Secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per realizzare una produzione di materiale pedopornografico non è sufficiente che la foto contenga la rappresentazione di organi genitali a scopi sessuali del minore, occorrendo un quid pluris consistente nell’offrire “il minore alla visione perversa di una cerchia indeterminata di pedofili”.
Secondo l’insegnamento nomofilattico attinente al reato di cui all’articolo 600 ter, primo comma, C.p. il delitto di pornografia minorile costituisce reato di pericolo concreto,
“mediante il quale l’ordinamento appresta una tutela penale anticipata della libertà sessuale del minore, reprimendo quei comportamenti prodromici che, anche se non necessariamente a fine di lucro, ne mettono a repentaglio il libero sviluppo personale con la mercificazione del suo corpo e l’immissione nel circuito perverso della pedofilia”.
Pertanto, a parere delle Sezioni Unite, il delitto di pornografia minorile sussiste quando ricorre “una consistenza tale da implicare concreto pericolo di diffusione del materiale pedopornografico prodotto”.
Detto pericolo deve essere accertato di volta in volta dal Giudice, sulla base di vari elementi sintomatici, tra i quali le Sezioni Unite annoverano anche l’esistenza di una struttura organizzativa, seppure rudimentale, “atta a corrispondere alle esigenze di mercato dei pedofili” e “la disponibilità materiale di strumenti tecnici di riproduzione e/o trasmissione, anche telematica, idonei a diffondere il materiale pornografico in cerchie più o meno vaste di destinatari”.
Essendosi negli ultimi quindici anni espanso in modo non prevedibile il fenomeno dei c.d. Social Networks ed in particolare Facebook, ciò ha comportato una maggiore potenza comunicativa anche tra privati nella rete.
Pertanto, laddove, le Sezioni Unite chiedevano al Giudice di merito di accertare di volta in volta la potenzialità concreta di diffusione, attualmente l’inserimento di materiale in un Social Network come Facebook non necessita alcuno specifico accertamento sulla potenzialità diffusiva.
E parimenti anche il riferimento a organizzazioni “rudimentali” o “embrionali” risulta ormai superato, tenuto conto della disponibilità quanto mai agevole che le strutture di comunicazione telematica sociale offrono oggi a chiunque se ne voglia avvalere, senza alcuna necessità di adoperarsi per porre in essere propri personali apparati.
La “piazza telematica” è aperta a tutti e la sua idoneità a diffondere quanto tutti vi versano, incluso il materiale pornografico, ha raggiunto un livello notoriamente così elevato da esonerare la necessità di valutazione del concreto pericolo nel momento in cui il materiale è inserito in un Social Network.
Il convogliamento di materiale, in questi casi, sulla bacheca di un account si traduce in una metastasi diffusiva con la massima facilità, per cui l’inserimento del materiale nel relativo meccanismo diffusorio è già di per sé potenzialmente idoneo, ovvero integra il pericolo concreto di diffusione anche tra i pedofili.
Cassazione n. 16340/2015