Giuditta e Oloferne. Opera di Giulia Lama

Giuditta e Oloferne giulia lamaGiuditta e Oloferne“, è un dipinto realizzato tra il 1730 e il 1740 dalla pittrice di origine veneziana Giulia Lama ed attualmente conservato presso le Gallerie dell’Accademia di Venezia.

Giulia Lama (Venezia 1861 – 1747) rinomata pittrice del Settecento, figlia del pittore e mercante d’arte Agostino Lama, si forma presso la bottega paterna e si specializza nel genere della pittura di storia, con soggetti religiosi, mitologici e allegorici. Tra le opere realizzate, molte delle quali risultano attribuite ad altri artisti come Giovan Battista Tiepolo e Giovanni Battista Piazzetta, si colloca la tela “Giuditta e Oloferne“ databile intorno al 1730-1740 e conservata presso le Gallerie dell’Accademia di Venezia.

Tematica biblica ampiamente trattata, sovente con un crudele realismo, dai maggiori artisti italiani e stranieri, a tal guisa come non citare il celebre dipinto “Giuditta che taglia la testa a Oloferne“, anno 1598-1599, del celebre Michelangelo Merisi, meglio conosciuto come il Caravaggio o ancora l’opera “Giuditta e Oloferne“, anno 1577- 1578 del Tintoretto, e inoltre il dipinto “Giuditta che decapita Oloferne“, anno 1620 della pittrice Artemisia Gentileschi, e infine il dipinto “Giuditta con la testa di Oloferne” della pittrice milanese Fede Galizia.

Una linea diagonale attraversa il dipinto, e coincide con il corpo inerme di Oloferne, giacente privo di vita. Accanto a lui è raffigurata l’eroina biblica con la testa inclinata all’indietro, gli occhi al cielo e le mani giunte in senso di preghiera, mentre in basso, in prenombra una vecchia serva: tali immagini conferiscono al dipinto un forte sentimento di pathos e di drammaticità.

L’opera “Giuditta e Oloferne“ sotto il profilo stilistico e compositivo richiama i lavori di Giovanni Battista Piazzetta.

La plasticità dei corpi, la malformazione delle forme anatomiche, le alterazioni artificiali dei tratti somatici, divergenti dai canoni usuali e la dinamica della luce, che dall’alto colpisce violentemente il viso di Giuditta e il corpo di Oloferne, illumninadoli,  donano all’opera nel suo complesso un particolare realismo intenso ed espressivo, accentuato da un uso abbondante del chiaroscuro, un acceso contrasto tra ombre e luci, che appaiono sovente in conflitto tra loro.

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