La Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente la valutazione o meno delle circostanze aggravanti del reato ai fini dell’ammissibilità della richiesta di messa alla prova, ovvero il giudice deve tenere conto della sola pena edittale prevista per il reato-base.
Invero, su tale questione esiste un duplice contrasto giurisprudenziale relativo alla rilevanza delle circostanze aggravanti, previste dall’art. 63, terzo comma, C.p., nella determinazione dei limiti edittali di applicabilità dell’istituto introdotto con l’art. 3 della Legge 28 Aprile 2014, n. 67. Pertanto, la questione sul computo delle circostanze aggravanti ai fini dell’individuazione dei reati per i quali l’imputato può presentare richiesta di messa alla prova è stata rimessa alle Sezioni Unite.
La questione rimessa all’esame delle Sezioni Unite può essere riassunta nei termini che seguono:
“Se, nella determinazione del limite edittale fissato dall’art. 168-bis, primo comma, C.p.., ai fini dell’applicabilità della disciplina della sospensione del procedimento con messa alla prova, debba tenersi conto delle circostanze aggravanti per le quali la legge prevede una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale“.
L’art. 168-bis C.p. delimita l’ambito operativo dell’istituto della messa alla prova individuando un duplice criterio, nominativo e quantitativo, che comprende, da un lato, le figure delittuose indicate dall’art. 550, comma 2, C.p.P., e, dall’altro, i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva, sia essa sola, congiunta o alternativa a quella pecuniaria, non superiore nel massimo a quattro anni, senza puntualizzare, però, in questo caso, se nella determinazione del limite edittale debbano essere considerati gli eventuali fattori circostanziali aggravatori.
Da qui la questione che ha dato luogo a soluzioni contrastanti in giurisprudenza, con prospettive differenti in grado di incidere sull’ambito applicativo e sulla stessa natura e finalità del nuovo istituto.
Un primo indirizzo ritiene che quando si procede per reati diversi da quelli nominativamente individuati per effetto del richiamo all’art. 550, comma 2, C.p.P., il limite edittale, al cui superamento consegue l’inapplicabilità dell’istituto, si determina tenendo conto delle aggravanti per le quali la legge prevede una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale (Cass., n. 36687/2015).
L’assunto muove dalla constatazione che il legislatore, quando ha inteso delimitare lo spazio applicativo di istituti, processuali o sostanziali, attraverso il criterio quantitativo “edittale“, lo ha sempre fatto prendendo in considerazione le circostanze di cui all’art. 63, terzo comma, C.p. ai fini della determinazione della pena. Il riferimento è, ad esempio: nel codice di rito, alle disposizioni sulla competenza (art. 4), sulla determinazione della pena agli effetti dell’applicazione delle misure cautelari (art. 278) e dell’arresto in flagranza (art. 379), sulla individuazione dei casi di citazione diretta a giudizio (art. 550, comma 1); nel codice penale, alle norme in materia di prescrizione (art. 157, secondo comma) e, da ultimo, a quelle sull’applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto (art. 131-bis).
Di conseguenza, anche per la messa alla prova, pur in assenza di una espressa previsione normativa, si ritiene che la soluzione interpretativa non possa che allinearsi alla disciplina dettata per le ipotesi appena indicate.
A questo primo argomento di portata generale, se ne aggiunge un altro, interno all’art. 168-bis C.p. secondo cui il criterio “quantitativo“, se non conformato al dettato delle altre norme suindicate, si porrebbe in contrasto con il criterio “qualitativo“, attuato con il richiamo all’art. 550, comma 2, C.p.P., in cui il legislatore ha effettuato una precisa scelta di “indicare normativamente” i delitti per i quali è ammesso il nuovo istituto, ricomprendendovi anche quelli con aggravanti per le quali la legge prevede una specie di pena diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale (art. 550, comma 2, lett. c, d, e, f). Tale scelta si spiegherebbe soltanto con la volontà del legislatore di tenere conto della regola stabilita dall’art. 550, comma 1, compreso il richiamo all’art. 4, là dove stabilisce che, ai fini edittali, si considerano le aggravanti speciali e quelle ad effetto speciale.
Il sistema troverebbe così una sua completezza e coerenza, rendendo applicabile la messa alla prova solo ai delitti per i quali si procede a citazione diretta dinanzi al giudice in composizione monocratica.
Da questo indirizzo si discostano quelle decisioni che, sulla base di una interpretazione ritenuta più aderente alla lettera della legge e più coerente sul piano logico e sistematico, ritengono che il parametro quantitativo contenuto nell’art. 168-bis C.p. si riferisce unicamente alla pena massima prevista per la fattispecie base, prescindendo dalla contestazione di qualsivoglia aggravante, comprese quelle ad effetto speciale (Cass. n. 6483/2014).
Le Sezioni Unite condividono quest’ultimo orientamento. L’art. 168-bis C.p. seleziona i reati in base a un duplice criterio, quantitativo e qualitativo, ma non contiene alcun riferimento alla possibile incidenza di eventuali aggravanti al fine di identificare i reati che possono essere ricompresi nell’ambito dell’istituto della messa alla prova.
In considerazione delle finalità specialpreventive perseguite dall’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova e, di conseguenza, del soddisfacimento delle esigenze di prevenzione generale tramite un trattamento che conserva i caratteri sanzionatori, seppure alternativi alla detenzione, risulta pertanto plausibile una sua applicazione anche a reati ritenuti astrattamente gravi.
Sembra evidente, sulla base di un approccio sistematico alla lettura dell’art. 168-bis C.p., che la gravità del reato non debba essere pregiudizialmente enfatizzata nel momento dell’astratto rilievo dei criteri di ammissibilità, in quanto il giudizio effettivo di ammissione del rito resta riservato alla valutazione del giudice circa l’idoneità del programma trattamentale proposto e la prognosi di esclusione della recidiva: valutazione che si svolge in base ai parametri dell’art. 133 C.p., i quali attengono alla gravità del reato, desunta dalla condotta, dall’entità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa e dalla intensità del dolo o dal grado della colpa.
La soluzione che ritiene l’irrilevanza delle circostanze risulta confermata non solo dall’interpretazione letterale dell’art. 168-bis C.p., che pone in evidenza la mancanza di ogni riferimento agli accidentalia delicti, e dalla ricostruzione della voluntas legis, ma anche da un’interpretazione logico-sistematica, là dove si osservi che l’effetto di estendere l’ambito applicativo della messa alla prova a reati che possono presentare un maggiore disvalore trova piena giustificazione con il fatto che si tratta di un istituto che prevede, comunque, un “trattamento sanzionatorio” a contenuto afflittivo, non detentivo, che può condurre all’estinzione del reato. Tale carattere, infine, è confermato dall’art. 657-bis C.p.P., in cui si prevede che nel determinare la pena da eseguire in caso di fallimento della prova (a seguito di revoca o di esito negativo della messa alla prova) venga comunque detratto il periodo corrispondente a quello della prova eseguita.
In conclusione, deve affermarsi il seguente principio di diritto:
“Ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell’istituto della sospensione con messa alla prova, il richiamo contenuto nell’art. 168-bis C.p. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie-base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese le circostanze ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato“.
Corte di Cassazione Sent. Sez. U Num. 36272 Anno 2016