Il reato di strage
Dispositivo dell’art. 422 Codice Penale
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall’articolo 285, al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità è punito, se dal fatto deriva la morte di più persone, con l’ergastolo.
Se è cagionata la morte di una sola persona, si applica l’ergastolo. In ogni altro caso si applica la reclusione non inferiore a quindici anni.
Secondo la risalente e consolidata giurisprudenza di legittimità il reato di strage si configura quando gli atti compiuti siano tali da porre in pericolo la pubblica incolumità e non siano limitati ad offendere soltanto la vita di una singola persona (Cass., Sez. 1, n. 33459 del 12/07/2001).
Il reato di cui all’art. 422 cod. pen., quindi, è da ritenersi consumato allorché la condotta posta in essere abbia la “capacità” di porre in pericolo la vita di più persone e determinare una strage, a prescindere che si verifichino o meno uno o più eventi letali (Cass., Sez. 1, n. 43681 del 13/05/2015).
In questo senso il reato di strage ha la natura di reato a consumazione anticipata che determina l’inapplicabilità della disciplina del tentativo.
La previsione secondo la quale per la consumazione del delitto è sufficiente che il colpevole compia atti che abbiano l’idoneità a cagionare una situazione di concreto pericolo per il bene tutelato, infatti, comporta che si considera come delitto consumato un comportamento, che, senza tale specifica previsione normativa, potrebbe configurare una ipotesi di tentativo.
In altre parole, la fattispecie consumata del delitto di strage presenta la stessa struttura del delitto tentato, ma è punita come delitto consumato, in considerazione dell’importanza degli interessi che essa tende a tutelare (Cass., Sez. 1, n. 11394 del 11/02/1991).
In tale contesto normativo, pertanto, la desistenza ed il recesso attivo non appaiono in astratto applicabili al delitto di strage: quando la condotta ha già posto in pericolo l’incolumità pubblica il reato si è perfezionato, prima che ciò accada gli atti non possono essere considerati idonei e pertanto non è configurabile il tentativo, presupposto logico e giuridico sia della desistenza volontaria che del recesso attivo (cfr. da ultimo Cass., Sez. 2, n. 16054 del 20/03/2018 nella quale si evidenzia che presupposto della desistenza volontaria è il tentativo c.d. incompiuto e quello del recesso attivo il tentativo c.d. compiuto, cui segue la condotta dell’imputato che si attiva per scongiurare l’evento).
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 2 n. 7835 del 2019