.
Mia moglie ha revocato il mandato all’avvocato,vorrei vedere….e non ha più proseguito la causa.
In conclusione,sono passati oltre quattro anni e dall’istituto bancario nessuna comunicazione,atto
o qualsivoglia pretesa (altra stranezza).
Vi domando: in questi casi cosa bisognerebbe fare?
Mia moglie ovviamente è preoccupata,ma non sa come muoversi,per la paura di andare a svegliare il can che dorme.
Cortesemente chiedo un consiglio ad un esperto in materia.
Grazie anticipate per le risposte.
Cordialmente.
L’unico suggerimento che posso darle e di recuparare la sentenza. I vostri dubbi derivano proprio dalla mancata comprensione di quanto deciso dal Giudice. Quindi il primo step è quello di recuperare la sentenza. Il secondo step è rivolgersi ad un altro legale per avere una spiegazione dettagliata ma chiara delle possibili conseguenze di quella sentenza.
Solo dopo sarete in grado di stabilire se vale la pena svegliare il can che dorme.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avv. Carnevale,
grazie innanzitutto per l’interessamento.
Lei suggerisce di chiedere il parere di un altro legale,
già fatto,lo stesso legale ha suggerito di lasciare le cose come stanno,
dopo aver letto la sentenza.
In virtù del fatto che l’istituto bancario ,come Le dicevo nella prima missiva,
è da 4 anni e mezzo ca. che non si manifesta in merito alla vicenda.
Da non sottovalutare,a mio modesto parere,l’oggetto del contendere e cioè:
l’anatocismo,inoltre a mia moglie non risultano segnalazioni negative nei vari sistemi
d’informazione creditizia,relativamente alla questione
Rimane l’ansia da parte di mia moglie ed io come marito vorrei che si sciogliessero
tutti i dubbi,pur di tranquillizzarla.
Grazie in anticipo per eventuali risposte.
Cordialità
Egregio Signore
allora credo sia meglio non agire. Cercate di tranquillizzarvi, a volte va bene così.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.Le Avv. Mariafrancesca Carnevale,
siamo ritornati al punto di partenza.
E’ meglio non svegliare il can che dorme!
Grazie e cordialità.
Per qualsiasi ulteriore dubbio rimango a sua disposizione.
Distinti Saluti
Buona sera,
sono il presidente del consiglio di amministrazione di una srl, filiale italiana di una società estera che è proprietaria al 100% delle filiale italiana.
Non ho mai firmato un contratto di lavoro, l’accordo è fissato con un gentlemen agreement e la retribuzione è di 3000 euro lordi mensili.
Sono in carica da 2 anni e 9 mesi, improvvisamente la Casa Madre mi ha informato che mi sottoporrà un contratto di lavoro che comprende anche un patto di non concorrenza che prevede il divieto di lavorare per 12 mesi con società concorrenti a partire dalla data di cessazione del rapporto di lavoro di una delle 2 parti.
Un indennizzo di 36000 euro a fronte di tale patto di concorrenza può essere considerato congruo (o dovrei chiedere di più/di meno)?
Non mi hanno ancora fatto una proposta in tal senso, è una cifra che ho immaginato io.
Grazie in anticipo.
Buona serata
La congruità dell’indennizzo è questione di opportunità e rientra nell’accordo tra le parti. Credo che lei abbia calcolato l’indenizzo tenendo conto della retribuzione mensile che percepisce. Se le opportunità lavorative che in quei dodici mesi non sono, secondo la sua stima, superiori, allora direi che l’indennizzo sarebbe equo. Altrimenti, in presenza di prospettive lavorative meglio retribuite, l’indennizzo potrebbe rilevarsi iniquo, in quanto inferiore a quanto potrebbe lavorando percepire e in quanto potrebbe determinare la perdita di quelle opportunità lavorative.
Le considerazioni da fare sono molto personali e legate al suo settore lavorativo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, desidererei un parere in relazione ai fatti di seguito esposti.
Durante l’ultima assemblea condominiale si decise di levigare il pavimento dell’atrio di ingresso dell’edificio. L’amministratore, col consenso dei condomini, si fece carico di ottenere un preventivo da una ditta specializzata e nel Verbale di assemblea venne riportato testualmente:
“”i Condomini decidono di levigare il pavimento dell’ingresso ed i gradini. Si raccoglierà preventivo di spesa da approvare mediante raccolta firme.””
Successivamente, anch’io richiesi un preventivo ad una ditta specializzata, che sottoposi all’attenzione dell’unico consigliere ed altri condomini, in attesa del preventivo a cura dell’amministratore per eseguire un confronto.
In seguito il consigliere mi informò che il titolare della ditta interpellata dall’amministratore aveva svolto un sopralluogo eseguendo una stima dei costi, senza però fornire alcun preventivo scritto. Feci notare che la valutazione da me ottenuta era di IMPORTO INFERIORE, seppur di alcune decine di euro, e comunque era opportuno ottenere un preventivo scritto per sottoporlo all’attenzione degli altri condomini, come deliberato in assemblea, e per tutelarci da eventuali inadempienze da parte della ditta.
Nonostante le mie osservazioni e senza che nel frattempo alcun preventivo scritto fosse stato fornito e sottoposto all’attenzione di chicchessia, alcuni giorni fa la ditta interpellata dall’amministratore ha intrapreso i lavori di levigatura senza preavviso alcuno.
In considerazione del fatto che:
1) la ditta sia stata arbitrariamente selezionata da consigliere e amministratore senza rispettare quanto deliberato in assemblea;
2) sia stata preferita la ditta che aveva eseguito la valutazione di spesa più elevata, senza alcuna plausibile giustificazione e senza il parere concorde di alcun condomino;
3) nessun preventivo sia stato fornito dalla ditta incaricata e men che meno visionato e firmato da noi condomini,
desidererei sapere se posso rifiutare di pagare la quota parte dell’importo dei lavori di mia competenza e/o intraprendere altre azioni a mia tutela.
Cordialmente
Vi è stata senz’altro una violazione della delibera assembleare. L’amministratore avrebbe dovuto agire secondo quanto deciso dall’assemblea dei condomini.
Non pagare la sua quota? Non credo, in quanto, in tal modo, chi viene danneggiato è l’intero condominio. Bensì, ha la possibilità di agire giudizialmente per inadempimento dell’amministratore. Valuti però se ne vale effettivamente la pena. In fondo, il lavoro è stato eseguito e il costo, come lei ha scritto, era di poco superiore al suo preventivo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buona sera.
Dovrei oppormi ad un decreto di archiviazione da parte del G.I.P. di denuncia per diffamazione a mezzo stampa. Vi è già stata opposizione alla richiesta di archiviazione da parte del P.M..
Grazie.
Egregio Signore
a quanto mi pare di capire lei, in qualità di persona offesa ha presentato opposizione alla richiesta di archiviazione, avanzata dal Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 410 C.p.P. e il Giudice, nell’apposita udienza, ha pronunciato l’archiviazione del procedimento penale. In tali casi il Giudice pronuncia una ordinanza di archiviazione. La suddetta ordinanza ai sensi dell’art. 409 comma 6 C.p.P. può essere impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione solo nei casi di nullità previsti dall’art. 127 comma 5 C.p.P.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno volevo un parere in merito alla mia situazione lavorativa. Ogni anno si fa la visita di idoneità al lavoro, siccome ho delle patologie sia l anno scorso che quest’ anno sono idoneo con prescrizioni.L anno scorso ho avuto questo giudizio dal mc evitare servizio in piedi . Possibilità di alternare servizio di autovettura a postazione fissa con seduta, ma l azienda si è attaccata al cavillo possibilità e non mi ha fatto alternare, ho solo evitato servizi in piedi, dicendomi che la seconda parte della prescrizione e a discrezione dell” azienda . Quest’anno il mc ha cambiato scrivendo sempre idoneo con prescrizioni , evitare posture erette fisse durante l’attività lavorativa. Alternare postura eretta e postura seduta , come deve comportarsi l azienda? Faccio la gpg. La dottoressa mi ha detto che devono farmi fare es. Qualche giorno di pattuglie (auto) alternando a postazioni con seduta così ho la possibilità di alzarmi quando ho necessità’, visto che il servizio di pattuglia sono otto ore fisse seduto in auto e non posso .Niente servizi in piedi , a me basterebbe alternare pattuglia a postazione con seduta si può?mi date un consiglio grazie. Antonio
Egregio Signore
è previsto dalla legge la possibilità di alternare mansioni differenti ovvero di impiegare il lavoratore nelle diverse posizioni che egli abbia indicato come idonee.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, recentemente mi hanno diagnosticato sindrome Depressiva da riferito moobing, con gravi problemi fisici muscolo-scheletrici certifificati (attualmente in terapia del dolore) ed evidentemente asociati alla depressione, volevo sapere se è vero che è illimitata e che si può essere esente dalla visita fiscale, rischio il licenziamento?
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza l’esonero dalla visita fiscale dipende dalla tipologia della patologia di cui è affetto e se la stessa comporti una invalidità pari o superiore al 67%. Le consiglio di chiedere al suo medico curante che è più idoneo a valutare l’eventuale esonero.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera!
siamo separati con il mio ex convivente. il nostro figlio di 5 anni e’ venuto con me in svezia pero’ ora abbiamo deciso che va a vivere con il padre a napoli.noi non abbiamo fatto nessun accordo legale, dovremmo farlo? siamo accortati tra di noi che incontrero il nostro figlio circa 4 volte all’anno portantolo con me in svezia o in portogallo (dove stanno spesso i miei genitori) ma quando gli ho detto che lo dovrei poter portare anche a vienna dove vado a vivere con il mio nuovo compagno, lui ha detto di no. vorrei capire se lui puo negarmi il consenso di portarlo a casa mia anche se sarebbe anche la casa del mio compagno? Ed in piu’ dovrei avere un consenso legale dal padre per poter viaggare con il figlio? come mi dovrei muovere?
poi un altra cosa, dovrei pagare gli alimenti anche se non ho un lavoro?
grazie mille!
Gentile Signora
come lei ha constatato e come risulta dal suo quesito, gli accordi verbali, in queste situazioni, possono generare grossi problemi. In ogni momento, ciascuno dei due può rimangiarsi la parola data.
Dunque, non vi è dubbio che per portare con sè suo figlio necessita del consenso del suo compagno. E’ molto importante che del consenso vi sia traccia scritta per evitare, all’insorgere delle prime discussioni, di vedersi denunciati per sottrazione di minore.
Il fatto che lei possa vivere in alcuni periodi anche con il suo nuovo compagno non è di ostacolo al rapporto del minore e il padre non può addurre alcuna valida ragione in contrario.
Ovviamente, è fondamentale che l’accordo verbale, tra l’altro con alcuni punti critici (come il disaccordo immotivato del padre del minore a che lui sia portato nella casa in cui lei vive con il suo nuovo compagno) richiede una formalizzazione scritta. Le suggerisco di parlare con il padre di suo figlio per valutare se fare un ricorso congiunto al tribunale per regolamentare l’affidamento e i rapporti con il minore: nella sua situazione è molto importante considerata la distanza geografica ed il fatto che il minore dovrà quando starà con lei vivere all’estero.
Il mantenimento per il minore sarebbe dovuto, semmai il problema è la quantificazione visto che lei non lavora.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la sua risposta tempestiva!
Vorrei ancora chiedere se troviamo un accordo basterebbe firmare un foglio davanti ad un avvocato o bisogna andare a camera di mediazione o altrove davanti ad un giudice? Noi non siamo stati sposati.
grazie
Gentile Signora
questo dipende dalle esigenze sue e del sue ex compagno. Si rivolga ad un avvocato di sua fiducia e segua i suoi suggerimenti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avvocato,
sono madre single e nel CUD 2018 del mio lavoro da dipendente ho usufruito delle detrazioni per figlio a carico poiché mia figlia è studentessa universitaria.
In fase di compilazione del 730 è però emerso che i redditi 2018 di mia figlia superano per pochissimo la quota limite di 2.800 Euro per poter usufruire delle detrazioni e pertanto mi è stato detto che le devo restituire.
Il problema è il seguente: i redditi di mia figlia constano in un lavoretto estivo e una borsa di studio per un progetto Erasmus OverWorld.
Tale borsa di studio, quando è stata assegnata a marzo 2018, è stata conteggiata ERRATA da parte della università, hanno emesso un bonifico per una quota superiore.
Quando nel mese di ottobre io e mia figlia abbiamo fatto presente il problema, dalla università ci hanno comunicato che avrebbero inviato i dettagli per emettere un bonifico di rimborso.
Nonostante nostre reiterate richieste sia telefoniche che via mail (tutto documentato), l’università invia prima una lettera con l’iban errato, poi ci dice di aspettare la lettera inviata per posta. Non per causa nostra, quindi, ma per errori ripetuti della università, il rimborso lo abbiamo effettuato solo a gennaio 2019.
L’università quindi ha emesso il CUD relativo alla borsa di studio con l’importo errato (più alto) e a causa di questo devo restituire le detrazioni per il figlio a carico (non sarebbe successo se il calcolo della borsa di studio fosse stato quello corretto).
Sia l’agenzia delle entrate che il commercialista dicono che non c’è niente da fare, dobbiamo restituire le detrazioni assegnate: ma essendo il problema causato e reiterato dalla università e non per causa nostra, non mi sembra affatto giusto. L’università ammette l’errore, ma non si prende nessuna responsabilità.
C’è un modo per risolvere in qualche modo la questione? Possiamo in qualche modo rivalerci sulla università?
Vi ringrazio per l’attenzione e spero tanto sia possibile trovare una soluzione.
Gentile Signora
capisco che l’errore commesso dall’Università le abbia causato un danno ed un conseguente disagio anche a carattere economico. Sotto il profilo fiscale mi associo al parere del commercialista, mentre sotto il profilo legale sussisterebbe (il condizionale è d’obbligo) la responsabilità dell’ Univerisità. In tali casi occorre capire se conviene adire le vie legali o meno. Più precisamente qualora si volesse agire contro l’Università occorre che lei valuti attentamente (anche attraverso l’assitenza di un avvocato di sua fiducia) la responsabilità della stessa (un errore di calcolo) e la quantificazione del danno prodotto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Il motivo del contendere è questo:
può un’ associazione aps assumere dipendenti attingendo ai propri soci?
La materia era regolata dall’ art. 18 della L. 383/2000 abrogata dal nuovo Codice del 3° Settore (CTS) con il D.Lgs 11/1017 integrato da D.Lgs.105/2018; leggendo, appunto, l’ articolo 18, ormai abrogato, si poteva ipotizzare la possibilità, per le APS, di assumere dipendenti anche attingendo dai propri soci. Ma la nuova normativa ha riscritto l’art. che disciplina la materia con l’art. 36 del CTS la cui lettura sembra limitare la possibilità di attingere dai propri soci esclusivamente per incarichi lavorativi riconducibili a prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura. Inoltre l’articolo 36 fa riferimento al comma 5 dell’art 17 dello stesso Decreto, articolo che sembra addirittura più rigoroso nell’escludere la possibilità di attingere dai propri soci per assumere dipendenti. Nell’art. 36 rimane ambigua l’affermazione “Le associazioni di promozione sociale possono assumere lavoratori dipendenti” in quanto molto generica ed annullata dal dettato dell’art.17 che lo precede.
Quindi l’interrogativo: ” Possono le APS assumere lavoratori dipendenti attingendo anche dai propri soci?” rimane da sciogliere. Grazie.
Egregio Signore
la questione che lei sottopone manifesta ictu oculi una palese incompatibilità tra l’art. 36 CTS e l’art. 17, comma 5 del CTS. Orbene, le Associazioni di promozione sociale (Aps), riconosciute o non riconosciute, hanno ricevuto una nuova disciplina a seguito del Decreto legislativo 3.7.2017 n. 117, aggiornato con le modifiche apportate dal D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105. Ai sensi dell’art. 36 CTS, le Aps possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati, fatto comunque salvo quanto disposto dall’articolo 17, comma 5, solo quando ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità. Per converso l’art. 17, comma 5 afferma che la qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria. Secondo il mio personale parere dall’analisi delle due norme sopra citate si evince che l’obiettivo principale è quello di tutelare il lavoro autonomo e il lavoro dipendente, ponendo la necessaria distinzione con l’attività di volontariato, che per sua natura è gratuita e libera. Ne consegue che le Aps possono assumere lavoratori dipendenti avvalendosi anche dai propri soci (solo quando ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità). In tali casi il socio non può assumere la qualifica di volontario, ma solo quella di lavoratore dipendente o autonomo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la sollecita risposta. Tuttavia mi viene da obiettare: L’art. 36 inizia con l’ affermazione ” La associazioni di promozione sociale possono assumere lavoratori dipendenti”, ma ciò non può che riferirsi a persone senza la qualifica di volontario e quindi di socio perchè in genere essi coincidono.
Successivamente viene introdotto il concetto di alternativa “o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati”, Perchè in questa seconda perifrasi il legislatore sente forte l’esigenza di specificare “anche dei propri associati”? Forse perchè la considera una deroga al principio generale della impossibilità di assumere attingendo ai volontari/soci? Ciò sembrerebbe avvalorato dal fatto che la frase “avvalersi anche dei propri associati” sembra riferita, sintatticamente, non alla prima affermazione ma alla seconda, quella dell’artenativa ” “o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati” tant’è che recita “dei propri associati” e non fra i propri associati.
Comunque, in sintesi, per essere assunto come lavoratore dipendente è sufficiente che un socio/volontario dia le dimissioni da socio/volontario per assumere quelle di regolare dipendente. Anche perchè questa situazione non sarebbe contrastabile in nessun modo.
Egregio Signore
analizzando l’art. 36 CTS si può affermare che “le associazioni di promozione sociale possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati”, pertanto possono attingere ai propri soci (a condizione che) “ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità”. Ciò si ricollega al secondo comma dell’art. 36 nel quale si afferma che “In ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari o al cinque per cento del numero degli associati, e “fatto comunque salvo quanto disposto dall’articolo 17, comma 5” (La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria). Dal combinato disposto delle due norme (art. 36 e art. 17, comma 5) si evince un palese refuso dal momento che al posto di “fatto comunque salvo quanto disposto dall’articolo 17, comma 5” si dovrebbe intendere “in deroga a quanto disposto dall’articolo 17, comma 5”. Secondo il mio parere personale le Aps possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura anche dei propri associati per determinate attività sociali o per raggiungere determinate finalità sociali; in questi casi ovvero nell’ambito di queste attività il socio dovrà assumere la qualifica di lavoratore dipendente o autonomo (con le conseguenti garanzie retributive e previdenziali) e non potrà assumere la qualifica di volontario in quanto “la qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente”. Sempre secondo il mio personale parere la norma non parla delle dimissioni del socio ai fini dell’assunzione della qualifica di lavoratore dipendente o autonomo ma credo si preoccupi di disciplinare le due differenti qualifiche (socio/lavoratore dipendente o autonomo) sotto il profilo legale, economico e fiscale, ed evitare, al contempo, una confusione di ruoli, ovvero che nell’ambito di una determinata attività associativa il socio possa partecipare come volontario (con conseguente onere retributivo e fiscale) e come lavotarore dipendente o autonomo (con conseguente onere retributivo e fiscale).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Io vi ringrazio di cuore per il tempo che mi state dedicando ma non riesco a capire bene; purtroppo mio succede da una vita quando si tratta di leggere e, soprattutto, interpretare leggi. Non mi pare che l’ultima interpretazione vada nel senso di garantire i soci che eventuali assunzioni non derivino da rapporti personali e da situazioni di nepotismo/raccamandazioni andando a creare situazioni di forti disagi nel corpo associativo.
Non capisco, inoltre, perchè si sia dovuta cambiare la legge 383 del 2000 dove, all’art. 18 si dicevano sostanzialmente le stesse cose pur non parlando di incompatibilità fra il volontario ed il dipendente. La confusione è grande sotto il cielo………..Comunque grazie lo stesso.
Egregio Signore
il problema che lei sottolinea accade spesso quando si verifica una modificazione o una abrograzione di una legge precedente. Credo che lo scopo della legge (Decreto Legislativo 3 Luglio 2017 n. 117) sia quello di garantire una chiarezza retributiva e quindi fiscale delle attività associative, ovvero evitare che un socio possa partecipare alla stessa attività associativa in parte come volontario, quindi a titolo gratuito e in parte come lavoratore dipendente o autonomo e conseguente tassazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, vorrei chiedere cortesemente un’altra informazione. So che le email private non possono essere divulgate o pubblicate online (neanche il loro contenuto) senza l’autorizzazione del mittente. Se scrivo ad un’azienda per avere un’info e questa mi risponde dicendo che non può rispondere alla mia richiesta, anche in questo caso io non posso scrivere online della mancata risposta alla mia domanda da parte dell’azienda, giusto? Ma se io volessi far sapere la mia su un forum online, come potrei farlo senza incorrere in reati, non avendo l’autorizzazione dell’azienda? Potrei dire ad esempio: “Non mi è piaciuto come mi ha risposto l’azienda X”?
Infine, una curiosità: il divieto di divulgare mail private vale anche se si reinoltrano o si riporta il contenuto a soggetti terzi e quindi non su una piattaforma pubblica online?
Grazie molte!
Cordialità.
Salve,
vorrei chiedere gentilmente perché la mia domanda è stata ignorata.
Grazie.
Scusi mi può dire la data in cui è stato inserito il parere, in modo da verificare velocemente.
Gentile Signora
effettivamente la sua richiesta era stata evasa in quanto a seguito di approvazione automatica del sistema, è sfuggita all’osservatore.
Ciò detto per dare una risposta esaustiva al quesito occorrerebbe analizzare la fattispecie sotto il profilo del contenuto e non solo del naturale limite alla divulgazione on line e quindi erga omnes di mail o qualsiasi altro scritto di natura privatistica. Considerando che tutte le attività che avvengano on line hanno natura molto più ampia rispetto a quelle reali, le consiglio nell’ambito di piattaforme on line di affermare il suo parere in via esclusivamente generica e non citare nomi, o qualsiasi altro dato di aziende o imprese. La divulgazione di mail private avviene anche in caso di inoltro a soggetti terzi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie molte. Teoricamente, anche se si riporta il contenuto soltanto a voce ad una persona si commette comunque reato perché si divulga la mail, vero?
Grazie ancora.
Gentile Signora
la divulgazione della mail deve avvenire a più persone.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent. mo Avvocato
La raggiungo perché sono in grave difficoltà.
Mi sono separata da mio marito dopo 25 anni di matrimonio, gli ultimi dei quali sono stati tremendi per la violenza, soprattutto psicologica, subita. Ho esposto segnalazione ai Carabinieri che avendolo richiamato ed avvertito mi hanno consentito di raggiungere una separazione firmata al Comune e quindi consensuale.
A fronte di ciò,il mio ex marito mi ha obbligato a vendere la nostra casa.
Cosa che ho accolto di buon grado in quanto la convivenza forzata era insostenibile e alquanto pericolosa.
La casa è di entrambi, pertanto trovato l’acquirente e concordata la somma, quest’ultimo ha versato una caparra in due parti uguali su due assegni intestati rispettivamente alla sottoscritta e uno al mio ex marito, stabilendo la data per la stipula del contratto ed ovviamente una penale nel caso ci fossero ripensamenti da parte dei venditori.
Dopo alcuni giorni mi ha raggiunto l’avvocato del mio ex marito il quale mi ha informato che il suo cliente vuole che io gli dia la metà di debiti contratti da lui con Equitalia (la cui somma al momento non so a quanto ammonti, ma non poco) o che comunque firmi un impegno a farlo senza il quale lo stesso non si recherebbe a firmare la stipula del contratto con la conseguenza che la casa non sarebbe venduta e che entrambi saremmo costretti a restituire la caparra e a pagarne la penale.
Un ricatto solo per vessarmi psicologicamente Lui sa che io sono in grave difficoltà economica in quanto per 25 anni mi sono occupata dei figli e della casa e nulla mi ha riconosciuto dopo la separazione sostenendo di non avere reddito.
Sono senza lavoro e sopravvivo con piccoli lavori ma ho accettato le sue condizioni pur di liberarmi almeno formalmente. Quindi sarei solo in grado di restituire la caparra ma non di pagare la penale.
Come devo procedere? C’è un modo per non subire questo ricatto? Mi consigli se Le è possibile. GRAZIE INFINITE
Gentile Signora
la situazione che lei delinea è abbastanza grave e le consiglio di rivolgersi in primis ad un legale di sua fiducia, che possa assisterla e consigliarla in modo diretto e continuo. Qualora lei intenda procedere alla vendita dell’immobile può presentarsi ugualmente alla stipulazione del contratto definitivo e, nell’ipotesi in cui il suo ex marito non si presenti, può chiedere al notaio di dare atto mediante verbale dell’assenza del suo ex marito, comproprietario dell’immobile. L’acquirente, in caso di mancata stipulazione del contratto definitivo può agire nei confronti di entrambi al fine di ottenere il pagamento della penale, ma lei può rivalersi contro il suo ex marito per l’inadempimento dell’obbligazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno gentilissimo Avv.
Vorrei sapere se una famiglia extracomunitaria che risiede in Italia stabilmente in gravissimo stato di bisogno, avrebbe diritto ad ‘alcuna prestazione di natura economica a sostegno del reddito e che per i loro permessi di soggiorno, fino ad oggi, non sono riusciti ad avere.
Il nucleo familiare è composto da:
– Una anziana di 81 anni, dichiarata invalida civile al 100% nel 2017 e ratificata a febbraio 2019 senza altre visite di revisione. La sig.ra è titolare di Carta di Soggiorno per familiare di cittadino dell’Unione rilasciata nel 2015 con validità per 5 anni. Percepisce indennità di accompagnamento pari a euro 517,84 mensili.
– Il figlio, trapiantato di Midollo Osseo nel 2013 per Linfoma di Hodking e dichiarato invalido civile al 64% nel 2015. Disoccupato e titolare di Permesso di Soggiorno per Motivi Umanitari dal 2013, rinnovabile ogni due anni.
– La sposa del figlio, disoccupata e titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari dal 2013.
– Una minorenne figlia del matrimonio, studente e titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari rinnovabile ogni due anni.
Faccio presente che loro per adesso devono rimanere in Italia nonostante la grave situazione di disagio economico perche l’anziana soffre di Alzheimer avanzato (aggravato da un evento di malasanità nel 2017) e non si può muovere dal letto per tornare a Cuba e considerando il fatto che nessuna compagnia aerea si prenderebbe in carico un paziente del genere in un volo di lungo raggio.
Pure suo figlio riceve ancora cure mediche post trapianto per le sequele neurologiche e uditive derivate del percorso terapeutico a cui è stato sottoposto.
La mia domanda è: non esiste normativa o giurisprudenza che tutele questi casi eccezionali dove la mancanza di requisiti (in questo caso la tipologia dei permessi di soggiorno/tempo di permanenza in Italia) vietano l’accesso a una prestazione di natura economica nonostante il grave e involontario disagio di una famiglia come questa?
Grazie in anticipo della sua cortese attenzione.
Gentile Signora
al di fuori delle prestazioni connesse a uno stato di invalidità, lei potrebbe richiedere un sostegno economico, nella specie un assegno sociale, all’INPS, previa verifica delle condizioni richieste dalla legge, (verifica che non è possibile effettuare in via telematica). Le consiglio di rivolgersi ad un Caf nella sua zona di residenza in modo da ricevere una accurata assistenza fiscale e legale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Un anno fa abbiamo visto un posto in vendita, messo in vendita da un’agenzia immobiliare. Ora che il proprietario l’ha in vendita e parlando con lui abbiamo concordato l’acquisto ad un prezzo molto più basso. E’ necessario pagare all’agenzia immobiliare per il fatto che ci ha mostrato la proprietà un anno prima….. Il proprietario dice che nulla deve essere pagato all’agenzia immobiliare, ma non vogliamo avere problemi possiamo aggiungere nell’atto che il venditore si farà carico di qualsiasi richiesta relativa alla rivendicazione dell’agenzia immobiliare.
Egregio Signore
a quanto mi pare di capire l’immobile, oggetto della vendita, è gestito direttamente ed attualmente dal proprietario e non dal mediatore immobiliare (agenzia immobiliare), il quale invece aveva ricevuto incarico l’anno prima, senza concludere l’affare. Dal momento che il contratto di mediazione si avvale della forma scritta (dove si evince anche il compenso del mediatore o provvigione) occorre verificare se vi è stata la conclusione di un contratto scritto, e se le parti (proprietario dell’immobile e mediatore) abbiano fissato un termine, scaduto il quale il contratto di mediazione si risolve automaticamente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buongiorno,il mio compagno è stato condannato nel 2008 per rapina; premetto che aveva avuto problemi con la separazione dalla moglie e varie denuce che poi si sono sommate alla pena definitiva. Pena detentiva scontata e ammenda non pagata. Attualmente ha la carta di identità non valida per espatrio. Stiamo mettendo via i soldi per pagare ammenda. Oggi è arrivata cartella esattoriale del valore di 2111,83 dal ministero della giustizia-corte di appello. Dobbiamo pagare anche quella per rilascio documento?o per il documento rimane la somma presente nel casellario giudiziale?grazie
Gentile Signora
la carta di identità con l’apposizione della dicitura “documento non valido per l’espatrio” soggiace alla disciplina di cui alla Legge 21 novembre 1967, n. 1185, (Norme sui passaporti), art. 3 lettera d) coloro che debbano espiare una pena restrittiva della libertà personale o soddisfare una multa o ammenda, salvo per questi ultimi il nulla osta dell’autorità che deve curare l’esecuzione della sentenza, sempreché la multa o l’ammenda non siano già state convertite in pena restrittiva della libertà personale, o la loro conversione non importi una pena superiore a mesi 1 di reclusione o 2 di arresto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, Le volevo porre una questione circa l’acquisto di una casa con bonus prima casa.
Sono sposato in regime di comunione legale dei beni e ho 2 figli minorenni.
Mia moglie è proprietaria della casa dove attualmente abbiamo tutti la residenza.
La casa di proprietà di mia moglie la ha ricevuta con atto di donazione da sua madre.
Io non possiedo alcun immobile.
Volendo acquistare una casa in un comune di verso dove risediamo attualmente, e volendo trasferire la residenza soltanto io nel nuovo comune, Le chiedo se entrambi i coniugi hanno diritto ad ottenere il bonus prima casa, poichè anche mia moglie non ha mai usufruito del bonus acquisto prima casa.
Se possibile Le chiedo anche se può dirmi, l’imposta Imu sulla casa che andremo ad acquistare sarà al 50% come prima casa per me e al 50% come seconda casa per mia moglie, visto che mia moglie lascerà la residenza nell’attuale comune dove attualmente risiede.
Grazie mille
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza tra i requisiti previsti dalla legge per usufruire del bonus prima casa e le conseguenti agevolazioni fiscali occorre essere residenti nel Comune in cui si acquista l’immobile. Per quanto concerne l’imposta Imu le consiglio di rivolgere il quesito ad un commercialista di sua fiducia, il quale sul punto sarà più preciso della sottoscritta.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, devo acquistare casa con il mio compagno…lui mi propone:mutuo intestato a me e casa a tutti e due con clausola in caso di separazione che chi se ne va, liquidi all all’altro fino a 30000 euro. Valore della casa 90000. Coe mi devo comportare?
Gentile Signora
qualora il mutuo bancario per la compravendita dell’immobile sia intestato solo a lei la espone personalmente ad una obbligazione verso l’istituto di credito che concerne il rimborso della somma mutuata con l’applicazione del tasso di interesse. In merito alla clausola che in caso di separazione prevede la liquidazione fino a 30000 euro non mi pronuncio in quanto andrebbe analizzata nel contesto contrattuale. La valutazione sull’affare è rimessa al suo personale giudizio, in base anche alle sue esigenze abitative, affettive e in relazione al reddito percepito; l’unico consiglio che posso darle è quello di prendere le necessarie informazioni con l’istituto di credito o altro ente erogatore del mutuo ed esaminare gli aspetti positivi e negativi del vincolo contrattuale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buonasera,
espongo subito il mio problema:
da circa 4 anni subisco un pignoramento del quinto dello stipendio per un finanziamento non pagato. Fin qui tutto ok; tempo fa sono andato a fare la visura al CRIF e altre banche dati ed è risultato tutto regolare. Sono andato in banca per accendere un mutuo acquisto prima casa ma, me lo sono visto negare perché in Banca d’Italia risulta una sofferenza a perdita iscritta nei miei confronti dalla società finanziaria.
Avevo letto sul regolamento della Banca d’Italia che tale iscrizione è possibile se e solo se, dopo indagini finanziare risultasse l’impossibilità per me di pagare.
Non essendo il mio caso dato che se li prendono tutti i mesi sono andato dall’avvocato che ha fatto un arbitrato in B.I. che ha però rigettato l ricorso.
Quello che vorrei sapere è: se intraprendessi una causa contro la finanziaria per avere la cancellazione in Banca d’Italia che probabilità avrei di successo?
RingraziandoVi anticipatamente per l’interesse cordialmente saluto.
Egregio Signore
in via preliminare non è possibile indicare in astratto eventuali probabilità di vincere o meno un processo giudiziario. Ogni causa è a sè, ed ogni causa, anche quelle in origini più sicure, hanno una percentuale di fallimento. Ragionando a priori si possono indicare le conseguenze positive e negative di un processo, a prescindere dal risultato finale, ma ciò è possibile solo attraverso un concreto esame del merito, ovvero degli atti di causa che conduce al conseguente esame sotto il profilo giurisprudenziale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera. vorrei un vostro parere su una questione che ormai si sta trascinando da tempo. Dopo qualche anno di continui litigi e ripicche varie con i miei genitori e mia sorella per varie questioni, cinque anni fa ho deciso a malincuore di allontanarmi totalmente dai miei e troncare ogni tipo di contatto. I miei sono titolari di pensione, quella di mia madre è la minima da quello che ricordo, possiedono la casa in cui vivono e sono in condizioni economiche normali. hanno 94 anni lui e 90 lei. mia sorella è in pensione da alcuni anni e si occupa di loro nel bisogno. Qualche giorno fa ho ricevuto una raccomandata in cui mia sorella mi chiede come ho intenzione di comportarmi nei loro confronti in quanto stanno invecchiando e alcune malattie stanno diventando pesanti da gestire, mia madre ha l’ invalidità al 100% con accompagnamento, e lei si è rivolta anche ad un “aiuto part time a pagamento (cooperativa)” per gestirla. Visti i precedenti io non ho nessuna intenzione di riallacciare i rapporti con loro, poichè negli anni ho sopportato di tutto, e visto che attende una mia risposta scritta presumo che si andrà a finire in tribunale. Secondo voi come dovrei potrei risolvere al meglio la questione? basterebbe partecipare alle spese per un’ eventuale badante o personale addetto? io lavoro da dipendente ed ho un appartamento di mia proprietà dove vivo, e il mio stipendio è sicuramente inferiore alla somma delle loro pensioni. Grazie.
Egregio Signore
l’assistenza, la gestione e la cura dei genitori anziani è un dovere etico, morale e giuridico che compete ai figli. Detto ciò gli stessi dovrebbero trovare un accordo pacifico sulle modalità di assistenza dei genitori, ormai in età avanzata, sia con riguardo alla cura e gestione quotidiana dei loro bisogni primari (compreso lo stato di salute) e sia con riguardo al profilo economico. Sotto tale profilo i figli hanno il dovere di contribuire al mantenimento dei genitori anziani qualora risiedano nella steassa casa, e in via in generale i figli hanno il dovere di provvedere alla cura e all’assitenza e alla gestione dei genitori anziani, soprattutto quando vi è una invalidità, in proporzione alle proprie condizioni economiche. Nell’ipotesi in cui il figlio versi in condizioni economiche precarie, quest’ultimo può provvedere secondo i propri mezzi, come ad esempio ospitando il genitore o i genitori anziani. Qualora sul punto i figli non riescano a raggiungere un accordo in piena armonia, la questione può essere rimessa all’attenzione del Giudice, il quale provvederà a stabilire le modalità di assistenza materiale ed economica.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato,
Le riscrivo per informarLa che durante il 3 accesso l’avvocato ha concesso un altro mese per trovare una nuova casa (sfratto per finita locazione). Spero vivamente che venga trovata una soluzione prima di questa scadenza.
Un’ultima domanda: come fanno gli affittuari a sapere se sarà concessa la forza pubblica? Arriverà una comunicazione scritta? E, inoltre, l’esecuzione avverrà nella data in cui l’avvocato ha fissato il quarto accesso?
Mi scuso nuovamente per il disturbo.
Buona giornata
Egregio Signore
sono contenta che le è stato concesso un altro pò di tempo per trovare una soluzione abitativa per sè e per la sua famiglia.
L’esecuzione dello sfratto con la forza pubblica prevede la preventiva comunicazione all’esecutato della data in cui avverrà l’accesso con la forza pubblica.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, volevo un’informazione per quanto riguarda un evento accadutomi stamattina. Sotto un post su facebook all’interno di un gruppo chiuso è nata una lite tra me e un’altra persona, in cui si sono alzati i toni. A un certo punto io ho probabilmente esagerato e lui ha dichiarato di volermi denunciare per diffamazione. La mia domanda è: trattandosi di una discussione tra me e lui, in un dialogo fatto di botta e risposta e quindi non in sua assenza, non stiamo parlando di ingiuria invece che di diffamazione, nonostante fossimo su un social network? Chiedo perché so che l’istituto dell’ingiuria è stato recentemente depenalizzato a illecito amministrativo e in tal caso non sarebbe necessario un processo penale.
Egregio Signore
come lei ben sottolinea l’ingiuria e diffamazione sono due reati di cui il primo tutela l’onore e il decoro di una persona, mentre il secondo tutela la reputazione della persona. La differenza fondamentale tra ingiuria e diffamazione è costituita dalla circostanza che l’offesa avvenga alla presenza o meno della persona alla quale è rivolta; la diffamazione si verifica in assenza della persona offesa, viceversa nel caso dell’ingiuria la persona offesa è presente. Il reato di ingiuria è stato abrogato dal Decreto Legislativo 15 gennaio 2016 n. 7 (sulla base del dispoto legislativo il reato di ingiuria costituisce ora illecito civile e obbliga oltre alle restituzioni e al risarcimento del danno, anche al pagamento della sanzione pecuniaria da euro cento a euro ottomila). Ciò detto occorre affermare che le fattispecie della ingiuria e della diffamazione possano essere commessi a mezzo di Internet. In tali casi per stabilire la linea di demarcazione tra le due fattispecie occorre analizzare il contesto in cui l’offesa viene effettuata ovvero se la stessa sia conoscibile e quindi leggibile da altri gli utenti (di numero almeno superiore a 2) indipendentemente se tra i fruitori del messaggio vi sia anche la persona nei cui confronti vengono formulate le espressioni offensive.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Quindi, se ho ben capito, nonostante la persona offesa sia partecipe alla discussione e quindi risponda al messaggio incriminato, parliamo comunque di diffamazione e non, invece, di ingiuria aggravata?
Infine, se non è troppo disturbo, si può considerare diffamazione anche nel caso in cui la persona offesa sia sul social network con nome e cognome fittizi? O forse il fatto di non essere presente con nome e cognome è di per sé sufficiente a ritenere il proprio onore non a rischio?
Egregio Signore
la trasmissione/comunicazione attraverso una chat o qualsiasi altro mezzo presente in Internet, certamente “consente, in astratto, anche al soggetto vilipeso di percepire direttamente l’offesa, ma il messaggio è diretto ad una cerchia talmente vasta di fruitori, che l’addebito lesivo si colloca in uno dimensione ben più ampia di quella interpersonale tra offensore ed offeso” (Cassazione n. 44980/2012); e ancora “mentre, nel caso, di diffamazione commesso, ad esempio, a mezzo posta, telegramma o e-mail, è necessario che l’agente compili e spedisca una serie di messaggi a più destinatari, nel caso in cui egli crei o utilizzi uno spazio web, la comunicazione deve intendersi effettuata potenzialmente erqa omnes”. Inoltre per integrare il reato è sufficiente che la vittima sia individuabile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera Avvocato,
pongo il mio quesito in materia di separazione: il mio ex marito tutti i mesi corrisponde un assegno di mantenimento per il figlio minorenne. Le spese straordinarie, che spettano al 50%, di solito le anticipo sempre io e lui mi rimborsa la metà aggiungendo la somma all’assegno di mantenimento del mese in cui sostengo le spese straordinarie del figlio. Adesso ha sostenuto lui la spesa straordinaria e il 50% vorrei restituirla mediante o bonifico o accreditandola sulla sua postepay. Ho chiesto i dati per fare il versamento ma non mi ha risposto. La domanda è: può trattenere quanto spettante togliendo tale somma dall’assegno di mantenimento che deve dare? Io onestamente vorrei fare le cose separate….ma credo che farà come pare a lui….
Grazie anticipatamente e porgo distinti saluti.
Francesca
Gentile Signora
se lei non è d’accordo con le spese straordinarie sostenute dal suo ex marito, contestandole, in tal caso lui è tenuto a pagare l’intero mantenimento; se invece lei riconosce o ha già riconosciuto la legittimità delle spese straordinarie non ci sono problemi a decurtarle dall’importo del mantenimento (si tratta di una forma di pagamento in compensazione).
Codialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno. In una discussione su facebook ho definito un’altra persona come “ignorante” o “pirla” e successivamente sono stata a mia volta definita come una persona che fa uso di sostanze stupefacenti. Volevo sapere se il fatto di avere iniziato io a usare termini come “ignorante” o “pirla” mi impedisca di procedere per diffamazione aggravata.
Gentile Signora
qualora le offese sono reciproche e consequenziali possono operare le circostante attenuanti, in particolare la circostanza della provocazione, purchè vi sia lo stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui. La circostanza attenuante della provocazione di cui all’art. 62 comma 2 C.p. nell’ipotesi della diffamazione acquista una natura speciale che non attenua la responsabilità ma la esclude. Ciò è previsto e disciplinato dall’art. 599 comma 2 C.p. il quale afferma che “Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dall’articolo 595 nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso”
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno! Infostrada in seguito a mia richiesta di disdetta del contratto inviata via PEC ha cessato lo stesso un mese dopo il termine massimo previsto, addebitandomi costi non dovuti. In seguito a conciliazione tramite conciliaweb mi ha concesso,con verbale di conciliazione esecutivo, lo storno totale di quanto dovuto (105 euro). A distanza di quasi due mesi questa cifra mi viene richiesta da Wind tramite raccomandata che mi intima di pagare entro 5 giorni. Ho risposto via PEC che non sono tenuto a pagare nulla, allegando verbale di conciliazione, devo fare altro? Grazie!
Egregio Signore
la condotta da lei attuata è corretta, attenda l’eventuale risposta di Wind e poi eventualmente mi aggiorni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, in data 21.08.2018 ho ritirato la notifica di una multa da pagare presso l’ufficio deposito atti giudiziari, notifica che era stata lasciata nella buca delle lettere il 06.08.2018. Non avendo certezza dell’importo, mi sono recato presso la stazione dei vigili urbani chiedendo se il calcolo dei 5 giorni entro cui pagare l’importo ridotto fosse a partire dalla data di effettivo ritiro della multa, o da quella della notifica di raccomandata da ritirare lasciata in buca. Mi è stato garantito che il calcolo partiva dall’effettivo ritiro, per cui ho immediatamente eseguito il versamento. Ora mi arriva un ingiunzione con la richiesta del doppio dell’intera multa. Ho inviato una mail di chiarimenti alla quale mi è stato risposto che ho pagato oltre la scadenza consentita. Non si può far nulla?
Egregio Signore
il termine per il pagamento della sanzione amministrativa (multa) nei c.d. 5 giorni con la previsione legislativa della riduzione del 30% da detrarre sull’intero importo si calcola o dal momento della contestazione (qualora sia avvenuta nell’immediatezza del fatto- violazione) o da quello della notificazione. In questo ultimo caso il termine decorre dal giorno successivo a quello della consegna effettuata al destinatario dall’incaricato alla notifica. Qualora il destinatario sia assente viene lasciato l’avviso di deposito nella cassetta postale a cui fa seguito l’invio di una raccomandata; nell’ipotesi in cui il destinatario ritiri l’atto entro 10 giorni dall’avviso il termine di 5 giorni decorre dal giorno successivo a quello del ritiro; trascorsi i 10 giorni la notifica si perfeziona per “compiuta giacenza” ovvero l’atto si intende notificato al destinatario. Pertanto nell’ipotesi in cui il destinatario ritiri l’atto dopo i 10 giorni dall’avviso il termine di 5 giorni decorre dal giorno successivo a quello in cui la notifica si è perfezionata per compiuta giacenza (undicesimo giorno).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,
Il 13/04/2019 mentre camminavo per PISA ho notato una palestra che faceva pagare per un anno una quota fissa di 260 euro, incuriosito sono entrato e ho lasciato una caparra di 20 euro e una firma per bloccare l’offerta di 13 mesi che avrei sottoscritto il mese successivo, perché dal 13 fino a fine aprile sarei stato in puglia con la mia famiglia. Al mio ritorno a Pisa ho cambiato idea decidendo di non andarci proprio più’ in quella palestra e quindi di non versare il resto dei soldi, 240 euro. Loro mi continuano a minacciare col recupero crediti che devo pagare il resto dei 240 euro. Domanda, io non ho mai usufruito di quella palestra nemmeno per un giorno, possono loro minacciarmi in questo modo se io MAI ho messo piede li dentro e nemmeno hanno il mio certificato medico?
Egregio Signore
occorrerebbe analizzare le clausole contrattuali per dare una risposta esaustiva. Pertanto provi a verificare se sul contratto firmato è prevista la facoltà del recesso. In caso affermetaivo le consiglio di inviare una raccomandata a/r alla palestra manifestando la sua a volontà di recedere dal contratto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avvocato,
io e la mia ragazza vorremmo andare a vivere insieme, suo padre si
si è offerto di aiutarci: la mia ragazza e suo papà accenderebbero un mutuo
per comprare un appartamento, mentre io pagherei una quota da stabilire poiché
conviverei con lei..
Quindi l’appartamento risulterebbe intestato alla mia ragazza e a suo papà.
Se un giorno ci lasciassimo, io avrei diritto ad essere risarcito dei soldi che
ho dato per l’alloggio o di una parte di essi?
La ringrazio per la disponibilità.
Cordialmente
Luca
Egregio Signore
nell’ambito della convivenza more uxorio le spese pagate e gli esborsi economici effettuati da entrambi i partners rientrano in via generale nelle c.d. obbligazioni naturali ai sensi dell’ art. 2034 Codice civile “Non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace”. Ciò trova la sua fonte nel carattere morale o sociale della convivenza di fatto. Qualora le spese pagate e gli esborsi economici effettuati durante la convivenza di fatto travalicano i limiti di proporzionalità e di adeguatezza, e comportino un vantaggio di uno solo dei conviventi “more uxorio”, (impoverimento di un convivente e conseguenziale arricchimento dell’altro convivente) in considerazione della durata della convivenza e delle condizioni sociali e patrimoniali di entrambi i conviventi, potrebbe verificarsi la fattispecie dell’indebito arricchimento descritta dall’art. 2041 C.c. “Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale”. Tale ultima norma prevede il pagamento di un indennizzo pari o proporzionato alla somma investita durante la convivenza.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avvocato,
La ringrazio per la Sua disponibilità e per la Sua gentile risposta ricca di dettagli.
Sembra che l’unica strada da percorrere per potermi tutelare sia una scrittura privata di locazione tra me e la mia fidanzata.
Lei sa se tra le condizioni è possibile inserirne una che mi garantirebbe una restituzione totale, o parziale, della somma che avrò versato per i mesi di permanenza nell’appartamento?
La ringrazio nuovamente per la sua disponibilità
Cordialmente
Luca
Egregio Signore
il contratto di locazione è per sua natura un contratto a titolo oneroso, pertanto mi sembra difficile inserire una clausola che possa prevedere la restituzione totale o parziale di quanto versato durante la convivenza, la quale coinciderebbe con la durata del contratto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avvocato
La ringrazio in quanto ha chiarito i miei dubbi.
Grazie per il vostro servizio di consulenza gratuita, è veramente efficace.
Cordiali saluti
Luca
Grazie a lei.
Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Io e la mia compagna viviamo assieme ed assieme siamo, all’anagrafe, nello stesso Stato di Famiglia ma non abbiamo celebrato alcun tipo di matrimonio previsto dall’Ordinamento. Siamo semplicemente conviventi. In questo caso la mia compagna, che, fra l’altro, ha un reddito molto basso potrà, nel caso, godere della reversibilità della mia pensione
Egregio Signore
la pensione di reversibilità spetta al coniuge (separato o divorziato purchè titolare dell’assegno di divorzio), ai figli, ovvero ai genitori (che non siano titolari di pensione) o ai fratelli o sorelle (inabili al lavoro), in proporzioni differenti a seconda dei casi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
uno dei miei genitori mi ha offerto e garantito un prestito incondizionato per permettermi l’acquisto della prima casa ed evitare la richiesta di mutuo. Salvo poi negare categoricamente tale disponibilità 5 giorni dopo aver firmato per il compromesso e versato €20.000 dei miei risparmi. Il genitore era presente alla firma ed ha lasciato che la pratica avesse il suo seguito. Posso rivalermi in una qualche misura sul genitore e riavere da questi la somma versata in caso di richiesta di rescissione del contratto di compravendita?
Ringrazio anticipatamente.
Cordiali saluti
Gentile Signora
a quanto mi pare di capire la disponibilità del genitore al prestito è stata fatta oralmente e pertanto non vi sono possibilità di rivalsa nell’ipotesi di rescissione o risoluzione del contratto di compravendita.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La ringrazio molto e Le auguro una buona giornata.
Grazie a lei.
Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Buongiorno,
per il mantenimento di mio figlio il mio ex ha preteso che “l’assegno” mi venisse versato sulla mia postepay (perché lui sostiene che le spese per un bonifico gli costano troppo). Io ho un c/c bancario e preferiferi che mi versasse la somma pattuita nel mio c/c. Se tolgo la postepay e gli indico l’IBAN su cui farmi il bonifico, può detrarmi dall’importo le spese che sostiene lui per effettuare il bonifico? (le spese di commissione per intenderci…) io credo di no, ma visto il tipo penso che sicuramente se sostiene una spesa per il bonifico di 4 o 5 euro sicuramente mi addebita tale spesa….
E se lo facesse, potrei fare qualcosa per far valere i miei diritti?
Grazie anticipatamente,
Francesca
Gentile Signora
per quanto a mia conoscenza le spese di commissione per effettuare il bonifico bancario non possono essere detratte dall’assegno di mantenimento.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avvocato,
chiedo di scusarmi per il mio italiano; Amministratrice del nostro condominio senza chiedere consenso dei condomini ha messo un lochetto che non permette di accedere al sottotetto (di proprieta condominiale). Noi abitiamo al ultimo piano e abbiammo appena cominciato i lavori di ristrutturazione edizilia, abbiamo bisogno di salire a sottotetto per vari motivi. Vorrei chiedere, se amministratore ha diritto di mettere lochetto senza consenso di condomini, se noi abbiamo diritto di avere chiavi (ci ha detto che apre solo ai technici e non da chiavi a noi perche nessuno non deve salire su sottotetto aparte dei lavoratori specialisti). Se noi abbiamo diritto di avere accesso al sottotetto quando ci serve senza lavoratori estranei. Grazie!
Gentile Signora
se il sottotetto è parte comune dell’edificio deve essere garantito l’accesso a tutti i condomini, salvo che l’amministratore abbia agito sulla base di una delibera condominiale votata a maggioranza dei condomini.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille e buona giornata
Grazie a lei.
Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Buonasera, volevo chiederle se in caso di applicazione dell’art. 162 bis, cioè dell’oblazione accordata dal giudice, la fedina penale subirà delle conseguenze. Quello che mi pare di aver capito è che quando l’oblazione è obbligatoria, cioè non a discrezione del giudice, la fedina penale rimarrà immacolata, ma non ho capito se lo stesso vale per i reati che non rientrano nell’art. 162 bensì nel 162 bis.
Cordiali saluti.
Gentile Signora
l’oblazione prevista dall’art. 162 bis C.p è una causa di estinzione del reato contravvenzionale a seguito del pagamento di una somma di denaro (con conseguente cancellazione nel casellario giudiziale della persona imputata). Lo stesso dicasi per l’art. 162 C.p. La differenza tra le due norme risiede nella gravità del reato contestato, ovvero più specificatamente nell’ipotesi dell’art. 162 C.p. l’oblazione riguarda le contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la sola pena dell’ammenda, (si parla a tal proposito di oblazione ordinaria), mentre nell’ipotesi prevista dall’art. 162 bis C.p. l’oblazione riguarda le contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, (c.d. oblazione discrezionale in quanto è subordinata al potere discrezionale del giudice tenuto conto della gravità del reato contestato).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno Avvocato,
Avrei gentilmente bisogno di un chiarimento.
Il mio compagno é stato assolto per prescrizione in grado di appello per il reato di molestie ed ingiurie nel 2014. Le statuizioni civili sono state tuttavia confermate dal giudice penale stesso alla parte civile che si era costituita già in primo grado, riconoscendo loro il diritto al risarcimento del danno. La domanda é: in questo caso, dopo quanti anni sarà prescritto il diritto al risarcimento che finora non è mai stato esercitato ? Lui al momento evita di intestarsi qualsiasi cosa ma vorremmo capire se il termine di prescrizione per quanto riguarda il risarcimento alla parte civile è di 5 o 10 anni. Grazie tante.
Gentile Signora
ai sensi dell’art. 2947 C.c. il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato. Se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile. In tal caso si fa riferimento alla pena edittale stabilita per il reato contestato, ma nel caso che lei afferma non trova applicazione trattandosi di pena edittale più bassa del termine prescrizionale previsto dalla legge. Pertanto si fa riferimento al termine di cui al primo comma dell’art. 2947 C.c. ovvero quello di cinque anni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentilissimo Avvocato,
in qualità di consumatore sono stato vittima di una pratica commerciale scorretta in violazione degli artt. 21,22,24 e 25 del Codice del Consumo accertata e sanzionata dall ‘Agcm. Inoltre, il professionista sanzionato ha presentato ricorso al TAR del Lazio per l’ annullamento del provvedimento con contestuale richiesta di sospensione cautelare. Recentemente il TAR ha pubblicato l’ordinanza non ravvisando i due presupposti fondamentali del fumus e del periculum, ma ha solo leggermente ridotto la sanzione a causa di un mero errore di calcolo algebrico rinviando il merito all’udienza del 25 marzo 2020. Le chiedo cortesemente, quali sono i rimedi civilistici previsti in questo caso? Annullamento o meglio risoluzione per grave inadempimento degli obblighi di buona fede e correttezza con risarcimento danni atteso che sono passati più di 5 anni e meno di 10 dalla stipula del contratto? Grazie. PAOLO
Egregio Signore
credo che lei in qualità di consumatore può adire al giudice civile ai sensi dell’ art. 2043 c.c. per ottenere il risarcimento del danno subito a seguito di azioni o omissioni ingannevoli della pratica commerciale, provando il nesso di causalità tra l’azione ingannevole e il danno, e, quanto all’elemento soggettivo, almeno la colpa del professionista.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve. Un confinante lamenta danni da infiltrazioni ricondotte allo scolo del mio terrazzo, che scarica acque meteoriche sul suo tetto. Esiste un diritto di servitù non revocabile. Non si tratta di un condominio. Questo scolo è stato rifatto qualche anno fa’ proprio da questo confinante, introducendosi nella mia proprietà. Ha ragione il confinante a rivendicare il danno?
Cordiali saluti
Maria
Gentile Signora
l’art. 913 del Codice civile disciplina lo scolo delle acque e prende in considerazione le acque piovane e da neve stabilendo al primo comma che il fondo inferiore è soggetto a ricevere le acque che dal fondo superiore scolano naturalmente, senza che sia intervenuta l’opera dell’uomo (più che di una servitù la norma prevede una sorta di limitazione legale del diritto di proprietà); al secondo comma afferma che il proprietario del fondo inferiore non può impedire questo scolo, né il proprietario del fondo superiore può renderlo più gravoso, (nella specie si tratta di un obbligo di non fare) mentre al terzo comma stabilisce che le opere di sistemazione agraria del fondo inferiore o del fondo superiore rendono necessaria una modificazione del deflusso naturale delle acque, è dovuta un’indennità al proprietario del fondo a cui la modificazione stessa ha recato pregiudizio. Ovvero qualora siano stati posti in essere opere che rendano più gravoso il naturale deflusso delle acque il proprietario del fondo inferiore è legittimato a richiedere il risarcimento del danno relativo alla modifica apportata.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie Avvocato.
Mi sorge un dubbio. Il caso in questione potrebbe rientrare anche nell’art 908 del C.C., visto che si tratta dello scolo di acque da un terrazzo su un tetto confinante. Quindi si presuppone che sia intevenuta l’opera dell’uomo nel realizzare lo scolo, non si tratta di semplice deflusso naturale da un fondo agrario all’altro. Se il caso rientra anche nell’art. 908 è ugualmente contemplato anche l’aggravamento del deflusso dallo scolo per la realizzazione di opere da parte del fondo dominante e/o del fondo servente?
Il mio immobile fa parte di un complesso di edifici costruiti da un unico proprietario, che poi ha venduto gli edifici separatamente. Nel contratto di acquisto si dichiara il trasferimento di tutti i diritti inerenti all’immobile, quindi anche la servitù degli scoli da cui defluisce l’acqua meteorica sul tetto di locali confinanti.
L’attuale proprietario del locale confinante lamenta danni ricondotti ad uno scolo del mio terrazzo modificato arbitrariamente nel 2013 dall’allora conduttore del locale che fa parte della stessa famiglia dell’attuale proprietario. L’attuale proprietario sostiene che lo scolo non è efficace e se la prende con la mia proprietà. Ne consegue che la mia proprietà è stata danneggiata due volte: dall’intervento arbitrario di rifacimento dello scolo e dal danno che detto scolo ha prodotto sul locale confinante, di cui mi si chiede il risarcimento. Visto il manifestarsi in tempi recenti del danno prodotto dallo scolo, non da me rifatto, potrei rivalermi su chi ha modificato lo scolo circa 6 anni fa’ senza la mia autorizzazione? E se si con quali motivazioni?
Grazie per l’attenzione
Cordialmente
Maria
Gentile Signora
per capire bene la fattispecie occorrerebbe fare una verfica dello stato dei luoghi. L’art. 908 c.c., impone al proprietario del fondo l’obbligo di costruire tetti in maniera tale che le acque pluviali scolino sul suo terreno e non può farle cadere nel fondo del vicino (tale obbligo può essere derogato dalle parti con la creazione di una servitù di stillicidio), mentre l’art. 913 c.c. disciplina il deflusso naturale delle acque piovane, senza che sia intervenuta l’opera dell’uomo (più che una servitù si tratta di un limite al diritto di proprietà). La nroma prende in considerazione soltanto le opere che comportano una sensibile modifica del decorso delle acque idoneea causare un aggravamento del fondo inferiore,e pertanto un danno allo stesso. Occorrerebbe stabilire se lo scolo delle acque dal fondo superiore al fondo inferiore sia naturale ovvero avvenga naturalmente e se vi è stata una modifica operata dall’uomo del deflusso naturale delle acque, oltre al nesso causale tra la suddetta modifica operata dall’uomo e il danno prodotto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo Avvocato,
l’ipotesi del nesso causale tra lo scolo del terrazzo, così come è stato modificato alcuni anni fa’, e il danno prodotto dalle infiltrazioni sembra confermata dalla perizia tecnica. In tal caso visto che mi si chiedono i danni potrei a mia volta chiederli a chi ha modificato lo scolo senza la mia autorizzazione?
Grazie per l’attenzione
Cordialmente
Maria
Gentile Signora
può agire in rivalsa.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve. Aggiungo che le infiltrazioni si sono prodotte a seguito di piogge abbondanti e persistenti e che il tetto del locale che lamenta danni non è coibentato.
Grazie
Maria
Buongiorno vorrei porre il seguente quesito: mi sono fatta fare una foto (a titolo gratuito in cambio di un servizio che puntualmente ho svolto) molti anni fa (le parlo del 1993) con il mio ragazzo dell’epoca da una fotografa professionista (e amica dell’epoca)… in sintesi questa foto non me l’ha fatta mai avere e in più ho dovuto sborsare dei soldi per ottenere tramite dei negativi la foto…….che ribadisco non mi ha fatto avere. E’ vero sono passati tanti anni ma quell’episodio mi ha ferita posso chiedere qualche danno? visto che si tratta di materiale privato? grazie dell’eventuale risposta
Gentile Signora
nell’ipotesi in cui la foto viene commissionata ad un fotografo professionista i negativi della stessa sono di proprietà del fotografo, salvo diverso accordo tra le parti, e si può verificare una violazione se la foto venga divulgata in pubblico senza il consenso in violazione delle norme sulla privacy. Qualora si sia verificato un fatto illecito il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si e’ verificato (art. 2947 del Codice Civile).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve aggiungo in terza battuta. Se la questione finisce in tribunale è possibile che il CTU possa effettuare la perizia del danno lamentato se l’interessato ha già rimosso le tracce di infiltrazioni dalle pareti e dalla volta? Possono le sole fotografie costituire la base della perizia del CTU?
Grazie per l’attenzione
Maria
Gentile Signora
il CTU, nominato dal Giudice, può prendere visione di tutti i mezzi di prova e quindi di tutti i documenti presenti nei fascicoli delle parti al momento del giuramento, salvo che vi sia l’autorizzazione disposta dal Giudice per visionare altri documenti, tra cui rientrano anche le fotografie, quale necessario supporto per provare le valutazioni affermate nella perizia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno Avvocato,
domani mattina il mio ex deve prendere il figlio. Lavorando vicino a lui lo accompagno sempre io dal babbo.
Domani invece rimango a casa e perciò ho mandato un messaggio dicendogli di venire a prenderlo a casa (come pattuito nella sentenza…se va a scuola lo prende all’uscita di scuola, altrimenti lo viene a prendere all’abitazione della mamma (io abito a 15 Km. da dove sta lui…). Io ho preso impegni importanti e l’orario del ritiro del figlio è fissato alle 9,00. Lui ha risposto che quando ha tempo viene a prenderlo. Non posso rimanere a casa ed aspettare il suo comodo… Come posso tutelarmi se non viene per le 9,00? alle 9,30 posso uscire con il figlio… e magari posso fare qualche denuncia ai carabinieri? O mi ridono in faccia..?
Purtroppo non ho soldi per rivolgermi di nuovo all’avvocato…e devo sempre lasciare perdere tante cose non giuste… ma mi creda..non ce la faccio davvero più…
Un grazie anticipato,
Francesca
Gentile Signora
può inviare un messaggio al suo ex marito indicando l’orario per prendere il minore presso la sua abitazione (in base agli accondi stipulati in sede di seprarazione o divorzio) indicando che oltre l’ora stabilita lei è impossibilitata ad attenderlo per impegni personali. Pertanto se entro l’orario indicato il suo ex marito non potrà prendere il figlio minore lei sarà costretta ad uscire, per far fronte ai precedenti impegni personali, portando con sè il minore. Può anche indicare un successivo orario in cui il suo ex marito potrà prendere il minore secondo le sue disponibilità personali. La denuncia ai carabinieri non è uno strumento adatto in tali casi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille avvocato
Grazie a lei.
Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Ho firmato per presa visione ed accettazione una lettera di impegno all’assunzione presso una nuova azienda. Nel caso il sottoscritto(lavoratore)dovesse cambiare idea prima del termine previsto per l’inizio lavoro e non procedere all’assunzione,l’azienda potrebbe richedere eventuale danno? Nella lettera non sono previste penali in tal senso ma solo un annullamento del contratto se il lavoratore non si presentasse nei termini stabiliti. E in questo caso anche se non specificati ci sono dei tempi da rispettare per eventuale recissione ? Saluti Antonio
Egregio Signore
la lettera di impegno all’assunzione è un documento, si tratta di una scrittura privata, che ha la funzione di tutelare entrambe le parti del futuro rapporto di lavoro; con la lettera di impegno all’assunzione il datore di lavoro si impegna ad assumere il lavoratore e il lavoratore si impegna a sottoscrivere il contratto di lavoro nel termine indicato nella lettera. Per tali ragioni la lettera di impegno all’assunzione vincola entrambe le parti a concludere il contratto di assunzione nel termine stabilito e per tali motivi viene inserita una clausola penale. Qualora una delle parti non ottempera a tale obbligo dovrà risarcire il danno cagionato all’altra parte sulla base di quanto stabilito nella clausola penale. Nell’ipotesi in cui non sia stata inserita una clausola penale si potrà adire alle vie giudiziarie con conseguente quantificazione del danno subito a carico della parte inadempiente.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
in seguito a dei lavori in casa ho fatto installate un impianto di riscaldamento, che succesivamente ha richiesto diversi interventi in garanzia ma non risolutivi, adesso la ditta non risponde più alle mie chiamate e richieste di intervento
Gentile Signora
le consiglio di inviare una missiva alla ditta istallatrice, magari mediante l’assistenza di un avvocato di sua fiducia, evidenziando i difetti del bene e l’eventuale risracimento del danno.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egregio avv.to, mi è stato notificato in data 12/06/2019 un atto di pignoramento v.so terzi in cui si intima il mio datore di lavoro a versare una somma di €406. Nell’atto (datato 10/05/2019) si fa riferiemnto ad una Ingiunzione di pag.to notificata il 16/05/2018, notifica che non ho mai ricevuto in quanto io ritiro sempre tutte le racc.te. Inoltre non ho ricevuto alcun tipo di precetto precedente il suddetto atto. Sono quasi certo che il tutto si riferisca a vecchie tasse comunali che avevo contestato. Non avendo ricevuto alcuna notifica dell’atto di ingiunzione e nessun precetto posso oppormi all’atto? Essendo coinvolto anche il mio datore di lavoro (dal quale non ho però ricevuto alcuna comunicazione) qual’è il modo migliore di procedere? Grazie molto in anticipo.
Egregio Signore
in via generale, i rimedi giuridici sono due: l’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 cp.c attraverso la quale si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, contestando il credito o la pignorabilità dei beni, oppure l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. qualora si contesti la regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto, tra cui la mancata o irregolare notifica del titolo esecutivo o del precetto. Da quanto lei afferma non ha ricevuto alcuna notifica e dal momento che il pignoramento si effettua mediante la notifica di un atto personalmente al terzo e al debitore credo (sulla base di una valutazione generica) sia più conveniente agire mediante l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., sebbene la scelta definitiva tra i due rimedi dovrà essere esaminata attentamente sulla base degli atti da un legale di sua fiducia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno sono un.lavoratore con idoneità con prescrizione il certificato dice questo: evitare posture erette fisse durante l’attività lavorativa, alternare postura eretta e postura seduta .Come deve comportarmi con l azienda? Visto che mi fa fare solo esclusivamente un servizio in auto per 8 ore consecutive non c’è alternanza con eretta e postura seduta per favore posso avere un parere dettagliato grazie, le posture erette fisse non me le danno , ma non mi danno servizi con seduta dandomi la possibilità di potermi alzare e sedere a mia necessità fisica
Buongiorno,mi chiamo Riccardo,Avvocato mi scuso anticipatamente ma la mia richiesta di aiuto Le risulterà insolita,più importante è avere un suo parere…Le spiego il più brevemente possibile….sono un giocatore di video slot non patologico,una sera,più precisamente il 26/06/2019 mi sono recato in una sala giochi di milano in zona Viale Certosa dove mi sono divertito a giocare e a cercare un pò di fortuna con una videoslot…dopo avendo perso circa 500/600€ la videoslot è entrata finalmente in gioco “Bonuns” ma giunto l’orario di chiusura notturno (ore 01.00) il responsabile di sala prima avvisando tutti con voce forte “10 minuti i giochi finiscono” prima…. e dopo “bruscamente” mi ha ordinato di uscire e di tornare domani a giocare! mettendomi e ostruendomi con una mano la parte della videoslot dove si inseriscono le monete per giocare…io gentilmente ho chiesto che ero in gioco “Bonuns” e che la macchina sta pagando ed è in pagamento….e di concedermi gentilmente ancora qualche minuto di gioco….semplicemente facendo uscire prima tutti gli altri clienti che stavano ancora giocando all’interno della sala giochi (Circa 10/15 persone che giocavano alle videoslot) e che non erano in gioco “Bonuns”…ma non ce’ stato nulla da fare…il responsabile di sala mi ha ripetuto no! esci e torna domani! L’indomani mattina prima dell’orario di apertura (ore10.00) ho telefonato alla sala giochi comunicando di tenermi ferma la videoslot dove stavo giocando (ore 01.00 dello stesso giorno) e dove avevo perso la sera prima semplicemente con una gettoniera o portamonete in plastica in maniera da ostruire la parte dove si inseriscono le monete nella videoslot per non permettere agli altri di giocare alla videoslot prima di me..(di solito si usa fare cosi quando il cliente che sta’ impegnando la video slot deve effettuare un cambio di monete o una ulteriore giocata o necessita un cambio monete o altro contante da poter inserire ma è costretto se solo ad allontanarsi dalla videoslot) ma mi è stato detto che non era possibile mentenere bloccata la videoslot per non oltre e al massimo per una mezzora dopo l’orario di apertura… (mattino ore 10.30) ma solo per cortesia…e perche” sono cliente…ho spiegato che sarei passato in serata intorno alle 21.00 a continuare a giocare alla videoslot dove sono stato bloccato da loro la sera prima e perche’ in orario di chiusura… e che era in pagamento “bonuns”…. perche’ di giorno io lavoro da una altra parte come fa la maggiorparte delle persone…e che non sono un migliardario….e non sarei potuto passare prima….ma mi è stato negato ancora! ho spiegato che questa è un ingiustizia! è non è giusto comportarsi cosi’ con i clienti come me che portano centinaia o migliaia di euro a loro ogni mese…. e che per 24 ore io avevo tutti i miei sacrosanti diritti e ad avere la possibilità di rigiocare per primo ancora prima di tutti gli altri clienti (o al responsabile di sala) alla videoslot che avevo impegnato dove mi hanno mandato via per orario di chiusura imminente…. e che era loro obbligo e mio diritto di mantenermi bloccata la suddetta videoslot per massimo e non oltre 24 ore… ma mi è stato negato! questa per me è una ingiustizia? Le chiedo Avvocato prima di tutto un suo parere personale…(a parte come mi hanno detto molti amici “smetti di giocare”) e se esiste la possibilita’ di essere risarcito almeno per i soldi cosumati (500/600€) senza aver potuto riscuotere continuando a giocare alla videoslot che era in pagamento in gioco “Bonuns”. Cordialmente La Ringrazio. Riccardo.
Egregio Signore
purtroppo da quello che lei afferma non intravedo, almeno in via generale, validi presupposti per fondare la richiesta di un risarcimento del danno. Come lei afferma il gioco viene interroto a seguito del sopraggiungere dell’orario di chiusura della sala giochi e il giorno seguente è potuto tornare a giocare solo in tarda serata ed è a discrezione del gestore bloccare la macchina. Indipendentemente dal senso di ingiustizia assolutamente comprensibile non intravedo elementi che possano fondare la richiesta di un eventaule risarcimento del danno, limitatamente ai soldi giocati, o almeno elementi giuridici che possano costituire la base di un processo giudiziario.
Cordialmente
Avv. Francesco Meatta
Salve, vorrei chiederle un consiglio circa l affidamento di un minore. Mi spiego meglio, io e mia moglie siamo sposati in divisione dei beni e abbiamo una bambina di 1 anno. Siccome la bimba è stata concepita con l ovodonazione, quindi il 50% del DNA è mio ( papà), il 25% è di mia moglie e il 25% è della donatrice, volevo sapere in caso di divorzio la bimba a chi potrebbe essere affidata? Tengo a precisare che la casa dove viviamo è intestata a mia moglie ma io sono comunque proprietario di un altra casa in altro comune. Grazie
Egregio Signore
l’affidamento del minore, riconosciuto da entrambi i genitori, segue le regole ordinarie indipendentemente dal concepimento. Oggi l’orientamento maggioritario è quello dell’affidamento condiviso, ovvero ad entrambi i genitori, salvo casi eccezionali.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, per apertura di nuovo salone,abbiamo acquistato un rivestimento in una ditta locale, chiedendo un preventivo e se conoscevano un posatore. Dopo la scelta della mattonella, hanno inviato un preventivo forfettario (errato) , per telefono abbiamo ricalcolato il preventivo e me lo hanno inviato su carta intestata. il lavoro era una posa di un rivestimento su una parete 7,2 x 3,6. Il giorno della posa abbiamo scoperto che il rivestimento era composto da mattonelle diverse, non era stato fatto un progetto di posa,in più il posatore NON ha effettuato un buon lavoro ( mattonelle sbeccate, scalini, niente spazio) la titolare della ditta,venuta a vedere dopo nostre lamentele,continua ad asserire che il lavoro è impeccabile, dicendoci che avrebbe sostituito le mattonelle rotte, cosa che non è avvenuta. in più ha inviato la fattura relativa al primo preventivo mandato via mail,sbagliato,e non di quello su carta intestata.
Come possiamo procedere?
Gentile Signora
le posso solo consigliare di inviare una missiva alla ditta, magari con l’ausilio di un avvocato di sua fiducia, contestando il lavoro compiuto e la somma richiesta nel preventivo di spesa (errato), oltre all’eventuale risarcimento dei danni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno sono un.lavoratore con idoneità con prescrizione il certificato dice questo: evitare posture erette fisse durante l’attività lavorativa, alternare postura eretta e postura seduta .Come deve comportarmi con l azienda? Visto che mi fa fare solo esclusivamente un servizio in auto per 8 ore consecutive non c’è alternanza con eretta e postura seduta per favore posso avere un parere dettagliato grazie, le posture erette fisse non me le danno , ma non mi danno servizi con seduta dandomi la possibilità di potermi alzare e sedere a mia necessità fisica
Egregio Signore
la legge prevede la possibilità di alternare mansioni differenti che prevedano posture erette alternate a posture sedute, ovvero di impiegare il lavoratore nelle diverse posizioni che egli abbia indicato come idonee. Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro non adempie a tale disposizione l’unica possibilità è quella di contestare l’inadempimemnto di tale obbligo tramite missiva e mediante l’ausilio e l’assistenza di un avvocato di sua fiducia. Occorrerebbe trovare un accordo con il datore di lavoro in modo da tutelare il posto di lavoro e le condizioni lavorative.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, vorrei dei chiarimenti riguardo ad un sinistro stradale.
Nel caso in cui sono coinvolte due auto, il secondo veicolo è senza assicurazione, Come citato dai carabinieri nei documenti. (Ed eventualmente non coperto neanche nei 15 giorni previsti dall’assicurazione) in questo sinistro perde la vita il passeggero sul colpo, e il conducente pochi giorni dopo in ospedale. L’unica persona rimasta “sana e salva” è il conducente della macchina NON assicurata. Che aveva anch’esso un passeggero a bordo della vettura, ferito gravemente.
Nel momento in cui l’unico sopravvissuto è senza l’assicurazione, come può chiedere danni e risarcimenti tramite la sua assicurazione a quella della persona deceduta? Se nel giorno del sinistro era scaduta. Come può difendersi il defunto ? È possibile oltre ad una controdenucia fare altro? Che citi delle leggi..in quanto questa persona, non è stata condannata a nessuna pena con due morti E un ferito. Precisando che le indagini sono in corso che non è stata rilasciata nessuna documentazione e nessuna dinamica precisa dell’incidente. È possibile intervenire anche contro le forze dell’ordine? Nel momento che hanno rilasciato “false” testimonianze diventate ufficiali per la procura. Come si deve muovere un cittadino normale? Grazie a chi mi risponderà. Avrei bisogno di fare pulizia nella testa.
Gentile Signora
se il sinistro stradale si verifica oltre i 15 giorni dalla scadenza della polizza assicurativa il risarcimento del danno alla parte lesa viene erogato dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada. A quanto mi pare di capire le indagini sono ancora in corso e nell’ipotesi in cui si concluderanno con l’imputazione a carico del conducente del veicolo senza assicurazione questi sarà soggetto alla responsabilità penale con l’obbligo di risarcire i danni (la responsabilità penale è personale e non è coperta dall’assicurazione).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, sono un pregiudicato che ha pagato il suo debito con la legge. Premesso questo, ecco la situazione; oltre un anno e mezzo fa ho prestato denaro (all incirca 4000 euro) ad una persona, senza alcun contratto se non la stretta di mano tra amici, e questa, andata all’estero, da un giorno all altro ormai un anno fa, non vuole più restituirmi la rimanenza della somma (850 euro) inizialmente prestatagli, dopo avermene ridata, tramite suoi famigliari, in concordate ”rate mensili”(di cui ho sempre siglato , e non firmato, un foglio dove si dichiara che ricevo del denaro), 3/4 del totale. Inoltre minaccia, senza alcuna prova, di denunciarmi per spaccio nei suoi confronti (in quanto pregiudicato per quel tipo di reato). I suoi famigliari, hanno avanzato anche esplicite minacce e offese, telefoniche e tramite sms (ovviamente da me conservati), dichiarando inoltre di avere tabulati telefonici del mio numero di telefono, che ricondurrebbero, a dir loro, ad una mia odierna condotta criminosa. Cosa assolutamente falsa. Come posso difendermi da tali accuse false e infondate? Vorrei presentare una denuncia o una querela per minacce e diffamazione. Devo obbligatoriamente essere assistito da un avvocato per, appunto, presentarla? E per il denaro non ancora avuto? La mia preoccupazione è il mio stato giuridico di pregiudicato. Ringrazio sentitamente per l interessamento e per l’ aiuto.
Egregio Signore
la sua pena è stata scontata e pertanto lei può far valere liberamente i suoi diritti, sia sotto il profilo civilistico che penalistico. Le consiglio però di farsi assistere da un avvocato di sua fiducia sia nella eventuale redazione e presentazione della querela e sia per il recupero della somma residua, oggetto del prestito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Spettabile Avvocato, circa cinque anni fa’ ho sottoscritto un atto di transazione con la mediazione di un avvocato della controparte. O non mi è stata data una copia dell’atto oppure l’ho smarrita. Ho solo registrati il file in pdf dell’atto ovviamente senza firme e alcune email scambiate con l’avvocato che ha svolto la mediazione. L’atto mi servirebbe in una procedura di giudizio come prova. Posso chiedere all’avvocato una copia dell’atto di cui è custode? Non credo che l’atto sia stato registrato. E se l’avvocato si rifiuta di darmi una copia cosa posso fare?
Grazie
Maria
Gentile Signora
deve chiedere la copia dell’accordo di mediazione al suo avvocato dell’epoca, il quale è obbligato a fornigliela.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie Avvocato. Già fatta la richiesta, ma l’avvocato si è rifiutato di darmi una copia dell’atto. Esiste una normativa in merito? È solo una questione deontologica oppure si configura la violazione di una norma di legge?
Grazie
Cordialmente
Maria
Gentile Signora
l’avvocato che ometta di restituire all’assitito tutta la documentazione, di cui sia venuto in possesso nel corso dello svolgimento del proprio incarico professionale incorre in un illecito disciplinare. Provi a parlare con il suo avvocato e capire le eventuali motivazioni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
per una richiesta documentazione che sto facendo al Banco di Desio mi sono accorto che, per un fido accordato alla società in cui lavoro, la documentazione della richiesta affidamento risulta essere solamente un foglio (richiesta affidamento) non compilata in tutte le sue parti e senza alcuna data. Mi assicurano che non esistono altri fogli in merito, ma a me sembra parecchio strano.
Come mi devo comportare
Egregio Signore
da quello che lei afferma sorgono anche a me dei dubbi, ma tali dubbi possono essere sciolti solo attraverso un esame nel merito. Le consiglio di rivolgersi ad un professionista di sua fiducia, in quanto per via telematica è difficile dare un suggerimento diverso.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, a febbraio 2018 dopo quasi 10 anni di lavoro, mi sono dimesso da Atac (contratto indeterminato) ora trascorsi 28 mesi ho vinto il concorso e sono stato riassunto…
Contratto a tempo determinato di 24 mesi con periodo di prova di 6. Questa volta l’atac ha previsto di applicare solamente il CCNL nazionale autoferrotranvieri ed escludere i nuovi assunti dalla contrattazione aziendale di secondo livello (350€ in meno) le domande sono…
Devo rifare il periodo di prova?
Può applicare il contratto integrativo aziendale solo ad alcuni dipendenti?
C’è modo di recuperare la vecchia anzianità maturata? Grazie
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza una azienda che assume nuovamente il lavoratore il cui precedente rapporto di lavoro si sia concluso per dimissioni o licenziamento deve collocarlo in mansioni dello stesso livello precedentemente svolte e per le quali ha maturato una specifica esperienza e professionalità; se ne desume che il lavoratore riassunto non può essere collocato in mansioni di livello inferiore a quelle precedentemente svolte nella stessa azienda. Inoltre il lavoratore riassunto non deve effettuare il periodo di prova (si tratterebbe di una ripetizione di quanto già effettuato e già valutato dal parte del datore di lavoro). Per tutto il resto e per altre delucidazioni le consiglio di rivolgersi ad un consulente del lavoro che sarà molto più puntuale e preciso della sottoscritta e potrà indirizzarla correttamente per la tutela dei suoi diritti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, lavoro da quasi un anno presso un’azienda di Torino e ieri, alla scadenza dell’ultimo rinnovo, mi ha consegnato un foglio affinché lo firmassi per proseguire il mio lavoro presso la stessa sede, ma cambiando fattore di lavoro, ovvero come somministrato. È legalmente possibile questo passaggio? Posso impugnare qualcosa affinché venga assunta a tempo indeterminato dall’azienda? Come conviene muovermi? Firmare in ogni caso? Grazie
Gentile Signora
il contratto di lavoro a tempo determinato a seguito delle modifiche apoportate dalla legge n. 96/2018 (con conversione del D.L. n. 87/2018 c.d. Decreto Dignità) è applicabile ai contratti di lavoro stipulati dopo il 14 luglio 2018 nonché ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018 (laddove per proroga si intende il prolungamento della scadenza del contratto e per rinnovo si intende la riassunzione del lavoratore dopo la scadenza del contratto) e stabilisce che il rapporto di lavoro può essere rinnovato solo in presenza di una delle causali di cui all’art. 19 mentre il numero massimo delle proroghe è stabilito nella misura di quattro nell’arco dei 24 mesi. Pertanto, in primo luogo occorrerebbe capire se si tratta di un rinnovo o di una proroga. Per quanto concerne il rapporto di somministrazione questo può anche essere a tempo determinato con la conseguente applicazione di tutte le norme che disciplinano il rapporto di lavoro a tempo determinato con l’unica differenza che tra il lavoratore e il datore di lavoro si colloca una agenzia per il lavoro, infatti solo quest’ultima può esercitare la somministrazione di lavoro. Come può ben vedere la questione che lei afferma dovrebbe essere valutata attentamente nel merito, con il vaglio di tutta la documentazione, in modo da poter dare delel risposte esaurienti. Le consiglio di rivolgersi ad un consulente del lavoro che sul punto sarà certamente più preciso della sottoscritta.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Vi espongo il mio problema.
A gennaio ho comprato una moto aziendale (ancora in garanzia), da un concessionario, dicendomi che era perfetta come nuova.
Il problema è che dopo un po’ di tempo mi sono accorto che la moto presenta un componente al livello di motore “sostituito” in maniera molto rudimentale, infatti perde anche parecchio olio.
Volevo sapere se è possibile ridare indietro la moto e riprendere i soldi, considerato che secondo il mio parere sono stato preso in giro dal concessionario.
Grazie.
Egregio Signore
nell’arco della garanzia (legale, solitamente di due anni, o convenzionale) può rivolgersi al venditore chiedendo la riparazione o in alternativa la sostituzione della parte specifica del veicolo acquistato (codice del Consumo art. 130: Il venditore e’ responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformita’ esistente al momento della consegna del bene). Ove non sia possibile procedere alla suddetta riparazione o sostituzione, per impossibilità a rimediare al guasto, o per mancanza del pezzo difettoso ovvero perchè la riparazione o la sostituzione sarebbero troppo onerose, potrebbe chiedere la sostituzione dell’intero veicolo, con un altro che abbia le stesse caratteristiche (Codice del Consumo art. 130 comma 3: Il consumatore puo’ chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro), o inalternativa può chiedere la risoluzione del contratto di compravendita con la restituzione della somma versata (Codice del Consumo art. 130 comma 7: Il consumatore puo’ richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni: a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose; b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma 5; c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera ho acquistato presso il negozio poltrone sofà di Lucca un divano angolare chiedendo espresamente visto che la scala di accesso è stretta se ci potevano essere essere dei problemi per farlo passare. L’addetto ci ha detto non c’erano problemi in quanto il divano diviso in più pezzi veniva montato direttamente in fase di montaggio.,invece il divano è composto da un unico blocco e non passa dalle scale. Chiaramente leggendo il cl tratto loro si sono stratutelati ma possibile che le info dateci errate non contini nulla? Non ci sono estremi per una controversia? Al momento stiamo vedendo se possibile farlo entrare dalla finestra non siamo sicuri che ci passi e comunque dovremo noleggiare attrezzature per caricarlo e alzarlo.
Grazie
Gentile Signora
trattandosi di operazione commerciale conclusa all’interno di un locale commerciale (negozio) non è possibile esercitare il diritto di recesso, ovvero di restituzione della somma pagata e nè di sostituzione del bene (ammissibile nell’ipotesi di contratti di compravendita conclusi a distanza o al di fuori dai locali commerciali). A quanto mi pare di capire il divano non presenta un difetto o un vizio ma si tratta di una struttura indivisibile che per tali ragioni non passa dalle scale e pertanto si tratta di un problema, che per quanto difficile e anche dispendioso dal momento che la soluzione potrebbe prevedere l’utilizzo di un carrello elevatore per farlo passare dalla finestra, mi sembra difficile poterlo addebitare interamente al venditore, con conseguente piena responasbilità di quest’ultimo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie
Buon giorno. Ho ricevuto un invito ad aderire ad una convenzione di negoziazione assistita per una questione che riguarda lo scolo di acque meteoriche. La controparte attraverso il legale non ha reso accessibili i luoghi coinvolti dal danno se non in sede di convenzione, obbligando di fatto ad aderire per poter acquisire elementi utili alla perizia tecnica. Dopo opportuna valutazione, considerando il comportamento non collaborativo della controparte, ho deciso di non aderire alla convenzione e ho inviato una lettera motivando tale decisione con la mancanza di lealtà e buona fede della controparte specificando i comportamenti in questione. Ora attendo la citazione in giudizio. L’importo dovrebbe superare i 5000 euro. Esiste la possibilità che il giudice non sanzioni la mia mancata adesione alla convenzione in considerazione delle motivazioni addotte? La citazione prevede un termine temporale per poter organizzare con il legale la difesa?
Grazie
Cordialmente
Maria
Gentile Signora
la negoziazione assistita (Legge 10 novembre 2014 n. 162) si conclude con una convenzione di negoziazione, che mira a risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati. L’eventuale rifiuto della parte di aderire alla convenzione può essere valutato dal giudice ai fini delle spese di giudizio e di quanto previsto dagli articoli 96 C.p.c. (Responsabilità aggravata con conseguente risarcimento dei danni) e 642, comma 1 c.p.c. (esecuzione provvisoria del provvedimento). Come lei può notare la norma fa riferimento al potere discrezionale del giudice di sanzionare o meno il comportamento della parte che non ha aderito alla convenzione di negoziazione. Trattandosi di una valutazione prettamente discrezionale del giudice, (che certamente vaglierà le sue motivazioni) non è possibile avanzare a priori eventuali ipotesi in senso positivo o negativo. L’atto di citazione deve esserle notificato e tra il giorno della notifica e il giorno dell’udienza (indicato in citazione) devono intercorre termini liberi non minori di novanta giorni se il luogo di notificazione si trova in Italia, e di centocinquanta giorni se si trova all’estero.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie Avvocato. Se il giudice decide che esiste un concorso di colpa da parte del danneggiato le spese processuali e legali spettano tutte al convenuto?
Grazie
Maria
Buon giorno. Chiedo cortesemente un consiglio sul comportamento da adottare nella diatriba che passo a illustrare. All’inizio del 2019 tre fratelli sottoscrivono finalmente un accordo davanti ai rispettivi avvocati. In esso si concede ad uno di loro l’acquisto dei 2/3 e la sostituzione delle chiavi in attesa del rogito di un appartamento ereditato dopo la morte del padre avvenuta due anni fa. Dopo sette mesi, con assurdi pretesti, il rogito non è ancora avvenuto a causa di impedimenti pretestuosi tipo contestare la scelta del notaio ma non scioglierne uno di suo gradimento fino a non rispondere ad ogni invito per stipularlo. Recentemente gli è stata inviata una raccomandata nella quale lo si invita a rogitare e si minaccia di andare davanti a un giudice se dopo 10 giorni dal ricevimento della raccomandata non ci fosse stata una risposta che anche in questo caso non c’è stata. Dopo la raccomandata il legale consiglia però di continuare sulla via extragiudiziale che fino ad ora non ha portato a nulla. Che fare?
Egregio Signore
se il suo legale di fiducia ha intenzione di proseguire in via extragiudiziale avrà ottimi motivi per raggiungere il risultato sperato e nel minor tempo possibile, lasciando la possibilità di adire al giudice come ipotesi estrema. Il decorso del tempo consente altresì di scegliere se agire ai sensi del dispositivo dell’art. 2932 Codice civile (Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto) ovvero ai sensi dell’art. 1453 c.c. (Risolubilità del contratto per inadempimento con conseguente pronuncia al risarcimento del danno).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
vorrei avere delle informazioni in merito alla mia situazione rispetto ad un immobile in comproprietà con il mio ex convivente ( nessun contratto di convivenza-regolazione giuridica). Sei anni fa abbiamo acquistato una casa della quale siamo proprietari al 50 %(no mutuo). Due anni fa ci siamo separati, lui è andato via di casa trovandosi una soluzione alternativa e pagandosi un affitto ed io son rimasta pagando le regolari spese di casa più piccoli lavori strutturali di emergenza. Entrambi non abbiamo un buon reddito, io ancor meno di lui che ha un contratto lavorativo. Casa è in vendita, c’è stata una svalutazione del 30 % sul prezzo di acquisto iniziale, ma attualmente non ci sono state proposte effettive. Dopo aver fatto le ultime valutazioni sul mercato gli ho proposto di rilevare l’altra parte di casa a prezzo di mercato, allo stesso modo di avviare lui la stessa procedura volendo oppure di provare ad abbassare il prezzo e venderla ora a terzi con il prezzo effettivo. Lui è in opposizione in quanto chiede un risarcimento morale ed economico dell’affitto non percepito per questi anni e per non aver goduto della sua parte. Non c’è stato tra noi nessun accordo- contratto di locazione, né un accordo preventivo in merito. Chiedo appunto se lui essendo ugualmente proprietario (ha le chiavi di casa, residenza, parte della sua roba in casa) può chiedermi questo tipo di risarcimento, oppure se questo possa essere eventualmente una mia discrezione. Ed inoltre di fronte alla sua opposizione nel vendere casa all’attuale prezzo di mercato, ritardando la vendita e ipotizzando un suo rientro in casa, che non ha due stanze per una convivenza, cosa posso fare.. Grazie
Gentile Signora
in tali casi la soluzione più rapida è quella di procedere alla divisione della comproprietà dell’immobile dove si è sviluppata la convivenza, quando questo sia di proprietà di entrambi i conviventi e in subordine la vendita dell’immobile con successiva divisione del ricavato. Ma mi sembra che tali ipotesi siano già state prese in opportuna considerazione e valutate da entrambi. Il fatto che il suo ex compagno si sia allontanato dall’immobile in comproprietà per andare a vivere in un altro alloggio dove paga un affitto mi sembra più una sua scelta volontaria che obbligata pur permanendo il diritto di proprietà nella misura del 50%. Il discorso cambia sela scelta fosse stata concordata o per necessità derivanti dalla famiglia di fatto come ad esempio il diritto di abitazione della prole. L’unico consiglio che posso darle è quello di mettere a completa disposizione l’appartamento al suo ex compagno, comproprietario nella misura del 50%.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, a Giugno 2016 ho pubblicato l’edizione italiana di un mio libro, gia’ pubblicato in lingua inglese da altro editore, con un editore Italiano.
Il contratto da me firmato stabilisce che, come autore, conservo la proprietà intellettuale (copyright ©) dell’opera ma mi obbligo a non pubblicare altra opera che possa fare concorrenza a questa.
L’editore avrebbe dovuto pagarmi 1.80 euro a copia venduta. In questi tre anni pero’ non mi e’ mai stato comunicato un resoconto delle vendite, non ho mai ricevuto un euro e l’editore non risponde alle mie email.
Vivo all’estero e non penso sia fattibile fare cause legali (verosimilmente l’editore mi deve poche centinaia di euro). La mia domanda quindi e’: posso considerare il contratto nullo e ripubblcare il libro indipendentemente?
Grazie infinite per l’attenzione e cordiali saluti.
Egregio Signore
le consiglio vivamente di non considerare il contratto nullo, ma di procedere con la risoluzione dello stesso.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
sono sposato con mia moglie da quasi 1 anno e all’improvviso da qualche settimana ha cambiato idea sul nostro futuro insieme, dice di non volersi più sistemare e di voler viaggiare per lavoro. Il suo lavoro l’ha sempre portata lontana da casa per periodi più o meno lunghi, ma mi ha sempre detto di essere intenzionata a cercare ingaggi più vicini e col tempo di trovare il modo di lavorare almeno nella stessa regione dove abitiamo. Adesso sembra aver cambiato idea e sta pensando di lasciarmi, io però non sono d’accordo. Lei dei due è quella economicamente forte, perché ha ricevuto una bella eredità dal padre, quindi se le cose dovessero andare male vorrei quantomeno ricevere una sorta di indennizzo per i quasi 10 anni passati insieme in cui sostanzialmente mi ha fatto credere che la nostra relazione potesse avere un futuro, periodo durante il quale l’ho sostenuta economicamente (prima che ereditasse) e moralmente per la scomparsa di entrambe i suoi genitori nel giro di poco tempo. Inoltre se si arrivasse ad una separazione vorrei che gli addebiti cadessero su di lei, che farebbe questa scelta senza avere validi motivi visto che i sentimenti reciproci non sono cambiati (inoltre nessuna violenza domestica o abuso di qualsiasi tipo). Purtroppo ho capito adesso che è una persona egoista e individualista, perciò anche se detesto prepararmi alla battaglia mi chiedo: quali sono le mie opzioni? Come comportarmi al meglio per vincere un’eventuale causa di divorzio?
Grazie
Egr. Sig. Giulio,
parto del problema dell’addebito per precisare che, in realtà, nel caso da lei descritto, non si pone questo tipo di questione. Per separarsi non deve sussistere nessun valido motivo se non la mancanza di volontà di proseguire nel progetto di vita in comune. Mi dispiace ma anche per quanto riguarda il mantenimento temo che, se le è economicamente indipendente, difficilmente riuscirà ad ottenerlo. In ogni caso, per questo ultimo aspetto, è evidente che dovrà far visionare ed esporre tutti i dati reddituali e patrimoniali all’avvocato da cui sarà assistito per l’eventuale separazione.
Sappia, comunque, che non ci si può opporre alla separazione ed in ogni caso restare insieme a dispetto della volontà di sua moglie sarebbe deleterio per entrambi. Le suggerisco, anche se non ve n’è bisogno, di intraprendere un fitto dialogo con sua moglie per capire se realmente esistono margini per ricucire questa frattura o se invece la decisione è irreversibile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, ho presentato una denuncia alla Procura della Repubblica nei confronti di un signore che, a seguito di un mio esposto alla Camera di Commercio contro l’operato di un’agenzia immobiliare, era stato chiamato come testimone chiave dallo stesso ente pubblico al quale quale rendeva però palesi false dichiarazioni e per questo il procedimento veniva archiviato. Il PM ha chiesto l’archiviazione perchè gli atti dell’istruttoria di un procedimento alla Camera di Commercio non avrebbero la natura di atto pubblico come richiesto dall’art. 483 C.P.. La cosa mi lascia molto perplesso. Prima di fare opposizione,vorrei avere un vostro parere tecnico. Ringrazio molto.
Gentile Sig. Salvatore,
in realtà dipende dal tipo di atto e dal tipo di procedimento di cui si tratta. In alcuni casi, in caso di dichiarazioni false o mendaci è la Camera di Commercio che segnala il fatto alla Procura della Repubblica competente. Ma non tutti gli atti hanno questa natura. Se desidera fare opposizione alla richiesta di archiviazione, le suggerisco di rivolgersi di persona ad un legale portandogli tutta la documentazione in suo possesso affinchè egli possa fare le dovute valutazioni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve Avvocato.
Convivo con una donna separata da qualche anno, assieme ai suoi figli. Lei non lavora e non percepisce assegno di mantenimento ne per lei neanche per i figli. Ha dunque della cause civili e penali in tribunale con il suo ex che, nonostante il dispositivo del Tribunale, non versa nulla.
Con la nostra convivenza ( preciso che io come residenza non risiedo a casa sua, ma in altro indirizzo dove ufficialmente abito ), è vero che, avendo io un reddito ed un lavoro a tempo indeterminato, possa farle perdere l’assistenza legale in gratuito patrocinio che ella ha per queste cause di richiesta di mantenimento ?
E che dovrei pagarle io come convivente ? E che le spetterebbe un domani anche qualcosa del mio TFR e pensione poiché convivente ?
Sapevo che sposandola avrei dovuto assumermi queste responsabilità, economiche soprattutto….. ma pure con la convivenza ? Cioè dovrebbe pagarsi in proprio l’assistenza legale e visto che non può, spetterebbe a me ?
Grazie
Dunque, per quanto riguarda il gratuito patrocinio, in realtà dipende da dove lei risiede. Ovviamente, la residenza anagrafica indica un indirzzo diverso ed in questo caso il suo reddito non inciderebbe sui requisiti per il gratuito patrocinio. Però, ove venissero svolti accertamenti e risultasse che lei di fatto convive con la signora, a seconda del suo reddito, potrebbe decadere dal beneficio e soprattutto essere denunciato per il reato di falso.
Le spese per la cause della sua compagna non possono ricadere su di lei. Lei non è tenuto a provvedere economicamente al pagamento delle spese legali.
Il problema del tfr non si pone fin quando lei è in vita. Un domani, la sua compagna avrà alcuni diritti che oggi la legge riconosce per una quasi equiparazione della coppia di fatto alla coppia coniugata.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egregio Avvocato, la mia questione e’ semplice: nel caso in cui un cittadino abbia difficolta’ a trovare un difensore, in ambito civile e all’infuori del gratuito patrocinio, in cui potrebbe rientrare anche la difficolta’ della causa, come deve comportarsi?
Ennio Battilana
Se il problema non è quello di trovare un legale con il gratuito patrocinio, ma un legale che l’assista in una causa molto complessa, credo che non avrà grosse difficoltà. Oggi gli avvocati sono in numero così elevato che trovare chi se la senta di assisterla non dovrebbe essere difficile. Ad esempio a Roma il numero di avvocati è superiore al doppio degli avvocati di tutta la Francia. Ovvio che se lei abita in un paesino di pochi abitanti, forse dovrà trovare un legale in altri paesi limitrofi o nella più vicina città.
Se il problema riguarda il gratuito patrocinio, allora potrà rivolgersi all’ordine degli avvocati del luogo in cui vive e consultare l’elenco degli avvocati abilitati al patrocinio gratuito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
la mia amica ha un problema con il suo ex marito relativamente agli assegni famigliari. Lei è casalinga, non percepisce reddito (Isee sotto i 15.000 euro) ed ha un figlio di 14 anni avuto dal marito dal quale ha divorziato 10 anni fa. Dalla nascita del figli il padre percepisce l’assegno famigliare ma, essendosi risposato ed avendo avuto altri due figli, tali soldi non vengono utilizzati per i bisogni del primo figlio ma per quelli della nuova famiglia. Infatti l’ex marito, malgrado asserisca di non guadagnare tanto dal proprio lavoro dipendente e di avere difficoltà nel sostentamento della nuova famiglia, ha recentemente acquistato una nuova auto, garantitosi il noleggio stagionale di una posto ombrellone ad un Bagno al mare nonché goduto di frequenti soggiorni in agriturismi ecc. In conseguenza di ciò vorrebbe gentilmente sapere se ci fossero gli estremi per poter agire legalmente per richiedere la restituzione a Lei (o almeno al 50%) degli assegni famigliari degli ultimi 10 anni, ovvero dal momento in cui hanno divorziato. Grazie in anticipo
Egr. Sig. Paolo,
gli assegni familiari spettano al coniuge con cui convivono i figli minori anche se percepiti dall’altro coniuge. Questo significa che l’ex marito della sua compagna avrebbe dovuto corrisponderli alla stessa dopo averli lui stesso percepiti dal datore di lavoro. Non perderei altro tempo, rivolgetevi subito ad un legale per ottenere sia il pregresso, nei limiti del termine di prescrizione, sia gli assegni che vengono percepiti ogni mese.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
ho una bambina di 7 anni avuta dal mio ex compagno con il quale non sto più insieme da 4 anni. Io ho un lavoro stagionale con Isee che attesta il regime di difficoltà economica. Il mio ex compagno ha 50 anni, non lavora, soffre di attacchi di panico ed ha diversi debiti così, conseguentemente, non è mai riuscito a pagare gli alimenti per la bambina. La madre del mio ex compagno è benestante invece ma, malgrado la situazione del figlio, non gli dona mai nessun soldo nemmeno per la nipotina. A tal proposito vorrei gentilmente sapere se, relativamente agli alimenti, sarebbe possibile agire legalmente direttamente nei confronti della madre anziché dell’ex compagno oppure se deve essere l’ex compagno ad agire nei confronti della madre ed io, successivamente, nei confronti dell’ex compagno nel caso in cui continuasse a non pagare gli alimenti. Inoltre, in caso positivo, sarebbe possibile chiedere anche gli arretrati alla madre? Vi ringrazio in anticipo
Indubbiamente in caso di comprovata impossibilità del suo ex a pagare il mantenimento per la figlia, lei può agire per chiedere che la nonna sia obbligata a corrispondere un assegno alimentare. Ovviamente, tutte le valutazioni concrete dovrà farle con un legale a cui dovrà rivolgersi il quale potrà studiare in dettaglio la situazione.
Dubito che possa chiedere gli arretrati alla nonna in quanto ad oggi non ha mai chiesto alla stessa formalmente di contribuire in luogo del figlio al mantenimento della nipotina.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
il quesito è commerciale sull’ applicazione dell’articolo cc 2575, Opere dell’ Ingegno, di cui tanti Comuni e associazioni applicano in modo distorto per la realizzazioni di mercatini, Le chiedo conferma che detto articolo si applica ad opere dell’ingegno di carattere creativo appartenenti al dominio delle scienze, della letteratura, della musica, delle arti figurative, dell’architettura, del teatro e della cinematografia, qualunque sia il modo e la forma di espressione sono protette dal diritto d’autore, come scritto da varie fonti e non alla composizione di articoli, che pur belli, come bigiotteria, lavorazioni di ceramiche, tessuti, legno, fatti con l’ausilio di semi lavorati , Essi rientrano nell’ambito dell’ Artigianato e in quanto tale per operare bisogna essere iscritti alla CCIAA,
Confermo in parte quanto da lei scritto. In particolare, non devo precisare che per gli articoli di artigianato non è richiesta l’iscrizioni alla CCIAA se l’attività svolta non è quella propria dell’artigiano, lavorazione e produzione per la vendita, ma come nel caso delle associazioni, mera attività sociale rivolta a persone bisognose che sono gli effettivi autori di quelle opere che possono essere cedute nei mercatini con offerta libera degli acquirenti. Il ricavato in questi casi è a beneficio delle persone bisognose che sono state coadiuvate nella realizzazione delle opere.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
certo le associazioni sono esulate , anche per beneficenza, ma io mi riferivo ai Comuni e associazioni che fanno mercatini per operatori del proprio ingegno e che quindi fanno partecipare singole persone e ovviamente a scopo di lucro che oltre quello che ho già scritto se superano un introito superiore ai 5000€ l’anno si devo fornire di partita Iva ed essere iscritta alla gestione separata dell’ Inps per i contributi a percentuale eccedente detto limite
Fin qui ci siamo ed è perfettamente legale ma il punto è che in base all’articolo 2575 cc non posso ritenersi opere dell’ingegno gli articoli che già le ho descritto ma essi rientrano nell’artigianato.
Le chiedo conferma di quanto ho scritto
Grazie
Marco
Egregio Signore
la categoria delle opere dell’ingegno tutelate dal diritto d’autore è una categoria aperta, non tassativa, variando dalle opere letterarie, musicali, fotografiche, cinematografiche , alle arti figurative (come la pittura e la scultura) e pertanto non limitata al solo disposto di cui all’art. 2575 Codice civile. L’opera dell’ingegno è principalmente un’ opera a carattere creativo, e in alcuni casi, ovvero sulla base di quello che realizza, l’artigiano può essere considerato un creativo. Resta fermo quanto affermato in merito agli obblighi fiscali.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
certo che un artigiano può essere anche un creativo per singole opere e/o realizzazione ma non certo chi, spacciandosi per tale , produce per esempio bigiotteria con elementi comprati e poi assemblati , e già sono stato largo altrimenti solo infilati , e non in singoli esemplari ma in decine di repliche oppure chi fa cinture, borse ecc in decine di pezzi identici. Ecco , questi sono artigiani, che per non pagare tasse, iva, inps si celano dietro la parvenza di creativi e ovviamente non avendo tutti gli oneri e regole da rispettare applicano prezzi molto inferiori del dovuto e questo se permette è concorrenza sleale. Di fatto con tutti questi mercatini, chi opera nel rispetto della legge è svantaggiato e quello che mi fa più arrabbiare è chi dovrebbe controllare è il primo ad istituire tali mercatini , e che io non condanno in quanto forma di espressione ed arte e anzi ho diversi amici che sono effettivamente creativi . Non bisogna essere un esperto e non mi si dica che un vigile o gli addetti al commercio non riescono a vedere queste differenze. Se poi fosse in qualche maniera il lasciar lavorare persone per il cosi detto campare , boh passi , ma poi hanno doppi lavori, pensioni, macchine grosse e nuove e allora proprio no. La Regione Toscana ha infatti stretto le maglie ed ora c’è un massimo di mercatini che uno può fare ed obbligo di P,I. per gli operatori che proprio creativi
non sono
Saluti
Marco
Egregio Signore
capisco il suo rammarico e in parte condivido le sue opinioni. Certamente la categoria delle opere dell’ingegno è una categoria piuttosta vasta e non tassativa poggiando sul requisito della creatività e della originalità dell’opera e nella qualità di avvocato posso affrontare la questione solo sotto il profilo giuridico, mentre i necessari controlli e autorizzazioni, idonei a segnare la linea di confine tra artigianato e opere dell’ingegno, spettano agli organi competenti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
ho fatto partire il messaggio senza salutarla.
Cordiali Saluti
Marco
Buongiorno,
alcuni mesi fa ho portato una lampada Tiffany ad un negozio di articoli di vetro e specchi per ottenere un preventivo per mettere un punto di saldatura. La “signora” mi ha ricontattato, dopo un periodo di 3 mesi di attesa, per comunicare che ha eseguito il lavoro per un totale di EUR 380.00 (stessa cifra che ho pagato per l’acquisto di tutta la lampada). Questa persona ha il diritto di eseguire il lavoro senza il Preventivo richiesto e chiedere quella cifra?
Grazie e buona serata.
Non vi è dubbio che avrebbe dovuto presentarle un preventivo. Nel contempo, devo dire che lei avrebbe dovuto esigere che venisse messo per iscritto che la lampada veniva lasciata in custodia al negozio solo in funzione del prevenivo, salvo pi decidere se eseguire o meno la lavorazione.
E’ indubbio comunque che lei è stata privata della possibilità di decidere e quindi potrebbe, in teoria, far valere le sue ragioni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buon giorno.
È probabile che mi debba costituire in giudizio. Vorrei sapere se è possibile chiamare in causa un terzo sia nella procedura presso il giudice di pace sia presso il tribunale ordinario. Il terzo in causa sarebbe una persona la cui iniziativa ha causato un danno a terzi che il giudice potrebbe condannarmi a risarcire. Posso contestualmente alla procedura chiamare in causa questa persona come terzo e chiedere che sia condannata a risarcirmi a sua volta per il danno che dovrei risarcire non imputabile alla mia responsabilità?
Grazie
Cordialmente
Maria
Gentile Signora
la chiamata in causa del terzo avviene qualora la parte ritenga di essere garantita ovvero manlevata nelle obbligazioni nei confronti dell’altra parte. La chiamata in causa del terzo deve essere effettuata nella comparsa di risposta ai sensi del”art. 269 C.p.C. chiedendo al giudice lo spostamento della prima udienza per consentire la citazione del terzo (mediante un atto di citazione) e nel rispetto dei termini dell’articolo 163 bis c.p.c.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
I miei vicini di casa hanno chiamato i carabinieri lamentandosi di rumori notturni ( abbiamo purtroppo nidi di colombi sul tetto, si dorme male ma non è certo colpa mia). In realtà li hanno chiamati e gli hanno raccontato tutti i fatti miei incluso il fatto che quando ero piccola uno dei miei genitori si è suicidato, che esco poco e non lavoro, che non sono fidanzata e che parlo da sola con il mio gatto e per questo motivo hanno chiesto ai carabinieri che io venga messa in ospedale psichiatrico. I carabinieri invece che ridergli in faccia hanno avuto anche il coraggio di raccontarmi queste cose e consigliarmi una terapia per il mio lutto (vecchio di vent’anni e superato). Ho mandato una lettera di diffida a questi miei vicini ma sono stufa e vorrei denunciarli perché non è possibile che raccontino in giro fatti miei ( sia che siano veri sia che siano falsi). Il motivo per cui mi odiano è perché li ho mandati a quel paese in più occasioni e perché quando fanno rumore (e ne fanno molto) gli chiedo di smetterla. Cosa potrei fare secondo voi? Io non ho voglia di fare denunce anche perché non navigo nell’oro, ma ne ho piene le scatole. Non posso neanche invitare uomini in casa perché vanno a raccontarlo in giro. Le pare possibile che io non possa parlare con i miei animali e che se litigo con qualcuno al telefono loro registrino la telefonata?? Non mi risulta sia un reato piangere in casa propria ed è assurdo che sappiano dei miei spostamenti (vuol dire che mi controllano). Oltretutto in due occasioni li ho chiamati io i carabinieri e non sono mai venuti. Ringrazio in anticipo per la risposta. Se non potete rispondermi grazie mille comunque.
Gentile Signora,
il fatto che i vicini registrino le sue telefonate costituisce sicuramente in violazione della sua privacy. Il problema è però che è molto difficile dimostrarlo, quindi, eviterei di denunciarli in assensa di prove.
I carabinieri in certe situazioni non brillano di delicatezza e a volte non colgono il cuore del problema. Si spiega, quindi, il loro maldestro tentativo di suggerirle di farsi aiutare da uno specialista.
Ove dovessero di nuovo verificarsi situazioni come queste, mi sento di consigliarle di provare a parlare con gli agenti cercando di spiegare loro quanto ha raccontato a me. I litigi tra vicini sono molto frequenti, e le assicuro che quasi mai le denunce risolvono il problema.
Ultima cosa, se dovesse chiamare i carabinieri e non si presentano, trascorso un certo tempo dalla chiamata, provi a ricontattarli in quanto hanno l’obbligo di intervenire e redigere un verbale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Lei ha ragione nel dire che i litigi tra vicini sono frequenti. Quello che non è frequente è mettersi a tormentare una ragazza che ha la mamma che si è suicidata quando era piccola. Loro si comportano così per vedere se mi suicido anche io. Secondo me questo è un reato.
Per fortuna io sono forte e sopravvivo a tutto.
Gentile Signora
purtroppo i vicini di casa spesso non si scelgono e alcuni, come nel suo caso, superano i limiti del rispetto e della normale tollerabilità invadendo il campo della sua privacy. Preventivamente, prima di adire le vie legali, le consiglio di rivolgersi all’amministratore del condominio esponendo i fatti e chiedendogli di agire quale intermediario. Certamente lei è una persona forte e riuscirà a superare tali problematiche con successo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Mia madre 88 anni vedova da circa due anni vive con me , percepisce la pensione piu’ l’accompagnamento per un totale di circa 1400 euro.
Sino a quando non gli e’ stata assegnata la pensione (meno di euro 1000,l’accompagnamento e’ avvenuto dopo circa 6 mesi ) nessuno dei miei fratelli e sorelle si sono interessati su come potesse vivere, pagare tutte le spese di accudimento, spese straordinarie del condominio oltre a ordinarie,luce gas ecc ecc…
Ora vive con me, a casa mia con la mia famiglia, pago tutte le spese(del suo appartamento) e quello che resta rimane a me che la ospito.
Comincia ad essere molto anziana e’ malmessa in salute, la mia preoccupazione e’ che se dovesse decidere di andare a vivere con un mio fratello o sorella in un’attimo di debolezza…il patrimonio immobiliare (ancora non diviso) potesse prendere strade non trasparenti.
Ha la capacita’ di intendere e volere, ma ha una bella eta’ e si sa si diventa bambini, due coccole due bacini….e il gioco e’ fatto.
Come posso tutelarmi e far si che cio’ che e’ rimasto intatto per tutti questi anni non si volatizzi all’ultimo?
La ringrazio anticipatamente
Rodolfo
Egregio Signore
a quanto mi pare di capire la sua anziana madre, pur mantenendo integre le capacità mentali non è del tutto autosufficiente e pertanto, l’unico consiglio che posso suggerire è quello di ricorrere al giudice tutelare chiedendo di essere nominato quale amministratore di sostegno per il compimento delle azioni quotidiane e per la gestione del patrimonio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, circa un mese fa sono stato tamponato però il conducente dell’auto se rifiutato di prendersi la colpa e di conseguenza non ha firmato il cid
Io ho fatto denuncia di sinistro alla mia assicurazione, e venuto il perito.
Oggi ho ricevuto una lettera del liquidatore che mi dice del mancato risarcimento con la spiegazione che la controparte ha un testimone.
Quando ho fatto denuncia ho specificato che ne io e ne la controparte al momento dell’incidente avevamo passeggeri.
Vi spiego la dinamica dell’incidente “ero fermo allo stop sto per ripartire e l’auto si è spento vado per accendere il motore e mi sento tamponare” premetto che la strada dove è successo l’incidente è pianeggiante
La controparte dice che io sono andato indietro ma non è assolutamente vero. La mia domanda è posso fare denuncia per falsa testimonianza? Come devo agire?
Il problema nella pratiche di risarcimento per sinistri stradali è che i testimoni, “più o meno reali”, sono all’ordine del giorno. Ovviamente con ciò non sto sostenendo che la sua controparte si sia accordata con il “testimone”. Ma per esperienza pregressa, questo è all’ordine del giorno.
Lei ha sostenuto la verità. Ma se ci pensa bene, difficilmente il liquidatore può contestare la testimonianza di una persona a meno che non presenti evidenti contraddizioni.
L’alternativa? L’unica per lei sarebbe denunciare la controparte ed il testimone (in fondo si tratterebbe di una falsa testimonianza stragiudiziale), ma per fare questo dovrebbe avere la prova della falsità. Molto molto difficile.
A meno che il gioco non valga veramente il rischio, le sconsiglierei la denuncia. In caso di assoluzione, infatti, potrebbe essere a sua volta denunciato per calunnia.
Può provare però ad agire in sede civile per ottenere il risarcimento. In quella sede, potrebbe far emergere contraddizioni che ad oggi non sono emerse.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera, io sono un operatore ecologico, la ditta per cui lavoro in accordo con il Comune, mi hanno fatto svolgere un corso di formazione e sono diventato ispettore ambientale, leggendo il CCNL del mio settore avrei diritto ad un livello superiore a quello che ho attualmente, ora per paura della richiesta da parte mia l’azienda non mi fa più svolgere quest attività, fatto solo per un mese. Avrei comunque diritto a richiedere il livello? Grazie per la risposta. Buona serata.
Egregio Signore
effettivamente lei avrebbe diritto a svolgere le mansioni per le quali ha acquisito la competenza professionale o comunque mansioni equipollienti. Le consiglio di avanzare tale richiesta al suo datore di lavoro ed eventualmente di farsi assistere da un legale di sua fiducia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la risposta, ho voluto chiedere un parere qui a lei, perché un avvocato , interpellato dal sindacato,ha risposto che il solo fatto di aver fatto un corso e acquisto il titolo da ispettore ambientale,non mi può dare diritto a richiedere il livello per il quale io dovrei svolgere quella mansione, perché per poter raggiungere il livello dovrei svolgere la mansione per 180 giorni continuativi, anche se tengo a precisare io non andrei a sostituire nessun collega, perché sono il primo ad aver svolto il corso e per un mese esercitato la carica. Lei mi consiglia di provare a sentire un avvocato di fiducia? Dice che ho la possibilità di poter fare qualcosa in merito? Grazie mille ancora per la risposta, buona serata.
Provi a sentire un avvocato di fiducia o anche un consulente del lavoro il quale, documenti alla mano, previa verifica degli stessi, potrà dare un consiglio più preciso. Comunque un tentativo per far valere il titolo acquisito non costa nulla.
sono reduce dalla conclusione, a mio favore, di un’ATP che si è conclusa, invece che dopo 6 mesi come previsto, dopo quasi 3 anni. Al primo incontro anticipai al CTU una somma di circa 600 euro al lorod di IVA e contributi vari. Attualmente non ho avuto ancora alcuna richiesta di saldo. Mi è stato detto che in caso di ritardo ingiustificato, (dovuto soltanto ad inefficienza/negligenza del CTU), è possibile non erogare alcun saldo al CTU. Mi servirebbe sapere se è vero e qual è la fonte giuridica. Grazie.
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza il saldo deve essere pagato a seguito della richista del CTU, ma essendo la causa conclusa da poco sussite ancora del tempo a disposizione per la richiesta. Non sono a conoscenza della possibilità di non pagare il saldo nell’ipotesi di ritardo ingiustificato ovvero per inefficienza/negligenza del CTU.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buon giorno, scusate, io sono un architetto siciliano che chiamano Sciuà e che purtroppo è stato condannato a 8 anni e sei mesi di carcere, per reati fuori dalla mia educazione e anche lontani dalla mia educazione totalmente diversi dalla professione di architetto, preciso nonostante mi sia dichiarato sempre innocente, questa pena ora è totalmente scontata, ma mi è stata agganciata l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, evidentemente oggi per poter lavorare devo iscrivermi a un albo professionale, tutti gli albi mi richiedono a oggi il certificato generale del Casellario Giudiziale o una dichiarazione in merito, che possibilità ho di riscrivermi e lavorare per mantenere la mia famiglia?
Onestamente la vedo complessa. Temo si troverà costretto a promuovere opposizione avverso il rigetto della sua domanda di reiscrizione. L’interdizione perpetua dai pubblici uffici è infatti considerata, spesso, ostativa all’iscrizione all’albo professionale.
Le suggerisco di procedere alla redazione della domanda facendosi sin dall’inizio assistere da un legale per poter poi, eventualemente, agire in opposizione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
purtroppo non trovo il modulo se mi potrebbe aiutare con un primo parere grazie
Ce una ragazza che sta con il suo momentaneamente compagno( non sono sposati) e hanno un figlio minorenne . Lei lo vuole lasciarlo e andare via . Questo però ( conosciuti dai carabinieri ) la minaccia che se lo lascia li fa del male. Lei vorrebbe andare dai carabinieri denunciarlo e poi lasciare la città. Ovviamente dire alle forze del ordine dove andrà a vivere. La mia domanda: lei può lasciare la città con il bimbo 6 anni iscrivilo a scuola dove vuole andare a vivere ?
Il compagno e ben conosciuto dalle forze del ordine .E ci sono stati gia denuncie per maltrattamento e violenza
Per l’iscrizione a scuola di solito è richiesta la firma di entrambi i genitori.
Quindi, la sua amica dovrebbe muoversi con molta cautela. Ovviamente può lasciare la casa dove vive con il compagno, portando con se il figlio. Il suggerimento è di trovare prima un abitazione e il giorno in cui lascia la casa di provenienza recarsi dei carabinieri per denunciare il compagno e per far presente che a causa del suo atteggiamento violento è stata costretta ad andarsene di casa portando con se il figlio.
Allo stesso tempo, andrei immediatamente da un legale di figucia per agire presso il tribunale al fine di regolamentare i rapporti genitoriali.
Un ultimo suggerimento: se nella città in cui vive o in altra città esiste un centro antiviolenza, potrebbe rivolgersi allo stesso per essere aiutata.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Sono uno dei tre figli della madre vedova disabile. Io sono invalido civile. Mia madre ora in RSA. Mio fratello maggiore la viene a trovare mensilmente e basta. Mia sorella minore l’ha denigrata e ripudiata e pur sapendo delle sue condizioni è andata a trovarla una sola volta in 5 anni solo perchè l’avevo sollecitata. La retta fin ora la paghiamo io e mia madre avendo il conto cointestato. Adesso stiamo finendo le risorse. Per aver l’isee sociosanitaria ci vogliono i redditi di tutto il nucleo. Mia sorella nega il suo in quanto (dice lei) mantenuta non è dimostrabile. Io sono sfinito da questa storia e purtroppo non posso portarla ancora a casa perchè peggiorando non puo stare neanche su carrozzina normale e io abito in casa di proprieta condominiale al terzo piano. Ora chiedo se è possibile cambiare casa per le ragioni esposte senza aver ostacoli dai fratelli?anche con l’assistenza di un legale?
Egregio Signore
credo che sia necessario per lei e per sua madre trovare una soluzione alle vostre problematiche di salute anche mediante il cambio dell’abitazione, previa comunicazione ai restanti fratelli e sorelle. Per la complessità della situazione le suggersico l’assistenza di un legale di sua fiducia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
la questione che pongo riiguarda la possibilità di “abbrucioamento” delle frasche da potatura. Nella mia Regione, la Toscana, esiste una legge regionale che consente tale pratica, alternativa allo smaltimento delle frasche come rifiuti speciali secondo precise modalità di sicurezza. L’argomento è anche trattato nella normativa nazionale dei rifiuti. Il prblema specifico è questo: c’è chi ritiene che l’abbruciamento sia consentito soltanto alle imprese agricole e non ai comuni cittadini che, magari, abitando in compagna coltivano un piccolo fondo ad oliveto, vigneto e/o frutteto per uso esclusivamente personale. Io sostengo che, anche in questo caso, per assimilazione, il proprietario del fondo può smaltire le proprie potature tramite abbruciamento, nel rispetto delle normative nazionali, regionali e comunali, anche se non è tittolare di impresa agricola. Avrei bisogno di chiarimenti in merito, Grazie.
Egregio Signore
dall’analisi del D.P.G.R. n. 48/R dell’8 agosto 2003 – Regolamento Forestale della Toscana art. 66 mi pare di capire che l’abbruciamento dei residui vegetali derivanti da utilizzazioni legnose o da altre operazioni colturali è soggetto ad autorizzazione degli enti competenti. La domanda di autorizzazione può essere presentata dal proprietario e dal possessore, o in ultimo da un delegato. L’ abbruciamento può essere attuato solo a condizione del rispetto delle seguenti norme e precauzioni
a) l’ abbruciamento deve essere effettuato in spazi vuoti preventivamente ripuliti ed isolati da vegetazione e residui infiammabili e comunque lontano da cumuli di vegetazione secca e da vegetazione altamente combustibile;
b) il materiale deve essere concentrato in piccoli cumuli, evitando gli abbruciamenti diffusi, quali l’ abbruciamento delle stoppie e quelli di vegetazione radicata o sparsa sul suolo. I cumuli devono avere dimensione tale da determinare fiamme di modesta altezza e comunque sempre immediatamente estinguibili con gli attrezzi disponibili.
c) le operazioni devono essere attuate con un sufficiente numero di persone, sorvegliando costantemente il fuoco fino al suo completo spegnimento e, prima di abbandonare il luogo, verificando l’avvenuto spegnimento di tizzoni o braci;
Si tenga presente che tutti gli abbruciamenti sono vietati nei periodi a rischio di incendi di cui all’articolo 61 del D.P.G.R. n. 48/R dell’8 agosto 2003 – Regolamento Forestale della Toscana, ovvero nel periodo compreso tra il 1° luglio e il 31 agosto di ogni anno.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Carissimo Avvocato, io vorrei sapere una informazione per quanto riguarda l’assunzione a tempo indeterminato.
Le spiego in breve la mia situazione, io sono assunto a tempo indeterminato come agente di polizia locale presso un comune (superiore a 5000 abitanti) part time a 18 ore settimanali; un altro comune (dove in questo comune io sono in graduatoria di idoneo) hanno bandito (dopo il fabbisogno del personale) l’assunzione a tempo indeterminato part time a 18 ore settimanali di un altra unità.
Vorrei sapere se io posso essere assunto in tutti e due i comuni a tempo indeterminato part time a 18 ore ciascuno.
E vorrei sapere quale è la normativa di riferimento.
Grazie
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza è possibile essere ttitolari di due rapporti di lavoro a tempo parziale con due datori di lavoro diversi purchè non vengano superati i limiti dell’ orario di lavoro di 48 ore settimanali.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve,
avrei bisogno di assistenza legale in merito ad una situazione di contrasto con un concorrente
Mio padre è titolare di una pizzeria d’asporto con possibilità di somministrazione di alimenti e bevande all’interno della stessa (avendo tutti i requisiti igienico-sanitari rilasciati dagli enti predisposti ASL e COMUNE), si trova da qualche tempo a dover subire la concorrenza dichiaratamente a ribasso di un vicino concorrente anch’esso pizzeria d’asporto legittimato però SOLAMENTE a vendere e quindi non a somministrare bevande ed alimenti, non avendo le dovute autorizzazioni (per esempio non è dotato di servizi igienici per i clienti e soprattutto per i disabili), ha occupato il suolo pubblico antistante (probabilmente con regolare autorizzazione comunale) attrezzandosi con numerosi tavoli e sedie e offrendo servizio ai tavoli, pur non essendo a nostro parere autorizzato a farlo. da qualche tempo abbiamo subito un forte calo delle presenze e delle vendite generate dal ribasso dei prezzi che il nostro concorrente sta applicando, e ci troviamo di fronte ad una critica e difficile situazione.
Tenendo conto di queste prime osservazioni, cosa si può fare? come si può intervenire? quali organi di controllo bisognerebbe avvisare?
Certi di un vostro gentile riscontro,
Vi ringrazio anticipatamente e porgo cordiali saluti
Egregio Signore
purtroppo non c’è molto da fare, in quanto mi pare di capire che il calo dei clienti presso la vostra pizzeria sia dovuta ai prezzi molto più bassi praticati dalla pizzeria accanto. Ciò rientra nel libero mercato e sicuramente è dovuto ad una sorta di pubblicità a seguito della nuova apertura della pizzeria. Con molta probabilità la situazione si stabilirà nel lungo periodo, con l’applicazione di prezzi più alti. Per quanto invece concerne l’occupazione del suolo pubblico e di servizio ai tavoli occorrono le necessarie autorizzazioni all’ASl e al Comune e quindi la eventuale verifica deve essere fatta presso di loro, anche se mi sembra molto strano che la pizzeria accanto pratichi tali servizi senza essere autorizzata.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
scrivo per avere alcune delucidazioni in merito ad un incidente stradale che ovviamente mi vede coinvolto e a seguito del quale mi è stata ritirata la patente perchè positivo ai cannabinoidi.
Preciso, che sul luogo sono intervenute le forze dell’ordine per i dovuti accertamenti e rilevamenti nonchè l’ambulanza per soccorrere l’unica lesa, ossia la mia fidanzata, mia passeggera, in sella alla moto.
Preciso inoltre che secondo la dinamica dell’incidente, la responsabilità non è mia: l’autovettura mi ha letteralmente tagliato la strada, nello svoltare a sx, all’altezza di un incrocio ha invaso l’opposta corsia di marcia, investendo il sottoscritto che invece proseguiva regolarmente dalla direzione opposta.
Ora mi domando e Vi chiedo:
Cosa devo fare?
Come posso difendermi?
Mi conviene attendere la notifica del Tribunale per il discorso penale?
Quando riavrò la patente?
Cosa può succedere nel peggiore dei casi?
Al momento non ho ricevuto nessuna notifica, se non quella della questura in cui mi si invitava a presentarmi in caserma dove poi ovviamente mi hanno ritirato la patente.
Potrebbe succedere che il PM, nonostante la NON Responsabilità comprovata dal verbale della polizia, mi accusi di reato perchè alla guida in condizioni “psico-fisiche alterate” (così hanno scritto) più l’aggravante (accusandomi contestualmente di aver procurato l’accaduto)?
Preciso che sono una persona incensurata e mai mi sono trovato coinvolto in situazioni così scomode.
Attendo fiducioso una risposta che possa dissipare i miei dubbi.
Egregio Signore
innanzitutto occorre aspettare la notifica del 415 bis del Tribunale penale del luogo in cui si è verificato il fatto. Solo in quel momento è possibile prendere contezza del capo di imputazione e predisporre idonea difesa. Per quanto concerne il ritiro della patente si tratta di un ritiro provvisorio effettuato dal Prefetto a seguito degli esiti degli accertamenti dipsoti ed effettuati. In tali casi è possibile presentare un ricorso al Giudice di Pace del luogo del fatto. Qualora il reato viene accertato è prevista la sospensione della patente per un periodo che va da 1 a 2 anni. E’ necessario, pertanto, che si rivolga ad un avvocato di sua fiducia per la opportuna linea difensiva.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
Lesottopongo il presente quesito:
A seguito di un diverbio condominiale ,un inqilino si presenta alla mia porta e tenta di aggredirmi con un oggetto contundente, pur non arrivando allo scontro fisico questi (con un te la faccio pagare) si allontana , e fa giungere sul posto CC e abulanza , viene refertato per una lesione ( 3gg:), che io non gli ho procutato e
ricevo una querela per aggressione e lesioni.
Successivamente il querelante decede.
Gli eredi non rimettono la querela.
Posso, in sede di giudizio ( se dimostrata la falsità della aggessione e delle lesioni di cui mi si accusa) e assolto, chiedere i danni agli eredi?
Grazie
scusate gli errori , sono dovuti al vocale
Egregio Signore
ai sensi dell’art. 126 del Codice penale il diritto di querela si estingue con la morte della persona offesa (o querelante). Ma se la querela è stata già proposta, ovvero è stata prposta prima della morte della persona offesa/querelante, la morte della persona offesa non estingue il reato. In tali casi gli eredi possono procedere alla remissione della querela. In mancanza di remissione gli eredi proseguiranno nel processo, subentrando nella posizione sostanziale e processuale del defunto, senza effettuare una nuova costituzione e pertanto in caso di assoluzione si potrà agire contro gli stessi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
la ringrazio
in merito al quesito di cui sopra,
se gli eredi avessero rinunciato alla eredità, potranno subentrare nella posizione processuale del defunto?
per i danni morali quale sarà la posizione delle parti contrapposte?
Egregio Signore
gli eredi che rinunciano all’ereditàà del de cuius non acquistano la qualità di erede con decadenza da qualsiasi posizione processuale. Il danno morale deriva da un fatto illecito e il relativo risarcimento deve essere accertato in sede civile.
la ringrazio della sollecita e chiararisposta del quesito
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori quesiti.
Buonasera, in caso di separazione nella quale le parti coinvolte siano coniugi e tre figli minorenni, può un genitore trasferire la propria residenza dal nuovo compagno a 800 km di distanza? Ovvero, può l’altro coniuge impedire tale trasferimento che presume l’allontanamento della prole? I nonni stessi possono avanzare diritti sui nipoti per impedirlo? Quando si palesano i presupposti per cui tale situazione sia realizzabile? Accordo tra entrambi i coniugi? Consenso anche dei figli seppur minorenni? L
Grazie
Gentile Signora
quanto mi pare di capire lei, quale coniuge separato, intende trasferirsi insieme ai suoi tre figli a 800 km di distanza presso la residenza del suo compagno. In tal caso, presumo che i figli siano stati affidati ad entrambi, in regime di affidamento congiunto, occorre il consenso dell’altro coniuge. I nonni mantengono solo il loro diritto di visita e di frequentazione dei nipoti.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie infinite, no ancora non sono separata, ma vorrei capire quali sono i miei diritti.
Qualora il coniuge si opponesse, quale sarebbe l’iter da seguire?
Gentile Signora
in caso di separazione o divorzio per quanto concerne l’affidamento dei figli minorenni l’orientamento giuridico predominante è quello dell’affidamento condiviso ovvero ad entrambi i genitori, con collocazione dei figli minori presso uno solo dei genitori (c.d. residenza dei minori che solitamente coincide con l’assegnazione della casa coniugale). Ne consegue che l’affidamento esclusivo ovvero ad uno solo dei genitori diviene un’eccezione, praticabile solo in determinati casi. La regola dellì’affidamento condiviso comporta che entrambi i genitori devono cooperare attivamente nella cura, gestione ed educazione dei figli minorenni, condividendo per l’appunto le necessarie decisioni. Dal momento che lei non è ancora separata valgono le regole del diritto di famiglia e pertanto ogni decisione che concerne i figli minori, così come anche la coppia deve essere presa di comune accordo tra i coniugi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie, ma l’affidamento esclusivo dunque se ho capito è per casi di situazioni di ‘criticità’ particolari o può essere ottenuto se tra coniugi vi fosse accordo in tal senso? E se un coniuge si opponesse non sarebbe quindi praticabile, corretto?
Grazie infinite!
L’affidamento esclusivo è ormai una ipotesi residuale praticabile solo quando l’affidamento condiviso non è applicabile. Vi possono essere diverse cause alla base dell’applicazione dell’affidamento esclusivo come una accesa conflittualità tra i coniugi che si riversa sul figlio o una manifesta inidoneità di uno dei due genitori; insomma tutte cause che possono causare un danno e un pregiudizio al figlio minore (il giudice deve tener conto in primo luogo dell’interesse del figlio minore). Ma anche in caso di affidamento esclusivo tutte le decisioni importanti relative al figlio minore (educazione, istruzione,…) devono essere prese di comune accordo tra i genitori, rimanendo al solo genitore affidatario l’autonomia nelle decisioni di ordinaria amministrazione.
Buonasera e grazie per qs servizio. Sono una venditrice in un negozio di abbigliamento, ft 40 h tempo indeterminato.Anni fa avevo richiesto di avere il pt 32 h per esigenze personali, che a oggi non mi necessitava più ma avendolo chiesto, mi è stato concesso.Mi hanno fatto firmare un contratto per 6 mesi pt 32h e poi mi hanno detto verbalmente che tutto sarebbe tornato come prima. In questo periodo, sono state aumentate delle ore a due colleghe,e assunta una terza. Visto che il contratto scade tra una settimana ho chiesto di potere rientrare alle 40 h ma mi hanno detto che non è possibile, e che addirittura vogliono abbassarmele a 30 (qs volta a tempo indeterminato) o nell’eventualità non accettassi, a trasferirmi in un altro negozio distante da casa a/r 96 km. Ho il sentore che qualcuno abbia fatto male i conti e alzato troppo le ore o sbagliato scadenze alle mie colleghe e che per questo penalizzino me. Vorrei sapere se posso rifiutare il trasferimento, se possono cambiarmi il contratto anche se non firmo e soprattutto in caso decidessi di licenziarmi facendo i gg di preavviso stabiliti per legge, se possono trasferirmi durante il periodo di preavviso. Grazie
Gentile Signora
preliminarmente le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia o anche un consulente del lavoro, che previa verifica del contratto e di tutti gli altri documenti, potrà essere più preciso nella risoluzione della problematica lavorativa soprattutto in merito alla trasformazione del rapporto di lavoro da full time a part-time e/o viceversa. In tal caso deve sussistere un accordo tra le parti per la trasformazione del rapporto di lavoro e tale accordo deve risultare da un atto scritto. Per quanto concerne il trasferimento della sede di lavoro questo può essere disposto in determinate situazioni; a tal riguardo l’art. 2103 del codice civile stabilisce che “Il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”. Il trasferimento è una decisione unilaterale del datore di lavoro ma il lavoratore, qualora lo ritenga illegittimo e/o il trasferimento crei allo stesso una situazione di palese difficoltà, può impugnarlo dinanzi al giudice del lavoro.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera sono un agente di commercio in possesso di un contratto dal 2002. L’ azienda vuole stipulare un nuovo contratto pieno di clausole vessatorie pertanto io non voglio firmare. A quali rischi vado incontro se non firmo il nuovo che ha carattere completamente unilaterale? Oltretutto non ho ancora ricevuto le provvigioni dello scorso mese, stanno tardando probabilmente perché non ho ancora firmato. Possono trattenere le mie provvigioni? Se rispondo che non accetto cosa posso scrivere nella mail? Premetto che non posso permettermi un avvocato mio marito è disoccupato da tre anni. Devo cavarmela da sola purtroppo.
Gentile Signora
occorrerebbe capire che tipologia di nuovo contratto vuole stipulare l’azienda e soprattutto che tipologia di clausole vessatorie lo stesso debba contenere. Sotto il profilo codicistico (art. 1341 Codice civile) si definiscono vessatorie le clausole che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria. Tali clausole hanno effetto solo se specificamente approvate per iscritto. Comunque in ogni caso non possono trattenere le sue provvigioni, acquisite nell’ambito del precedente contratto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, vorrei richiedere il pagamento dei ticket welfare previsti dal CCNL metalmeccanici per gli anni 2017 e 2018 (250 euro totali) che non mi sono mai stati forniti. Quale metodo mi consiglia di utilizzare per effettuare la richiesta di pagamento?
Grazie
Egregio Signore
posso solo consigliarle di richiedere il pagamento all’azienda/datore di lavoro, anche mediante atto scritto e depositato a mano. L’importante è che lei rientri nella categoria dei beneficiari in primis sia titolare di un contratto a tempo indeterminato o determinato con un’anzianità di servizio di almeno 3 mesi.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, ci sono casi in cui la legge prevede che il nudo proprietario, in caso di necessità, possa trasferirsi e godere della casa dove l’usufruttuario vive?
Dopo la morte di mio padre, per ciò che concerne la sua casa, abbiamo concordato con la moglie, tramite atto notarile, di lasciare a lei l’usufrutto e a me e mio fratello,unici figli, la nuda proprietà.
La moglie vive quindi presso questa casa ed inoltre possiede un’altro immobile di sua proprietà presso lo stesso comune.
Io e mia moglie non abbiamo reddito, non possediamo nessuna casa, abbiamo un bimbo piccolo con un’handicap grave e siamo in affitto.
Grazie
Saluti
Egregio Signore
l’usufrutto concede al suo titolare il diritto di godere del bene per tutta la vita o per un determinato periodo stabilito dalle parti nel contratto. Per converso il nudo proprietario non ha il diritto di godere del bene ma mantiene il diritto di proprietà sullo stesso. Pertanto, in via generale, mi sembra abbastanza complicato trasferirsi a vivere insieme alla sua famiglia presso un immobile del quale non si ha il godimento e il diritto di uso. L’unico consiglio che posso avanzare è quello di procedere, previo accordo con suo fratello, alla vendita della nuda proprietà dell’immobile e far fronte alle sue esigenze economiche.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la cortese e veloce risposta.
Grazie a lei per averci contattato. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori quesiti.
Grazie infinite, no ancora non sono separata, ma vorrei capire quali sono i miei diritti.
Qualora il coniuge si opponesse, quale sarebbe l’iter da seguire?
Gent. mo Avvocato, purtroppo torno a riscriverLe. È stato fissato a fine agosto il terzo accesso per la liberazione dell’immobile per uno sfratto per finita locazione. Al momento non è stata trovata nessun’altra casa che venga affittata per tutto l’anno e noi siamo disperati, non sappiamo che fare.
Mi può aiutare gentilmente?
La ringrazio per la sua bontà e professionalità
Egregio Signore
sono costernata per la sua situazione ma purtroppo non ci sono molte cose da poter fare una volta che la macchina dello sfratto è partita. Posso solo consigliarle di farsi trovare in casa al momento dell’accesso dell’ufficiale giudiziario e di comunicare allo stesso le sue osservazioni che saranno oggetto di apposito verbale, chiedendo la possibilità di fissare la data di un successivo accesso. Tenga presente che tale situazione può protrarsi per altri pochi mesi e le auguro di trovare in questo breve tempo un immobile dignitoso per lei e per la sua famiglia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gent.mo avvocato, anzitutto desidero ringraziarLa per la solerzia e per la disponibilità che mette a disposizione ogni giorno gratuitamente.
Capisco, purtroppo, la situazione . Da parte nostra c’è stato sempre il massimo rispetto per i proprietari e per il loro legale, nonché per l’ufficiale giudiziario e abbiamo provveduto al pagamento delle spese legali. Spero che la situazione si possa risolvere in breve tempo, anche se trovare una casa libera con contratto a tempo indeterminato è una chimera nella città in cui vivo. Grazie ancora per l’attenzione
Egregio Signore
spero che l’ufficiale giudiziario possa ancora concedere un altro paio di mesi, nel corso dei quali le auguro di trovare un nuovo immobile per lei e per la sua famiglia. Rimango a sua disposizione per ulteriori quesiti.
Buon giorno Avvocato.
Il terrazzo di uso esclusivo del mio immobile ha un diritto di servitù di stillicidio per disposizione del padre di famiglia. Ci sono due scoli che risalgono a tale disposizione, uno scarica sul tetto di un locale confinante l’acqua che finisce in una grondaia al confine tra due locali, l’altro ha un pluviale che si immette in un’altra grondaia posta sempre sul tetto di locali confinanti. Non si tratta di un condominio, ma di edifici autonomi che facevano parte un tempo di un unico complesso di un unico proprietario, poi alienati separatamente.
I vicini lamentano infiltrazioni ricondotte all’incremento del deflusso di acque meteoriche dal terrazzo.
La perizia del geometra ha attribuito ogni responsabilità alle condizioni dei tetti e della grondaia.
Vorrei sapere se la servitù di stillicidio risalente alla disposizione del padre di famiglia può essere soggetta a limitazioni per quanto riguarda la quantità dell’acqua che defluisce.
Grazie
Cordialmente
Maria
Gentile Signora
in tema di stillicidio il codice civile non prevede un limite alla quantità dell’acqua che defluisce, trattandosi di acqua piovana, collegata a fenomeni naturali.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Il Testo Unico Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, prevedono che sia nel certificato richiesto dal privato (art.24 e25) che nel certificato richiesto dalla pubblica amministrazione (art.28) non siano riportate le iscrizioni relative ai provvedimenti che ai sensi dell’articolo 464-quater del codice di procedura penale, dispongono la sospensione del procedimento con messa alla prova, nonche’ alle sentenze che ai sensi dell’articolo 464-septies del codice di procedura penale dichiarano estinto il reato per esito positivo della messa alla prova.
Pertanto i suddetti certificati risultano negativi.
In tal caso si può rispondere negativamente in fase di domanda di concorso alle relative domande circa i precedenti penali? Diversamente cosa dichiarare?
Egregio Signore
Nella compilazione della domanda per la partecipazione ad un concorso pubblico il reato sottoposto a procedimento di messa alla prova non deve essere indicato in quanto l’esito positivo della messa alla prova comporta l’estinzione del reato (e non della pena come avviene con il beneficio della non menzione o nella riabilitazione).
Inoltre la Corte Costituzionale con la sentenza n. 231 del 2018 ha dichiarato l’illegittimità delle norme sul casellario giudiziale che imponevano di riportare nel certificato generale e in quello del casellario, richiesti dall’interessato, sia l’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato sia la sentenza che dichiara l’estinzione del reato per esito positivo della prova, in quanto costituiscono ” un ostacolo al reinserimento sociale del soggetto che abbia ottenuto, e poi concluso con successo, la messa alla prova poiché può creargli più che prevedibili difficoltà nell’accesso a nuove opportunità lavorative”.
Le consiglio, per mero scrupolo, di leggere attentamente il bando di concorso e nell’eventualità di renderlo noto attraverso una precisione allegata alla domanda di concorso e/o in caso di vittoria direttamente alla commissione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille per la veloce e definita risposta.
Cordiali saluti.
Grazie a lei per averci contattato. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori quesiti.
Buongiorno, ho una casa cointestata con un mutuo cointestato.. vorrei capire come poterne uscire dato che la relazione con la mia ragazza sta terminando.. la mia domanda è: oltre che venderla a terzi, sarebbe possibile riaccendere un mutuo sopra questo mutuo (però da solo questa volta) liquidando cosí la sua parte (quella pagata fin ora chiaramente)? Purtroppo non posso liquidarla in contanti perchè non possiedo grandi somme.. sperando in una risposta celere, vi ringrazio
Egregio Signore
avanzo due possibilità: la prima soluzione è che la sua ex compagna esca dal contratto di mutuo previa verifica e consenso della banca mentre la sesconda soluzione potrebbe essere quella della surrogazione con il conseguente passaggio ad altro istituto di credito e con l’intestazione del mutuo ad uno solo dei due ex conviventi. Certamente il convivente che abbandona il contratto di mutuo dovrà essere rimborsato dall’altro che rimane nel contratto di mutuo della metà delle rate pagate fino a quel momento e pertanto, o si attua un piano di rimborso su base mensile e o si accende un nuovo finanziamento ai fini della liquidazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, sono un agente immobiliare e Le pongo questo quesito: un cliente mi ha contattata per visionare una serie di immobili, ebbene si soffermò su uno in particolare dove era presene anche il venditore, dopo una visita durata due ore circa avanzò una proposta di prezzo che fu subito accettata dal venditore. Dal momento che l’acquirente doveva ripartire il martedì, fissammo per il lunedì pomeriggio ore 16:00 l’incontro in agenzia per la formalità dell’accordo raggiunto con la firma della proposta. Premetto che l’indomani della visita il cliente tornò da solo dal venditore per rivisitare la casa e nell’occasione riconfermò il suo entusiasmo all’acquisto ricordandogli l’ora dell’incontro in agenzia per la firma. Nel frattempo io espletai una miriade di formalità per essere pronta alla scrittura. Morale della favola si presentò alle 16:00 dicendo che aveva visitato un’altro immobile e non era più interessato!! Io furiosa perchè il signore era un recidivo ovvero l’estate scorsa mi fece un giochetto identico con un’altra proprietà.
Ho tutto documentato sia della vecchia che dell’attuale trattativa. Posso agire per un risarcimento avendo lavorato e concluso sebbene verbalmente l’accordo su entrambe le vendite? I venditori possono testimoniare sull’atteggiamento scorretto di questo cliente italo-tedesco.
Gentile Signora
nel corso delle trattative contrattuali le parti hanno l’obbligo di comportarsi secondo buona fede, in caso contrario il comportamento della parte in mala fede può dar luogo ad una responsabilità pre – contrattuale (art. 1337 codice civile: Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede). In primis occorre valutare nel merito che tipo di trattative sono state concluse e a che livello sono giunte in quanto la responsabilità riguarda le trattative giunte ad uno stadio avanzato (in prossimità della conclusione del contratto). Inoltre occorre valutare le condotte che sono alla base della responsabilità precontrattuale tra cui si contempla anche il recesso dalle trattative senza giustificato motivo. Occorre, pertanto, una attenta analisi nel merito per poter affermare se sussitono o meno tutti i presupposti per fondare la responasbilità precontrattuale, con conseguente risarcimento del danno.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, sono proprietaria di un appartamento in condominio dove c’erano alcuni morosi a cui hanno venduto la casa all’asta.
Ora noi condomini ci troviamo ad avere un grosso debito da pagare. Personalmente ho pagato alcune rate extra le mie spese condominiali, ma l’amministratore continua a mandarne altre a cui non riesco a far fronte.
In tal caso cosa rischio se non riesco a pagare? Possono mettere all’asta la mia casa o pignorare lo stipendio, dato che sono dipendente pubblico?
Grazie.
Gentile Signora
nel momento in cui è stata venduta la casa del condomino moroso all’asta, il condominio dovrebbe rientrare del debito vantato. Inoltre la ripartizione del debito del condomino moroso a carico degli altri condomini è una decisione che deve essere presa a maggioranza dall’assemblea condominiale
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, mi trovo in una situazione complessa e non so come muovermi, spero che possiate aiutarmi. Sono una cittadina italiana di 21 anni, studentessa, disoccupata (proprietaria di un immobile) residente in Italia e desidero sposare il mio ragazzo e fare in modo che possa venire in Italia e vivere con me. Il mio ragazzo è un cittadino libico di 22 anni residente in Libia. Sappiamo che vi sono 3 metodi:
– sposarci in Italia, ma in questo modo lui dovrebbe richiedere e ottenere un visto, cosa purtroppo praticamente impossibile. Anche se la ottenesse potrebbe restare in un tempo compreso tra 24 e 30 giorni, il quale non so se sia sufficiente e se possa sposarsi con tale visto;
– sposarci nel suo paese, in questo modo dovrei recarmi nel suo Paese, il quale al momento, per ovvie ragioni, non rilascia visti turistici;
– sposarci in un paese terzo, i paesi in cui lui può accedere facilmente sono solo quelli africani in particolare Tunisia e Turchia (forse Egitto). In questi paesi, però le autorità italiane non effettuano matrimoni secondo i siti ufficiali del governo italiano. Per queste ragioni pensavamo di sposarci secondo le leggi locali in Tunisia o Turchia, sperando che ciò sia possibile (per poi chiedere il certificato di legalizzazione e la traduzione). Come funziona in Tunisia per quanto riguarda questa materia, sposano , se pur secondo matrimonio islamico, due stranieri? se sì, quali sono i documenti necessari? qual’è l’iter? e una volta fatto tutto come funziona la richiesta del visto per fare in modo che venga e rimanga qui in Italia?
Spero che possiate aiutarmi.
Grazie mille.
Gentile Signora
credo che la situazione più semplice sia il matrimonio in Italia. In tal caso il cittadino straniero deve chiedere il nulla-osta alle nozze alla propria ambasciata e seguire poi tutte le procedure burocratiche e ammnistrative presso la Prefettura. Per quanto concerne il matrimonio in Tunisia bisognerà sempre passare attraverso l’ambasciata per ottenere il nulla osta, ma credo che in tal caso l’iter potrebbe essere più complesso dal momento che il tuo compagno non è un cittadino tunisino ma libico.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buon giorno.
Ritengo di avere subito una truffa.
Convivo con la seconda moglie di mio padre che è deceduto.
Nel 2014 la vedova fa un atto notarile insieme ai suoi fratelli in cui si impegna a pagare le quote ai fratelli di una casa di cui risulta comproprietaria e che era di un suo fratello deceduto.
Io che non sono figlia biologica ho aiutato a pagare la casa con dei bonifici postali quindi tracciabili ma questo non risulta nell atto.
Dopo aver estinto i debiti viene fatto un secondo atto notarile per cercare di tutelarsi e passarmi la casa e il notaio sceglie la compravendita con la vedova usufrutto e io nuda proprietà con la clausola che avrei avuto la casa se l’ avessi assistita vita natural durante. I soldi che io ho dato non sono mai stati citati e io ritengo questo ingiusto. Vorrei chiedere posso chiedere l’ annullamento dell’ atto notarile e la redazione di un altro in cui ci sia il semplice trasferimento della casa senza quella clausola( che paradossalmente tutela la vedova e non me?). Inoltre la casa si è scoperto successivamente ha un abuso edilizio non fatto da me e dalla vedova ed restata acquistata pagandola in più rispetto al valore effettivo senza perizia edile. Mi chiedo posso far valere le mie ragioni, ne ho diritto?
Gentile Signora
l’atto notarile ha l’efficacia di un atto pubblico ai sensi dell’art. 2699 Codice civile e per tali ragioni occorrono determinati presupposti per fondare l’azione di annullamento. Occorre una verifica nel merito dell’atto stipulato e considerato che vi è un sostanziale squilibrio tra la sua posizione e quella della vedova le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia, il quale previo esame del merito, potrà avanzare un consiglio più corretto in merito alla sussitenza o meno delle condizioni di procedibilità per l’annullamento, anche con riferimento all’abuso edilizio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato.
Premetto che la situazione è ambigua ed i miei appigli sono pochi.
Dopo aver venduto la mia vettura, l’acquirente si è preso l’incarico (messo per scritto e firmato da entrambi) di effettuare personalmente un atto di vendita presso una sua Agenzia di conoscenza. In buona fede ho proveduto allo scambio denaro-chiavi.
L’ atto inviatomi via mail dall’agenzia sopracitata, riportava una falsificazione della mia firma oltre ad una “formalità respinta”, quindi non valido.
Oggi mi sono pervenuti tre verbali a carico mio, essendo ancora registrato come proprietario della vettura. Non essendone in possesso da ormai un mese, posso ricorrere ad un giudice di pace per l’annullamento di questi verbali?
Grazie in anticipo per la sua risposta,
Adrian
Egregio Signore
può provare a ricorrere al giudice di pace chiedendo l’annullamento dei verbali (anche se sinceramente non intravedo grandi possibilità di annullamento) ma il problema non viene risolto. Le consiglio di contattare il prima possibile l’acquirente, anche avvalendosi dell’ausilio di un legale di sua fiducia, di formalizzare l’atto di vendita della vettura.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato,
vorrei chiederle un parere.
Per stupidità data dalla giovane età ho fatto uno scherzo di cattivo gusto ad un conoscente (incontro al buio con una ragazza non presente), mi sono poi avvicinato per scusarmi ma lui mi ha malmenato causando una prognosi di 15 giorni, con contusioni e perforazione del timpano.
Vorrei sapere cosa comporta lo sporgere la querela e se, data la mia cattiva condotta, ha senso procedere contro questa persona. Grazie per l’attenzione e buona giornata
Egregio Signore
nel suo caso si tratta di lesioni personali lievi art. 582 C.p. “Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dagli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell’ultima parte dell’articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa”. La sua condotta ovvero lo scherzo, sebbene di cattivo gusto, influisce solo relativamente ovvero, in caso di condanna, per l’applicazione delle circostanze attenuanti e per i benefici di legge.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, ho un appartamento al primo piano e l’autorizzazione dell’amministratore a far posare il contatore nel vano cantine condominiali nel seminterrato. chiedo un parere circa la necessita’ o meno di richiedere ulteriore autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea condominiale per far passare l’allaccio della mia fornitura elettrica lungo il vano scale e pianerottolo condominiale, oppure basta comunicarne l’intenzione. grazie
Buongiorno,
per il divorzio ho ottenuto il patrocinio gratuito, ma dopo la sentenza l’avvocato mi chiede una parcella di 700 euro per le spese extragiudiziarie. IO credevo, fosse gratiuto, al massimo 100 euro per le spese.
Gentile Signora
il gratuito patrocinio copre solo le spese che riguardano la fase processuale e tutti quegli atti connessi al giudizio; non copre le spese stragiudiziali che rimangono a carico dell’assistito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato,
A fine giugno ho sostenuto un esame il quale è stato valutato insufficiente e successivamente alla comunicazione dell’esito mi sono recata dal professore per visionarlo. Questi non è stato per niente esaustivo nel giustificare il motivo dell’insufficienza, a distanza di 6 mesi non ha ancora accettato la mia richiesta sul portale didattico per accedere alle slide del corso ed inoltre mi ha chiaramente detto “se si presenta al prossimo appello non lo passa”.
Non ho dato peso alla sua intimidazione e mi sono iscritta ugualmente all’appello successivo.
Dallo svolgimento dell’esame è passato quasi un mese, e da lunedì l’università rimarrà chiusa fino gli inizi di settembre, quindi ho deciso di contattare la segreteria della mia università per verificare fosse tutto a posto.
Il 09/08/2019 mattina la segreteria ha risposto dicendo: “il docente non ha ancora consegnato i verbali ma verificando gli esiti il suo risulta insufficiente”.
Subito dopo è stato inserito sul mio profilo l’esito dell’esame, senza nessun avviso sulla mail personale dello studente come da procedura standard, con scritta come data di chiusura il 09/08/2019.
Per legge è previsto il diritto dello studente di poter visionare/contestare l’esame entro 7 giorni dalla ricezione dell’esito.
Dopo essermi consultata con il direttore dell’università, ho inviato una mail al docente per concordare al più presto una data per visionare l’esame ma questi non risponde.
Il docente mi ha già provocato un danno non pubblicando i risultati dell’esame in tempo alla scadenza della domanda di Laurea (era già stata concordata con il mio relatore) e adesso, non rispondendo e ponendo la data del 09 come data di chiusura, mi rende impossibile capire il perché dell’esito negativo e mi preclude la possibilità di iscrizione all’appello di settembre.
L’intimidazione del docente è stata mantenuta.
Secondo lei come dovrei procedere?
Grazie per l’attenzione.
Cordiali Saluti
Gentile Signora
la situazione che lei narra meritebbe una attenta analisi nel merito per poter avanzare un consiglio esaustivo. Ciò detto, procediamo con ordine. L’insufficienza riportata all’esame è una questione di fatto che attiene al merito della situazione e andrebbe valutata con la verifica dell’elaborato (anche sulla base della tipologia dell’elaborato stesso, ad esempio se si tratta di una prova scritta a risposta aperta o a risposta multipla, e così via…) e con le conseguenti opportune delucidazioni del docente. Qualora lei non sia soddisfatta del risultato raggiunto può contestarlo nel termine previsto e pertanto le consiglio di inviare la sua richiesta all’ente universitario indipendentemente dalla data di chiusura temporanea estiva. Per quanto concerne la possibilità di partecipare all’appello di settembre non riesco a dare una risposta in quanto non riesco a capire quale sarebbe la limitazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, chiedo un parere circa la necessita’ o meno di richiedere l’autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea condominiale per far passare l’allaccio della mia fornitura elettrica lungo il vano scale e pianerottolo condominiale, oppure basta comunicarne l’intenzione.
Ho acquistato un immobile al primo piano e sto procedendo a frazionarlo in due appartamenti (con regolare CILA). Su indicazione di unareti, ho gia’ ottenuto dall’amministratore il nulla osta per la posa del secondo contatore che serve in vano tecnico sito nel seminterrato condominiale dove ci sono le cantine e che gia’ ospita diversi contatori compreso quello del condomino al secondo piano.
Per arrivare al secondo piano la canalina elettrica di questo condomino corre lungo il vano scale delle cantine, esce dalla soletta del cortile e sale esternamente lungo la facciata interna dello stabile per entrare quindi nel suo balcone di proprieta’.
La mia canalina farebbe lo stesso tragitto fino al primo piano ma, anziché entrare dal balcone che appartiene all’appartamento gia fornito di elettricita’, per evitare di creare una servitu’ di passaggio tra i due appartamenti, vorrei che entrasse nel vano scale condominiale ed attraversasse il pianerottolo fino a raggiungere il secondo appartamento (quello per il quale ho richiesto la seconda fornitura elettrica).
La canalina percorrerebbe il vanoscale e pianerottolo condominiale per circa 7 metri, la farei posizionare in alto lungo l’angolo del soffitto, e sono disposto a coprirla con una cornice in cartongesso.
Questo intervento non pregiudica sicuramente il pari uso di altri condomini, ma mi chiedo se modifica l’estetica della cosa comune (con o senza cartongesso) e se pone particolari questioni di sicurezza.
Mi chiedo quindi se basta che comunichi all’amministratore questo intervento nel pianerottolo condominiale o devo preventivamente richiederne l’autorizzazione.
grazie
Egregio Signore
ritengo che la sua problematica rientri nella disposizione di cui all’articolo 1102 del codice civile al primo comma stabilisce che “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”, pertanto non occorre l’autorizzazione dell’assemblea. Resta fermo l’obbligo di comunicarlo preventivamente all’amministratore. Le consiglio, al contempo, di confrontarsi sul punto anche con l’amministratore (soprattutto per eventuali problemi di sicurezza) e nel caso convocare l’assemblea, la quale in caso di diniego dovrà opportunamente motivare la delibera.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, chiedo un parere in merito alle spese condominiali, mi spiego meglio nel maggio 2017 ho acquistato una villetta a schiera in un contesto di 5 villette, verso ottobre parlando con gli altri proprietari vengo a conoscenza che in precedenza li fu creato un condominio con un foglio scritto tra il costruttore e 2 dei 5 proprietari perché le altre 3 villette non erano state ancora vendute. Mi arriva documentazione da parte Dell amministratore dove le spese a mio carico sono di tot euro, io le pago senza problemi anche se con qualche dubbio, l anno successivo ci riuniamo tutti per decidere lo scioglimento dello stesso in quanto non abbiamo servizi per il quale valga la pena tenere un condominio con le relative spese, a questo punto sempre parlando viene fuori che ognuno degli altri 4 proprietari nell atto di acquisto ha segnato villetta in condominio tal dei tali cosa che io non ho. Preciso che a me nessuno aveva informato della presenza di questo condominio ma ne vengo a conoscenza solo qualche mese dopo l acquisto parlando con i vicini, a questo punto vorrei capire se ho la possibilità di non pagare queste spese e tirarmi fuori fin da subito non essendo stato informato appunto di questa situazione condominiale e comunque non avendo mai firmato nulla in merito, grazie a chi mi saprà aiutare
Egregio Signore
credo che lei sia obbligato a pagare le spese in quanto, anche se non indicato nell’atto di acquisto dell’immobile, lo stesso faceva parte di un condominio. Non intravedo ictu oculi possibilità per non pagare tali spese.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie..
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Buongiorno, io avrei bisogno di togliermi qualche dubbio in merito alla figura dell’amministratore di sostegno.
Spiego brevemente: è stato richiesto per i miei genitori ( da parte degli assistenti sociali) la nomina di un amministratore di sostegno che posso gestire la parte economica, nella fattispecie tutto cosa riguarda le spese di vita quotidiana e dedite al benessere della persona. Quali sono i limiti di un’amministratore quando l’assistito è capace di intendere e di volere? Cosa può decidere e cosa no? Nel caso di insufficienza economica può chiedere/imporre una compartecipazione alle spese ai figli?
Nel caso fosse un figlio a ricoprire questo ruolo quali sono i suoi doveri?
Grazie per la disponibilità
Gentile Signora
L’amministratore di sostegno è disciplinato dalla Legge 9 Gennaio 2004, n. 6 ed è diretto alle persone che hanno una limitazione della capacità di agire, prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana. Articolo 404 Codice civile stabilisce che “La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio”. La scelta dell’amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario. Il Giudice Tutelare nomina con decreto l’amministratore di sostegno indicando la durata dell’incarico, che può essere anche a tempo indeterminato, atti che l’Amministratore di Sostegno ha il
potere di compiere in nome e per conto del beneficiario, gli atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’Amministratore di Sostegno, dei limiti, anche periodici, delle spese che l’Amministratore di Sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità e la periodicità con cui l’Amministratore di Sostegno deve riferire al Giudice circa l’attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario.
Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’Amministratore di
Sostegno. Il beneficiario dell’Amministrazione di Sostegno può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana.
Nel caso in cui viene nominato amministratore di sostegno il figlio del beneficiario, lo stesso soggiace ai doveri e agli obblighi generali diposti dal Giudice. Nello svolgimento dei suoi compiti l’amministratore di sostegno deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Spett.le Avocato,
Desidero informazioni in merito al seguente argomento: cambio di residenza.
A fine mese mi trasferirò in altro comune e regione e abiterò in una casa uso foresteria dove non è possibile spostare la residenza.
Ho un amico con il quale non ho vincoli di parentela, che è disposto che io prenda la residenza a casa sua come ospite. Tale amico è proprietario dell’immobile e ivi risiede.
Nella modulistica ministeriale a disposizione dei comuni è prevista questa opzione ma il comune di pertinenza afferma che spostando la mia residenza a casa sua diventerei parte del nucleo familiare dell’amico di cui sopra e nell’isee. Inoltre il comune afferma che l’abitazione deve avere due cucine distinte.
A me risulta che non sia cosi, che cioè non si entri a far parte del nucleo familiare e che l’unica conseguenza sarebbe l’aumento della tassa sui rifiuti e eventuali pignoramenti se l’ospitato avesse dei carichi pendenti.
Avrei bisogno di capire come stanno le cose e a quali leggi o regolamenti potrei fare riferimento.
Altrimenti l’unica mia alternativa sarebbe risultare senza fissa dimora e perdere alcuni miei diritti.
Grazie
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza con lo spostamento della residenza presso l’abitazione del suo amico si entra a far parte del suo nucleo familiare, andando ad influire anche sull’Isee. Le consiglio comunque di consultare un commercialista o un Caf che potrà essere più preciso della sottoscritta, anche per quanto concerne eventuali detrazioni fiscali.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buona sera Avvocato,
Ho subito un tentativo di frode chiaro ( addebiti su carta di credito) da parte di un esercente sospetto, mai utilizzato. Ho ricevuto 9 messaggi a distanza di 5 minuti via cellulare che mi informavano della richiesta di 109.99 euro da parte della banca ING. Ho bloccato la carta prima online poi tramite servizio clienti la mattina stessa prima delle ore 8.00 gli operatori non rispondevano e i messaggi sospetti arrivavano dalle ore 6.00 del mattino) ed ho ricevuto, da parte della banca, un messaggio a stretto giro che mi informava che le transizioni erano state negate. L’estratto conto invece poi pervenuto non ha tenuto conto di niente, mi sono stati prelevati quasi 1000 Euro, di cui ovviamente chiedo il rimborso. Nel modulo di contestazione ( difficile capire quale fosse il modulo giusto informazioni discordanti da parte dei vari operatori) è richiesto ll numero di carta di credito, da me purtroppo cestinato ( ho già ricevuto una nuova carta di credito). Sembra impossibile recuperarlo, ho le prime 4 ed ultime cifre, sempre l’assistenza via chat conferma di poterlo riavere intero chiamando al telefono, ma non sono riuscita parlando con l’operatore di turno, ancora una volta informazioni discordanti. come posso essere rimborsata se non ho il diritto di recuperare gli estremi della carta di credito? chiamando il servizio clienti, inserisco il mio codice cliente, PIN, data di nascita, che altre informazioni necessitano per fornire le 8 cifre restanti della carta di credito?Poss procedere legalmente?
In attesa di un gentile riscontro,
Cordiali saluti
La banca è obbligata a fornirle tutti gle estremi dei suo conti e carte presenti e passate. Le suggerisco di inviare una missiva con raccomandata a/r alla sede legale della banca con la quale costituisce in mora la stessa per inadempimento agli obblighi di informazione e tutela nei confronti del cliente, contestualmente inviandola presso indirizzi email ufficiali del medesimo istituo di credito. E’ chiaro che se neanche in questo modo sbloccherà la situazione, dovrà rivolgersi ad un legale per adire le opportuni sedi di contestazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno ho contestato una fattura di Igiene Ambientale (raccolta differenziata dei rifiuti ) che nel mio comune è gestita dall’ A&T2000 spa. La società ritiene di avere ragione,ma io ribadisco il mio disaccordo. Quindi le chiedo esiste un organismo super partes a cui mi posso rivolge? Intendo organismi conciliatori come CORECOM o Difensore Civico. La tassa rifiuti è comunale ma in questo caso la gestione è affidata a una spa di cui i comuni sono soci.
La ringrazio anticipatamente e le porgo distinti saluti.
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza l’impugnazione della tassa rifiuti si propone dinanzi la Commissione Tributaria trattandosi di una tassa comunale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, avrei bisogno di avere una delucidazione legale su una questione di diritto di famiglia (credo).
Mio figlio è andato a convivere con fidanzata. Premetto che non ha avuto nemmeno il tempo di variare la sua residenza e quindi per legge lui viveva ancora con me.
Le cose non sono andate bene e dopo circa 8 mesi mio figlio è tornato a vivere con me. Il problema è che la ragazza è incinta e partorirà a novembre.
Facendo perno sui sentimenti di colpa provati da mio figlio gli sta facendo pagare tutte le spese dell’alloggio in affitto in cui è rimasta a vivere lei (affitto, bollette, spese condominiali e spese per gli esami riguardanti la gravidanza). Lei lavora ma ora è a casa in gravidanza. Mio figlio ha un lavoro part time e così sono costretta ad aiutarlo a pagare in sua vece tutte le spese per lei. Lo stipendio di lei invece scompare nel giro di qualche giorno per sue spese non identificate. Ora lei ci ha annunciato che vuole lasciare il lavoro. Mio figlio che si sente in colpa per essersene andato lui, per coscienza dice che deve aiutarla ma io vorrei sapere se legalmente lui è veramente costretto a pagare tutte le sue spese
Grazie mille per la vostra risposta.
Gentile Signora
procediamo con ordine: le spese mediche e altre spese necessarie durante i mesi di gestazione dovrebbero essere divise tra le parti, in teoria in egual misura a carico di ciascun futuro genitore (ciò detto dovrebbe avvenire su base teorica in quanto nella pratica poi le parti possono decidere di dividere le spese in misure diverse, in base ai rispettivi redditi). Per quanto concerne le spese dell’immobile, affitto e bollette varie, anche queste dovrebbero essere divise tra le parti locatrici, entrambe intestatarie del contratto di locazione. Nel momento in cui nascerà il bambino, suo figlio, in qualità di genitore, dovrà contribuire al mantenimento dello stesso, unitamente all’altro genitore, versando una somma calcolata sulla base del reddito percepito. Tale somma è dovuta solo per il mantenimento del figlio minorenne.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno sto acquistando con il mio compagno ( non siamo sposati) un appartamento al 50% di proprietà in un comune diverso da un’altro dove ho il 100% come prima casa, che però lascerò ad uso gratuito alla mia mamma.
Per non pagare troppe tasse: imu, tasi ecc. vorrei sapere se mi conviene rogitare questo come prima casa per non pagare l’iva al 9% (ovviamente spostando la residenza ), oppure rogitarlo come seconda casa pagando l’Iva al 9% e avere solo il domicilio? nel secondo caso pagherei l’imu , tasi ecc al 50%.
Segnalo che stiamo chiedendo il mutuo.
Inoltre se capitasse qualcosa a me o al mio compagno come facciamo a non far entrare i nostri parenti ma lasciare che chi resta di noi due possa continuare ad abitarci?
Grazie.
Gentile Signora
in merito alla questione inerente il rogito dell’immobile quale prima casa con conseguente pagamento delle tasse, le consiglio di rivolgere la questione ad un caf o ad un commercialista di sua fiducia che sul punto saranno più puntauli e precisi della sottoscritta. Altro problema è quello inerente i diritti successori dell’immobile in comproprietà in caso di morte di uno dei conviventi: in tal caso nella quota del convivente defunto subentrano gli eredi. Si viene a creare una comunione tra il convivente superstite e gli eredi del convivenete defunto e le soluzioni potrebbero essere o la vendita dell’immobile con l’acquisto da parte del convivente supertiste della quota del convivente defunto o la divisione dell’immobile.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, vi contatto per avere delucidazioni su una questione. Mio padre è venuto a mancare novembre del 2009 senza lasciare alcuna eredità. La zia è venuta a mancare poco dopo senza eredi per cui la sua abitazione è ereditata da mio padre e tre fratelli. Purtroppo non siamo riusciti ad accordarci per la vendita e nel frattempo è arrivata a tutti noi una cartella esattoriale per il pagamento delle tasse di successione di 6000 euro che non abbiamo provveduto a pagare per cui a giugno l’agenzia delle entrate ha avviato l’iter per il fermo amministrativo sulla mia autovettura. Adesso vorrei sapere se posso provvedere alla rinuncia dell’eredità.
Gentile Signora
il termine per la rinuncia all’eredità si ricava implicitamente dall’art. 480 codice civile: “Il diritto di accettare l’eredità si prescrive in dieci anni”. Ne consegue che entro tale termine è possibile rinunciare all’eredità. Il termine decorre dal giorno dell’apertura della successione ovvero al momento della morte del de cuius.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
buongiorno, volevo gentilmente informazioni in merito
il 28/05/2019 e ‘venuto a mancare mio papa’ che aveva un libretto postale cointestato con uno dei miei tre fratelli. Su questo libretto, che parte con un
capitale proveniente da vendita immobile (33.000 euro) e di un importo
proveniente da un altro libretto postale chiuso (6000 euro), accreditato dalla
pensione di mio papa ‘circa 1450 euro ed addebitato l’addebito per la retta della casa di riposo 1200 euro.
Nelle date successive al decesso (29/05 e 30-31 / 05), sono stati osservati i prelievi dal contestatario (mio fratello) per sostituiti (intorno ai 17.000 euro), il saldo a pochi centesimi, non considerando la parte del defunto che andava in successione. L’operatore postale non ha nemmeno richiesto
documenti e firma della parte cointestataria in questo caso mio papa ‘deceduto
il 28/05/2019. Il libretto non usato usato per versamenti di risparmio da parte di mio fratello diventato cointestatario perche ‘mio papa’ invalido.
io ho richiesto all’ufficio postale il recupero titoli e il movimento operazioni
in effetti risulta in dati successiva decesso: 29/05 due prelievi uno di 6000 euro e uno di 600 euro allo sportello atm; 31/05 un prelievo di 10500 euro
Saldo al 31/05/2019, 50 euro.
volevo sapere come posso spostare la parte ereditaria che mi spetta.
Grazie
Egregio Signore
in caso di decesso di uno dei cointestatari del libretto postale si provvede al blocco in attesa dell’apertura della successione. Pertanto il comportamento di suo fratello non è stato corretto in quanto lo stesso poteva operare sul libretto ma nella misura del 50%. Ciò si è verificato in quanto tali operazioni sono state effettuate a pochi giorni dal decesso di suo padre e le poste non avevano ancora avuto la comunicazione del decesso del cointestatario del conto. Le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia che, previa verifica della fattispecie, potrà consigliarle come agire per il recupero della somma del patrimonio ereditario.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Gentile Avvocato, due mesi fa è venuta a mancare mia madre che viveva con mio padre e con il quale non ho più rapporti. Due settimane dopo la sua morte chiede i miei dati per poter avviare la pratica di successione. Ho richiesto informazioni online ma sono ancora molto confusa.
1) La successione tra gli eredi (quindi tra me e lui) basta che la faccia una persona sola? E la agenzia delle entrate dopo cosa fa?
2) mio padre prima ancora della successione (non ancora avvenuta perché i miei documenti non li ho ancora inoltrati) mi mette al corrente di un’ipotetica vendita della casa di famiglia perché, a suo dire, la casa era intestata a lui, mia madre non “aveva niente”, e lui ha potuto vendere la casa perché lo poteva fare in regime di separazione dei beni, questo a suo dire per assicurarsi la sua permanenza nella casa fino alla morte. Non credo che l’abbia fatto ma se fosse vero sarebbe legale?
3) Mia madre alla morte dei suoi genitori ha ereditato un piccolo appezzamento di terreno con i suoi fratelli, ognuno un pezzo. Mio padre non faceva parte dell’asse ereditario.
4) Non ho idea, a parte il terreno e la casa, di cosa possedessero i miei né il regime matrimoniale, lui dice separazione dei beni (si sono sposati nel ’68) ma io non credo a niente di quello che dice.
5) Cosa devo fare? Mi trovo in una situazione dove dovrei fare valere i miei diritti oppure quello che sta facendo mio padre é tutto un “pour parler” e l’unica cosa che conta veramente é la successione?
Cosa farebbe lei?
Gentile Signora
il regime patrimoniale della separazione dei beni non influisce sulle questioni successorie. Nell’ipotesi di successione legittima, in assenza di disposizioni testamentarie, il compendio erediatario viene diviso tra il coniuge supertite e il figlio o i figli, in parti eguali. Pertanto la prima cosa è capire l’ampiezza del patrimonio ereditario, beni mobili, immobili e conti correnti. Infine tenga conto che la riforma sul diritto di famiglia è avvenuta nel 1975 che ha introdotto il regime della comunione dei beni. Prima della riforma si prevedeva l’applicazione del regime patrimoniale legale della separazione dei beni in base al quale ciascun coniuge ha la titolarità esclusiva dei propri beni personali e dei beni acquistati durante il matrimonio.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
mi chiamo Andrea Angelini stato truffato da persone che avrebbero dovuto solo difendermi, mio padre e mia zia.
Purtroppo sono passati 16 anni durante ai quali io avevo dato tutto per perso.
Oggi rileggendo quel maledetto contratto che mi fecero firmare quando avevo poco meno di 20 anni, fidandomi di loro che mi suggerivano i vantaggi che avrei ricavato firmando, credo di aver rilevato una falla nel contratto.
in tale contratto di vendita di un immobile si evince che io abbia incassato 217 mila euro circa soldi dei quali io non ho ricevuto neppur eun centesimo.
Mi chiedo come poteva il notaio aver stipulato un contratto senza essersi accertato che non avevo incassato la somma???
e ancora, possono dimostrare loro di avermi versato tale somma?? in quale modalita mi è stata pervenuta un ingente somma di denaro???
secondo voi è possibile richiedere la nullità del contratto??
spero che voi sappiate aiutarmi. grazie
Egregio Signore
certamente tale somma deve risultare, e nell’ipotesi si tratti di contratto di compravendita di un bene immobile e il passaggio di denaro tra le parti non è mai avvenuto, si tratterebbe di una simulazione del contratto. Le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia, il quale, previa verifica del contratto stipulato, potrà essere più preciso in merito alle eventuali azioni da intraprendere per la tutela dei suoi interessi ( a livello giudiziale accertare l’inefficacia totale o parziale del contratto simulato per assenza del pagamento).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,avrei un quesito circa dei problemi riscontrati dopo acquisto di abitazione. Al mio ingresso nell’appartamento(premetto venduto come ristrutturato)ho riscontrato problemi del sistema elettrico ed idraulico,e non essendo in possesso dei certificati di impianto ne ho chiesto una copia al venditore. Da qui in poi sorgono i problemi poiché sono riuscita ad ottenere solo quello elettrico che tra l’altro non risulta neanche a norma.
Da uno scambio di email con il venditore sono nate incomprensioni,e da entrambe le parti si sono accesi i toni, soprattutto in quanto loro rimarcano l’esecuzione di tutto a norma di legge. Posso muovermi in qualche modo per pretendere l’esecuzione dei lavori o richiedere un “risarcimento” che mi permetta di eseguirli autonomamente? Oppure non posso pretendere alcun diritto?
Gentile Signora
nel contratto di vendita il venditore deve garantire il compratore i vizi del bene; ai sensi dell’art. 1490 codice civile: “Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Il patto con cui si esclude o si limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa. ” Si tratta della garanzia contro i vizi redibitori. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha affermato che sussiste il vizio redibitorio qualora la cosa venduta presenti imperfezioni concernenti il processo produttivo o di fabbricazione o la conservazione. Il successivo art. 1491 Codice civile esclude la garanzia “se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa e se i vizi erano facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi”. Alla luce di quanto enunciato nell’ipotesi della sussitenza del vizio redibitorio occulto, si può richiedere deprezzamento del bene immobile da quantificare nell’opportuna sede giudiziaria.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, lavoro in Ospedale e quotidianamente mi trovo a dover respirare fumo passivo. Ho fatto segnalazione scritta alla Direzione ma nulla è cambiato.
So che esiste una legge a proposito, ma il lavoratore cosa può fare al lato pratico, se il datore di lavoro non prende nessuna precauzione?
Grazie
Gentile Signora
la legge che vieta il fumo, (Legge 16 gennaio 2003 n. 3 o Legge Sirchia e direttive europee) indica una serie di limitazioni specifiche consentendo in sostanza la libertà di fumare sono negli spazi aperti mentre negli spazi privati è consentito solo nelle apposite sale fumatori; inoltre il divieto di fumo è stato esteso anche alle pertinenze esterne degli ospedali. Competente a far rispettare il divieto è il Direttore amministrativo dell’ospedale al quale può inviare sollecito scritto, e in mancanza di tempestivo intervento dovrà rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno, L’INPS dopo 7 anni dalla morte di mia madre mi richiede la restituzione di una mensilità di pensione corrisposta ma non spettante più ulteriori interessi. Ho fatto domanda di riscossione di ratei di tredicesima, ma mi è stata respinta perché in prescrizione. L’errore è stato commesso da loro, è corretto restituire la mensilità e anche gli interessi?
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza la restituzione deve essere esclusa se l’errore è imputabile esclusivamente all’Inps, senza nessun concorso di colpa del pensionato o ancora del dolo del pensionato come nel caso in cui lo stesso non comunica all’Inps fatti che potrebbero modificare l’importo della pensione; (la questione è abbastanza controversa in quanto vi è una discordanza giurisprudenziale in merito all’applicazione o meno dell’articolo 2033 del Codice Civile sulla ripetizione dell’indebito). Per dirimere tali dubbi le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia che previa verifica nel merito della restituzione richiesta a sua madre potrà consigliarle la soluzione più efficace.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,
circa 3 anni fa il Sindaco del comune dove ho costruito la casa mi ha richiesto il progetto originale della strada privata, da me stessa costruita, per avere i margini di misurazione del terreno globale dove sorge la stessa, con l’idea di costruire dei parcheggi comunali.
La mia domanda è: sono obbligata a cedere parte del terreno di mia proprietà per questi parcheggi, e se si, da quando vige questa legge? Ad oggi non sono riuscita ancora a riavere i miei documenti, e mi servono anche urgentemente, vi è un modo, un articolo di legge, una forma scritta abbastanza autoritaria da far si che questo documento mi venga restituito il più velocemente possibile?
Ringrazio anticipatamente in attesa di una sua risposta .
Con i migliori saluti.
Gentile Signora
innanzitutto la documentazione consegnata al Sindaco del suo comune le deve essere riconsegnata, soprattutto se si tratta di documenti originali e non di copie. Le consiglio, pertanto di sollecitare la restituzione della documentazione mediante intimazione scritta con raccomandata con ricevuta di ritorno e nell’ipotesi in cui il Sindaco non provveda alla consegna le consiglio di rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia che provvederà all’intimazione mediante le opportune azioni legali. Detto ciò occorre precisare che l’acquisizione di una proprietà privata da parte della pubblica amministrazione può avvenire attraverso l’istituto della espropriazione per pubblica utilitàe dietro la corresponsione al proprietario di un indennizzo: articolo 42 della Costituzione “La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale”. Con la locuzione “motivi d’interesse generale” si intende che la’espropriazione avviene per la realizzazione di opere destinate alla comunità e per il perseguimento di uno scopo pubblico. Ciò si coordina con quanto stabilito dall’art. 834 Codice civile “Nessuno può essere privato in tutto o in parte dei beni di sua proprietà se non per causa di pubblico interesse, legalmente dichiarata, e contro il pagamento di una giusta indennità”. Ne consegue che la procedura di espropriazione per pubblica utilità prevde una serie di presupposti, disciplinati dal Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità D.P.R. 327/2001 con successivi provvedimenti di integrazione, che si articola in una serie di fasi; si parte con la disposzione di cui all’art. 8 che stabilisce che “Il decreto di esproprio può essere emanato qualora: a) l’opera da realizzare sia prevista nello strumento urbanistico generale, o in un atto di natura ed efficacia equivalente, e sul bene da espropriare sia stato apposto il vincolo preordinato all’esproprio; b) vi sia stata la dichiarazione di pubblica utilità; c) sia stata determinata, anche se in via provvisoria, l’indennità di esproprio”. Si procede con la sottoposizione del bene al vincolo preordinato all’esproprio e al provvedimento della dichiarazione di pubblica utilità.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie mille per la risposta
Grazie a lei per averci contattato. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Buongiorno,
è venuto a mancare a giugno 2019 mio zio di 89 anni; la zia è deceduta qualche anno fa. La coppia non ha figli. Dopo la sua morte veniamo a conoscenza del fatto che lo zio nel 2015 ha fatto un testamento e ha dato la sua eredità unicamente ai suoi fratelli e nulla alla parte della zia ( sorella di mio padre ). Noi come eredi legittimi non abbiamo diritto a nulla? Possiamo fare qualcosa per rivendicare la nostra parte di eredità ?
Graxie
Gentile Signora
nella successione testamentaria la quota di legittima (la quota di cui il testatore non può disporre mediante testamento) può essere riservata ai legittimari che sono il coniuge, i figli (eredi) e i genitori (aventi causa).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, vorrei porgere una breve domanda per maggiori delucidazioni di natura legale. Mio marito è separato dalla ex compagna da anni e hanno in comune un figlio quasi dodicenne istigato da sempre dalla madre, soprattutto ultimamente, a non legare un buon rapporto col padre e andargli sempre contro e rifiutare qualsiasi approccio e non voler svolgere alcuna attività ludica o di vacanze ecc col padre. C’è una palese alienazione genitoriale, anche se ancora non comprovata o insomma messa per iscritto da nessun giudice o altro. Da un annetto mio marito e la sua ex stanno lottando per vie legali ma ancora sarà da svolgersi prossimamente ctu e terza udienza in tribunale. Fino ad allora io mio marito e l’altro nostro figlio piccolo siamo “in catene” in casa perchè non si riesce a convincere il ragazzo, ormai molto “onnipotente”, ad andar più fuori neppure al parco sotto casa o in piscina. Nel weekend abbiam pensato di portarlo in una struttura con piscina al mare, non avendo mai fatto vacanze col papà. Il punto è questo: dovremmo prenotare, ma naturalmente si paga un anticipo e la cancellazione è gratuita fino solo a pochi giorni prima. Se all’ultimo il bambino fa capricci e si impone e salta il viaggio (sempre su istigazione di sua madre fortemente vendicativa e invidiosa/gelosa), perderemmo l’importo della spesa o mio marito potrebbe scalare dal mantenimento tale somma?
La ringrazio, cordiali saluti
Gentile Signora
l’assegno di mantenimento comprende le spese ordinarie che attengono alla gestione della vita quotidiana del figlio (cura, educazione, assistenza) mentre una vacanza viene classificata come spesa straordinaria o extra (che ha carattere ludico e saltuario) e pertanto credo che nell’ipotesi in cui il bambino non voglia partecipare al viaggio, la relativa spesa non può essere detratta dall’assegno di mantenimento.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve. Vorrei chiedere cortesemente quali limitazioni ha concretamente nella sua vita un dipendente pubblico (dipendente del Ministero oppure bibliotecario pubblico o anche impiegato in comune o simili). Ad esempio, un dipendente pubblico potrebbe anche pubblicare libri, esibirsi in manifestazioni artistiche (teatro, danza) anche eventualmente percependo un compenso? So che ci sono delle limitazioni. Un dipendente pubblico poi potrebbe dire ad esempio che non ama il suo paese? Ha delle limitazioni in ordine a quel che può dire sul paese o l’ente presso cui opera? Ci sono, in sintesi, altri vincoli?
Grazie infinite.
Gentile Signora
la legge stabilisce che il dipendente pubblico non può svolgere un secondo lavoro e in tal caso la seconda attività lavorativa potrebbe comportare il licenziamento (DPR 10 gennaio 1957, n. 3 – Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato): L’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere
impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del Ministro competente”. Sussitono delle eccezioni che non prevedono la corresponsione di un compenso ma solo di un rimborso spese. Per quanto concerne eventuali frasi pubbliche sul suo paese tenga presente che il dipendente pubblico è al servizio della Nazione e pertanto non credo che siano consentite frasi denigratorie.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la gentile e precisa risposta. Dunque, per ipotesi, anche pubblicare un libro o esibirsi a livello artistico è vietato se si percepisce un compenso che non sia solo un rimborso spese.
Avevo letto che ci sono delle eccezioni alle limitazioni previste, forse si potrebbe svolgere una seconda attività previa autorizzazione se si dimostra che quest’ultima non va ad interferire con il ruolo pubblico? Grazie ancora.
Aggiungo ancora alla mia ultima frase un riferimento ad un sito che trovai tempo fa: doppiolavoroautorizzato.it Grazie mille.
Gentile Signora
per esercitare il secondo lavoro retribuito occorre l’autorizzazione da parte della pubblica amministrazione, che può essere concessa sulla base di una serie di presupposti in particolare non deve sussitere un conflitto d’interesse con il pubblico impiego.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Quindi, diciamo che ci sono delle eccezioni da valutare di volta in volta in merito al secondo lavoro che un dipendente può svolgere. Giusto? Comunque so che anche un lavoro nel privato se a tempo pieno comporta l’impossibilità di un secondo lavoro. Riassumendo, un dipendente pubblico nella sua vita ha più limitazioni rispetto ad un dipendente privato? Grazie ancora
Gentile Signora
effettivamente un dipendente pubblico ha diverse limitazioni per l’accesso ad un secondo lavoro rispetto ad un lavoratore autonomo.
Grazie a lei per averci contattato rimaniamo a sua diposizione per ulteriori pareri.
Salve, vorrei realizzare una terrazza ad asola nel mio condominio, facendo una variazione al progetto, ho fatto lavori ristrutturazione in casa, ultimo piano e sono proprietario del sottotetto, ho anche l’autorizzazione dei condomini, il comune mi darebbe l’ok salvo diritti di terzi, le ferrovie nella fattispecie, rientro nella fascia di rispetto entro i 30m dal binario, rifacendosi al dpr 753/80, che recita: “Lungo i tracciati delle linee ferroviarie e` vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi
specie ad una distanza… “, mi domando la mia modifica del tetto a falda rientra nei casi? Io non sto né costruendo, né ricostruendo né ampliando. I vari oneri sono stati pagati per la superficie del sottotetto, devo rimuovere parte della falda del tetto, fare i lavori necessari per lasteicare e impermabilizzare, calcoli del ing. strutrurista già fatti e messi i sostegni necesserai. Chiedo perché ho richiesto i permessi alle ferrovie e per loro non ci sono problemi a darmi la deroga, ovviamente pagando il solito balzello che non ho problemi a pagare, quello che non ho intenzione di fare è firmare le varie liberatorie dove praticamente li esonero da ogni cosa, come se mi deraglia un treno in soggiorno è colpa mia.
Egregio Signore
la norma in questione parla di una distanza di trenta metri dalle rotaie della ferrovia. Inoltre la norma prosegue affermando che i comuni non possono rilasciare concessioni di costruzione entro la fascia dei trenta metri. Detto ciò dal momento che il comune ha dato parere positivo, così come anche le ferrovie, suppongo che sia stato rispettato il termine di distanza previsto dalla legge, e sebbene non si tratta di una nuova costruzione, non credo ci siano eventuali pericoli alla realizzazione della terrazza.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Si ma il parere positivo di ferrovie è subordinato alla firma di diverse liberatorie, talune vessatorie, quello che chiedevo è se il tipo d’intervento, cioè la realizzazione di una terrazza a asola ha bisogno del parere delle ferrovie anche se rientro nella fascia di rispetto, non andando io a fare nessuno degli intreventi previsti dal dpr, costruire, ricostruire o ampliare. Anche perché io non vado ad aumentare il volume dell’immobile, anzi lavoro in negativo rispetto alla sagoma esterna.
Egregio Signore
la norma in questione parla di costruire, o ancora ricostruire edifici o manufatti di qualsiasi genere e dal momento che l’edificio si trova nei pressi delle rotatie di un treno suppongo che sia necessario l’autorizzazione. Ciò vale anche, come nel suo caso, non vi è una attività di ampliamento della superificie. Ogni altra ulteriore considerazione va effettuata nel merito della fattispecie e quindi demandata agli esperti in materia. Altro problema è quello che concerne le clausole vessatorie che andrebbero analizzate con il contratto alla mano, anche per valutare se e dove possono alterare l’equilibrio del contratto.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La ringrazio molto
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Mi è stato notificato l’art. 75 legge 309/90 per possesso di marijuana per uso personale. Mi sono quindi presentata al colloquio in Prefettura e il procedimento si è concluso con ammonizione e archiviazione, senza alcuna sanzione, trattandosi della prima volta. Tra due mesi mi dovrò recare negli Usa per un breve viaggio (una vacanza di una settimana) e nel compilare la domanda per l’ESTA, mi sono imbattuta nella domanda “Ha mai violato leggi sulla detenzione, sull’uso, sullo spaccio di sostanze stupefacenti illegali?”. Ora, che cosa dovrei rispondere, dal momento che l’art. 75 ricade nell’amministrativo e non nel penale? E nel caso indicassi NO come risposta, al momento dei controlli immigrazione USA in aeroporto, gli agenti possono richiedere l’accesso ai miei illeciti amministrativi oltre che che alla fedina penile (che è pulita)?
Gentile Signora
nell’ambito della violazione dell’articolo 75 del D.P.R. 309/90 qualora si tratti della prima segnalazione e il fatto risulti di lieve entità il procedimento amministrativo si conclude con una Ammonizione del Prefetto. Inoltre la detenzione di sostanza stupefacente per uso personale non ha rilevanza penale e pertanto nel certificato del casellario giudiziario il procedimento non viene menzionato. Nonostante ciò nella legislazione italiana la detenzione di sostanza stupefacente per uso personale resta vietata dalla legge (D.P.R. 309/90 “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza” così come modificato dalla Legge 21 febbraio 2006, n. 49) e secondo il mio parere la violazione andrebbe indicata nel modulo ESTA per viaggiare negli Stati Uniti
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
qualche mese fa ho smesso di fumare e mi sono rimasti diversi pacchetti di riserva che non vorrei buttare via. Online trovo solo indicazioni sulla compravendita di sigarette online da e per l’estero, nulla di specifico riguardo sigarette regolarmente acquistate in tabaccheria e rivendute su ebay. Tra l’altro a prezzo inferiore, quindi senza reale guadagno.
Per cui la domanda: rischio qualcosa se vendo una ventina di pacchetti di sigarette su eBay?
Grazie anticipatamente!
Egregio Signore
la vendita on line di prodotti da fumo è vietata nella legislazione italiana e anche il prezzo delle sigarette non può essere autonomamente fissato al ribasso ma deve rispettare i criteri dettati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, scrivo perchè vorrei avere chiaro un quadro della mia situazione, io sono amministratrice di una srls di cui ho cessato l’attività nell’ottobre del 2017, la società ha dei debiti nei confronti di creditori e del fisco…
anche se non di grandi proporzioni, è comunque una cifra per me insostenibile…
cosa potrei fare per stare tranquilla? la società non ha patrimonio purtroppo, quindi i debiti sono rimasti insoluti, leggo che i soci non pagano col proprio patrimonio personale, ma non se sentirmi tranquilla, arrivano lettere a casa per la società, e la mia vita è diventata un incubo pensando a cosa potrebbe succedere.. attualmente faccio un lavoretto da dipendente di neanche 500 al mese, e pago affitto… potete suggerirmi la miglior cosa da fare?
Gentile Signora
credo che ci sia poco da fare in quanto, come lei sa bene, nella S.r.l.s. società a responsabilità limitata semplificata così come disciplinato dall’art. 2463-bis del Codice Civile, rimane la responsabilità limitata e per le obbligazioni sociali risponde solo il patrimonio della società. Dal momento che la società non ha patrimonio sociale i debiti rimarranno insoluti anche se le relative richieste di pagamento dei creditori continueranno ad arrivare presso la sede della società.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
avrei un quesito di diritto del lavoro sulle nuove figure degli “influencers”.
La faccio breve: se non è stato concretamente pattuito diversamente, cosa puo’ legittimamente aspettarsi un influencer che abbia fatto pubblicita’ ad un prodotto tramite foto sul proprio profilo Instagram?
Se il produttore (in questo caso, io) avesse contattato piu’ di un influencer per avere pubblicita’ dei propri prodotti, avesse inviato gratuitamente una campionatura degli stessi agli influencer, ed avesse richiesto in cambio una pubblicita’, ma senza avere contratti firmati tra le parti, ed una delle influencers pretendesse di essere poi pagata in moneta sonante (n.b. che da me sono state mandate due e-mail non-pec, la prima dove si afferma che inizialmente non verranno erogati compensi economici fino ad un presunto momento successivo, la seconda, dopo che le influencers hanno pubblicato le foto dei prodotti ed una di esse ha iniziato a pretendere un pagamento in moneta, dicevo la seconda e-mail nella quale io affermo di liquidare con “compenso forfettario” chi avesse preteso dei soldi (senza pero’ indicare ne’ la natura del compenso ne’ il quantum), ed avendo oltretutto l’ influencer rimosso dal suo profilo ogni foto o pubblicita’, come procedere? Grazie
Egregio Signore
dal momento che vi è stato un accordo con l’influencer, avente ad oggetto la pubblicità di alcuni prodotti su instagram, e indipendentemente dalla tipologia del rapporto contrattuale, sorge l’obbligo al pagamento della prestazione eseguita. Altro problema concerne il quantum della retribuzione, che potrebbe variare in relazione alla tipologia dei prodotti sponsorizzati, alla piattaforma digitale, al numero dei followers raggiunti, … tutti elementi che dovranno essere valutati nel merito.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno
sono unico proprietario di due immobili di cui uno adibito ad abitazione principale ed un secondo, sito in diverso comune, dato in affitto con regolare contratto 4+4. Ho inoltre ereditato la quota di 1/6 dell’appartamento dei miei genitori, sito in altra regione ed attualmente adibito ad abitazione principale di mia madre.
Alla scadenza dei primi 4 anni dalla stipula del contratto di affitto vorrei interrompere la locazione del secondo immobile per metterlo in vendita. Desidererei sapere se il possesso della quota parte dell’appartamento dei miei genitori mi impedisca o meno di esercitare tale facoltà
Ringrazio e pongo distinti saluti
Egregio Signore
la quota dell’appartamento dei suoi genitori non è causa di impedimento per il recesso dal contratto di locazione 4+4. Per il recesso dal contratto di locazione 4+4 dopo i primi quattro anni il locatore deve comunicare al conduttore la volontà di recedere dal contratto con raccomandata con ricevuta di ritorno almeno sei mesi prima della scadenza specificandone dettagliatamente i motivi della disdetta ad esempio dare l’immobile ad un figlio (e comunque ad un parente entro il secondo grado) ovvero l’immobile neecessita di una serie di interventi di ristrutturazione o ancora il locatore vuole procedere alla vendita dell’immobile e non ha la proprietà di altri immobili a uso abitativo ad eccezione dell’immobile dove risiede.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
Sono sposato da da alcuni anni, dopo poco più di un anno mia moglie ha deciso di andarsene per la sua strada e immagino sia tornata nel suo paese d’origine. Da circa 2 anni non ho notizie ne possibilità di contattarla. Volendo procedere alla separazione che strada devo seguire considerando che è irreperibile?
Egregio Signore
se non ci sono figli o altri beni immobili da dividere, lei può iniziare la procedura di separazione anche se sua moglie è irreperibile, e il successivo giudizio si instaurerà in contumacia dell’altro coniuge. Ciò richiede necessariamente l’assistenza di un avvocato di sua fiducia. Dal momento che sua moglie risulta irreperibile la procedura di separazione dovrà essere giudiziale.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
mia moglie è nuda proprietaria di una casetta unifamiliare abitata, da sempre, dal padre usufruttuario unitamente alla seconda moglie. ora si presenta la necessità di sostituire la caldaia del riscaldamento, per una spesa di ca. 2000 euro. a chi spetta la spesa? considerato che la casa è in pessimo stato di manutenzione,in caso di problemi con altri impianti ( idrico,elettrico,finestre ecc….) come ci si regola? l’articolo 1004 parla soltanto di strutture ed opere a mantenere la stabilità dell’immobile……grazie!
Egregio Signore
ai sensi degli artt. 1004 e 1005 del Codice civile le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa sono a carico dell’usufruttuario e sono pure a suo carico le riparazioni straordinarie rese necessarie dall’inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione. Le riparazioni straordinarie sono a carico del proprietario. Riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta. L’usufruttuario deve corrispondere al proprietario, durante l’usufrutto, l’interesse delle somme spese per le riparazioni straordinarie. Si ricava la regola che la manutenzione ordinaria (anche della caldaia) spetta all’usufruttario, mentre le riparazioni e sotistuzioni straordinarie spettano al nudo proprietario. Ne consegue che tra le riparazioni straordinarie spettanti al nudo proprietario del bene immobile rientra la sostituzione della caldaia ( a meno che la sostituzione della caldaia è necessaria a seguito dell’inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione spettanti all’usufruttario).
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Saluti,
ho acquistato un corso online dove veniva specificava la possibilità di rimborso entro 30gg…iscrizione in data 1 agosto con ricevuta di pagamento datata 2 agosto, richiesta di rimborso presentata il 31 agosto. Mi viene detto che sono fuori tempo massimo. vorrei sapere se è vero o ho ancora il diritto di essere rimborsato?
grazie
Egregio Signore
gli aquisti effettuati via internet rientrano nella tipologia dei contratti conclusi a distanza, ovvero conclusi al di fuori dei locali commerciali; in tali casi il diritto di recesso può essere esercitato, secondo quanto stabilito dal Codice del consumo, nel termine di 14 giorni, che decorre dal momento della conclusione del contratto. Il rimborso del pagamento ricevuto deve avvenire nei successivi 14 giorni dalla comunicazione del recesso.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la risposta,
Nel video dove veniva presentato questo corso veniva specificato il periodo di prova di 30gg, e nel caso non si fosse soddisfatti la possibilità di recedere…la mia domanda è: hanno valenza questi 30 giorni? posso ancora recedere dal contratto?grazie
Egregio Signore
la clausola “soddisfatti o rimborsati” è diversa dal diritto di recesso; quest’ultimo è infatti obbligatorio nei contratti stipulati al di fuori locali commerciali, mentre la clausola “soddisfatti o rimborsati” è facoltativa, collegata alla volontà del venditore. Dal momento che, a quanto mi pare di capire, tale clausola è stata inserita nel contratto, allora il venditore è tenuto a rimborsare l’importo pagato nell’ipotesi in cui il consumatore intenda avvalersi della stessa nel termine dei trenta giorni.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
La convivenza con i genitori (che si accollano le spese di casa per loro scelta) è da considerarsi “donazione diretta/indiretta” oppure “comodato gratuito” o altro ?
In sintesi: ai fini della suddivisione dell’eredità, il fratello sposato (indipendente e in altro nucleo familiare), può chiedere una percentuale maggiore per via del vantaggio economico ricevuto dal fratello single che sta con i genitori i quali hanno deciso di accollarsi esclusivamente le spese di casa (affitto, tasse e utenze) ?
Grazie.
Egregio Signore
secondo la mia opinione la scelta del figlio (single) di abitare con i suoi genitori non incide sulla suddivisione delle quote ereditarie (ciò sotto il profilo legale). I genitori, titolari del diritto di proprietà dell’immobile possono “ospitare” il figlio accollandosi interamente le spese di casa.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Egr. Avv. buongiorno grazie della Vostra attenzione. Questo è il mio quesito: mia madre è proprietaria unica della casa dove viviamo a seguito di problemi di salute e dato il nostro coinvolgimento attivo anche a livello patrimoniale per le sue cure desidera donare a me e mia sorella tale proprietà quale uniche legittimarie, entrambe pacificamente concordi ad accettarla. Vengo informata però che l’atto di donazione seppure diretto e pacifico tra le parti, potrebbe creare problemi in caso in futuro dovessimo vendere a terzi tale proprietà. Poiché non ci sono possibilità di una compravendita tra noi eredi, come possiamo ovviare (anche con scritture private) e/o bypassare eventuali problemi conseguenti ad una donazione al momento considerata pacifica da tutte le parti? E’ così sconsigliata una donazione diretta? Grazie molte.
Gentile Signora
la futura vendita dell’immobile oggetto di donazione è molto complessa rispetto alla vendita di un immobile non oggetto di donazione. La donazione è infatti soggetta a revocazione da parte del donante e a collazione nella ripartizione del patrimonio ereditario nell’ipotesi in cui leda la quota di legittima degli eredi legittimari.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Salve, vi scrivo perché vorrei raccontarvi quello che mi è successo al mio scooter per sapere come posso comportarmi e far valere i miei diritti.
Una mattina tiro fuori dal garage il mio scooter per andare a lavoro ma lo scooter non parte.
L’indomani mattina(sabato) chiamo la mia assicurazione e faccio venire a prendere lo scooter col carroattrezzi e lo porto dal meccanico e glielo lascio per farlo sistemare.
Dopo 10 giorni lo ritiro dicendomi che era il collettore del filtro dell’aria che era tagliato e mi pulisce la sonda lambda.
Pago 140€.
Quando lo ritiro appena lo accendo per partire si spegne come prima al che ritorno subito dal meccanico per dirglielo e lo prova(non gli si spegne),mi dice che è normale, viaggiando si assesta.
Io, ignorante in materia, mi fido lo provo. Dopo pochi chilometri inizio a sentire che il motore non va bene e decido di tornare a casa fino a quando si spegne e non c’è verso di farlo ripartire.
Glielo riporto al pomeriggio molto infastidito e glielo lascio facendogli notare anche il paramarmitta (appena messo nuovo) che mi ha segnato e ritoccato senza dirmi niente.
Siamo al 3 agosto.
Attualmente non ho ancora lo scooter perché nel frattempo ha ordinato una nuova sonda lambda(senza avvisarmi) e sta aspettando il pezzo dal fornitore.
Ora voglio sapere cosa posso fare considerando tutti i disagi che mi ha causato da una sua non corretta visione del mezzo.
In 10 giorni aveva tutto il tempo di accertarsi dell’effettivo problema senza farmi perdere un mese di utilizzo dello scooter, un mese di assicurazione pagato per niente, un mese di bollino autostradale (lavoro in Svizzera e per percorrere l’autostrada ci vuole un bollino apposito) e per non parlare del nervoso e rabbia che mi sta facendo venire.
Posso rifiutarmi di pagare il pezzo ordinato senza avermi avvisato e tra l’altro per una colpa sua? Avevo già pagato 140€!
Il paramarmitta me lo posso far rimborsare?
Grazie
Aspetto una vostra risposta
Simone Trani
Egregio Signore
in tal caso si applicano le norme di cui all’art. 2222 del Codice civile e seguenti in merito al contratto d’opera: “Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”. Nell’ipotesi di “Difformità e vizi dell’opera” l’art. 2226 codice civile dispone che “Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare le difformità e i vizi occulti al prestatore d’opera entro otto giorni dalla scoperta. L’azione si prescrive entro un anno dalla consegna.” Ne consegue che occorre denunciare e contestare i vzi del bene nel termine di otto giorni dalla data del manifestarsi dei vizi. Ciò è fondamentale per fondare la responsabilità per inadempimento del meccanico e conseguente risarcimento del danno; per converso sarà onere di quest’ultimo provare l’adempimento della prestazione.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno. Ho subito la confisca della mia autovettura per mancanza di assicurazione, premesso che non mi è mai stata notificata nè mi è mai arrivato nulla in riferimento alla suddetta confisca, e in prefettura non hanno alcun documento (sospetto abbiano smarrito tutto). Essendo passati più di 5 anni, vorrei gentilmente sapere come posso fare per rottamare l’auto che mi porta spese di custodia e bollo. Grazie per la cortese attenzione.
Egregio Signore
per quanto a mia conoscenza la demolizione del veicolo è possibile previa autorizzazione dell’organo accertatore; invero qualora si versi nell’ipotesi di cui all’art. 193 del Codice della Strada si applica il terzo comma del suddetto articolo.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera!sono un’imprenditore agricolo di un’azienda gestita da me però cointestata con mio fratello dipendente di un’impresa funebre e mi madre pensionata!nell’azienda avevo vacche in lattazione ma visto la crisi nel settore del latte ho optato per ristrutturarla e mettere cavalli in pensione!mio fratello e mia madre possono pretendere di vendere la loro parte anche se il codice aziendale è a mio nome?!
Egregio Signore
se l’azienda è anche di proprietà loro possono decidere per la vendita.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Grazie per la consulenza
Grazie a lei. Rimaniamo a sua disposizione per ulteriori pareri.
Salve, scrivo per conto di una mia amica. Lei è straniera, sposata legalmente con un italiano, ha una bimba di 10 anni ma ha un problema: essendo di confessione religiosa diversa da quella del marito, sta subendo ritorsioni psicologiche e minacce da parte di lui e dei suoi parenti affinché abbandoni la casa coniugale e ritorni al suo paese senza la figlia. Obbliga tutt’ e due a non uscire di casa e frequentare liberamente le loro amicizie, le lascia entrambe per strada da sole quando viene chiamato per telefono per andarle a prendere, minaccia severamente chi cerca di offrire loro aiuto di qualsiasi genere, non permette alla madre di portarla con se quando frequenta le funzioni religiose del suo credo, ma lui lascia a casa da sola la figlia quando la mamma esce. Chiediamo cosa possiamo fare noi, cosa si può fare legalmente, cosa dicono gli articoli di legge per questo caso. Grazie!
Gentile Signora Annamaria,
quello che lei espone è una situazione di grave abuso da parte del marito. Se questa situazione si protrae da tempo, le violenze psicologiche e le minacce che la sua amica e la figlia subiscono sono molto gravi.
Il marito potrebbe, in teoria, essere denunciato per maltrattamenti in famiglia o altri reati meglio verificabili con un colloquio diretto. Per questo motivo, considerando anche che il marito della sua amica è una persona violenta, suggerirei alla sua amica di recarsi quanto prima ad un centro antiviolenza. I centri antiviolenza offronto consulenza ed assistenza gratuita e sapranno indicarle la strada migliore da intraprendere. Verrà aiutata e supportata. Ma non perdete tempo, queste situazioni non di rado degenerano.
Cordiali saluti
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buongiorno,
ho stipulato e firmato un contratto di noleggio per un’autovettura, arrivati al giorno della consegna ricevo la notizia che la vettura è stata erroneamente venduta, dopo qualche giorno mi arriva la notizia che hanno trovato la macchina con le stesse caratteristiche, ma con il numero telaio ovviamente diverso e le tempistiche si allungano. Chiedo uno sconto extra ma ad oggi non ho ancora ricevuto notizie e sono ancora in attesa della macchina. Ora la mia domanda è: visto che comunque loro sono tutelati da contratto per il ritardo di consegna (sono ancora nei termini) posso rescindere il contratto avvalendomi del fatto che il numero telaio non è quello che compare nel contratto da me firmato?
Grazie mille.
Egregio Signore
come lei sa bene nei contratti di noleggio autovetture a lungo termine non viene spesso rispettata la data di consegna e il noleggiatore si sgrava della responsabilità imputandola al costruttore. La disdetta del contratto di noleggio deve essere richiesta nel termine previsto dal contratto e ecomunque prima della consegna del veicolo. In tali casi possono essere previste delle penali risarcitorie. Per quanto concerne l’azione di rescissione la stessa non è supportata dallo stato di pericolo o di bisogno che hanno comportato una sproporzione tra le prestazioni contrattuali.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale
In un accordo integrativo del gruppo Ferrero del 2 ottobre 1998, fu eliminato il premio di produzione fisso mensile a tutti i lavoratori a tempo determinato: [… Le parti concordano che il trattamento retributivo mensile del personale a tempo determinato assunto, a qualunque titolo, a partire dalla data odierna, non prevederà la corresponsione dell’elemento premio di produzione (ex art. 28 CCNL 7.8.91)]. Quell’accordo sindacale si può impugnare in quanto al lavoratore a tempo determinato spetta lo stesso trattamento economico e normativo, anche in materia di formazione, in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato in proporzione al periodo lavorativo prestato?(art. 25, comma 1, del D.lgs. 15 giugno 2015, n. 81)
Egregio Signore
il premio di produzione, quale elemento integrativo della retribuzione mensile, deve essere garantito sia ai lavoratori assunti a tempo indeterminato e ai lavoratori assunti a tempo determinato, sulla base del principio di non discriminazione.
Cordialemnte
Avv. Mariafrancesca Carnevale
Buonasera,
mio marito paga un assegno di mantenimento per una figlia avuta da una precedente relazione -senza matrimonio- pari a 612,00 € mensili. Il suo stipendio è di circa 1.200,00 €. La mamma della bambina ha un lavoro che le consente di guadagnare più del doppio di mio marito. Le esigue risorse di cui mio marito dispone non gli consentono di contribuire al mantenimento della nostra famiglia, per il cui sostentamento provvedo in tutto e per tutto io; preciso anche che siamo in attesa di un bambino. Vorrei capire se alla luce di tali elementi è possibile chiedere una consistente riduzione del mantenimento attualmente versato
Cordiali saluti
Gentile Signora
le consiglio di adire al Tribunale per chiedere la revisione dell’assegno di mantenimento chiedendo una riduzione dello stesso a seguito delle esigenze determinate dal nuovo nucleo familiare e dalla futura nascita di un secondo figlio. In tali casi si procede ad una nuova analisi della condizione economica di suo marito allo scopo di garantire una parità di trattamento (economico) tra il vecchio nucleo familiare e il nuovo nucleo familiare.
Cordialmente
Avv. Mariafrancesca Carnevale