Ammissione alla messa alla prova
La richiesta di ammissione alla messa alla prova avanzata dall’imputato è subordinata ad una serie di requisiti previsti dalla legge oltre che al potere discrezionale del giudice in ordine alla possibilità di rieducazione e di inserimento del soggetto nella vita sociale. In tal senso anche la recidiva determinata dalla presenza di precedenti penali specifici a carico dell’imputato richiedente e può, di conseguenza, costituire motivo ostativo alla concessione della messa alla prova.
Ciò in base al principio di diritto secondo cui: “La concessione del beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell’art. 168 bis cod. pen, è rimessa al potere discrezionale del giudice e postula un giudizio volto a formulare una prognosi positiva riguardo all’efficacia riabilitativa e dissuasiva del programma di trattamento proposto e alla gravità delle ricadute negative sullo stesso imputato in caso di esito negativo”. (In motivazione la Corte ha precisato che anche la presenza di un precedente penale specifico può essere discrezionalmente considerata dal giudice circostanza valorizzabile in senso negativo nella stima della prognosi), (così Cass., Sez. 4, n. 9581 del 26/11/2015, dep. 08/03/2016).
Nel caso di specie, il giudice di merito di primo grado ha respinto la richiesta di sospensione del processo con messa alla prova presentata dall’imputato in ragione dei precedenti penali dallo stesso annoverati ed indicati negli atti del fascicolo processuale; la decisione veniva confermata in toto anche dai giudici di secondo grado.
Il rigetto trova adeguata giustificazione sulla base del rilievo che l’imputato annovera quattro precedenti specifici e che, ammesso in precedenza allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, è ricaduto nella commissione di un ulteriore reato specifico. Tali circostanze hanno indotto i giudici di merito ad esprimere, con argomentazioni logiche e pertinenti,
un giudizio prognostico negativo circa l’efficacia riabilitativa del trattamento richiesto.
Corte di Cassazione Penale, Sentenza, Sez. 4, n. 2307 del 20/01/2023