Sibilla Cumana. Opera del Domenichino

Sibilla Cumana

Sibilla Cumana. Opera del Domenichino

La Sibilla Cumana è un dipinto (olio su tela, cm 138 x 103) realizzato nel 1622 circa dal pittore bolognese Domenico Zampieri, meglio noto come il Domenichino ed attualmente conservato nei Musei Capitolini, Pinacoteca Capitolina di Roma.

Una precedente versione dell’opera, realizzata nel 1617 su commissione del cardinale Scipione Borghese, è conservata presso la Galleria Borghese di Roma; inoltre esistono altre due versioni che raffigurano il medesimo soggetto: una Sibilla Persica conservata presso la Wallace Collection di Londra, e una quarta versione conservata presso una collezione privata in Scozia.

Domenico Zampieri, noto come il Domenichino (Bologna, 21 Ottobre 1581 – Napoli, 6 Aprile 1641), è stato un celebre pittore di origine bolognese, allievo dei fratelli Agostino ed Annibale Carracci e del cugino Ludovico Carracci. Attivo a Roma, città nella quale si trasferisce all’inizio del Seicento al fine di collaborare con il maestro Annibale Carracci, il Domenichino viene annoverato quale uno dei principali artisti del classicismo seicentesco. Tra le opere custodite nelle chiese romane si ricorda il dipinto il Martirio di San Sebastiano conservato all’interno della Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, il dipinto San Francesco riceve le stimmate conservato nella Chiesa di Santa Maria Immacolata a Via Veneto o Chiesa di Santa Maria della Concezione dei Cappuccini, il Ritratto del cardinale Margotti conservato nella Basilica di San Pietro in Vincoli e l’ Assunzione della Vergine per la Basilica di Santa Maria in Trastevere.

La Sibilla Cumana era una figura della mitologia classica, sacerdotessa di Apollo, chiamata cumana perchè proveniente da Cuma, in provincia di Napoli; la stessa  elargiva le sue profezie all’interno di una caverna conosciuta come l'”Antro della Sibilla“.

Il dipinto Sibilla Cumana viene realizzata dal Domenichino nel 1622 su commissione dell’antica e benestante famiglia Albergati, di origine bolognese, in particolare del marchese Girolamo Albergati e raffigura in primo piano la sacerdotessa vestita con abiti sontuosi e con il turbante sul capo. Il volto è delicato, le forme del corpo abbondanti e lo sguardo è rivolto verso l’alto. In mano regge un libro di musica aperto (la musica è infatti una delle materie che il Domenichino conosce ed apprezza tanto da inserirla nei suoi dipinti) e una pergamena arrotolata sulla quale si legge la scritta in greco “C’è un solo Dio infinito e non nato”.

Nella parte alta dell’opera si intravede una pianta di vite, un chiaro riferimento alla tematica della musica, tanto cara al pittore bolognese.

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