Guardie giurate di un’associazione di protezione ambientale
Quali sono i poteri riconosciuti dalla legge esercitabili dalle guardie giurate di un’associazione di protezione ambientale?
Secondo l’insegnamento della Corte di legittimità le guardie giurate di un’associazione di protezione ambientale riconosciuta (ex lege), appunto in quanto guardie giurate, possano esercitare
poteri di vigilanza a tutela della fauna selvatica.
La tutela della fauna selvatica, che costituisce “patrimonio indisponibile dello Stato ed e’ tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale“, trova compiuto riconoscimento ed attuazione, nel nostro ordinamento, attraverso la legge n. 157 del 1992 (norme per la protezione della fauna selvatica)
L’art. 27, comma 1, lettera b), della medesima legge attribuisce un potere esplicito di vigilanza “alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale nazionali presenti nel Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale e a quelle delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell’ambiente, alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773“.
Il successivo art. 28, commi 1 e 5, prevede che le guardie giurate “possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o in attitudine di caccia, l’esibizione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, del tesserino di cui all’art. 12, comma 12, del contrassegno della polizza di assicurazione, nonché della fauna selvatica abbattuta o catturata“; e, inoltre, che possono accertare, anche a seguito di denuncia, “violazioni delle disposizioni sull’attività venatoria, redigere verbali, conformi alla legislazione vigente, in cui devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, dovendo trasmetterli all’Ente da cui dipendono e all’Autorità competente ai sensi delle disposizioni vigenti“.
Sulla base di tale quadro normativo, la Corte di legittimità ha ritenuto che «le guardie venatorie, pur non essendo agenti di polizia giudiziaria, nell’esercizio delle loro funzioni ricoprono la veste di pubblici ufficiali poiché esercitano poteri autoritativi e certificativi nell’ambito dell’attività di protezione della fauna selvatica che, in quanto patrimonio indisponibile dello Stato, attiene ad un interesse pubblico della comunità nazionale» (Sez. 2, n. 19677 del 11/03/2022, che ha ritenuto integrata la contravvenzione di cui all’art. 651 cod. pen. dalla condotta di chi rifiuti di declinare le proprie generalità a richiesta delle guardie venatorie nell’esercizio dei compiti di vigilanza loro propri; conformi: Sez. 1, n. 34688 del 05/07/2011; Sez. 5, n. 4898 del 08/04/1997; Sez. 1, n. 10282 del 30/10/1996).
In definitiva, pur escludendosi la qualifica di agente di pubblica sicurezza in capo alle guardie giurate zoofile, deve riconoscersi alle stesse la qualifica di pubblico ufficiale, quando chiamate a svolgere i compiti propri della funzione di vigilanza loro demandata dalla legge, con la previsione di possibilità di esercizio di poteri autoritativi o certificativi.
Sotto altro profilo, deve, altresì, considerarsi che la previsione contenuta nell’art. 6, comma 2, della legge n. 189 del 2004 (contenente Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate e che ha introdotto i reati di cui agli artt. 544 bis e ss cod. pen.) secondo cui “la vigilanza sul rispetto della predetta legge e delle altre norme relative alla protezione degli animali è affidata anche, con riguardo agli animali di affezione, nei limiti dei compiti attribuiti dai rispettivi decreti prefettizi di nomina, ai sensi degli articoli 55 e 57. del codice di procedura penale, alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute” non contrasta con la superiore conclusione, trattandosi di norma, dettata con diverse finalità di tutela e non suscettibile di interferire con l’applicazione delle diverse disposizioni di legge concernenti la tutela della fauna selvatica.
L’art. 6 della legge n. 189 del 2004 che ha un differente ambito di applicazione, è riferibile alla sola vigilanza sull’applicazione della medesima legge a tutela degli “animali da affezione“: categoria nella quale rientrano i soli animali domestici o di compagnia, con esclusione della fauna selvatica ( Sez. 6, n. 21508 del 07/05/2019 e Sez. 3, n. 23631 del 09/04/2008) e non ha comportato il venire meno della vigenza delle disposizioni contenute nella legge n. 157 del 1992.
Anche la sentenza indicata (Cass., Sez. 3, n. 6146 del 07/10/2020, dep. 2021), dopo avere sottolineato l’ambito applicativo dell’art. 6 della legge n.189 del 2004, confermandone la ridotta sfera applicativa ai soli animali da affezione, ha, tuttavia, affermato che le stesse guardie giurate di un’associazione di protezione ambientale riconosciuta (ex lege) possano esercitare i poteri di vigilanza previsti dall’art. 27, comma 1, della legge n. 157 del 1992.
Corte di Cassazione Penale Sez. 5, sentenza n. 42639 del 2024