Il diritto di critica, diversamente da quello di cronaca, non si concreta nella narrazione di fatti, ma si esprime in un giudizio o, più genericamente, in una opinione che, come tale, non può che essere fondata su un’interpretazione di fatti e comportamenti e, quindi, non può che essere soggettiva, cioè corrispondere al punto di vista di chi la manifesta, e tuttavia il fatto, presupposto ed oggetto della critica, deve corrispondere alla verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa, perché frutto di un serio lavoro di ricerca delle fonti da cui proviene.
Ciò vale, in particolare, quando, la narrazione di determinati fatti sia esposta insieme alle opinioni dell’autore, in modo da costituire nel contempo esercizio di cronaca e di critica, seppure con prevalenza di quest’ultima.
Anche il diritto di critica è condizionato, quanto alla legittimità del suo esercizio, all’osservanza del limite della continenza, che viene in considerazione non solo sotto l’aspetto della correttezza formale dell’esposizione, ma anche sotto il profilo sostanziale consistente nel non eccedere i limiti di quanto strettamente necessario per il pubblico interesse; esso postula che il giudizio di disvalore incidente sull’onore e sulla reputazione sia espresso in forma civile e misurata, sicché deve essere accompagnato da congrua motivazione e non può mai trascendere in affermazioni ingiuriose e denigratorie o in attacchi puramente offensivi della persona presa di mira.
Inoltre, la valutazione della continenza non può essere condotta sulla base di criteri formali, dovendosi lasciare spazio alla interpretazione soggettiva dei fatti esposti, sulla base di un bilanciamento (dell’interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero) che è ravvisabile nella pertinenza della critica all’interesse pubblico, cioè all’interesse dell’opinione pubblica alla conoscenza del fatto che è oggetto di critica e, in secondo luogo, dell’interpretazione di esso da parte dell’autore.
Pertanto, se di bilanciamento si tratta tra valori di rilievo costituzionale, la rilevanza pubblica della soggettiva interpretazione del fatto che è espressa da chi invochi il diritto di critica, come esimente della propria responsabilità per l’offesa arrecata all’altrui reputazione, presuppone la verità (anche putativa) del fatto presupposto e la sua rappresentazione in forma civile.
Altrimenti, si farebbe automaticamente coincidere l’interesse pubblico con quello individuale all’espressione delle opinioni e interpretazioni personali, anche quando siano intrinsecamente offensive nei confronti degli altri e riferite a fatti non veri.
La pertinenza della critica all’interesse dell’opinione pubblica ad essere informata e partecipare al dibattito su temi di rilievo generale presuppone, pur sempre, la verità anche putativa dei fatti rappresentati (si parla di verosimiglianza) e la continenza della forma espressiva.
Corte di Cassazione Civile Sent. Sez. 1 Num. 22042 Anno 2016
Articolo interessante che il lettore ad una doverosa riflessione.
Grazie del suo gentile intervento. A presto
Grazie per questo articolo, molto interessante
Penso che il diritto di cronaca e di critica devono essere esercitati principalmente nel rispetto del lettore e fondati su fatti veri e accertati.
La ringraziamo per l’intervento