L’ assegno divorzile è un istituto giuridico che ha una funzione assistenziale. La finalità è infatti quella di consentire al coniuge che chiede l’ assegno divorzile di conservare il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Presupposto, quindi per la sua attribuzione è l’inadeguatezza delle risorse del coniuge istante che possono determinare un gap peggiorativo tra il tenore di vita che il coniuge aveva durante il matrimonio e quello che avrebbe ove dovesse far affidamento solo sulle proprie risorse, senza alcun aiuto dell’altro coniuge.
Quindi, ai fini del riconoscimento del diritto all’ assegno divorzile non è necessario che il coniuge istante versi in stato di bisogno. Per assurdo il coniuge istante potrebbe godere già di un tenore di vita elevato, ma se in costanza di matrimonio, grazie all’apporto dell’altro coniuge, il tenore di vita era molto più elevato, si configurerebbe il diritto all’ assegno divorzile.
Esempio: si ipotizzi Sempronia, impiegata in un ente pubblico con una retribuzione mensile di €. 1.400,00 e proprietaria della casa in cui vive con il marito Mevio, affermato professionista con un reddito di €. 10.000,00 mensili e con diverse proprietà immobiliari messe a reddito. In caso di divorzio, nonostante Sempronia abbia una casa di proprietà ed un reddito dignitoso, tuttavia, considerando il tenore di vita goduto, grazie all’elevato reddito del marito, durante il matrimonio, ha titolo e diritto all’ assegno divorzile.
Se il diritto all’ assegno divorzile richiede la valutazione relativa alla possibilità di mantenere il medesimo tenore di vita goduto durante il matrimonio, di converso, ai fini della determinazione dell’ammontare dell’assegno si valutano le condizioni personali ed economiche di entrambi i coniugi, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, nonché la durata del matrimonio.
Ne deriva che il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non costituisce l’unico parametro di riferimento ai fini della statuizione sull’assegno divorzile.
La Corte di Cassazione ha anche di recente, in tal senso, appunto, ribadito il proprio “consolidato orientamento”, secondo il quale il parametro del “tenore di vita goduto in costanza di matrimonio” rileva, bensì, per determinare “in astratto il tetto massimo della misura dell’assegno” (in termini di tendenziale adeguatezza al fine del mantenimento del tenore di vita pregresso), ma, “in concreto”, quel parametro concorre, e va poi bilanciato, caso per caso, con tutti gli altri criteri indicati nello stesso denunciato art. 5 sesto comma, della Legge n. 898 del 1970 .
Tali criteri (condizione e reddito dei coniugi, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla formazione del patrimonio comune, durata del matrimonio, ragioni della decisione) “agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerata in astratto” e possono “valere anche ad azzerarla”.
CORTE COSTITUZIONALE SENTENZA N. 11 ANNO 2015