La dichiarazione di morte presunta trova il suo fondamento nella scomparsa della persona, qualora non si hanno più notizie della stessa; in tal senso l’art. 48 Codice civile, stabilisce che: “Quando una persona non è più comparsa nel luogo del suo ultimo domicilio o dell’ultima sua residenza e non se ne hanno più notizie, il tribunale dell’ultimo domicilio o dell’ultima residenza, su istanza degli interessati o dei presunti successori legittimi o del pubblico ministero, può nominare un curatore che rappresenti la persona in giudizio o nella formazione degli inventari e dei conti e nelle liquidazioni o divisioni in cui sia interessata, e può dare gli altri provvedimenti necessari alla conservazione del patrimonio dello scomparso“.
Dal tenore letterale della norma si evince che i concetti di domicilio (ovvero il luogo ove la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi) e residenza (ovvero il luogo nel quale la persona abitualmente dimora) si ricollegano al più ampio concetto di irreperibilità fisica della persona.
Tale irreperibilità fisica comporta la nomina di un curatore per la gestione degli interessi economici e patrimoniali dello scomparso.
I passaggi relativi al procedimento per la dichiarazione della morte presunta sono ben scansionati dal codice civile che prevede la denunzia e la dichiarazione di “scomparsa“, da adottarsi con decreto del Tribunale ex art. 48 C.c. e è che funzionale esclusivamente ad autorizzare atti di conservazione del patrimonio; la dichiarazione di “assenza” che, ai sensi dell’art. 49 C.c., va adottata con sentenza del Tribunale decorsi almeno due anni dalla scomparsa e che consente l’apertura della successione e la immissione temporanea degli eredi nel possesso dei beni dell’assente; la dichiarazione di assenza non comporta lo scioglimento del matrimonio ma implica lo scioglimento della comunione legale dei beni tra i coniugi. Infine è possibile addivenire alla dichiarazione di morte presunta che interviene con sentenza del Tribunale ex art. 58 C.c., decorsi dieci anni in mancanza di notizie della persona e che produce gli stessi effetti della morte naturale (Cass. n. 37489/2019).
Più precisamente trascorsi due anni dalla scomparsa della persona i presunti successori legittimi e chiunque ragionevolmente creda di avere sui beni dello scomparso diritti dipendenti dalla morte di lui possono domandare al tribunale competente, secondo l’articolo precedente, che sia dichiarata l’assenza (ex art. 49 C.c.).
La dichiarazione di assenza, pronunciata dal Tribunale con sentenza produce effetti personali e patrimoniali, ai fini della conservazione del patrimonio stesso; in particolare gli eredi (legittimi o testamentari) possono domandare l’immissione nel possesso temporaneo dei beni (art. 50, comma 2 C.c.); i legatari, i donatari e tutti quelli ai quali spetterebbero diritti dipendenti dalla morte dell’assente possono domandare di essere ammessi all’esercizio temporaneo di questi diritti (art. 50, comma 3 C.c.); coloro che per effetto della morte dell’assente sarebbero liberati da obbligazioni possono essere temporaneamente esonerati dall’adempimento di esse, salvo che si tratti delle obbligazioni alimentari previste dall’articolo 434 (art. 50, comma 4 C.c.); il coniuge dell’assente può ottenere dal tribunale, in caso di bisogno, un assegno alimentare da determinarsi secondo le condizioni della famiglia e l’entità del patrimonio dell’assente (art. 51 C.c.). La dichiarazione di assenza non comporta lo scioglimento del matrimonio, a differenza della comunione legale tra i coniugi.
L’immissione nel possesso temporaneo dei beni prevede l’amministrazione dei beni dell’assente, la rappresentanza di lui in giudizio e il godimento delle rendite dei beni (art. 52 C.c.), ma i beni non possono essere alienati, ipotecati o sottoposti a pegno, se non per necessità o utilità evidente riconosciuta dal tribunale (art. 54 C.c.). Inoltre gli ascendenti, i discendenti e il coniuge immessi nel possesso temporaneo dei beni ritengono a loro profitto la totalità delle rendite. Gli altri devono riservare all’assente il terzo delle rendite (art. 53 C.c.).
Invero, nell’ipotesi di ritorno dell’assente o qualora sia provata l’esistenza cessano gli effetti della dichiarazione di assenza e i possessori temporanei dei beni devono restituirli. Se l’assenza è stata volontaria e non è giustificata, l’assente perde il diritto di farsi restituire le rendite riservategli dalla norma dell’articolo 53 (art. 56 C.c.).
Se, invece, viene provata la morte dell’assente, si apre la successione a vantaggio di coloro che al momento della morte erano suoi eredi o legatari (art. 57 C.c.).
La dichiarazione di morte presunta, si fonda sul possibile decesso della persona fino a quel momento dichiarato assente, ed è disciplinata dall’art. 58 Codice civile: “Quando sono trascorsi dieci anni dal giorno a cui risale l’ultima notizia dell’assente il tribunale competente secondo l’art. 48, su istanza del pubblico ministero o di taluna delle persone indicate nei capoversi dell’articolo 50, può con sentenza dichiarare presunta la morte dell’assente nel giorno a cui risale l’ultima notizia“.
Con la sentenza di dichiarazione di morte presunta coloro che ottennero l’immissione nel possesso temporaneo dei beni dell’assente o i loro successori possono disporre liberamente dei beni; coloro ai quali fu concesso l’esercizio temporaneo dei diritti o la liberazione temporanea dalle obbligazioni di cui all’articolo 50 conseguono l’esercizio definitivo dei diritti o la liberazione definitiva dalle obbligazioni; (art. 63 C.c.). Al contrario, se non v’è stata immissione nel possesso temporaneo dei beni, gli aventi diritto o i loro successori conseguono il pieno esercizio dei diritti loro spettanti (art. 64 C.c.) e il coniuge può contrarre nuovo matrimonio (art. 65 C.c.).
In caso di ritorno o qualora venga provata l’esistenza della persona di cui è stata dichiarata la morte presunta, questa recupera i beni nello stato in cui si trovano e ha diritto di pretendere l’adempimento delle obbligazioni considerate estinte ai sensi del secondo comma dell’articolo 63 (art. 66 C.c.). Inoltre il matrimonio contratto a norma dell’articolo 65 è nullo (art. 68 C.c.). Per converso, la nullità non può essere pronunziata nel caso in cui è accertata la morte, anche se avvenuta in una data posteriore a quella del matrimonio (art. 68, comma 3 C.c.).