La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente la differenza ontologica esistente tra la figura dell’ errore e la figura del dolo, quali vizi del consenso, nell’ ambito della domanda di annullamento del contratto.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale la figura dell’ errore si differenzia da quella dolo in quanto nella stessa la falsa rappresentazione della realtà che inficia il processo di formazione della volontà è endogena alla volontà stessa.
Per converso la figura del dolo è esogena in quanto è riconducibile alla condotta dell’ altro contraente.
Ne consegue che la differenza ontologica esistente tra la figura dell’ errore e quella del dolo non impedisce la coeva deduzione di entrambi i vizi a sostegno della domanda di annullamento del contratto, ma impone l’ adozione di distinte modalità nella disamina delle emergenze probatorie acquisite.
In particolare, mentre nel caso dell’ errore l’ accertamento deve essere condotto con riferimento alla condotta della parte che ne è vittima, verificando che il vizio abbia inciso sul processo formativo della sua volontà, dando origine ad una falsa rappresentazione che l’ ha indotta a concludere il contratto, nel caso del dolo occorre accertare la condotta tenuta dal deceptor e le conseguenze da essa prodotte sul deceptus, verificando se la condotta commissiva od omissiva del primo abbia procurato la falsa rappresentazione della realtà che ha determinato il secondo alla contrattazione, inducendo nel processo formativo della sua volontà un errore avente carattere essenziale, ferma restando la possibilità per il deceptor di provare che la controparte era a conoscenza dei fatti addebitati alla sua condotta maliziosa o che avrebbe potuto conoscerli usando la normale diligenza.
Corte di Cassazione, Civile, Sezione I, 19 Giugno 2008, n. 16663