“Giuditta che decapita Oloferne” è un dipinto (olio su tela, cm 199×162,5) realizzato nel 1620 circa dalla famosa pittrice italiana Artemisia Gentileschi, ed attualmente conservato presso la Galleria degli Uffizi di Firenze.
Una prima versione del dipinto “Giuditta che decapita Oloferne” realizzato dalla Gentileschi fra il 1612 e il 1613 è conservato presso il Museo Nazionale di Capodimonte.
Giuditta, la celebre eroina che uccide Oloferne, condottiero dell’esercito assiro, è una tematica biblica ampiamente trattata dagli artisti italiani e stranieri (come non citare il celebre dipinto “Giuditta che taglia la testa a Oloferne“, anno 1598-1599, del Caravaggio o ancora l’opera “Giuditta e Oloferne“, anno 1577- 1578 del Tintoretto, e inoltre il dipinto “Giuditta con la testa di Oloferne” dalla famosa pittrice milanese Fede Galizia realizzato intorno all’anno 1596), ma la tela di Artemisia Gentileschi si contraddistingue per un realismo crudele.
Figlia del già famoso pittore Orazio Gentileschi, sin da giovanissim Artemisia dimostra una grande attitudine per la pittura: un vero e proprio talento artistico, una genialità fuori dal comune che rende orgoglioso il celebre genitore.
Un talento e una creatività che non possono essere offuscate dalla violenza sessuale perpetrata a suo danno da tale Agostino Tassi, pittore paesaggista e amico del padre Orazio Gentileschi, e dai suoi ulteriori raggiri sulla promessa di sposarla con lo scopo di tutelare l’onore perduto.
Ma Artemisia va avanti per la sua strada e porta a processo il suo stupratore, sottoponendosi a diverse visite ginecologiche pubbliche e addirittura alla tortura dello schiacciamento dei pollici, rischiando di non poter più dipingere, pur di affermare la sua verità.
Il dipinto “Giuditta che decapita Oloferne” è stato interpretato dalla critica in una rappresentazione sotto il profilo psicologico della violenza sessuale subita da parte di Agostino Tassi. Una personale rivincita morale.
L’efferatezza della composizione si ricava anche dal fatto che Artemisia Gentileschi unitamente al padre Orazio e al Caravaggio hanno assistito l’11 Settembre del 1599 alla decapitazione di Beatrice Cenci sulla piazza di ponte Sant’Angelo a Roma, e successivamente sia il Caravaggio che Artemisia Gentileschi, ispirati da tale evento, hanno dipinto due versioni (sotto alcuni profili simili) di “Giuditta ed Oloferne“.