Con la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione si è pronunciato in merito alla questione inerente l’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche.
Il caso di specie trae origine da una circolare del dirigente scolastico di un istituto professionale. Con tale circolare il dirigente scolastico ha richiamato la delibera con cui gli studenti della terza classe, riuniti in assemblea, avevano deciso di tenere affisso il crocifisso durante tutte le ore di lezione; e dopo aver ritenuto la scelta degli studenti “coerente con la cultura italiana, che ha nel pensiero cristiano una componente fondamentale, e con le leggi e la Costituzione di questo Paese“, ha invitato formalmente tutti i docenti “a rispettare e a tutelare la volontà degli studenti, autonomamente determinatasi ed espressa con chiarezza nel verbale di assemblea“.
A seguito di tale circostanza, è stata applicata una sanzione disciplinare al docente di lettere per avere sistematicamente rimosso il crocifisso dalla parete dell’aula prima di iniziare le sue lezioni, per poi ricollocarlo al suo posto al termine delle stesse.
La questione di massima di particolare rilevanza, sottoposta all’esame delle S.U. della Corte di Cassazione involge il bilanciamento, in ambito scolastico, fra le libertà ed i diritti tutelati rispettivamente dagli artt. 1 e 2 del D.lgs. n. 297 del 1994, che garantiscono, da un lato, la libertà di insegnamento, intesa come autonomia didattica e libera espressione culturale del docente, e, dall’altro, il rispetto della coscienza civile e morale degli alunni. L’interrogativo riguarda i modi di risoluzione di un eventuale conflitto e la possibilità di far prevalere l’una o l’altra libertà nei casi in cui le stesse si pongano in contrasto fra loro.
La vicenda all’esame delle Sezioni Unite si presenta come nuova, almeno parzialmente.
Innanzitutto perché all’origine di essa c’è una delibera di assemblea studentesca a favore dell’esposizione del crocifisso, non l’ossequio burocratico ad una qualche disciplina che imponga l’ostensione del simbolo. In secondo luogo perché il caso invita a esaminare gli effetti simbolici del crocifisso sull’insegnante dissenziente e non sullo studente.
Occorre tenere presente che l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche non è imposta da disposizioni di legge ma solo da regolamenti, (che includono il crocifisso tra gli arredi scolastici) risalenti nel tempo, applicabili tuttavia alle sole scuole medie inferiori e alle scuole elementari (art. 118, R.D. 30 aprile 1924, n. 965). La vicenda del caso di specie riguarda un istituto di scuola superiore.
L’individuazione dell’ambito applicativo del citato art. 118 costituisce operazione, non soltanto rivolta all’esatta ricostruzione del quadro normativo di riferimento, ma anche diretta a porre il problema, preliminare, se quella previsione regolamentare possa rappresentare, per la sua riferibilità anche agli istituti di secondo grado, idonea copertura normativa dell’ordine di servizio impartito nella specie dal dirigente scolastico, operando come elemento di possibile, o comunque diversa, legittimazione dell’azione dell’amministrazione.
Le Sezioni Unite ritengono che la norma regolamentare contenuta nell’art. 118 del regio decreto n. 965 del 1924, la quale, nell’ambito dell’arredamento scolastico, dispone che della immagine del crocifisso siano dotate le aule scolastiche di tutte le scuole medie, si riferisca anche alle scuole superiori.
Come non ha mancato di sottolineare la dottrina, il termine “istruzione media“, che compare sin dal titolo del regio decreto n. 965 del 1924, deve essere letto secondo la strutturazione del sistema scolastico al momento della introduzione della disciplina. E in quel contesto gli istituti medi di istruzione erano di primo e di secondo grado (così l’art. 1 del regio decreto n. 1054 del 1923: erano di primo grado “la scuola complementare, il ginnasio, il corso inferiore dell’istituto tecnico, il corso inferiore dell’istituto magistrale“; erano di secondo grado “il liceo, il corso superiore dell’istituto tecnico, il corso superiore dell’istituto magistrale, il liceo scientifico, il liceo femminile“) e costituivano il percorso di istruzione che seguiva all’istruzione elementare.
Soltanto con la legge n. 1859 del 1962 la scuola media di durata triennale sarà disciplinata come scuola secondaria di primo grado e come esclusivo percorso post-elementare, attraverso l’unificazione dei molteplici percorsi precedentemente esistenti. Va pertanto escluso che la mutata denominazione di ciò che è, oggi, l’istruzione media possa condurre a sottrarre, dalla sfera di applicazione dell’art. 118 del regio decreto n. 965 del 1924, le scuole medie superiori, e quindi l’istituto tecnico professionale di Stato nel quale si è svolta la vicenda.
La questione in merito all’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche riguarda la compatibilità tra l’ordine di esposizione del crocifisso, impartito dal dirigente scolastico di un istituto professionale statale sulla base di una delibera assunta a maggioranza dall’assemblea di classe degli studenti, e la libertà di insegnamento e di coscienza in materia religiosa, intesa quest’ultima anche come libertà negativa, da assicurare ad ogni docente.
Si tratta di stabilire se la determinazione del dirigente scolastico, rivolta a tutti gli insegnanti della classe, si ponga in contrasto con il principio della libertà di insegnamento del docente dissenziente che desideri fare lezione senza essere costretto nella matrice religiosa impressa dal simbolo affisso alla parete, e collida con il divieto di discriminazione su base religiosa.
I temi coinvolti sono quelli della laicità e della non discriminazione, i quali non solo rimandano alla necessaria equidistanza tra le istituzioni e le religioni nell’orizzonte multiculturale della nostra società, ma anche interrogano al fondo le stesse radici e ragioni dello stare insieme tra individui liberi e uguali in quello spazio pubblico di convivenza, la scuola, che è sede primaria di formazione del cittadino.
Risolvendo la questione di massima di particolare importanza le Sezioni Unite enunciano i seguenti principi di diritto:
– In base alla Costituzione repubblicana, ispirata al principio di laicità dello Stato e alla salvaguardia della libertà religiosa positiva e negativa, non è consentita, nelle aule delle scuole pubbliche, l’affissione obbligatoria, per determinazione dei pubblici poteri, del simbolo religioso del crocifisso.
– L’art. 118 del regio decreto n. 965 del 1924, che comprende il crocifisso tra gli arredi scolastici, deve essere interpretato in conformità alla Costituzione e alla legislazione che dei principi costituzionali costituisce svolgimento e attuazione, nel senso che la comunità scolastica può decidere di esporre il crocifisso in aula con valutazione che sia frutto del rispetto delle convinzioni di tutti i componenti della medesima comunità, ricercando un “ragionevole accomodamento” tra eventuali posizioni difformi.
– E’ illegittima la circolare del dirigente scolastico che, nel richiamare tutti i docenti della classe al dovere di rispettare e tutelare la volontà degli studenti, espressa a maggioranza in una assemblea, di vedere esposto il crocifisso nella loro aula, non ricerchi un ragionevole accomodamento con la posizione manifestata dal docente dissenziente.
– L’illegittimità della circolare determina l’invalidità della sanzione disciplinare inflitta al docente dissenziente per avere egli, contravvenendo all’ordine di servizio contenuto nella circolare, rimosso il crocifisso dalla parete dell’aula all’inizio delle sue lezioni, per poi ricollocarlo al suo posto alla fine delle medesime.
– Tale circolare, peraltro, non integra una forma di discriminazione a causa della religione nei confronti del docente, e non determina pertanto le conseguenze di natura risarcitoria previste dalla legislazione antidiscriminatoria, perché, recependo la volontà degli studenti in ordine alla presenza del crocifisso, il dirigente scolastico non ha connotato in senso religioso l’esercizio della funzione pubblica di insegnamento, né ha condizionato la libertà di espressione culturale del docente dissenziente.
Corte di Cassazione S.U. 9 settembre 2021 n. 24414