Credito relativo alla metà del valore dei beni rientranti nella comunione “de residuo”
Nel caso di specie veniva accolta la domanda di un coniuge nei confronti dell’altro (coniuge divorziato), di condanna alla corresponsione del valore corrispondente alla metà dell’immobile di proprietà dello stesso (un terreno e dei fabbricati sullo stesso costruiti), facente parte della comunione de residuo al momento della separazione dei coniugi, quando era venuto meno il regime di comunione legale che i coniugi avevano scelto, non essendo intervenuta prescrizione del diritto di credito del coniuge richiedente, decorrendo la stessa non dall’omologa della separazione ma dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, con applicabilità della sospensione del termine di prescrizione, in pendenza di separazione e fino alla sentenza di divorzio.
Si deve, pertanto, ritenere applicabile ai coniugi separati la sospensione della prescrizione, ai sensi dell’art. 2941 c.c., atteso che il vincolo coniugale, pur attenuato durante la separazione personale, cessa solo con il divorzio?
La Corte di legittimità (Cass. 4502/1985; Cass. 7533/2014) ha inizialmente affermato che “la regola della sospensione del decorso della prescrizione dei diritti tra i coniugi, prevista dall’art. 2941 c.c., comma 1, n. 1, deve ritenersi operante sia nel caso che essi abbiano comunanza di vita, sia ove si trovino in stato di separazione personale, implicando questa solo un’attenuazione del vincolo“. Nella sentenza del 2014 si è valorizzato la finalità dell’istituto della prescrizione di fare venir meno il diritto non esercitato per un determinato periodo di tempo, così garantendo certezza dei rapporti giuridici, e in tale prospettiva la connessa tassatività dei casi di sospensione legislativamente previsti.
La tradizionale interpretazione, sostanzialmente fondata sul tenore letterale della norma di cui all’art. 2941 c.c., n. 1, e sul rilievo che il regime di separazione dei coniugi comporta una mera attenuazione e non l’elisione del vincolo scaturente dal matrimonio, è stato modificato con la sentenza n. 7981/2014, secondo cui “La sospensione della prescrizione tra coniugi di cui all’art. 2941 c.c., n. 1, non trova applicazione al credito dovuto per l’assegno di mantenimento previsto nel caso di separazione personale, dovendo prevalere sul criterio ermeneutico letterale un’interpretazione conforme alla “ratio legis”, da individuarsi tenuto conto dell’evoluzione della normativa e della coscienza sociale e, quindi, della valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto alla conservazione dell’unità familiare e della tendenziale equiparazione del regime di prescrizione dei diritti post-matrimoniali e delle azioni esercitate tra coniugi separati. Nel regime di separazione, infatti, non può ritenersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l’armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza, il venir meno della presunzione di paternità di cui all’art. 232 c.c., e la sospensione degli obblighi di fedeltà e collaborazione“.
Il già ricordato principio di tassatività delle cause di sospensione della prescrizione ha condotto la Corte nella pronuncia n. 7981/2014 ad una interpretazione restrittiva dell’art. 2941 c.c., n. 1, che ne esalta il nucleo valoriale autentico, escludendo l’applicabilità della sospensione della prescrizione ai rapporti tra coniugi non più in comunione di vita, e non ne postula l’applicazione a fattispecie o rapporti diversi da quello considerato dalla norma. La Corte ha valorizzato la sostanziale esautorazione dei principali effetti del vincolo coniugale presente sia nella fase della separazione sia in quella del divorzio, indicando a titolo di esempio la cessazione della convivenza, il venir meno della presunzione di paternità ex art. 232 c.c., la sospensione degli obblighi di collaborazione e fedeltà.
L’orientamento è stato successivamente confermato (Cass. 18078/2014; Cass. 8987/2016).
Anche in relazione a credito diverso dall’assegno di mantenimento, l’indirizzo sull’interpretazione restrittiva della disposizione in esame è stato di recente ribadito da Cass. 24160/2018: “Al credito vantato da un coniuge separato nei confronti dell’altro per la restituzione di somme pagate per spese relative ad un immobile in comproprietà con l’altro coniuge, non si applica la sospensione della prescrizione ex art. 2941 c.c., n. 1, dovendo prevalere sul criterio ermeneutico letterale un’interpretazione conforme alla “ratio legis”, da individuarsi, tenuto conto dell’evoluzione della normativa e della coscienza sociale e, quindi, della valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto alla conservazione dell’unità familiare e della tendenziale equiparazione del regime di prescrizione dei diritti post-matrimoniali e delle azioni esercitate tra coniugi separati. Nel regime di separazione, infatti, non può ritenersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l’armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza“.
In merito alla questione della prescrizione del diritto dell’ex coniuge sulla quota divisionale di spettanza sul patrimonio della comunione de residuo, costituito dai proventi della attività separata dell’ex coniuge non consumati alla data dello scioglimento della comunione, giova richiamare la l. n. 55 del 2015, con la quale è stato modificato il regime del momento di insorgenza della cessazione della comunione dei beni tra i coniugi. La L. 6 maggio 2015, n. 55, art. 2, (contenente disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione legale tra coniugi, tra cui il c.d. “divorzio breve“, in quanto con la nuova legge sono stati ridotti i tempi di separazione necessari per giungere allo scioglimento definitivo del vincolo), entrata in vigore il 26/5/2015, ha aggiunto, all’art. 191 c.c., il seguente comma: “Nel caso di separazione personale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato“. Con la Novella si è accresciuto quel processo di avvicinamento, quanto ai rapporti patrimoniali, tra coniugi separati e tra coniugi divorziati, pur essendo rimasta ferma (seppure nell’abbreviazione del termine per il divorzio) la distinzione sostanziale e formale tra i due procedimenti di separazione e di divorzio.
In definitiva, la ratio della sospensione della prescrizione, evitare il turbamento della armonia familiare tra coniugi conviventi, non può infatti più operare allorché la crisi coniugale ha ormai trovato un riscontro formale nella separazione, e la convivenza è cessata (essendo la riconciliazione ipotesi ormai rarissima).
Corte di Cassazione, Sez. 1, Ordinanza n. 32212 del 02/11/2022