La giurisprudenza di legittimità ha affermato che in materia di trattamento dei dati personali, quando la tutela contro siffatto trattamento venga invocata nell’ambito di un rapporto di consumo, come tale soggetto al disposto dell’art. 33, lettera u), del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 il foro ivi previsto prevale su quello individuato dall’art. 152 del D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e ora dall’art. 10 del D.lgs. n. 150 del 2011.
La competenza del giudice del luogo di residenza o di domicilio elettivo del consumatore è una competenza esclusiva, che prevale su ogni altra.
Per l’esatta comprensione della portata di tale affermazione, occorre muovere dalla considerazione che i diritti del consumatore, i quali, pur non essendo direttamente previsti dalla Costituzione, sono tuttavia al centro di numerose norme dell’Unione europea, a partire dal Trattato di Roma del 25 marzo 1957, che individua nella protezione del consumatore uno degli obiettivi primari dell’Unione (artt. 4, 12, 114 e 169), fino alla Carta di Nizza che all’art. 38 ne ribadisce la rilevanza, hanno trovato tutela, nel nostro ordinamento, in una serie di leggi che, a partire dagli anni ’80, si sono succedute in ordine sparso per confluire infine nel D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, non a caso intitolato Codice del consumo.
Questa sorta di statuto del consumatore, in via di principio applicabile alla persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta (ex art. 3, lett. a, come modificato dall’art. 3 del d.lgs. n. 221 del 2007), rinviene le ragioni di fondo della protezione accordata in una presunzione di inesperienza, scarsa informazione e soprattutto debolezza contrattuale dello stesso nei confronti della controparte, che, in quanto professionista, e cioè persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale è ragionevolmente molto meglio attrezzata a gestire tutte le fasi del contratto, da quella delle trattative a un eventuale contenzioso.
Siffatte esigenze di tutela non potevano non avere una sponda anche sul terreno processuale, attraverso la previsione di un foro comodo per l’utente, essendo di intuitiva evidenza che l’obbligo di sostenere il giudizio in una località diversa da quella di residenza o di domicilio, limiterebbe fortemente il diritto del consumatore di agire in giudizio, in special modo quando, come il più delle volte accade, a fronte degli alti costi, economici e non, implicati da un processo che si svolga a notevole distanza da quei luoghi, la controversia sia di esiguo valore monetario.
Peraltro, proprio la stretta connessione funzionale della agevole accessibilità del giudice competente a conoscere di questo genere di cause alla effettività della protezione riconosciuta dall’ordinamento, marca la necessità di connotare quel foro come foro esclusivo e tendenzialmente preminente, posto che, in caso contrario, esso sarebbe destinato a essere agevolmente spazzato via attraverso la previsione, non importa se contrattuale o legale, di un foro vantaggioso per la controparte professionale.
Corte di Cassazione Civile Ord. Sez. 6 Num. 5705 Anno 2014