Messa alla prova presentata nel giudizio di secondo grado

Messa alla prova presentata nel giudizio di secondo grado Spese a carico dell'usufruttuario L'ordinanza Pettegolezzo Sospensione della prescrizione Addebito della separazione La caparra confirmatoria Iscrizione di ipoteca Assegno divorzile Rimessione in termini Diritto di satira Programma di trattamento Prestazione di attività non retribuita Diritto di cronaca giudiziaria Circostanze aggravanti Diritto morale d'autore Reato di diffamazione tramite la rete internet Decreto penale di condanna e Impugnazione dell'ordinanza di rigetto Giudizio abbreviato e sospensione del procedimento per messa alla prova tollerabilità delle immissioni Vizi della cosa locata Diffamazione Diffamazione tramite la rete Internet Preliminare di vendita Casellario giudiziale Rilascio dell'immobile locato lavori di straordinaria amministrazione Garanzia per i vizi revoca della sanzione sostitutiva Paternità dell'opera Esimente della verità putativa Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale Diritto di cronaca Sincronizzazione Animali da compagnia Traduzione Obbligazione naturale Modifica del programma di trattamento Format di un programma televisivo Plagio Giurisdizione Relazione investigativa Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte Detenzione del bene Discriminazione direttaLa Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente i requisiti circa l’ammissibilità della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova presentata nel giudizio di secondo grado, e pertanto oltre i termini previsti dall’art. 464-bis, comma 2, C.p.P.

Nel caso di specie la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova non veniva presentata nel giudizio di primo grado in quanto il reato originariamente contestato aveva limiti edittali di pena superiori a quelli previsti dall’art. 168-bis C.p. e non consentiva formalmente quella istanza. Solo con la sentenza di primo grado il fatto era stato riqualificato da Giudice in un reato che consentiva la possibilità di richiedere la messa alla prova.

Inoltre, la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova presentata nel giudizio di secondo grado avveniva dopo che l’imputato aveva chiesto ed ottenuto l’instaurazione del rito abbreviato dinanzi al giudice di primo grado.

L’art. 464-bis, comma 2, C.p.P., prevede termini molto rigorosi entro i quali è possibile la presentazione da parte dell’imputato della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, coincidenti con quelli in relazione ai quali è possibile l’instaurazione di un rito speciale premiale a carattere consensuale.

Tale disposizione, nel confermare la sostanziale parificazione del rito della sospensione con messa alla prova ai riti speciali dell’abbreviato e del patteggiamento evidenzia come non sia possibile la contemporanea presentazione di istanze con le quali l’interessato chieda più di quei giudizi speciali: con la conseguenza che l’instaurazione di uno dei quei riti impedisce, di regola, l’innesto di un altro (in questo senso Cass. n. 9398/2017).

La questione che va considerata è se l’imputato, anche dopo essere stato giudicato con il rito abbreviato, possa essere “restituito nel termine” per presentare quella richiesta ex art. 464-bis C.p.P. laddove non poteva chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova in quanto il reato originariamente contestato aveva limiti edittali di pena superiori a quelli previsti dall’art. 168-bis C.p.

La possibilità di richiedere la sospensione del procedimento con messa è tornata ad essere concreta solo dopo l’emissione della sentenza del giudice di primo grado che ha riqualificato il fatto.

La celebrazione del giudizio di primo grado nelle forme del rito abbreviato non preclude all’imputato la possibilità di dedurre, in sede di appello, il carattere ingiustificato del diniego, da parte del giudice di primo grado, della richiesta di sospensione con messa alla prova purchè siffatta richiesta sia stata già avanzata durante il giudizio di primo grado (così, tra le tante, Cass. n. 30983/2019). La sospensione del procedimento con messa alla prova deve essere richiesta al giudice di primo grado nel termine di cui all’art. 464-bis C.p.P., previa riqualificazione del reato in contestazione.

Sul punto occorre segnalare come le Sezioni Unite, nel risolvere il contrasto esegetico sorto in materia di oblazione, hanno significativamente sostenuto che, nel caso in cui è contestato un reato per il quale non è consentita l’oblazione ordinaria di cui all’art. 162 C.p. né quella speciale prevista dall’art. 162-bis C.p., l’imputato, qualora ritenga che il fatto possa essere diversamente qualificato in un reato che ammetta l’oblazione, ha l’onere di sollecitare il giudice alla riqualificazione del fatto e, contestualmente, a formulare istanza di oblazione; con la conseguenza che, in mancanza di tale espressa richiesta, il diritto a fruire dell’oblazione resta precluso ove il giudice provveda di ufficio ex art. 521 C.p.P., con la sentenza che definisce il giudizio, ad assegnare al fatto la diversa qualificazione che consentirebbe l’applicazione del beneficio (Cass. S.U, n. 32351 del 26/06/2014).

In dettaglio, le Sezioni Unite hanno sottolineato che “tra il diritto di interlocuzione delle parti, da un lato, e il potere decisorio del giudice, dall’altro, si stabilisce un nesso di naturale interdipendenza del secondo dal primo, nel senso che se il giudice è libero di assegnare al fatto, ex officio, la qualificazione giuridica che ritenga corretta, lo stesso giudice è tenuto a scrutinare motivatamente la richiesta delle parti di procedere a nuova qualificazione del fatto.

Va, perciò, riaffermato il principio per cui, laddove la qualificazione del fatto integri un reato la cui pena edittale non consenta tanto il procedimento per oblazione quanto quello della sospensione del procedimento con messa alla prova, è onere dell’imputato sindacare la correttezza della qualificazione stessa, investendo il giudice di una richiesta specifica con la quale formuli istanza per l’instaurazione del rito speciale in riferimento alla qualificazione giuridica del fatto che ritenga corretta.

Pertanto, è necessario che l’imputato abbia formulato, nel termine previsto dall’art. 464-bis C.p.P., la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova contestualmente alla sollecitazione rivolta al giudice di riqualificazione del fatto ascritto a mente dell’art. 521 C.p.P.: solo in tale ipotesi, rigettate entrambe le istanze dal giudice di primo grado, è possibile che la questione venga “riesaminata” dal giudice dell’appello, in quanto altrimenti “l’imputato si vedrebbe negata la possibilità di esercitare il proprio diritto di difesa, sotto lo specifico profilo della scelta di un rito alternativo e dei connessi benefici in termini sanzionatori, in conseguenza dell’erroneo apprezzamento da parte del pubblico ministero circa la qualificazione giuridica del fatto contestatogli, laddove tale erronea qualificazione, pur immediatamente contestata dalla difesa, sia stata rilevata dal giudice soltanto in esito al giudizio.”

Corte di Cassazione Num. 18486 Anno 2020

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