Giuditta è un dipinto (olio su tela, cm 44 x 32,5) realizzato tra il 1621 e il 1630 dal pittore marchigiano Carlo Maratta ed attualmente conservato presso i Musei Capitolini, Pinacoteca Capitolina di Roma.
Carlo Maratta (o anche Maratti, Carlo, Camerano, Ancona 1625- Roma, 1713) è stato un celebre pittore e restauratore italiano, operante soprattutto nella seconda metà del Seicento. Marchigiano di nascita arriva a Roma ancora giovanissimo e acerbo, formandosi presso la prestigiosa bottega di Andrea Sacchi. La sua arte e la sua pittura diventa, col tempo, l’eccellente risultato della combinazione del classicismo e del barocco. Invero nella pittura di Carlo Maratta, il classicismo di Sacchi e di Raffaello si combina con lo stile barocco di Gian Lorenzo Bernini e di Pietro da Cortona, elevandolo tra i principali artisti e pittori maggiormente richiesti e operanti a Roma della seconda metà del Seicento.
Il dipinto Giuditta è una copia del più celebre dipinto “Giuditta e Oloferne” di Guido Reni databile intorno al 1625; si tratta di una copia pressoché identica ad eccezione del paesaggio lunare che nell’opera reniana è situato in alto a destra.
Giuditta, la giovane eroina ebrea che per salvare il suo popolo uccide Oloferne, condottiero dell’esercito assiro, è una tematica biblica (Vecchio Testamento) ampiamente trattata dagli artisti italiani e stranieri, a tal guisa come non citare il celebre dipinto “Giuditta che taglia la testa a Oloferne“, anno 1598-1599, del celebre Michelangelo Merisi, meglio conosciuto come il Caravaggio o ancora l’opera “Giuditta e Oloferne“, anno 1577- 1578 del Tintoretto, e inoltre il dipinto “Giuditta che decapita Oloferne“, anno 1620 della pittrice Artemisia Gentileschi, il dipinto “Giuditta e Oloferne“, realizzato tra il 1730 e il 1740 dalla pittrice di origine veneziana Giulia Lama, e infine il dipinto “Giuditta con la testa di Oloferne” della pittrice milanese Fede Galizia.
L’opera imperniata di un sublime classicismo (che richiama il classicismo reniano) raffigura il personaggio biblico, un momento prima della decapitazione, in piedi con gli occhi rivolti al cielo, mentre con la mano sinistra tiene la testa di Oloferne e con la mano destra impugna la spada. Da notare gli effetti cromatici inseriti nelle pieghe dell’ampio panneggio e la perfetta forma anatomica del braccio di Oloferne, reso ormai inerme dalla totale supremazia della donna.