L’art. 186, comma 9 bis, del Codice della Strada consente la sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 54 del D.lgs.n.274/2000 secondo le modalità ivi previste e consistente nella prestazione di un’attività non retribuita in favore della collettività, da svolgersi presso gli enti ed i centri indicati dalla norma, sotto il controllo dell’Ufficio locale di esecuzione penale (UEPE).
In deroga a quanto previsto dall’art. 54 cit., il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione della pena pecuniaria, ragguagliando 250 euro ad un giorno di lavoro di pubblica utilità.
In caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento di tale lavoro, il giudice che procede o il giudice dell’esecuzione, a richiesta del P.M. o d’ufficio, con le formalità di cui all’art. 666 C.p.P., tenuto conto dei motivi, delle entità e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della pena sostitutiva con ripristino di quella sostituita e della sanzione amministrativa della sospensione della patente e della confisca del veicolo sequestrato.
Sulla base dei principi affermati dalla Suprema Corte Suprema di Cassazione “la revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, disposta per mancata osservanza delle prescrizioni, comporta il ripristino della sola pena residua, calcolata sottraendo dalla pena complessivamente inflitta, il periodo di positivo svolgimento dell’attività, mediante i criteri di ragguaglio dettati dall’art.58 D.Lgs.28.8.2000, n.274, ferma restando la configurabilità dell’autonomo reato di cui all’art.56 del citato decreto legislativo”.
E tanto perché la limitazione della libertà personale subita da chi abbia espletato attività lavorativa nell’interesse della collettività costituisce sanzione detentiva espiata e non, invece, misura alternativa alla carcerazione secondo la disciplina dettata per gli istituti previsti dall’ordinamento penitenziario, con la conseguenza che la revoca ex tunc del lavoro di pubblica utilità, con ripristino integrale della pena sostituita, ponendo nel nulla una parte di quella già espiata, si risolve in una duplicazione della pena in contrasto con l’art.13 Cost. e delle disposizioni in tema di inviolabilità della libertà personale.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 26286 Anno 2017