La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente l’abbandono della casa coniugale da parte di uno dei coniugi, che in linea di diritto si concreta nella violazione dei doveri coniugali, con il conseguente addebito della separazione.
Invero, l’abbandono della casa coniugale, ove attuato unilateralmente dal coniuge, e cioè senza il consenso dell’altro coniuge, e senza giustificato motivo è causa di addebitamento della separazione in quanto violazione di un obbligo matrimoniale. Per converso, l’abbandono della casa coniugale non concreta la violazione di un obbligo matrimoniale allorché risulti legittimato da una “giusta causa”, tale dovendosi intendere la presenza di situazioni di fatto, ma anche di avvenimenti o comportamenti altrui, di per sé incompatibili con la protrazione di quella convivenza, ossia tali da non rendere esigibile la pretesa di coabitare ( Cass. n. 10648/1997; Cass. n. 10682/2000).
Tale giusta causa è ravvisabile anche nei casi di frequenti litigi domestici, atti di violenza, o di tradimento.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, ai fini della pronuncia di addebito non è sufficiente la sola violazione dei doveri previsti a carico dei coniugi dall’art. 143 C.c., ma occorre verificare “se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, ovvero se essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza, cosicché, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa del fallimento della convivenza, deve essere pronunciata la separazione senza addebito” (Cass. n. 12373/2005 che richiama Cass. n. 12130/2001 e n. 13747/2003, n. 17056/2007, n. 1202/2006, n. 12373/2005).
L’intollerabilità della convivenza che cagiona in astratto tale violazione non necessariamente deve manifestarsi in atti di violenza, essendo sufficiente anche un contesto di vicendevole intolleranza.
Ne deriva che occorre verificare se l’abbandono della casa familiare ad opera di uno dei coniugi sia intervenuto quando “era già maturata, all’interno della coppia, una situazione di intollerabilità grave ed irreversibile della convivenza”, ovvero se esso abbia dato causa alla rottura del rapporto coniugale, prescindendo dall’assenza di episodi di maltrattamenti da parte di un coniuge a danno dell’altro, non incidente in senso risolutivo sul nesso causale che deve sussistere tra la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio e la fine dello stesso.
Cass. Civ., Sez. I – Ordinanza n. 4540, Anno 2011