Il Concorso di persone nel reato è disciplinato dall’art. 110 C.p. “Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti“.
In tale contesto occorre verificare la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato concorsuale, posto che, come da tempo affermato dalla giurisprudenza di legittimità, poiché per la sussistenza del concorso di persone nel reato occorre un rapporto di causalità materiale tra la condotta dell’agente e l’evento nonché una preventiva adesione psichica del compartecipe alla commissione del reato, la responsabilità penale del predetto può essere affermata solo qualora egli, nell’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti, sia stato in grado di prevedere in concreto l’evento, mostrando piena adesione psichica e fornendo un contributo causale efficiente al suo verificarsi (cfr. Cass., Sez. I, n. 11970 del 31/10/1995). La responsabilità di chi coopera alla realizzazione di un fatto criminoso, dunque, presuppone che il suo apporto sia stato prestato con consapevole volontà di contribuire, anche solo agevolandola, alla verificazione del fatto criminoso (cfr. Cass., Sez. I, n. 15860 del 09/12/2014).
Come è stato ribadito da un recente e condivisibile arresto della Corte di Cassazione in tema di concorso di persone nel reato, ai fini della sussistenza del dolo del reato concorsuale, che richiede la consapevole contribuzione, anche solo agevolativa, dell’agente alla realizzazione del reato, è necessario l’accertamento della conoscenza, anche unilaterale, della condotta altrui da parte del concorrente (cfr. Cass., Sez. II, n. 44859 del 17/10/2019).
Peraltro non necessariamente il dolo nel reato concorsuale di evento si configura come dolo diretto, potendosi atteggiare anche in termini di dolo indiretto (indeterminato, alternativo od eventuale), in cui l’evento sia stato considerato come possibile conseguenza ulteriore o diversa della condotta criminosa concordata (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. II, n. 48330 del 26/11/2015).
Ed invero, come è stato correttamente rilevato, perché il concorrente risponda di un reato di evento, non è necessario, come per l’esecutore materiale, che l’evento sia stato da lui voluto con dolo diretto, ma è sufficiente che sia stato voluto con dolo eventuale e, pertanto, egli deve aver concorso all’azione dell’esecutore materiale non soltanto prevedendo in concreto l’evento come possibile conseguenza dell’azione concordata, ma addirittura accettandone il rischio di accadimento, pur di realizzare l’azione concordata e sempre che l’evento rientri, in modo diretto e conseguenziale, nello schema esecutivo di tale azione (cfr. Cass., Sez. II, n. 20793 del 15/04/2016).
In altri termini sussiste il dolo eventuale quando l’agente si sia rappresentato la significativa possibilità di verificazione dell’evento e si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di cagionarlo come sviluppo collaterale o accidentale, ma comunque preventivamente accettato, della propria azione, in modo tale che, sul piano del giudizio controfattuale, possa concludersi che egli non si sarebbe trattenuto dal porre in essere la condotta illecita, neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento medesimo (cfr. Cass., Sez. I, n. 18220 del 11/03/2015).
Per la configurabilità del dolo eventuale, dunque, occorre la rigorosa dimostrazione che l’agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa e a tal fine l’indagine giudiziaria, volta a ricostruire l'”iter” e l’esito del processo decisionale, può fondarsi su una serie di indicatori, quali: la personalità e le pregresse esperienze dell’agente; la durata e la ripetizione dell’azione; il comportamento successivo al fatto; il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali; la probabilità di verificazione dell’evento; le conseguenze negative anche per l’autore in caso di sua verificazione; il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l’azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l’agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento (cfr. Cass., Sez. U. n. 38343 del 24/04/2014; Cass., Sez, V, n. 23992, del 23/02/2015) – (Ancora sul punto Cass., Sez. V, n. 25221/2020: ai fini del concorso in omicidio volontario, è sufficiente un contributo limitato alla sola fase preparatoria e di organizzazione logistica del reato materialmente commesso da altri concorrenti, non essendo necessario che il concorrente sia informato sull’identità di chi agirà, sulle modalità esecutive della condotta e sull’identità della vittima, purché vi sia la consapevolezza da parte sua che la propria azione si iscriva in un progetto delittuoso finalizzato alla realizzazione di un omicidio, la cui ideazione ed esecuzione è affidata ad altri; in questo senso, Cass., Sez. I, n. 25846 del 30/11/2015, ovvero, in alternativa, in un piano delittuoso lo sbocco del quale, rappresentato dall’evento letale, sia solo una eventuale e possibile conseguenza dell’azione concordata, il cui verificarsi, tuttavia, è accettato dal concorrente come un rischio possibile, che non gli impedisce di fornire il suo contributo materiale alla realizzazione del progetto).