La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente il risarcimento del danno non patrimoniale proposta nelle forme processuali dell’azione di classe, ai sensi del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 140-bis (c.d. del codice del consumo), a seguito, nel caso di specie, dei gravi disagi sofferti dagli utenti del servizio di trasporto ferroviario.
Al riguardo, varrà preliminarmente richiamare il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità formatosi sulle orme dell’insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ai sensi del quale il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è risarcibile – sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., e al di là delle ipotesi di danno derivante dalla commissione di reato, o dei casi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali – a tre condizioni:
(a) che l’interesse leso (e non il pregiudizio sofferto) abbia rilevanza costituzionale (altrimenti pervenendosi a un’abrogazione per via interpretativa dell’art. 2059 c.c., giacchè qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale, e cioè di toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile);
(b) che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità (in quanto il dovere di solidarietà, di cui all’art. 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza);
(c) che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita o alla felicità, dovendo ritenersi palesemente non meritevoli di tutela risarcitoria i pregiudizi consistenti in detti disagi, fastidi, disappunti, ansie e in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita (Cass., Sez. U, Sentenza n. 26972 del 11/11/2008).
Ciò posto, ferma l’applicabilità di tali principi anche nei casi di danno non patrimoniale derivante da inadempimento (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 26972 del 11/11/2008), varrà considerare come appartenga all’ambito degli oneri di indagine istruttoria e di articolazione argomentativa del giudice di merito il compito di descrivere con precisione le forme e i modi attraverso i quali i pregiudizi non patrimoniali specificamente e analiticamente individuati abbiano effettivamente superato quella soglia di sufficiente gravità individuata in via interpretativa, dalle Sezioni Unite del 2008, quale limite imprescindibile della tutela risarcitoria, spiegando in che modo i danni lamentati, necessariamente legati da un controllabile nesso di causalità materiale e giuridica all’inadempimento contestato, abbiano rappresentato l’esito di un’offesa effettivamente seria e grave dell’interesse protetto sul piano costituzionale, senza tradursi in meri disagi, fastidi, disappunti, ansie o in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita (sul punto, proprio con riguardo a fattispecie concrete di trasporto ferroviario, v. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3720 del 8/2/2019; Sez. 3. Sentenza n. 10596 del 4/5/2018).
Peraltro, ai fini del riconoscimento della fondatezza della domanda avente a oggetto il risarcimento del danno non patrimoniale proposta nelle forme processuali dell’azione di classe di cui all’art. 140-bis cod. cons., spetta al giudice di merito coordinare, l’indagine condotta sulla serietà e la gravità dell’offesa inferta all’interesse costituzionalmente protetto, con le esigenze proprie dell’azione di classe disegnata dal legislatore italiano, con particolare riguardo alla necessità che le situazioni soggettive lese e i diritti concretamente pregiudicati (di necessaria rilevanza costituzionale) siano caratterizzati (non solo dalla gravità e serietà della relativa lesione, bensì anche) dall’essenziale requisito della relativa omogeneità (ex art. 140-bis cit.), inteso, quest’ultimo, come il tratto proprio di pretese individuali che, vantate da un insieme di consumatori o di utenti, siano accomunate da caratteristiche tali da giustificarne un apprezzamento seriale e una gestione processuale congiunta, dovendo escludersi, sul piano logico, prima ancora che su quello giuridico, la compatibilità dello strumento processuale così delineato dal legislatore con l’esecuzione di accertamenti calibrati su specifiche situazioni personali o con valutazioni che si soffermino sulla consistenza specifica della sfera emotiva o dell’esperienza dinamico-relazionale di singoli danneggiati.
Nei casi in cui, infatti, le doglianze dei danneggiati siano tali da non lasciare prefigurare la possibilità di una valutazione tendenzialmente standardizzata anche delle relative conseguenze pregiudizievoli (sia per quel che specificamente riguarda l’an che il quantum del danno), il meccanismo della tutela di classe deve ritenersi per ciò stesso impraticabile.
Da tali premesse deriva che – lungi dall’escludere in astratto la compatibilità del risarcimento del danno non patrimoniale con il ricorso alle forme processuali dell’azione di classe (una soluzione, per vero drastica, pur sostenuta da talune voci della letteratura specialistica) – l’azione di classe rimane pur sempre compatibile con la rivendicazione della tutela risarcitoria dei danni non patrimoniali là dove di questi ultimi siano tuttavia posti rigorosamente in risalto i tratti in qualche modo comuni a tutti i membri della classe (purchè adeguatamente specificati e comprovati), con la conseguenza che l’originario proponente ha l’onere di domandare la riparazione di un danno non patrimoniale che non sia individualizzato, ma sia fondato su circostanze comuni a tutti i membri della classe.
Una simile soluzione (nella misura in cui esclude l’obbligo di personalizzazione del danno non patrimoniale nell’ambito dell’azione di classe) ha il pregio di prefigurare la possibilità, per ciascun singolo danneggiato, di scegliere liberamente se promuovere o aderire a un’azione di classe (rinunciando a un’istruttoria individuale e accettando di fatto un risarcimento forfettizzato), ovvero promuovere un’azione individuale insistendo per una liquidazione personalizzata del danno non patrimoniale subito.
In ciascuna di tali ipotesi, tuttavia, sarà in ogni caso necessaria la precisa identificazione delle situazioni soggettive lese, della qualità della relativa protezione a livello costituzionale (fuori dai casi di danni non patrimoniali da reato o da tipizzazione legislativa del fatto) e dei termini concreti dell’effettiva serietà e gravità delle lesioni inferte e dei pregiudizi subiti, non confondibili con meri disagi, fastidi, disappunti, ansie o con ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita.
Con l’ulteriore specificazione, nei casi di danni non patrimoniali rivendicati nelle forme dell’azione di classe (e proprio al fine di scongiurare un’inammissibile declinazione in chiave punitiva della responsabilità risarcitoria, in assenza di indici legislativi suscettibili di giustificarla: cfr. Cass., Sez. U -, Sentenza n. 16601 del 05/07/2017) dell’allegazione e della prova dei profili concreti dei pregiudizi lamentati capaci di valorizzarne i tratti condivisi da tutti i membri della classe, non personalizzabili in relazione a singoli danneggiati, bensì accomunati da caratteristiche tali da giustificarne, tanto l’apprezzamento seriale, quanto la gestione processuale congiuntamente rivendicata.
Corte di Cassazione, Sez. III, 31/05/2019, n.14886