Assicurazione presso diversi assicuratori
Dispositivo dell’art. 1910 Codice Civile
Se per il medesimo rischio sono contratte separatamente più assicurazioni presso diversi assicuratori, l’assicurato deve dare avviso di tutte le assicurazioni a ciascun assicuratore.
Se l’assicurato omette dolosamente di dare l’avviso, gli assicuratori non sono tenuti a pagare l’indennità.
Nel caso di sinistro, l’assicurato deve darne avviso a tutti gli assicuratori a norma dell’articolo 1913, indicando a ciascuno il nome degli altri. L’assicurato può chiedere a ciascun assicuratore l’indennità dovuta secondo il rispettivo contratto, purché le somme complessivamente riscosse non superino l’ammontare del danno.
L’assicuratore che ha pagato ha diritto di regresso contro gli altri per la ripartizione proporzionale in ragione delle indennità dovute secondo i rispettivi contratti. Se un assicuratore è insolvente, la sua quota viene ripartita fra gli altri assicuratori.
Con riguardo il diritto di regresso occorre stabilire quale regola proporzionale debba applicarsi per stabilire la misura del regresso fra assicuratori, nell’ipotesi prevista dall’art. 1910, quarto comma, c.c., e dunque se tale misura vada stabilita:
a) in proporzione del massimale garantito (e dunque in misura pari al prodotto del danno per il massimale garantito dal singolo assicuratore, fratto il cumulo dei massimali garantiti da tutti gli assicuratori coinvolti), oppure
b) in proporzione dell’indennizzo dovuto (e dunque in misura pari al prodotto del danno per l’indennizzo concretamente dovuto dal singolo assicuratore, fratto il cumulo degli indennizzi dovuti da tutti gli assicuratori coinvolti).
Tale questione non vede unanime la dottrina, né la rara giurisprudenza che ha avuto occasione di occuparsene.
Un primo orientamento ritiene che la quota di danno a carico di ciascun assicuratore (e quindi, specularmente, la misura del regresso cui ciascun assicuratore ha diritto) debba calcolarsi in proporzione del valore assicurato da ciascuno di essi.
Nell’assicurazione di responsabilità (che è assicurazione di patrimoni e non di cose), nella quale non esiste un valore assicurato, la misura del regresso andrebbe dunque calcolata in proporzione del massimale garantito.
La misura del regresso sarà quindi data, secondo questo orientamento, dal prodotto del danno causato dal sinistro per il massimale, fratto la sommatoria dei massimali garantiti da tutti gli assicuratori che hanno coperto il medesimo rischio.
Questa soluzione è così giustificata: l’assicuratore che garantisce il valore maggiore corre un rischio maggiore ed incassa un premio maggiore. Pertanto, in caso di sinistro è giusto ed equo che sopporti il peso maggiore.
In giurisprudenza, questa opinione risulta condivisa da Trib. Roma, 02-03- 2005 e, per quel che può valere, dalla Corte d’appello del Quinto Circuito (Federal jurisdiction [Usa] Court Appeals Fifth Circuit) di New Orleans (USA) 14-04-2004, in causa Adams c. Unione Mediterranea Sicurtà, in un caso in cui il giudice straniero fu chiamato ad applicare la legge italiana.
Ambedue le decisioni sono motivate in modo apodittico.
Un secondo orientamento ritiene che la quota di indennizzo gravante su ciascun assicuratore (e quindi, specularmente, la misura del regresso a lui spettante) vada calcolata in proporzione non già del valore assicurato, ma dell’indennizzo concretamente dovuto in base al contratto.
La misura del regresso sarà dunque data, secondo questo orientamento, dal prodotto del danno causato dal sinistro per l’indennizzo dovuto dal singolo assicuratore, fratto la sommatoria degli indennizzi dovuti da tutti gli assicuratori che hanno coperto il medesimo rischio.
Questa conclusione viene giustificata con tre argomenti:
a) la lettera della legge (che fa riferimento “all’indennità dovuta”);
b) l’inapplicabilità dell’altro sistema, nel caso di concorso con un assicuratore che abbia garantito un massimale illimitato;
c) le iniquità che produrrebbe l’altro sistema, quando uno degli assicuratori, pur avendo garantito un valore maggiore di quello garantito dagli altri, paghi però un indennizzo inferiore, ad es. perché ha stipulato una sottoassicurazione, oppure per la presenza di franchigie o scoperti.
In questi casi si osserva che la regola di riparto in proporzione del massimale potrebbe addirittura azzerare il diritto di regresso, oppure esporre l’assicuratore a dover versare agli altri assicuratori una somma eccedente l’indennizzo che avrebbe dovuto pagare all’assicurato, se non vi fossero state altre polizze.
In giurisprudenza questa opinione risulta condivisa – ma senza un particolare approfondimento motivazionale – da Trib. Arezzo, 16/10/2009 e da Trib. Massa, 28/02/2017 n. 176 (in quest’ultimo caso assunse le vesti di parte attrice in regresso una delle due società oggi ricorrenti, e sostenne – con successo – una tesi esattamente opposta a quella qui invocata).
Ritiene la Corte di legittimità che il secondo orientamento debba essere preferito per sia in base all’interpretazione letterale, sia in base all’interpretazione finalistica, sia in base all’interpretazione logica.
Dal punto di vista letterale, l’art. 1910, quarto comma, c.c. stabilisce che nell’ipotesi di assicurazione plurima il regresso spettante all’assicuratore solvens sia proporzionale “alle indennità dovute” in base al contratto.
La parola “indennità”, in tutto il Capo XX del Titolo III del Libro Quarto del codice, è sempre utilizzata per indicare l’indennizzo concretamente dovuto, e mai per indicare il valore assicurato (nell’assicurazione danni) o il massimale (nell’assicurazione della responsabilità civile): in tal senso essa compare negli artt. 1911, 1915, 1916, 1917, 1930 c.c.; nonché negli artt. 2742, 2767, 2952 c.c.
Anche il comma terzo dell’art. 1910 c.c. stabilisce che nel caso di assicurazione plurima “l’assicurato può chiedere a ciascun assicuratore l’indennità dovuta secondo il rispettivo contratto”. E nessuno ha mai dubitato che questa norma faccia riferimento all’indennizzo dovuto, non certo al massimale garantito: ché in questa seconda ipotesi non avrebbe senso.
È dunque insostenibile che la medesima espressione (“indennità dovuta secondo il rispettivo contratto”) nel terzo comma dell’art. 1910 c.c. e nell’intero blocco normativo che disciplina il contratto di assicurazione sia stata sempre usata per indicare l’indennizzo, e soltanto nel quarto comma dell’art. 1910 c.c. quell’espressione sia stata usata per indicare il massimale.
E tanto a prescindere dalla considerazione che difficilmente potrebbe, anche solo da un punto di vista squisitamente semantico, rinvenirsi nel lemma “indennità” un significato equiparabile a “massimale”, per come i due concetti sono elaborati nel linguaggio comune e in quello specialistico di settore.
Al medesimo risultato conduce l’interpretazione finalistica.
La ratio dell’art. 1910, quarto comma, c.c. è ridurre, in presenza di più assicuratori, il peso economico del sinistro per ciascuno di essi.
Questa ratio non è un vantaggio per l’assicuratore, ma per la massa degli assicurati, dal momento che il minor costo dei sinistri ha per effetto indiretto la riduzione del premio puro.
Dunque, è coerente con tale ratio una interpretazione della norma che, nel caso di assicurazione del medesimo rischio presso diversi assicuratori, consenta a ciascuno di essi di trarre vantaggio dalla presenza degli altri.
Questo risultato è sempre garantito se la misura del regresso è calcolata in proporzione dell’indennizzo da ciascuno dovuto, secondo la regola proporzionale già in precedenza ricordata.
Lo stesso risultato non sarebbe invece garantito dall’interpretazione secondo cui la misura del regresso andrebbe proporzionata all’importo del massimale.
Questo criterio, infatti, può comportare la perdita di qualsiasi vantaggio per l’assicuratore, il quale, pur avendo garantito un massimale elevato, per effetto di franchigie o scoperti sia tenuto a pagare un indennizzo modesto.
In terzo luogo, dal punto di vista dell’interpretazione logica, rileva la Corte che un’assicurazione della responsabilità civile potrebbe essere stipulata anche per un massimale illimitato. Ma il criterio di determinazione della quota di regresso in proporzione del massimale non sarebbe applicabile in caso di massimale illimitato. Infatti, un numero finito diviso per infinito dà per risultato un infinitesimo tendente a “0” all’infinito, sicché la formula “danno per massimale fratto somma dei massimali” comporterebbe che la quota a carico dell’assicuratore con massimale illimitato sarebbe sempre “tendente a zero all’infinito”, e quindi indeterminabile.
Dal punto di vista comparatistico, ancora, può essere utile ricordare che in un ordinamento prossimo al nostro sul piano del diritto assicurativo, quello francese, fino al 1982 vigeva il principio di riparto del costo del sinistro tra vari assicuratori secondo il criterio proporzionale riferito al massimale.
Poi, con la legge 13.7.1982, è stato modificato l’art. 121-4 del Code des Assurances, e sostituita la regola della proporzione rispetto al massimale con la regola della proporzione rispetto all’indennizzo dovuto, a causa per l’appunto delle “difficoltà applicative” del precedente sistema.
Si enuncia il seguente principio di diritto:
Se più assicuratori hanno coperto in modo indipendente l’uno dall’altro il medesimo rischio (c.d. assicurazione plurima), quello tra loro che ha pagato all’assicurato l’intero indennizzo dovuto secondo il contratto ha diritto di regresso in misura proporzionale rispetto all’indennizzo contrattualmente dovuto da ciascuno degli altri assicuratori. Tale misura si determina moltiplicando il danno patito dall’assicurato per l’indennizzo concretamente dovuto dal singolo assicuratore e dividendo il prodotto per la sommatoria degli indennizzi concretamente dovuti da tutti gli assicuratori.
Corte di Cassazione Civile Sent. Sez. 3 n. 4273 del 2024