Marchio di forma o Marchio tridimensionale
Che cos’è il marchio di forma o marchio tridimensionale?
L’art. 7 Codice della proprietà industriale definisce il il marchio di forma o marchio tridimensionale come il marchio che comprende tutti i segni, in particolare le parole, …. i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti:
a) a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese; e
b) ad essere rappresentati nel registro in modo tale da consentire alle autorità competenti ed al pubblico di determinare con chiarezza e precisione l’oggetto della protezione conferita al titolare.
Il problema della protezione dei marchi di forma o tridimensionali, che si sostanziano nella forma stessa del prodotto o della confezione in cui il prodotto è contenuto, è rappresentato soprattutto dalla sua compatibilità con la disciplina delle innovazioni tecniche, che sono suscettibili di una tutela brevettuale limitata nel tempo, con successiva caduta nel pubblico dominio, mentre la tutela del marchio è potenzialmente di durata illimitata.
Di conseguenza, il legislatore comunitario e nazionale, proprio al fine di evitare un vero e proprio monopolio del titolare del marchio, ha introdotto, accanto ai requisiti della novità e capacità distintiva, delle ipotesi specifiche di esclusione dalla registrazione (impedimenti cd. assoluti), tra i quali sono ricomprese le forme funzionali o utili e quelle che danno «un valore sostanziale» al prodotto.
L’impedimento alla registrazione del segno come marchio [artt. 3.1.e) della Direttiva sul marchi; art. 9 c.p.i.; art.7 del Reg.MUE] scatta quando questo consista «esclusivamente» in una forma di un prodotto, o altra sua caratteristica, imposta dalla natura dello stesso o necessaria per conseguire un risultato tecnico o idonea a conferirgli «valore sostanziale» e l’avverbio indicato limita l’ambito di applicazione della norma, avendo l’effetto di consentire la registrazione di segni distintivi che, pur riproducendo le forme di cui alle ipotesi previste dall’art. 9 c.p.i., non si riducano solamente a tali forme.
La definizione di tale ultima ipotesi di esclusione dalla registrazione del marchio di forma, relativa alla forma che dà valore sostanziale al prodotto, non è sempre risultata agevole.
Si deve trattare di un non banale pregio estetico o di altre caratteristiche essenziali tali da rendere la forma del prodotto un simbolo o, persino, un’icona sociale e particolarmente appetibile il prodotto cui è apposto; in sostanza, l’aspetto esteriore del prodotto deve essere dotato di un «appeal» idoneo ad influenzare o addirittura a determinare le scelte d’acquisto del pubblico, così da essere in grado di far conseguire un vantaggio concorrenziale al titolare dello stesso.
A livello di giurisprudenza unionale, possono ricordarsi: a) Trib. I Grado UE, 6/10/2011, causa T-508/2008, caso relativo alla registrazione come marchio della forma a canna d’organo di un altoparlante della Bang & Olufsen, ove, nel confermare la decisione della Commissione di ricorso che aveva escluso la registrazione di tale marchio tridimensionale, ritenendo che la forma conferiva un valore sostanziale al prodotto, si è osservato che «per il prodotto in questione il design è un elemento che svolgerà un ruolo molto importante all’atto della scelta da parte del consumatore, anche se quest’ultimo prende altresì in considerazione altre caratteristiche del prodotto in questione» e che «tale design è un elemento essenziale della sua strategia di marchio e potenzia la forza attrattiva del prodotto in questione, vale a dire il suo valore»; b) Trib. I° Grado 25/11/2014, Causa T-450/2009,con la quale il Tribunale UE ha affermato che, ai fini dell’applicazione del motivo di esclusione dalla registrazione del marchio rappresentato dalla forma che «dà un valore sostanziale al prodotto», occorre che «il segno interessato sia costituito esclusivamente da una forma e che le caratteristiche estetiche dello stesso, ossia il suo aspetto esteriore, determinino ampiamente la scelta del consumatore e, pertanto, il valore commerciale del prodotto in esame»; c) Corte Gius. 18/9/2014, Causa C-205/13, in relazione al marchio rappresentato dalla sedia da bambino regolabile “Tripp Trapp”, prodotta dalla olandese Stokke, con la quale la Corte ha affermato che «L’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), terzo trattino, della prima direttiva 89/104 deve essere interpretato nel senso che l’impedimento alla registrazione previsto da tale disposizione può applicarsi a un segno costituito esclusivamente dalla forma di un
prodotto avente varie caratteristiche che possono conferirgli differenti valori sostanziali. La percezione della forma del prodotto da parte del pubblico di riferimento costituisce solo uno degli elementi di valutazione per determinare l’applicabilità dell’impedimento di cui trattasi» e che «L’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della prima direttiva 89/104 deve essere interpretato nel senso che gli impedimenti alla registrazione di cui al primo e al terzo trattino di tale disposizione non possono applicarsi in maniera combinata», precisando che, avuto riguardo all’obiettivo di evitare che il diritto esclusivo e permanente conferito da un marchio possa servire a perpetuare, senza limiti nel tempo, altri diritti che il legislatore dell’Unione ha voluto assoggettare a termini di decadenza, l’impedimento alla registrazione per la «forma che dà un valore sostanziale al prodotto» non può essere limitato unicamente «alla forma di prodotti aventi esclusivamente un valore artistico o ornamentale, con il rischio di non ricomprendere i prodotti che abbiano, oltre a un elemento estetico importante, caratteristiche funzionali essenziali», e che, diversamente dall’ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva sui marchi, la percezione del pubblico di riferimento non è un elemento decisivo nel contesto dell’applicazione dell’impedimento alla registrazione di cui al terzo trattino di quest’ultima disposizione (quello relativo al «valore sostanziale»), ma può, tutt’al più, «costituire un utile elemento di valutazione» unitamente ad «altri elementi di valutazione quali la natura della categoria dei prodotti in questione, il valore artistico della forma di cui trattasi, la sua specificità rispetto ad altre forme abitualmente in uso sul mercato in questione, la rilevante differenza di prezzo in rapporto a prodotti simili o l’elaborazione di una strategia promozionale che sottolinei le principali caratteristiche estetiche del prodotto in questione» (la sentenza richiama espressamente le conclusioni dell’Avvocato generale al punto 93, che erano le seguenti: «La percezione della forma in questione da parte di un consumatore non è un criterio decisivo di valutazione. Essa costituisce una delle numerose constatazioni fattuali, in linea di principio oggettive, le quali possono dimostrare che le caratteristiche estetiche di una data forma esercitano sul carattere attrattivo del prodotto una così grande influenza che il fatto di riservarle a favore di un solo imprenditore perturberebbe le condizioni della concorrenza sul mercato in questione. Altre circostanze del genere sono ad esempio: la natura della categoria dei prodotti in questione, il valore artistico di una data forma, la sua diversità da altre forme abitualmente in uso sul mercato in questione, la rilevante differenza di prezzo in rapporto a prodotti concorrenti aventi caratteristiche simili, l’elaborazione da parte del produttore di una strategia promozionale che sottolinei le principali caratteristiche estetiche di un dato prodotto»); d) Corte Gius. 23/4/2020, Causa C-237/19, relativo alla forma del prodotto “Gömböc”, un articolo decorativo avente la caratteristica di tornare sempre alla sua posizione di equilibrio stabile, in cui il «valore sostanziale» non era rappresentato da un pregio estetico ma dal fatto che la forma era divenuta « il simbolo tangibile di una scoperta matematica», con la quale la Corte ha affermato che «l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), iii), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che la percezione o la conoscenza del pubblico di riferimento relativa al prodotto graficamente presentato da un segno che consiste esclusivamente nella forma del prodotto può essere presa in considerazione al fine di identificare una caratteristica essenziale di detta forma. L’impedimento alla registrazione contenuto in tale disposizione può trovare applicazione se risulta da elementi oggettivi e affidabili che la scelta dei consumatori di acquistare il prodotto in questione è in larga misura determinata da questa caratteristica», chiarendo che «l’applicazione di questo impedimento alla registrazione si fonda pertanto su un’analisi oggettiva, intesa a dimostrare che la forma in questione esercita, in ragione delle sue caratteristiche, un’influenza così importante sull’attrattività del prodotto che il fatto di riservarne il beneficio a una sola impresa falsificherebbe le condizioni di concorrenza sul mercato interessato» e ribadendo che «il fatto che una siffatta caratteristica non riguardi, in quanto tale, i meriti estetici della forma, non esclude l’applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), iii), della direttiva 2008/95. Occorre ricordare, al riguardo, che la nozione di «forma che dà un valore
sostanziale al prodotto» non è limitata alla forma di prodotti aventi esclusivamente un valore artistico o ornamentale. La questione se la forma dia un valore sostanziale al prodotto può essere esaminata sulla base di altri elementi pertinenti, inclusa, segnatamente, la specificità di tale forma rispetto ad altre forme abitualmente in uso sul mercato in questione (v., per analogia, sentenza del 18 settembre 2014, Hauck, C‑205/13, EU:C:2014:2233, punti 32 e 35)», precisando, in ultimo, che non necessariamente l’impedimento si applica nel caso in cui la forma sia già protetta dal diritto dei disegni o modelli o quando il prodotto sia un articolo decorativo, in quanto un prodotto già protetto come disegno o modello ben può godere della tutela del marchio laddove sussistano i requisiti per la registrazione del segno distintivo.
Secondo la richiamata giurisprudenza europea quindi: a) si ha «valore sostanziale» quando la forma del prodotto è un elemento – anche se non il solo – che svolge un ruolo molto importante all’atto della scelta del consumatore; b) tra gli elementi/indici, oggettivi, di valutazione che l’interprete deve (può) prendere in considerazione per determinare l’applicabilità dell’impedimento in questione alla registrazione del marchio di forma, vi sono, oltre alla percezione da parte del pubblico, anche la natura dei prodotti, il valore artistico della forma, la sua specificità rispetto ad altre forme abitualmente in uso sul mercato, la rilevante differenza di prezzo, l’elaborazione di una strategia promozionale che esalti le principali caratteristiche estetiche del prodotto; c) la nozione di «forma che dà un valore sostanziale al prodotto» non è limitata alla forma di prodotti aventi esclusivamente un valore artistico o ornamentale, potendo concorrere più valori sostanziali, dovuti anche a caratteristiche funzionali essenziali o alla specificità della forma rispetto alle altre forme in uso sul mercato rilevante, che comunque non escludono l’applicazione dell’impedimento considerato.
La Corte di legittimità, già con riguardo all’art. 18, lett. c), della legge Marchi, r.d. n. 929 del 1942, il quale escludeva che potessero essere oggetto di registrazione i segni costituiti dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico o dalla forma che «dà un valore sostanziale al prodotto», aveva chiarito che: a) «in tema di marchio, l’art. 18, comma primo, lettera c), del R.D. 21 giugno 1942, n. 929 (nel testo risultante dalla sostituzione operata con l’art. 18 del D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480), là dove preclude che possano costituire oggetto di registrazione come marchio i segni costituiti dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, o dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto, intende riferirsi, rispettivamente: a) alla forma standardizzata del prodotto, noto appunto in tale configurazione (in tal caso avendosi mancanza di capacità individualizzante del segno, ciò che si oppone, in via di principio, ad una monopolizzazione che penalizzerebbe la concorrenza); (b) alla cosiddetta forma funzionale (imposta dalla utilità industriale perseguita, che non è monopolizzabile se non nei limiti del brevetto); (c) a quella il cui pregio modifica l’identità di un prodotto in quanto tale (perché ne aumenta il valore merceologico, senza perciò mutarne la funzione ontologica)» e che «posto che il marchio, ancorché di forma, non deve identificarsi con la forma del prodotto, ma deve rispetto a questo presentarsi in qualche misura estrinseco, e quindi distinguibile, ne deriva, da un lato, che solo la forma che possiede un certo gradiente di ornamentalità può aspirare alla protezione del modello ornamentale, e, dall’altro, che la protezione di un disegno come marchio, quale che sia il suo valore estetico e la ulteriore protezione che tale valore può far pretendere, presuppone solo la capacità del medesimo di identificare, distinguendosi da esso, un prodotto» (Cass. 14863/2001, con la quale si è confermata la decisione della Commissione dei ricorsi che aveva escluso la proteggibilità come marchio di forma del «disegno tipo cachemire» della casa di moda Etro, ritenendo che il prodotto si caratterizzava «per il suo valore estetico, (invece che per altre possibili caratteristiche), e che tale valore è conferito dal disegno riportato su tutte le sue parti», cosicché era configurabile «una forma “capace di dare un valore sostanziale al prodotto”», la cui proteggibilità come marchio era esclusa dalla lettera c) del citato art. 18 l.m.); b) tale disciplina «prevede autonome ipotesi di non registrabilità dei marchi di forma, la cui sussistenza va accertata mediante un esame separato, alla stregua dell’interesse generale sotteso a ciascuna di esse, conformemente a quanto ritenuto dalla Corte di Giustizia CE (cfr. sent. 29 aprile 2004, in cause C-456/01 e C-457/01, Henkel)» (Cass. 22929/2009, in relazione alla lampada “Tolomeo” della Artemide).
Si è poi ritenuto che possa essere « registrato e tutelato come marchio di forma quel prodotto la cui pubblicizzazione e commercializzazione ne abbiano favorito la diffusione tra il pubblico al punto da comportare la generalizzata riconducibilità di quella determinata forma dell’oggetto ad una specifica impresa, consentendo l’acquisto, tramite il c.d. “secondary meaning”, di capacità distintiva del marchio che ne era originariamente privo» (Cass. 30455/2022), in relazione alla tutela come marchio di forma delle borse «Kelly» e «Birkin» di Hermés, sotto il profilo della prova
della sua capacità distintiva, anche acquisita tramite l’uso).
In linea, si è quindi affermato che «I segni possono costituire oggetto di marchio, in quanto rispondano oggettivamente e preminentemente alla funzione distintiva del prodotto e della sua provenienza, senza esser vincolati dalla destinazione merceologica o dalla forma necessaria del prodotto stesso, sicché è suscettibile di brevetto la sola forma il cui pregio modifichi l’identità del prodotto in quanto idonea ad aumentarne il valore merceologico, senza mutarne la funzione ontologica, mentre non lo è la forma priva di carattere distintivo, tale essendo quella imposta dalla natura del prodotto come forma necessaria per l’ottenimento di un risultato tecnico ovvero quella che dà al prodotto un valore sostanziale» (Cass. 12881/2023, che ha confermato la sentenza del giudice di merito che aveva ritenuto dotata di caratteristiche individualizzanti la forma della scatola per confetti “tic tac“) . In tale pronuncia, in motivazione, riguardo alla dedotta nullità del marchio di forma per violazione dell’art.9 lett.c) c.p.i., e quindi in punto di sussistenza o meno dell’impedimento assoluto alla registrazione del marchio rappresentato dalla natura di forma «sostanziale» del contenitore, si è osservato come, secondo la giurisprudenza unionale, «non si possa escludere che l’aspetto estetico di un marchio che assume una determinata forma possa essere tenuto in considerazione, se richiama l’effetto visivo oggettivo e inusuale del design specifico del marchio suddetto (Corte giustizia UE 12 dicembre 2019, Euipo/Wajos, C-783/18, p. 32); Tribunale UE, 14 luglio 2021, T488/20, p. 43 e 44)».
Corte di Cassazione Civile sentenza Sez. 1 n. 33100 del 2023