Dolo eventuale: ricettazione e riciclaggio attraverso il Phishing

dolo eventualeLa Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, si pronuncia sulla questione relativa alla sussistenza del dolo eventuale nei reati di ricettazione e di riciclaggio realizzati attraverso strumenti informatici c.d. “phishing”.

Il Phishing è caratterizzato da una prima fase nella quale l’autore materiale dell’operazione truffaldina invia un numero elevato di messaggi di posta elettronica individuati a caso ed utilizzando il logo di istituti di credito o delle Poste Italiane ed invitando i destinatari a comunicare i codici di accesso ai propri conti correnti per una presunta verifica dei dati, in modo da poter operare via Internet sui conti correnti delle vittime.

In una seconda fase il truffatore ricerca via Internet persone disposte, dietro riconoscimento di una provvigione, ad aprire un conto corrente (o ad utilizzare il proprio) al fine di farsi accreditare i bonifici di denaro provenienti dai conti delle vittime ma disposti dal truffatore.

Infine dette persone prelevano in contanti le somme di provenienza illecita loro accreditate o le trasferiscono ad altri conti di destinazione così da farle pervenire, previamente decurtate della provvigione loro promessa, al destinatario finale dell’operazione truffaldina.

Occorre stabilire quale tipo di elemento soggettivo sia richiesto per la configurabilità dei reati di cui agli artt. 648 e 648-bis C.p.

Sul punto le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno avuto modo di chiarire che l’elemento psicologico del reato in esame è costituito dalla rappresentazione e volizione del fatto antigiuridico o anche, nel caso di dubbio, dalla sua accettazione, alla quale si collega secondo la giurisprudenza il dolo eventuale.

L’ agente si rappresenta la possibilità di commettere un delitto e ne accetta la realizzazione: egli non si astiene dal tenere una condotta ben sapendo che può dar luogo a un illecito, anche se questo non viene direttamente voluto.

Può dirsi che ci si trova in presenza di un dolo eventuale quando chi agisce

si rappresenta come seriamente possibile (non come certa) l’esistenza di presupposti della condotta ovvero il verificarsi dell’evento come conseguenza dell’azione e, pur di non rinunciare all’azione e ai vantaggi che se ne ripromette, accetta che il fatto possa verificarsi: il soggetto decide di agire “costi quel che costi”, mettendo cioè in conto la realizzazione del fatto.

Fermo rimanendo che la ricettazione può essere sorretta anche da un dolo eventuale resta da stabilire come debba avvenire il suo accertamento.

Del resto il dolo eventuale non forma oggetto di una testuale previsione legislativa: la sua costruzione è rimessa all’interprete ed è ben possibile che per particolari reati assuma caratteristiche specifiche.

Occorrono per la ricettazione circostanze più consistenti di quelle che danno semplicemente motivo di sospettare che la cosa provenga da delitto, sicché un ragionevole convincimento che l’agente ha consapevolmente accettato il rischio della provenienza delittuosa può trarsi solo dalla presenza di dati di fatto inequivoci, che rendano palese la concreta possibilità di una tale provenienza.

In termini soggettivi ciò vuol dire che il dolo eventuale nella ricettazione richiede un atteggiamento psicologico che, pur non attingendo il livello della certezza, si colloca su un gradino immediatamente più alto di quello del mero sospetto, configurandosi in termini di rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto.

Può ragionevolmente concludersi che il dolo eventuale rispetto alla ricettazione è ravvisabile

“quando l’agente, rappresentandosi l’eventualità della provenienza delittuosa della cosa, non avrebbe agito diversamente anche se di tale provenienza avesse avuta la certezza.”

I principi sopra evidenziati hanno avuto seguito anche in materia di riciclaggio laddove si è avuto modo di precisare che

“in tema di riciclaggio, si configura il dolo nella forma eventuale quando l’agente si rappresenta la concreta possibilità, accettandone il rischio, della provenienza delittuosa del denaro ricevuto ed investito”

Corte di Cassazione Sent.  Num. 44156 Anno 2014

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