I limiti della satira
Quali sono e come operano i limiti della satira con riferimento alla diffamazione a mezzo stampa tra l’esimente del diritto di critica e di cronaca?
La sussistenza dell’esimente del diritto di critica presuppone, per sua stessa natura, la manifestazione di espressioni oggettivamente offensive della reputazione altrui, la cui offensività possa, tuttavia, trovare giustificazione nella sussistenza del diritto (Cass. pen. Sez. 5, n. 3047 del 13/12/2010); l’esercizio del diritto in parola consente l’utilizzo di espressioni forti ed anche suggestive al fine di rendere efficace il discorso e richiamare l’attenzione di chi ascolta.
In via generale, in tema di esimenti del diritto di critica e di cronaca, la giurisprudenza di legittimità si esprime ormai in termini consolidati nell’individuare i requisiti caratterizzanti nell’interesse sociale, nella continenza del linguaggio e nella verità del fatto narrato. Con riferimento specifico al diritto di critica politica, però, si osserva che il rispetto della verità del fatto assume rilievo limitato, in quanto la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica (Cass. pen. Sez. 5, n. 4938 del 28/10/2010).
Il limite immanente all’esercizio del diritto di critica politica è, pertanto, costituito dal fatto che la questione trattata sia di interesse pubblico e che comunque non si trascenda in gratuiti attacchi personali (Cass. pen. Sez. 5, n. 8824 del 01/12/2010; Cass. pen. Sez. 5, n. 38448 del 25/09/2001).
Va poi tenuto conto della perdita di carica offensiva di alcune espressioni nel contesto politico, in cui la critica assume spesso toni aspri e penetranti quanto più elevata è la posizione pubblica del destinatario (Cass. pen Sez. 5, n. 27339 del 13/06/2007; Cass. pen. Sez. 5, n. 11662 del 06/02/2007; Cass. pen. Sez. 5, n. 15236 del 28/01/2005).
Si è poi osservato che continenza significa proporzione, misura e non continenti sono quei termini che non hanno equivalenti e non sono sproporzionati rispetto ai fini del concetto da esprimere e alla forza emotiva suscitata della polemica su cui si vuole instaurare un lecito rapporto dialogico e dialettico. La continenza formale consente il ricorso anche a parole sferzanti, nella misura in cui esse siano correlate al livello della polemica (Cass. pen. Sez. 5, n. 3356 del 27/10/2010).
Tale considerazione è tanto più valida, allorché il giornalista ricorra ad argomenti ironici o satirici. È infatti noto che lo scritto satirico mira all’ironia sino al sarcasmo e comunque all’irrisione di chi esercita un pubblico potere, in tal misura esasperando la polemica intorno alle opinioni ed ai comportamenti; nell’apprezzare il requisito della continenza, allora, il giudice deve tener conto del linguaggio essenzialmente simbolico e frequentemente paradossale dello scritto satirico, rispetto al quale non si può applicare il metro consueto di correttezza dell’espressione. Il limite insuperabile, anche in tal caso, è quello del rispetto dei valori fondamentali, allorché la persona pubblica, oltre al ludibrio della sua immagine pubblica, sia esposta al disprezzo (Cass. pen. Sez. 5, n. 37706 del 13/09/2013; Cass. pen. Sez. 5, n. 13563 del 20/10/1998).
Nel caso di specie l’articolo illustrava, seppure in chiave critica e satirica, una situazione di fatto reale, e non potevano qualificarsi come falsi gli addebiti formulati dal giornalista nei confronti della persona offesa. Veniva riconosciuta la scriminante del diritto di satira poiché non si è trattato di gratuita aggressione alla persona offesa, ma di forte critica politica e satira nei confronti della stessa, e le espressioni usate nell’articolo, pur nella loro durezza, sono tutte strettamente connesse al fatto vero o comunque aderente alla realtà, secondo i principi enunciati dalla Corte di legittimità in materia di critica politica e di scritti satirici.
Corte di Cassazione, Sez. III Civile, ordinanza 27 maggio 2019, n. 14370