Idem factum
Sussistenza dei medesimi reati per i quali è già stata pronunziata sentenza di assoluzione
La sussistenza dei medesimi reati per i quali è già stata pronunziata sentenza di assoluzione con perfetta coincidenza e sovrapponibilità di fatti e dei soggetti costituisce l’idem factum. E’ quanto stabilito dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 200 del 2016, che rappresenta la chiave di volta definitiva per una compiuta teoria dell’idem factum, e con quanto affermato dalla Sezioni Unite, nella pronuncia Sez. U, n. 34655 del 28/5/2005, cui la Consulta ha inteso richiamarsi.
La pronuncia dei giudici delle leggi del 2016, invero, in linea con l’indirizzo delle Sezioni Unite ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 649 cod. proc. pen., per contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU, nella parte in cui, secondo il diritto vivente, esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenza irrevocabile e il reato per cui è iniziato il nuovo procedimento penale.
La Corte chiarisce, in particolare, che la Convenzione europea impone agli Stati membri di applicare il divieto di bis in idem in base ad una concezione naturalistica del fatto, ma non di restringere quest’ultimo nella sfera della sola azione od omissione dell’agente.
Il diritto vivente, con una lettura conforme all’attuale stadio di sviluppo dell’art. 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU, impone di valutare, con un approccio storico-naturalistico, la identità della condotta concreta e dell’evento, secondo le modalità con cui esso si è concretamente prodotto a causa della prima.
E così, il fatto è il “medesimo” solo se riscontra la coincidenza della triade fenomenica “condotta-nesso causale-evento naturalistico“, sicché non dovrebbe esservi dubbio, ad esempio, sulla diversità dei fatti, qualora da un’unica condotta scaturisca la morte o la lesione dell’integrità fisica di una persona non considerata nel precedente giudizio, e dunque un nuovo evento in senso storico (come nell’ipotesi concreta da cui trae spunto la pronuncia della Corte costituzionale).
In altri termini, il concetto di identità del fatto non può estendersi sino a richiedere, quale presupposto per la sua sussistenza, la sola, generica identità della condotta; è invece necessario che l’interprete proceda ad analizzare tutti gli elementi costitutivi del reato, ma il confronto deve essere operato fra i fatti materiali e non tra le fattispecie astratte, i precetti.
Rimane valido l’insegnamento delle Sezioni Unite n. 34655 del 28/5/2005, pertanto, secondo cui, ai fini della preclusione connessa al principio di “ne bis in idem“, l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona.
Corte di Cassazione sentenza Sez. 5 n. 42325 del 2022