La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento si sofferma ad analizzare la questione in materia di diritti sulle pubbliche affissioni ai sensi dell’art. 24 D.Lgs. 15/11/1993 n. 507 ( più precisamente quando l’ affissione di manifesti richieda o meno la prescritta dichiarazione di cui all’ art. 8 del D.Lgs 507/1993, nella quale devono essere indicate le caratteristiche, la durata della pubblicità e l’ubicazione dei mezzi pubblicitari utilizzati.).
Il D.Lgs. 507 del 1993 disciplina sia la pubblicità che le pubbliche affissioni non aventi contenuto pubblicitario (v. art. 1: “La pubblicità esterna e le pubbliche affissioni sono soggette, secondo le disposizioni degli articoli seguenti, rispettivamente ad una imposta ovvero ad un diritto a favore del comune nel cui territorio sono effettuate”) e, come già rilevato dalla giurisprudenza di legittimità, i messaggi di propaganda ideologica, contenuti in pubbliche affissioni, non esulano dall’ ambito applicazione dell’ art. 18 del D.lgs. n. 507 del 1993 e del regolamento comunale attuativo e richiedono quindi la prescritta autorizzazione: l’art. 18 prevede espressamente l’istituzione del servizio comunale delle pubbliche affissioni, volto ad assicurare non solo i messaggi diffusi nell’esercizio attività economiche, ma anche a garantire l’affissione di manifesti di qualunque materiale costituiti, contenenti comunicazioni “aventi finalità istituzionali, sociali o comunque prive di rilevanza economica”.
L’ art. 19 comma 6 del D.Lgs 507/93 stabilisce che “le disposizioni previste per l’imposta sulla pubblicità si applicano, per quanto compatibili, anche al diritto sulle pubbliche affissioni”.
Ne consegue che l’ obbligo di dichiarazione, previsto dall’ art. 8 a carico del soggetto passivo dell ‘imposta sulla pubblicità grava anche sul soggetto che intenda effettuare una affissione che non contenga un messaggio pubblicitario. La violazione è sanzionata dal successivo art. 24.
Corte di Cassazione Civile Ord. Sez. 6 Num. 22361 Anno 2014