Estinzione del reato e Sanzione accessoria: confronti

estinzione del reatoL’istituto della messa alla prova, previsto dall’art. 168 bis C.p., ha in comune con l’istituto del lavoro di pubblica utilità, previsto dagli artt. 186 comma 9 bis e 187 comma 8 bis C.d.S., il fatto che entrambi integrano una causa di estinzione del reato ed il fatto che entrambi si riferiscono alla medesima sanzione accessoria della sospensione della patente di guida.

Tuttavia, i due istituti si distinguono tra loro, in quanto l’istituto della messa alla prova prescinde dall’accertamento di una penale responsabilità ed ha come finalità quella di pervenire ad una composizione preventiva e pregiudiziale del conflitto penale, mentre l’istituto del lavoro di pubblica utilità, presuppone l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato (tramite la celebrazione del giudizio in forma dibattimentale, oppure con lo svolgimento del rito abbreviato, o, comunque, la sua definizione con l’adozione dell’applicazione di pena ex art. 444 C.p.P. o anche con decreto penale dì condanna non opposto) e la condanna dello stesso ad una pena, che viene poi convertita nella forma alternativa di espiazione, costituita per l’appunto dal lavoro di pubblica utilità.

Il Legislatore del 2014, si è preoccupato, infatti, con l’art. 3, comma 11, della Legge 67/2014, di inserire nel codice penale l’art. 168-ter che, al secondo comma, prevede espressamente che l’estinzione del reato per l’esito positivo della messa alla prova non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie ove previste dalla legge.

Si tratta, peraltro, di una previsione necessaria, in quanto il nuovo istituto della messa alla prova,  che può essere fatto rientrare, a pieno titolo, nella cause di estinzione del reato (come si ricava inequivocabilmente proprio dal tenore del comma 2 dell’art. 168-ter, laddove la norma si riferisce agli effetti dell’esito positivo della prova), si caratterizza, tuttavia, dalle altre cause di estinzione del reato per il suo carattere di strumento di composizione preventiva e pregiudiziale del conflitto penale, insorto con la formulazione dell’accusa verso l’imputato o con l’inizio dell’indagine da parte del PM.

Non prevede, in altri termini, un preventivo accertamento di penale responsabilità.

Ciò posto, nel caso della sanzione amministrativa della sospensione della patente, la competenza all’irrogazione della stessa all’esito della positiva “messa alla prova” e dell’estinzione del reato, vada individuata, ai sensi dell’art. 224 co. 3 Cds in capo al Prefetto.

La norma in questione prevede, infatti, testualmente, che:

“La declaratoria di estinzione del reato per morte dell’imputato importa l’estinzione della sanzione amministrativa accessoria. Nel caso di estinzione del reato per altra causa, il prefetto procede all’accertamento della sussistenza o meno delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria e procede ai sensi degli articoli 218 e 219 nelle parti compatibili. L’estinzione della pena successiva alla sentenza irrevocabile di condanna non ha effetto sulla applicazione della sanzione amministrativa accessoria”.

Non deve trarre in inganno, in tal senso, la diversa previsione di cui agli artt. 186 comma 9 bis e 187 comma 8 bis del medesimo Codice della Strada, sebbene vi siano indubbi punti di contatto nelle modalità (il lavoro di pubblica utilità) e nell’esito (l’estinzione del reato) con il nuovo istituto della messa alla prova.

L’art. 168-bis comma 2 C.p. delinea i contenuti del regime di messa alla prova, conferendo rilievo prioritario alle condotte riparative:

“prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato”.

A tali condotte si associa l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma. 

La messa alla prova “può implicare, tra l’altro” lo svolgimento di attività di volontariato sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.

Costituisce invece presupposto indefettibile del nuovo istituto la prestazione di lavoro di pubblica utilità (“la concessione della messa alla prova è (…) subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità”).

Si tratta di prestazioni non retribuite in favore della collettività, affidate tenendo conto “delle specifiche professionalità e attitudini lavorative dell’imputato”, articolate secondo un orario giornaliero non superiore alle otto ore, da svolgere per non meno di dieci giorni, anche non continuativi, e da modulare in termini compatibili con le esigenze di lavoro, di studio di famiglia e di salute dell’imputato.

La centralità del lavoro gratuito nell’economia della misura è confermata: a) dalla previsione dell’art. 168-quater del C.p. che individua il rifiuto opposto dall’imputato “alla prestazione del lavoro di pubblica utilità” come autonoma causa di revoca anticipata; b) dalla previsione del nuovo art. 464-bis comma 4 lett. b), C.p.P. che indica “le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilità ovvero all’attività di volontariato di rilievo sociale” tra i contenuti obbligatori del programma di trattamento che l’imputato deve allegare all’istanza di ammissione; c) dalla previsione del nuovo art. 141-ter comma 3 disp. att. C.p.P., che coniuga all’indicativo la previsione, tra gli allegati che devono corredare il programma di trattamento da sottoporre al giudice in vista dell’ammissione della misura, l’adesione dell’ente “presso il quale l’imputato è chiamato a svolgere le proprie prestazioni”.

Dunque la previsione obbligatoria del lavoro di pubblica utilità costituisce il profilo sanzionatorio di maggior rilievo della nuova misura, quello che esprime la sua “necessaria componente afflittiva”, secondo quanto si evince dai lavori preparatori della legge 67/2014.

Invece per l’applicazione della sanzione del lavoro di pubblica utilità, è necessario il previo accertamento della responsabilità dell’imputato.

E, nel caso di positivo esito del lavoro di pubblica utilità, si verifica, oltre all’effetto estintivo del reato, anche un effetto favorevole sull’entità della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.

In tal caso, infatti, il giudice fissa una udienza ad hoc nella quale emette sentenza con la quale “dichiara estinto il reato, dispone la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e revoca la confisca del veicolo sequestrato”.

Qualche perplessità potrebbe destare la circostanza che, a fronte di un accertamento di penale responsabilità, gli artt. 186 comma 9 bis e 187 comma 8 bis Codice della Strada prevedano espressamente una riduzione della metà della sanzione amministrativa, mentre analoga riduzione non è stata prevista nel caso di estinzione del reato ex art. 168-bis C.p. laddove manca l’accertamento di responsabilità.

Tale differente disciplina, tuttavia, è frutto di una legittima scelta del legislatore che, come si è premurato di scrivere l’art. 168-ter C.p. per precisare che l’estinzione del reato non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge, ben avrebbe potuto prevederne anche una riduzione.

E se non l’ha fatto, evidentemente, è perché ha considerato l’assorbente vantaggio, per chi richiede la messa alla prova, pur a sanzione amministrativa accessoria inalterata, di poter pervenire all’estinzione del reato senza alcun accertamento di penale responsabilità a suo carico.

Corte di Cassazione Sent. Num. 29639 Anno 2016

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