REATO DI ESTORSIONE
Il reato di estorsione è disciplinato dall’art. 629 C.p.: “Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000. La pena è della reclusione da sette a venti anni e della multa da da euro 5.000 a euro 15.000, se concorre taluna delle circostanze indicate nell’ultimo capoverso dell’articolo precedente“.
Ai fini della configurabilità del reato di estorsione, il carattere minaccioso della condotta e la idoneità della stessa a coartare la volontà del soggetto passivo vanno valutate in relazione a concrete circostanze oggettive, non rendendosi necessario che si sia verificata l’effettiva intimidazione del soggetto stesso (Cass. sez. 2, n. 36698 del 19/06/2012).
Pur non essendo necessaria la verifica della concreta efficacia intimidatoria della minaccia non può tuttavia negarsi che ogni volta tale evidenza sia disponibile, la stessa possa essere utilmente valutata per verificare l’esistenza della minaccia. L’effetto intimidatorio, pur non costituendo un elemento necessario per la configurazione della minaccia diventa cioè un elemento di prova utile per verificare in concreto l’esistenza di un comportamento qualificabile come minatorio.
Può dunque essere affermato che, per quanto il comportamento minatorio debba essere sempre valutato nella sua portata oggettiva a prescindere dall'”efficacia” dello stesso, che dipende dall’imponderabile livello di resilienza soggettiva della persona minacciata, tuttavia la prova degli esiti soggettivi della minaccia è valutabile per l’accertamento in concreto della condotta minatoria. (Cassazione penale, sez. II, sentenza n. 19158 del 20/03/2015)
DIFFERENZE TRA REATO DI ESTORSIONE E REATO DI MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA
La diagnosi differenziale tra il delitto di maltrattamenti in famiglia e quello di estorsione deve essere effettuata sulla base della valutazione della direzione soggettiva della minaccia e della violenza; queste nel delitto di maltrattamenti sono funzionali alla prostrazione psicologica e fisica della vittima, mentre nel delitto di estorsione sono dirette all’abbattimento delle sue facoltà volitive, e dunque alla costrizione della stessa per ottenere un profitto ingiusto, con altrui danno (Cass. sez. 2 n. 7382 del 18\03\1986). Peraltro il reato di maltrattamenti in famiglia si connota per la serialità delle condotte aggressive, che non è elemento costitutivo del delitto di estorsione, e si perfeziona con l’ottenimento di un profitto ingiusto da parte dell’autore del reato.
DIFFERENZE TRA REATO DI ESTORSIONE E REATO DI VIOLENZA PRIVATA
Con riguardo ai criteri distintivi tra il reato di estorsione e quello di violenza privata si ribadisce che si configura l’estorsione ogni volta che l’azione violenza sia diretta a procurare all’autore del reato un profitto ingiusto, e non ad un facere generico (Cass. sez. 6 n. 53429 del 5\11\2014; Cass. sez. 2 n. 9024 del 5\11\2013). Quello che caratterizza il delitto di estorsione è infatti la direzione soggettiva della aggressione, agita con minacce o con violenza fisica finalizzate a “costringere” la vittima ad una azione che si caratterizza per il fatto che consente l’ottenimento di un profitto ingiusto. Ove tale specifica finalizzazione dell’azione violenta manchi ed alla non consegua alcun profitto, la condotta deve essere invece inquadrata nella fattispecie residuale prevista dall’art. 610 C.p. (Cass. Penale, Sez. 2, n. 40257/2017).