Il c.d. diritto alla identità personale viene elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza di legittimità e di merito, quale oggettività giuridica da tenere distinta rispetto al bene dell’onore.
Invero il diritto all’onore viene ritenuto quale il diritto di ciascuno ad una rappresentazione veritiera della propria personalità dinanzi agli altri, che risulti immune da travisamenti o alterazioni delle proprie caratteristiche fisiche, psico-caratteriali, affettive e comportamentali oltre che delle condizioni economiche e delle relazioni interpersonali.
Il diritto alla identità personale coinvolge, invece un’area di rappresentazioni che è comune anche al diritto all’onore e che è data da quelle non veritiere e lesive dell’onore stesso ma si estende anche oltre: esso tutela anche le rappresentazioni non veritiere che non offendono l’onore.
In altri termini il travisamento dell’identità personale, in caso di rappresentazioni non veritiere ma non offensive dell’onore non trova tutela nell’ordinamento penale e consente soltanto una tutela civilistica di tipo inibitorio e\o risarcitorio.
Sulla base dei principi espressi dalla giurisprudenza civile, l’interesse della persona, fisica o giuridica, a preservare la propria identità personale, nel senso di immagine sociale, quale insieme di valori intellettuali, politici, religiosi, professionali ecc., rilevanti nella rappresentazione che di essa viene data nella vita di relazione, nonché, correlativamente, ad insorgere contro comportamenti altrui che menomino tale immagine, pur senza offendere l’onore o la reputazione, ovvero ledere il nome o l’immagine fisica, deve ritenersi qualificabile come posizione di diritto soggettivo, alla stregua dei principi fissati dall’art. 2 della Costituzione in tema di difesa della personalità nella complessità ed unitarietà di tutte le sue componenti.
Lo stesso è inoltre tutelabile in applicazione analogica della disciplina dettata dall’art. 7 C.c. con riguardo al diritto al nome, con la conseguente esperibilità, contro i suddetti comportamenti, di azione inibitoria e di risarcimento del danno, nonché possibilità di ottenere, ai sensi del secondo comma del citato art. 7 C.c., la pubblicazione della sentenza che accolga la domanda, ovvero, se si tratti di lesione verificatasi a mezzo della stampa, anche la pubblicazione di una rettifica a norma dell’art. 42 della legge 5 agosto 1981 n. 416.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 5 Num. 37383 Anno 2011