Tra le tante storie d’amore passate alla storia, non sempre con il lieto fine, legate al mondo della letteratura e della poesia, e in alcuni casi anche del cinema, occorre ricordare quella intercorsa nell’immediato dopoguerra italiano, (1945-1950) tra lo scrittore piemontese Cesare Pavese e la scrittrice romana Bianca Garufi.
Bianca Garufi (Roma, 21 Luglio 1918 – Roma, 26 Maggio 2006) è stata una scrittrice, poetessa e psicoanalista junghiana. Nata a Roma in una nobile famiglia di origine siciliana Bianca Garufi è stata legata (come amica e come musa ispiratrice) per circa cinque anni (1945-1950) allo scrittore piemontese Cesare Pavese.
Si conoscono presso la sede romana della casa editrice Einaudi e scoprono di avere una serie di interessi comuni come quello per la psicoanalisi e per i miti greci che alimentano il loro rapporto intellettuale più che fisico, così come documentato dal ricco carteggio epistolare fra i due scrittori, che nonostante lavorino spesso nella stessa sede si scrivono lettere come se fossero a distanza. Nel 1946 Bianca Garufi lascia la sede Einaudi ma loro relazione fatta di corrispondenza continua a distanza.
Un amore platonico e letterario come testimonia il romanzo Fuoco grande scritto da entrambi, a capitoli alterni, nei primi mesi del 1946 e lasciato incompiuto. L’opera viene pubblicata solo nel 1959, dopo la morte dello scrittore piemontese per volere dell’amico Italo Calvino.
Due personalità sotto alcuni aspetti simili ma distanti per altri, e certamente Bianca Garufi, più aperta, irrequieta e anticonformista, è stata per Cesare Pavese una grande fonte di ispirazione.
Lo stesso Pavese le scrive in una lettera, riferendosi al suo agire:
“pietra che rotola non raccoglie muschio”
A Bianca Garufi sono dedicati i Dialoghi con Leucò (1945-1947 – trasposizione greca del nome Bianca) e la raccolta di poesie “La terra e la morte” (1945).
Sei la terra e la morte.
La tua stagione è il buio
e il silenzio. Non vive
cosa che più di te
sia remota dall’alba.
Quando sembri destarti
sei soltanto dolore,
l’hai negli occhi e nel sangue
ma tu non senti. Vivi
come vive una pietra,
come la terra dura.
E ti vestono sogni
movimenti singulti
che tu ignori. Il dolore
come l’acqua di un lago
trepida e ti circonda.
Sono cerchi sull’acqua.
Tu li lasci svanire.
Sei la terra e la morte.
Questa è l’ultima poesia della raccolta “La terra e la morte” (1945) dove si manifesta ormai la disillusione per l’amore per Bianca Garufi. Una disillusione nei confronti della vita e dell’amore che genera sconforto e che accompagnerà lo scrittore piemontese per molto tempo, Cesare Pavese muore suicida il 27 Agosto 1950.