La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in commento si sofferma sul diritto alla libera manifestazione del pensiero, in genere, e sul diritto di critica, in particolare in relazione ad uno scritto pubblicato tramite Internet.
La giurisprudenza di legittimità, richiamandosi alla giurisprudenza costituzionale ed europea, considera non consentito l’esercizio del diritto di critica nel caso di “attacco “alla persona”: da intendersi quale offesa rivolta, senza ragione, alla sfera privata, non coinvolta dall’ambito di pubblica rilevanza della notizia, mediante l’utilizzo di non pertinenti argumenta ad hominem.
Il diritto di critica è ridotto alla esposizione dei fatti e alla loro puntuale, esatta illustrazione e definizione.
A differenza della cronaca, il diritto di critica si concretizza nella manifestazione di un’opinione.
E’ un giudizio valutativo su un determinato fatto, e pertanto non è necessario che sia “obiettivo” e neppure, in linea astratta, “vero” o “falso.
Come rimarca la giurisprudenza CEDU la libertà di esprimere giudizi critici, cioè “giudizi di valore“, trova il solo, ma invalicabile, limite nella esistenza di un “sufficiente riscontro fattuale“, ma al fine di valutare la giustificazione di una dichiarazione contestata, è sempre necessario distinguere tra dichiarazioni di fatto e giudizi di valore, perché, se la materialità dei fatti può essere provata, l’esattezza dei secondi non sempre si presta ad essere dimostrata .
Nell’ambito della valutazione del fatto, la valutazione critica, si colloca nella continenza, che concerne un aspetto sostanziale e un profilo formale.
La continenza sostanziale, o “materiale”, attiene alla natura dei fatti riferiti e delle opinioni espresse, in relazione all’interesse pubblico alla comunicazione o al diritto-dovere di denunzia.
La continenza sostanziale ha dunque riguardo alla quantità e alla selezione dell’informazione in funzione del tipo di resoconto e dell’utilità /bisogno sociale ad esso.
La continenza formale attiene invece al modo con cui il racconto sul fatto è reso o il giudizio critico esternato, e cioè alla qualità della manifestazione.
Essa postula dunque una forma espositiva proporzionata.
Questo comporta che le modalità espressive non devono essere gratuitamente offensive, o mere contumelie.
Tuttavia coloriture e iperboli, toni aspri o polemici, linguaggio figurato o persino gergale, non possono considerarsi di per sé punibili quando siano proporzionati e funzionali all’opinione da esprimere.
La diversità dei contesti nei quali si svolge la critica, così come la differente responsabilità e funzione, specie se pubblica, dei soggetti ai quali la critica è rivolta, possono quindi giustificare attacchi di grande violenza se proporzionati ai valori in gioco che si ritengono compromessi.
D’altronde, come ricorda la giurisprudenza CEDU il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni non concerne unicamente le idee favorevoli o inoffensive o indifferenti, alla cui manifestazione nessuno mai s’opporrebbe, ma è al contrario principalmente rivolta a garantire la libertà delle opinioni che «urtano, scuotono o inquietano».
Sulla base di tali principi l’esercizio del diritto di critica ed è perciò scriminato ai sensi degli artt. 51 C.p. e 21 Cost.
Cassazione n. 36045 Anno 2014