Estremi del delitto tentato
Nel delitto tentato, caratterizzato dalla punibilità di atti che – per definizione – non hanno raggiunto lo scopo perseguito dagli agenti e tipizzato dal legislatore nella norma incriminatrice di parte speciale è – da sempre – questione delicata quella della individuazione in fatto della idoneità (da valutarsi ex ante ed in concreto, secondo la prospettiva dell’agente) e della univocità (direzione della condotta verso quello scopo previsto dalla norma di parte speciale) dell’azione posta in essere.
Estremi del delitto tentato. Valutazione dell’elemento psicologico del reato
La valutazione dell’elemento psicologico del reato, invece, va svolta in concreto, spiegando le ragioni per le quali da quello specifico comportamento si sarebbe dovuto inferire la prova di una determinata volontà delittuosa.
Il dolo, infatti, è fenomeno interiore (di rappresentazione e volontà della condotta causativa dell’evento preso di mira) che si ricostruisce necessariamente in via indiziaria, attraverso la valorizzazione di «indicatori fattuali» capaci di sostenere l’opzione ricostruttiva di sussistenza e di qualificazione, come ribadito da Cass., Sez. U., n. 38343 del 29.4.2014, – ove si afferma che le difficoltà connesse alla dimostrazione di un dato «così poco estrinseco» come l’atteggiamento interiore non possono dar luogo a schemi presuntivi, ma postulano l’adozione di un ragionamento indiziario di particolare complessità «dovendosi inferire fatti interni o spirituali attraverso un procedimento che parte dall’ id quod plerumque accidit e considera le circostanze esteriori, caratteristiche del caso concreto, che normalmente costituiscono l’espressione o accompagnano o sono comunque collegate agli stati psichici.»
La riconoscibilità del tentativo punibile richiede, pertanto, la logica e coerente individuazione di ‘segni esteriori‘ della condotta che, in rapporto alle circostanze del caso concreto, siano idonei da un lato a consentire (attraverso una catena inferenziale solida) la deduzione in punto di idoneità, dall’altro a svelare la reale intenzione perseguita dall’agente.
I segni esteriori di cui si parla hanno sovente valenza biunivoca, posto che lo stesso elemento psicologico, per la sua particolare essenza di atteggiamento interiore, e fatta salva l’ipotesi di ammissione da parte dell’interessato, richiede necessariamente un percorso dimostrativo di tipo indiziario, anch’esso basato sulla valorizzazione di antecedenti causali e/o di particolari modalità della condotta manifestatasi (tra le molte, Sez. 2, n. 3957 del 17.2.1993, nonché, di recente, Sez. 1, n. 31449 del 14.2.2012).
Corte di Cassazione Penale sentenza Sez. 1 n. 35622 del 2019