L’impugnazione del lodo arbitrale ai sensi dell’art. 829 C.p.C. alla luce delle novità introdotte dal D.lgs. n.40 del 2/2/2006, per nullità è ammessa, nonostante qualunque preventiva rinuncia, nei casi seguenti:
1) se la convenzione d’arbitrato è invalida, ferma la disposizione dell’articolo 817, terzo comma;
2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi prescritti nei capi II e VI del presente titolo, purché la nullità sia stata dedotta nel giudizio arbitrale;
3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell’articolo 812;
4) se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti della convenzione d’arbitrato, ferma la disposizione dell’articolo 817;
5) se il lodo non contiene i requisiti indicati nei numeri 5), 6) e 7) dell’articolo 823;
6) se il lodo è stato pronunciato dopo la scadenza del termine stabilito, salvo il disposto dell’articolo 821;
7) se nel procedimento non sono state osservate le forme prescritte dalle parti sotto espressa sanzione di nullità e la nullità non è stata sanata;
8) se il lodo è contrario ad altro precedente lodo non più impugnabile o a precedente sentenza passata in giudicato tra le parti, purché tale lodo o tale sentenza sia stata prodotta nel procedimento;
9) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio;
10) se il lodo conclude il procedimento senza decidere il merito della controversia e il merito della controversia doveva essere deciso dagli arbitri;
11) se il lodo contiene disposizioni contraddittorie;
12) se il lodo non ha pronunciato su alcuna delle domande ed eccezioni proposte dalle parti in conformità alla convenzione di arbitrato.
La parte che ha dato causa a un motivo di nullità, o vi ha rinunciato, o che non ha eccepito nella prima istanza o difesa successiva la violazione di una regola che disciplina lo svolgimento del procedimento arbitrale, non può per questo motivo impugnare il lodo.L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. E’ ammessa in ogni caso l’impugnazione delle decisioni per contrarietà all’ordine pubblico.
L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è sempre ammessa:
1) nelle controversie previste dall’articolo 409;
2) se la violazione delle regole di diritto concerne la soluzione di questione pregiudiziale su materia che non può essere oggetto di convenzione di arbitrato.
Nelle controversie previste dall’articolo 409, il lodo è soggetto ad impugnazione anche per violazione dei contratti e accordi collettivi.
Orbene, l’originario testo dell’art. 829, secondo comma, C.p.C., prevedeva che, salvo deroghe convenzionali, i lodi arbitrali fossero sempre impugnabili per violazione di norme di diritto sostanziali; mentre nel suo nuovo testo, introdotto dall’art 24 D.lgs. n. 40/2006, l’art. 829, terzo comma, C.p.C. prevede, all’opposto, che l’impugnazione dei lodi arbitrali per violazione di norme di diritto sostanziali è ammessa solo «se espressamente disposta dalle parti o dalla legge».
Fino alla riforma dell’arbitrato del 2006 il lodo arbitrale rituale era quindi impugnabile, oltre che per i motivi processuali di cui al vecchio testo dell’art. 829 C.p.C., anche per violazione di legge (sostanziale), salvo che la convenzione arbitrale non avesse disposto diversamente; pertanto, nel silenzio della convenzione, il lodo era sempre impugnabile per violazione di norme di diritto.
Invero, fermo il principio secondo il quale «Nel giudizio di impugnazione per nullità del lodo arbitrale trova applicazione la regola della specificità della formulazione dei motivi (prescritta per il ricorso per cassazione), in considerazione della natura rescindente di tale giudizio e del fatto che solo il rispetto di detta regola può consentire al giudice ed alla parte convenuta di verificare se le contestazioni formulate corrispondano esattamente ai casi di impugnabilità stabiliti dall’art. 829 C.p.C.» (Cass.n.6194/1996; Cass. n. 11917/1998; in tema, Cass. n.12165/2000), ciò non significa che sia assolutamente necessario che l’impugnazione contenga l’indicazione specifica delle disposizioni di legge in tesi violate (Cass. n. 5370/1997), ma è necessario che dal complesso del ricorso risulti quale sia stata la norma (o regola giuridica) violata dagli arbitri, anche se priva della sua (esatta) denominazione, ovvero il principio di diritto che si assume violato, il cui onere di identificazione compete a colui che impugna il lodo arbitrale (Cass. n. 5358/1999; Cass. n. 3383/2004; Cass. n. 6931/2004).
Inoltre, la proposizione della critica alla decisione arbitrale deve seguire il principio della formalizzazione dei motivi specifici di impugnazione, contenuti nell’atto introduttivo, con la conseguenza che il giudice non può prendere in esame altro rispetto a quello che, correttamente, è stato contenuto dell’atto introduttivo dell’impugnazione (Cass. n. 12165/2000).
Infine, va ricordato che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 17931/2013, intervenendo per risolvere un contrasto di orientamenti, ha stabilito che l’errata indicazione di una norma nell’intestazione del motivo di ricorso per cassazione non è causa di inammissibilità dell’impugnazione, purché nel contesto della censura il vizio da denunciare emerga inequivocabilmente.
Corte di Cassazione Civile Sez. 1 n. 9733 Anno 2022