Messaggi telefonici inviati alla ex moglie
Quando i messaggi telefonici inviati alla ex moglie possono integrare disturbo e molestia arrecata con riferimento al delitto della petulanza di cui all’art. 660 cod. pen.?
Per petulanza «si intende un atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà (cfr. Cass., Sez. 1, n. 6064 del 06/12/2017, dep. 2018, Rv. 272397), tenuto con la consapevolezza di arrecare disturbo, senza che rilevi l’eventuale convinzione dell’agente di operare per un fine non biasimevole o di esercitare un proprio diritto» (Cass., Sez. 1, n. 6975 del 12/12/2023, dep. 2024, n.m.).
Elemento centrale dell’accertamento della responsabilità, in tale prospettiva, è la modalità con la quale i detti messaggi sono stati formulati e inoltrati. Accanto al requisito del numero dei messaggi inoltrati alla vittima, occorre, in ordine all’accertamento dell’elemento della petulanza, una valutazione proprio dei contenuti e delle modalità dei messaggi da sottoporre al vaglio da parte del giudice.
Nel caso di specie la prova della petulanza si ricavava esclusivamente dal numero di messaggi telefonici e dalla circostanza che ogni messaggio trovava motivo nella gestione del figlio. In particolare il numero complessivo, pari a 21, corrispondenti più o meno ad 1 ogni 4 giorni, non poteva essere univocamente significativo se non fossero inutili o pretestuosi o risultassero correlati ad effettive esigenze organizzative nella gestione dell’affidamento di un figlio. Troppo poco ai fini dell’accertamento dell’elemento della petulanza.
Corte di Cassazione, Sez. I, sentenza 15 novembre 2024, n. 44953