Il Crocifisso di San Domenico ad Arezzo

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Crocifisso di San Domenico ad Arezzo

La chiesa di San Domenico è uno dei più rinomati edifici sacri di Arezzo per la presenza, al suo interno del Crocifisso ligneo dipinto da Cimabue, considerato uno dei capolavori della pittura del Duecento, databile attorno al 1268-1270. 

La croce è affine al Crocifisso di Giunta Pisano conservato nella Basilica di San Domenico di Bologna, sia perché Giunta Pisano era stato l’artista di riferimento alla metà del secolo sia perché la Chiesa domenicana aretina non poteva non dipendere dalla Chiesa principale dell’ordine, la Basilica di San Domenico a Bologna. 

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Crocifisso della basilica di San Domenico di Bologna

Il Crocifisso è una croce sagomata, dipinta a tempera e oro su tavola e riporta l’iconografia del Christus patiens, cioè un cristo morente sulla croce, con gli occhi chiusi, la testa appoggiata sulla spalla e il corpo inarcato a sinistra.

Analizziamo i due Crocifissi a confronto.  La somiglianza del Crocifisso di Cimabue con quello bolognese di Giunta Pisano si spiega con un esplicita richiesta dei domenicani aretini.

Cimabue volle mantenere intatta l’eleganza del corpo di Cristo inserendolo  in uno schema quadrato, dove l’apertura delle braccia corrisponde all’altezza del corpo.  Cimabue rinuncia ai particolari realistici che con troppa crudezza alludevano all’agonia e alla morte, preferendo esprimere la sofferenza del Cristo nell’accentuato inarcarsi della figura. L’aureola decentrata rispetto all’asse verticale della croce accentua l’inclinazione della testa, che si abbandona sulla spalla sinistra. A sua volta la spalla sinistra appare asimmetrica rispetto a quella di destra, e si contrae assecondando il movimento del collo.

 L’uso del colore accentua la drammaticità del dipinto.  Il colore è steso in un tratteggio sottile  che imprime al corpo uno stacco dalla tavola.

Il torace è segnato da una muscolatura tripartita e le mani sono appiattite sulla croce. Larghe ombre nere si allungano sul volto e sul corpo cadaverico del Cristo, in contrasto con le raffinate cromie circostanti: le aureole sono rivestite di foglie d’oro, finemente lavorate a punzone.

Un’altra novità rispetto al modello bolognese di Giunta Pisano fu l’uso di sottili lumeggiature d’oro  e lo squillante rosso. Il panneggio che copre il Cristo appare decorato con l’agemina, un motivo che deriva dalle icone bizantine..

Ai lati estremi del braccio orizzontale della Croce sono presenti i “due dolenti” , raffigurati a mezzo busto in posizione di compianto, che guardando lo spettatore piegano la testa e l’appoggiano a una mano. Sono la Vergine e San Giovanni Evangelista a sinistra e destra rispettivamente, entrambi decorati con l’agemina.

Il fondo della Croce è decorato finemente con figure geometriche che imitano una preziosa stoffa. In alto è presente la scritta I.N.R.I. per esteso (Hic est Ihesus Nazarenus Rex Iudeorum). Nel tondo in alto è raffigurato il Cristo benedicente, opera di corredo di un aiuto di bottega.

A qualche anno di distanza, nel 1284, Cimabue recupera il motivo del Christus patiens nella Crocifissione di Santa Croce a Firenze.

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Crocifisso di Santa Croce

L’iconografia bizantina appare profondamente rinnovata e un sottile chiaroscuro riveste il Cristo Crocifisso, incarnando un dolore del tutto umano.

La nuova maturità raggiunta dall’arte del pittore nel 1272, è evidente nella torsione più appariscente del corpo di Cristo, che spinge il fianco fino al limite sinistro del bordo della croce. Le braccia si tendono sotto il peso del corpo, che appare realisticamente abbandonato. Nonostante i danni riportati durante l’alluvione del 1966, si percepisce la cura dedicata alla resa dei particolari, nella trasparente morbidezza del drappeggiato che lascia intravedere la volumetria della coscia, e nella tensione dei muscoli delle  braccia, delle gambe e del torace. Il pittore rinuncia alla tripartizione del ventre, affidando la volumetria a graduali passaggi chiaroscurali, che vertono verso le tonalità grigiastre della morte. L’unico contrasto cromatico è affidato ai toni scuri della barba e dei capelli, che mettono in risalto il volto di Cristo facendone il fulcro dell’ intera composizione.

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