Atti Persecutori nella giurisprudenza di legittimità

La Corte di Cassazione, Quinta Sezione Penale, con la sentenza n. 29826 del 2015 torna a soffermarsi sul delitto di atti persecutori secondo il tenore letterale di cui all’art.612 bis C.p.

atti persecutoriNel caso concreto veniva contestato all’imputato il delitto di atti persecutori a seguito dell’invio alla persona offesa (sua ex compagna) di una serie di lettere, missive, sms via cellulare, tutti estremamente offensivi dell’onore, della riservatezza e dell’intimità sessuale della vittima.

A giudizio della Suprema Corte di Legittimità è sufficiente ad integrare il delitto in questione la redazione e la reiterata diffusione di scritti diffamatori, messaggi funzionali ed umilianti verso la persona offesa, con ripetute intrusioni nella vita lavorativa e familiare.

Il delitto di atti persecutori sussiste indipendentemente dalla fondatezza o meno dei messaggi denigratori, purchè gli stessi siano tesi a violare la riservatezza e l’intimità personale della vittima.

Ai fini della qualificazione delle “condotte” come atti persecutori, in conformità ad una corretta interpretazione dell’ipotesi delittuosa delineata dall’art. 612 bis C.p. è necessario che la condotta in questione sia reiterata nel tempo, offensiva e violenta,  idonea a creare nella vittima un crescente stato di disagio, di imbarazzo e di mortificazione.

Allo stesso tempo la condotta ai fini della qualificazione quale atti persecutori deve essere idonea a sfociare in un perdurante e grave stato di ansia a fronte del concreto aggravamento e consolidamento della violazione della riservatezza e della manipolazione dell’identità umana, sociale ed etica della vittima in riferimento al contesto sia familiare che lavorativo.

Inoltre la condotta integrante gli atti persecutori deve comportare, quale ulteriore evento, una alterazione e/o modificazione delle comuni abitudini di vita della vittima.

Corte di Cassazione, Quinta Sezione Penale, sentenza n. 29826 del 2015

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