La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta nuovamente la questione inerente la nullità del decreto penale di condanna che non contiene il previo avviso per l’imputato della possibilità di richiedere la sospensione per messa alla prova.
Invero, con la pronuncia della Corte Costituzionale n. 201 del 2016 si è infatti dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 660, comma 1, lettera e), C.p.P.., “nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna debba contenere l’avviso all’imputato che ha facoltà di chiedere la sospensione del procedimento per messa alla prova unitamente all’atto di opposizione“, sul rilievo che, poiché, nel procedimento per decreto il termine entro il quale chiedere la messa alla prova è anticipato rispetto al giudizio, e corrisponde a quello per proporre opposizione, la mancata previsione tra i requisiti del decreto penale di condanna di un avviso, come quello previsto dall’art. 460, comma 1, lettera e), C.p.P. per i riti speciali, della facoltà dell’imputato di chiedere la messa alla prova comporta una lesione del diritto di difesa. L’omissione di questo avvertimento può infatti determinare un pregiudizio irreparabile, perché l’imputato non avvisato potrebbe formulare la richiesta in questione solo nel corso dell’udienza dibattimentale, e quindi tardivamente.
In conseguenza della pronuncia in questione, dunque, con riferimento agli avvisi all’imputato raggiunto da decreto penale di condanna, la sospensione del procedimento con messa alla prova è stata posta sul medesimo piano dei riti alternativi (Cass. n. 21897 del 21/02/2017). Dunque, l’effettivo esercizio della facoltà di chiedere i riti alternativi costituisce una delle più incisive forme di partecipazione attiva dell’imputato alle vicende processuali, con la conseguenza che ogni illegittima menomazione di tale facoltà, risolvendosi nella violazione del diritto di difesa, integra la nullità di ordine generale sanzionata dall’art. 178, comma 1, lettera c), C.p.P.
L’omissione dell’avviso di cui si tratta, quindi, determina una nullità di ordine generale non assoluta che sarebbe sanata, in base al combinato disposto dell’art. 180 C.p.P. e dell’art. 182, comma 2, C.p.P. ove non venisse eccepita, dalla parte che vi assiste, immediatamente dopo il suo compimento.
Nella fattispecie sottoposta all’esame della Suprema Corte di Cassazione l’opposizione a decreto penale era stata proposta prima della pronuncia d’incostituzionalità della Corte Costituzionale (sentenza n. 201 del 6 Luglio 2016, depositata il 21 Luglio 2016). Ne consegue che nel caso di specie non può porsi un problema di eventuale tardività nel rilievo della nullità concernente l’omesso avviso, in quanto per potere eccepire una nullità occorre avere contezza del vizio.
La Suprema Corte di Cassazione annulla la sentenza di primo e di secondo grado e dispone la rimessione in termini dell’imputato per l’esercizio del diritto di ammissione al beneficio della messa alla prova, alla luce della sentenza Corte Costituzionale n. 201 del 2016.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 4906 del 2020