Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone
Dispositivo dell’art. 393 Codice Penale
Chiunque, al fine indicato nell’articolo precedente, e potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo usando violenza o minaccia alle persone, è punito, a querela dell’offeso, con la reclusione fino a un anno.
Se il fatto è commesso anche con violenza sulle cose, alla pena della reclusione è aggiunta la multa fino a euro 206.
La pena è aumentata se la violenza o la minaccia alle persone è commessa con armi.
Distinzione tra il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e quello di estorsione
Ai fini della distinzione tra le fattispecie di cui agli artt. 393 e 629 cod. pen. occorre fare applicazione dei principi stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte di cassazione secondo cui il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e quello di estorsione si differenziano tra loro in relazione all’elemento psicologico, da accertarsi secondo le ordinarie regole probatorie (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020). Con particolare riferimento all’intensità della minaccia e della violenza quali elementi distintivi delle fattispecie, la pronuncia prosegue affermando espressamente che:” Come già evidenziato, tra le altre, da Sez. 2, n. 46288 del 28 giugno 2016 e Sez.2 n. 51433 del 4 dicembre 2013, sia l’articolo 393 comma terzo, codice penale che l’articolo 629, comma secondo, codice penale (in quest’ultimo caso, mediante richiamo dell’articolo 628, comma terzo, numero 1 codice penale) prevedono che la pena è aumentata se la violenza o minaccia è commessa con armi, senza legittimare distinzioni tra armi bianche ed armi da fuoco: è quindi normativamente prevista la qualificazione come esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone, aggravato dall’uso di un’arma, anche di condotte poste in essere con armi tali da rendere la violenza o la minaccia di particolare gravità, ovvero costrittiva, e comunque sproporzionata, rispetto al fine perseguito. Detto riferimento appare decisivo, atteso che, secondo il contrario orientamento, siffatta condotta dovrebbe sempre integrare gli estremi del più grave delitto di estorsione, il che, per espressa previsione di legge, non è…. La stessa relazione del Guardasigilli al Re sul progetto del codice penale, pur in estrema sintesi (pagina 158), osserva che la fattispecie tipica di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone è comprensiva di ogni specie di violenza, fisico morale, senza attribuire, quindi, alcuna rilevanza al quantum di violenza esercitata oppure alla gravità della minaccia proferita. E’ stato, infine, già evidenziato da questa Corte (sezione sesta numero 45064 del 12 giugno 2014, Sevdari, in motivazione) che le norme sostanziali poste a confronto non contengono alcuna gradazione (né verso l’alto né verso il basso) delle modalità espressive della condotta violenta o minacciosa e che le fattispecie si distinguono in base al solo finalismo della condotta, che in un caso è mirata al conseguimento di un profitto ingiusto, e nell’altro allo scopo, soggettivamente concepito in modo ragionevole, di realizzare, pur con modi arbitrali, una pretesa giuridicamente azionabile. In questa prospettiva, il livello offensivo della coercizione finisce con l’incidere sulla gradazione della pena, ma non sulla qualificazione del fatto: risulta, pertanto, evidente la carenza di tipicità che si connette all’enucleazione, in assenza di qualsiasi segnale linguistico, di una sotto fattispecie delle nozioni di violenza e minaccia, così gravemente intimidatorie da connotare ex se di ingiustizia qualunque finalismo, e dunque sostanzialmente da annullare la funzione definitoria del corrispondente riferimento alla specifica connotazione del profitto perseguito dall’estorsore“.
Può pertanto affermarsi che secondo le Sezioni Unite l’intensità della violenza o minaccia non può assurgere ad elemento discretivo delle fattispecie previste e punite dagli artt. 393 e 629 cod. pen. rilevando soltanto l’elemento intenzionale, in specie costituito dal fine perseguito dall’agente che, nel caso dell’esercizio arbitrario è diretto alla attuazione di un proprio diritto, mentre, nell’estorsione, mira al conseguimento di un profitto ingiusto perché privo di qualsiasi fondamento giuridico.
Ne consegue che secondo la stessa dizione contenuta nella pronuncia delle Sezioni Unite è fondamentale accertare ai fini della qualificazione ex art. 393 cod. pen. l’esistenza di “una pretesa giuridicamente azionabile” poiché solamente a fronte dell’esistenza di tale circostanza può ritenersi sussistere il meno grave delitto.
Al proposito, questa corte, ha già reso affermazioni analoghe in tema di richieste di pagamento di interessi usurari ovvero di pagamento di partite di stupefacenti poiché la causa illecita del negozio originario, escludendo la giuridica azionabilità della domanda, la espunge dall’ordinamento e rende i fatti minacciosi e violenti successivamente posti in essere qualificabili, sempre, come ipotesi di estorsione, rientranti nel parametro di cui all’art. 629 cod. pen.
In particolare, si è affermato che integra il delitto di estorsione la condotta minacciosa o violenta con la quale si costringa, o si tenti di costringere, il beneficiario della cessione di sostanza stupefacente a pagarne il prezzo, trattandosi dell’esercizio di una pretesa non tutelabile dall’ordinamento. (Sez. 3 -, n. 9880 del 24/01/2020).
Ancora in tema di credito usurario si è affermato che è configurabile il delitto di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, nei confronti del creditore che, a fronte di un’iniziale pattuizione usuraria, contraddistinta da prestiti successivi gravati da interessi parimenti illeciti, si rivolga al debitore con violenza o minaccia per ottenerne la restituzione, a meno che risulti inequivocabilmente accertato l’intervento, prima dell’esercizio della violenza o della minaccia, di una totale novazione del rapporto tra le parti, con sostituzione, rispetto al credito originario, della pretesa della sola somma capitale ovvero di altra somma gravata da interessi legittimi. (Sez. 2, n. 26235 del 12/05/2017).
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 2 n. 34188 del 2022