Impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per ragioni oggettive

Impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per ragioni oggettive Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio Alterazione o cambiamento delle abitudini di vita della persona offesa Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza Termini a difesa Obbligazione assunta da un coniuge Risarcimento del danno non patrimoniale alla madre e ai fratelliImpossibilità di procurarsi mezzi adeguati per ragioni oggettive. Revoca dell’assegno divorzile

Nel caso di specie, la Corte di merito ha accertato che, rispetto al momento in cui è stata pronunciata la sentenza di divorzio, era intervenuta una modifica della situazione di fatto che giustificava il riconoscimento dell’assegno divorzile: la ex moglie, a seguito del licenziamento disciplinare conseguente alla sua condotta delittuosa, era divenuta disoccupata, né la stessa era in grado di reperire un lavoro sia in ragione dell’età, sia delle condizioni di salute (invalida civile al 60% con certificazione di portatore di handicap ex L. n. 104 del 1992), sussistendo, pertanto, una situazione caratterizzata dalla inadeguatezza dei mezzi e dalla impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.

Va osservato che la Corte di legittimità, con la sentenza delle Sezioni Unite n. 18287/2018, nell’affermare che l’assegno di divorzio ha (in pari misura) anche natura compensativa e perequativa, ne ha comunque ribadito la funzione assistenziale, richiedendosi, a tal fine, l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi e l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.
Ove tali condizioni non sussistessero al momento della pronuncia della sentenza di divorzio, nel caso in cui, successivamente, uno degli ex coniugi – sul rilievo di essere rimasto disoccupato ed incapace di provvedere al proprio sostentamento – deduca, in sede di modifica delle condizioni di divorzio, essersi verificata una situazione nuova, idonea a modificare l’originario assetto reddituale e patrimoniale e a giustificare il riconoscimento dell’assegno divorzile, il giudice è chiamato ad accertarne la loro eventuale sopravvenienza.

Per contro, nel caso di specie, l’ex marito (ricorrente) deduce che la condotta delittuosa e volontaria (dolosa) della moglie, idonea a farle subire un licenziamento disciplinare, come conseguenza immediata e diretta del reato compiuto in danno del datore di lavoro, deve essere definita come ipotesi ostativa all’insorgenza del diritto a percepire l’assegno divorzile, dovendo tale situazione essere equiparata all’abbandono volontario dal lavoro, situazione in cui la Corte (vi è il richiamo a Cass. n. 26594/2019) ha ritenuto l’insussistenza del diritto all’assegno di divorzio. Assume, inoltre, che la situazione nuova e sopravvenuta idonea a modificare l’originario assetto reddituale e patrimoniale degli ex coniugi non deve dipendere da una condotta colposa (e, maggior ragione, come nel caso di specie, dolosa) dell’ex coniuge richiedente: ove lo stesso si sia macchiato di una condotta antigiuridica, e addirittura penale, perderà il diritto ad usufruire della solidarietà dell’ex coniuge.

E’ pur vero che nella sentenza sopra citata (Cass. n. 26594/2019) la Corte non ha riconosciuto al coniuge richiedente l’assegno divorzile perché l’impossibilità di procurarsi i mezzi adeguati, in quel caso, non dipendeva da incapacità lavorativa, ma dalla “libera scelta” del coniuge di abbandonare l’occupazione lavorativa (si trattava di una ex moglie che, rassegnate le proprie dimissioni dal proprio lavoro in Piemonte, aveva chiesto all’ex marito l’assegno divorzile, dopo che, trasferitasi in Calabria presso i propri genitori, sosteneva di non aver trovato un’altra occupazione).
Tuttavia, in tale ipotesi non veniva riconosciuto l’assegno di divorzio perché la ex moglie, che aveva abbondato volontariamente il lavoro, aveva ancora capacità lavorativa e non si trovava quindi in una situazione di impossibilità di procurarsi i mezzi “per ragioni oggettive“. Non a caso, l’ordinanza n. 26954/2019 aveva evidenziato che il giudice di merito aveva accertato che la ex moglie, “era ancora in giovane età e aveva dimostrato piena capacità di lavorativa“. Ne consegue che il mancato riconoscimento del diritto all’assegno non è stato considerato dalla Corte come una sorta di “sanzione” per il coniuge debole che si è posto volontariamente in una situazione di difficoltà economica, ma sempre legata all’insussistenza dell’oggettiva impossibilità di procurarsi i mezzi adeguati (che, dunque, non è configurabile per il coniuge che ha piena capacità lavorativa).
Nel caso di specie, invece, è proprio una “sanzione” quella che invoca il ricorrente ai danni della ex moglie: pur non contestandosi che quest’ultima si trovi nell’impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per ragioni oggettive, il solo fatto che la situazione di difficoltà economica in cui la stessa attualmente versa sia dipesa da una sua condotta volontaria (addirittura dolosa) comporterebbe, a suo dire, la perdita del diritto di usufruire della solidarietà dell’ex coniuge (principio cui è ispirato il riconoscimento dell’assegno divorzile). Tale impostazione è estranea alla disciplina dettata sia dall’art. 5, che dalla L. n. 898 del 1970, art. 9.
In particolare, già in passato, la Corte di legittimità (vedi Cass. n. 17041/2007; vedi anche Cass. n. 5378/2006), nell’interpretare la L. n. 898 del 1970, art. 9, ha affermato – in una fattispecie in cui il richiedente aveva dedotto, in sede di revisione delle condizioni di divorzio, quale giustificato motivo di concessione di un assegno non previsto in sentenza, la sopravvenuta diminuzione dei redditi a seguito del suo collocamento in pensione – che la volontarietà di tale evenienza non può essere ritenuta dal giudice di merito ragione sufficiente per escludere l’esistenza dei giustificati motivi idonei alla revisione medesima.

Corte di Cassazione Civ., Sez. I, ord. 22 dicembre 2022, n. 37577

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