La Caparra confirmatoria è regolamentata dall’art. 1385 del Codice Civile.
Se al momento della conclusione del contratto una parte dà all’altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta.
Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.
Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l’esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali.
Come chiaramente desumibile dalla lettera dell’art. 1385, comma 3, C.c. , la caparra confirmatoria ex art. 1385 C.c. ha la funzione di liquidare convenzionalmente il danno da inadempimento in favore della parte non inadempiente che intenda esercitare il potere di recesso conferitole “ex lege“, sicché, ove ciò avvenga, essa è legittimata a ritenere la caparra ricevuta ovvero ad esigere il doppio di quella versata; qualora, invece, detta parte preferisca agire per la risoluzione ovvero l’esecuzione del contratto, il diritto al risarcimento del danno va provato nell'”an” e nel “quantum” (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 8417 del 27.04.2016).
Esiste, pertanto, un’incompatibilità strutturale, sotto il profilo risarcitorio, tra la facoltà di recesso ex art. 1385 C.c. e la domanda di risoluzione per inadempimento, nonostante i due strumenti di tutela citati siano accomunati dal presupposto dell’inadempimento contrattuale.
La disciplina dettata dal secondo comma dell’art. 1385 C.c., in tema di recesso per inadempimento nell’ipotesi in cui sia stata prestata una caparra confirmatoria, non deroga affatto alla disciplina generale della risoluzione per inadempimento, consentendo il recesso di una parte solo quando l’inadempimento della controparte sia colpevole e di non scarsa importanza in relazione all’interesse dell’altro contraente. Pertanto nell’indagine sull’inadempienza contrattuale da compiersi al fine di stabilire se e a chi spetti il diritto di recesso, i criteri da adottarsi sono quegli stessi che si debbono seguire nel caso di controversia su reciproche istanze di risoluzione, nel senso che occorre in ogni caso una valutazione comparativa del comportamento di entrambi i contraenti in relazione al contratto, in modo da stabilire quale di essi abbia fatto venir meno, con il proprio comportamento, l’interesse dell’altro al mantenimento del negozio (Cassazione Civile Sez. II, 08/08/2019, n. 21209). (cit. Corte di Cassazione Civile Ord. Sez. 2 n. 20532 Anno 2020)