La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente la contraffazione grossolana, c.d. “falso grossolano” in ordine al reato di cui all’art. 474 C.p. “Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi”
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (in tal senso, Cass. Sez. 2 , n. 16807 del 11/01/2019; Cass. Sez. 5, n. 5260 dell’11/12/2013), integra il delitto di cui all’art. 474 C.p. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 C.p. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio.
E, ancora, con riguardo alla fattispecie ex art. 474 C.p. la Corte afferma che si tratta, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno non ricorrendo quindi l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno.
In tema di falso, la valutazione dell’inidoneità assoluta dell’azione, che dà luogo al reato impossibile, dev’essere fatta ex ante, vale a dire sulla base delle circostanze di fatto conosciute al momento in cui l’azione viene posta in essere, indipendentemente dai risultati, e non ex post; tale principio riguarda, peraltro, i casi in cui il falso sia stato scoperto e si discuta se lo stesso fosse così grossolano da dover essere riconoscibile ictu oculi per la generalità delle persone, ovvero sia stato scoperto per effetto di particolari cognizioni o per la diligenza di determinati soggetti, non anche quelli in cui il falso non sia stato scoperto ed abbia prodotto l’effetto di trarre in inganno, nei quali, quindi, la realizzazione dell’evento giuridico esclude in radice l’impossibilità dell’evento dannoso o pericoloso di cui all’art. 49 C.p. (Cass. Sez. 2, n. 36631 del 15/05/2013).
Sul punto è stato, inoltre, affermato dalla giurisprudenza di legittimità (in tal senso, Cass., Sez. U, n. 23427 del 09/05/2001; Cass., Sez. 2, n. 12452 del 04/03/2008) la concorrenza del delitto di ricettazione (ex art. 648 C.p.) e quello di commercio di prodotti con segni falsi (ex art. 474 C.p.), atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 2 Num. 23687 Anno 2020