Il reato di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis C.p. può configurarsi anche all’interno della coppia di coniugi, risultando inconsistente l’implicito consenso prestato al rapporto sessuale da parte della vittima.
Al riguardo è sufficiente ribadire, in conformità a quanto già affermato dalla Corte di legittimità, che ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale, non ha, invero, valore scriminante il fatto che la donna non si opponga palesemente ai rapporti sessuali e li subisca “quando è provato che l’autore, per le violenze e minacce precedenti poste ripetutamente in essere nei confronti della vittima, aveva la consapevolezza del rifiuto implicito della stessa agli atti sessuali” (cfr. Cass. Sez. 3 n. 16292 del 7.3.2006; Sez. 3, n. 29725 del 23/05/2013; Sez. 3, n. 39865 del 17/02/2015). (Corte di Cassazione Sez. III, sentenza 29.04.2019, n. 17676).
Orbene, in tema di reati contro la libertà sessuale, nei rapporti di coppia di tipo coniugale, non ha valore scriminante il fatto che la donna non si opponga palesemente ai rapporti sessuali e li subisca, potendosi configurare nella specie un costringimento fisico – psichico idoneo ad incidere sulla libertà di autodeterminazione, quando è provato che l’autore, per le violenze e minacce precedenti, poste ripetutamente in essere nei confronti della vittima, aveva la consapevolezza del rifiuto implicito della stessa agli atti sessuali (Cass. 7/3/06, n. 14789; Cass. 26/3/04, n. 14789). (Cass., Sez. III, 3 aprile 2008, n. 13983).
Con riferimento alla mancanza di dissenso da parte della vittima occorre rilevare che, come più volte ribadito dalla giurisprudenza della Corte di legittimità, integra il reato di cui all’articolo 609- bis C.p. nella forma cd. “per costrizione” disciplinata dal comma 1 qualsiasi forma di costringimento psico-fisico idoneo ad incidere sull’altrui libertà di autodeterminazione, ivi compresa l’intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, a nulla rilevando l’esistenza di un rapporto coniugale o paraconiugale, atteso che non esiste all’interno di detto rapporto un diritto all’amplesso, né conseguentemente il potere di imporre od esigere una prestazione sessuale senza il consenso del partner (Cass., Sez. 3, n. 14789 del 04/02/2004). Il concetto di intimidazione psicologica rimanda necessariamente al peculiare contesto spazio temporale nel quale si svolge l’azione, assumendo rilievo le contingenze specifiche che oltre a comprimere la capacità di reazione del soggetto passivo, ne limitino in concreto l’espressione di volontà: non vale ai fini del perfezionamento del delitto neppure l’espressione manifesta del consenso della vittima allorquando la sua volontà venga coartata dal timore delle conseguenze ben più pregiudizievoli che ai suoi occhi scaturirebbero dal rifiuto esplicito all’atto sessuale impostole, quale forma di violenza indiretta, dall’agente. (Corte di Cassazione Sez. III, sentenza 29.04.2019, n. 17676).