Child Grooming

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La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in commento si pronuncia sulla fattispecie penale della violenza sessuale nei confronti di minori che venga realizzata attraverso l’utilizzo di strumenti virtuali, quali il computer, il talet, lo smartphone. Si parla di child grooming, cioè la pratica di adescamento di un soggetto minorenne in internet, tramite tecniche psicologiche volte a superarne le resistenze ed ottenerne la fiducia, per abusare sessualmente.

In tali casi l’adescamento del minore attraverso Internet, ed in particolare i Social Networks, sarebbe caratterizzato da una assenza di contatto materiale tra la vittima e l’adescatore, ma solo puramente virtuale.

Per tali ragioni la Suprema Corte è chiamata a pronunciarsi sulla circostanza se

in assenza di una congiunzione carnale o di alcun tipo di contatto fisico, la violenza sessuale con minori attuata attraverso l’utilizzo di strumenti virtuali possa assumere un rilievo minore con conseguente applicazione dell’attenuante di cui all’ultimo comma dell’art. 609 bis C.p.

In tema di violenza sessuale, ai fini della configurabilità della circostanza per i casi di minore gravità, prevista dall’art. 609-bis, comma 3 C.p. deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le sue caratteristiche psicologiche in relazione all’età, così da potere ritenere che la libertà sessuale del minore sia stata compressa in maniera non grave, e che il danno arrecato allo stesso anche in termini psichici sia significativamente contenuto.

La circostanza attenuante fondata sulla minore gravità del fatto è riferibile sia alle condotte di violenza sessuale (art. 609 bis comma 3 C.p.), eventualmente aggravate per l’età inferiore ai dieci anni della vittima (art. 609 ter comma 2 C.p.), e sia alle ipotesi di atti sessuali con minori di analoga età (art. 609 quater comma 4 C.p.).

Se la violenza sessuale o gli atti sessuali “virtuali” con minori producono, evidentemente, meno danni da un punto di vista strettamente fisico, non può giungersi ad analoga conclusione per quanto riguarda i danni alla psiche della parte lesa, soprattutto nei casi di minori in tenera età.

Lo strumento telematico è diventato di uso comune anche per i minori.

Si usa il computer, il tablet, lo smartphone, per raggiungere gli amici, ma anche per studiare, per giocare, per tenersi informati. I Social Network costituiscono una forma di socializzazione che si è affiancata, quando non li ha patologicamente sostituiti, ai tradizionali strumenti con cui si allacciavano e si intrattenevano i rapporti interpersonali.

Ne deriva che la violenza che arriva attraverso il computer può essere anche più subdola e pericolosa di quella a cui il minore può essere esposto a scuola, in palestra, per strada, ….

In tali casi un minore è sottoposto ad una vigilanza che, invece, si allenta e può intervenire solo successivamente ai fatti, quando il minore è nel chiuso della sua stanza, apparentemente al sicuro dalle insidie degli estranei.

In conclusione occorre affermare che la violenza sessuale o gli atti sessuali “virtuali” con minori non sono necessariamente caratterizzati da una minore gravità rispetto a quelli reali.

Per integrare il reato di cui all’art. 609 quater C.p. non è necessario il contatto fisico fra la vittima e l’agente, sussistendo lo stesso anche quando l’autore del delitto trova soddisfacimento sessuale dal fatto di assistere all’esecuzione di atti sessuali da parte della vittima e, dunque, nei casi in cui la condotta si perfezioni mediante una comunicazione telematica, attraverso la quale il reo induca le vittime minorenni a compiere su se stesse atti sessuali di autoerotismo.

In definitiva:

Il delitto di violenza sessuale con minori si cristallizza ogni qualvolta si compie un atto che involga la sfera della sessualità di un minore.

Corte di Cassazione sentenza n. 16616/2015

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