La messa alla prova minori è un istituto che racchiude tra i suoi obiettivi anche la finalità rieducativa del minore che il legislatore del 1988 ha inteso imprimere a tale strumento processuale.
Unitamente all’ istituto del perdono giudiziale introdotto nell’ordinamento giuridico con il codice Rocco del 1930 e ampliato nella sua operatività con il R.D.L.vo 20\7\1934 n. 1404 istitutivo del Tribunale per i Minorenni, muove dalla stessa esigenza di rinunciare alla affermazione della responsabilità penale del minore e alla realizzazione della pretesa punitiva, qualora venga in rilievo che il minore ha conseguito una completa riabilitazione, che fa fondatamente scongiurare il rischio di recidiva. E in tal senso si manifesta la finalità rieducativa.
A differenza del perdono giudiziale l’istituto della messa alla prova trova applicazione anche a reati punibili in concreto con pena superiore ai due anni di reclusione, e il percorso riabilitativo, in conformità con la finalità rieducativa, avviene all’interno del processo, monitorato dallo stesso organo giudicante, con il determinante intervento dei servizi sociali specializzati ministeriali (USM) e territoriali.
Con l’istituto della messa alla prova si richiede al minore di impegnarsi, con l’aiuto e la guida degli operatori dei servizi specialistici interessati, in una attività di riflessione critica e introspezione personale sulla propria condotta deviante, sulle ragioni soggettive e oggettive che l’hanno determinata, sulla propria concezione del rapporto con la norma (educativa, morale, sociale, penale), con la trasgressione, con la responsabilità; sulle conseguenze del reato, per le persone offese o, in genere, per la collettività.
Si tratta di un cammino critico che deve tenere in considerazione le caratteristiche e le risorse personali del minore.
Quindi, in alcuni casi il percorso di rielaborazione critica del minore può essere più semplice, in altri più complesso, ma in ogni caso il parametro principale di valutazione dell’ esito della prova è dato dall’impegno autentico del minore ad accettare il confronto su questi temi, a porre in discussione il proprio modo di relazionarsi con gli altri e con le norme, per ingaggiarsi in un esame critico della validità delle proprie e altrui opzioni nel confronto con le norme violate e con i diritti delle vittime o comunque dei soggetti sui quali ricadono in qualche modo le conseguenze della propria condotta delittuosa.
Altro fondamentale obiettivo, in termini di finalità rieducativa dell’istituto della messa alla prova, è quello di accompagnare il minore ad acquisire gradualmente una consapevolezza generale, e nel contempo il senso e il significato della propria responsabilità verso la società.
Solo ove tali percorsi siano stati compiuti, alla fine della messa alla prova si potrà ritenere fondatamente scongiurato il rischio della recidiva e dare luogo all’ estinzione del reato.
Invero, l’istituto della messa alla prova non è un mero intervento assistenziale, ma si tratta di un istituto processualpenalistico, che comporta limitazioni alla libertà personale soggetto, vincolato alle prescrizioni, e in cui, in caso di esito positivo, i vantaggi per l’imputato, consistenti nella prospettiva di non subire una condanna e di veder dichiarata l’estinzione del reato, sono pari a quelli della società, che non ha più ragione di difendersi rispetto a un soggetto ormai completamente recuperato.
GUP Tribunale per i Minorenni di Milano sentenza del 13.11.2007