La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente l’impugnazione della sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato per l’esito positivo della messa alla prova, da parte del Pubblico Ministero, in quanto in relazione al reato contestato, non era possibile accedere all’istituto.
Secondo il chiaro disposto dell’art. 464 quater, comma 7, C.p.P., il Pubblico Ministero è legittimato a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza con cui il giudice, ai sensi del precedente comma 3, decide sulla richiesta dell’imputato di sospensione del procedimento per messa alla prova.
La giurisprudenza di legittimità ha interpretato restrittivamente detta norma nel senso di escludere la ricorribilità immediata dell’ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione solo con riferimento all’imputato, rilevando come lo stesso sia titolare del ben più ampio potere di rinnovare la richiesta di accesso al rito fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento e che, in ogni caso, una volta emessa la sentenza di primo grado, abbia sempre la possibilità di appellare l’ordinanza congiuntamente alla sentenza, secondo la regola generale fissata dall’art. 586 C.p.P. (Cass., Sez. U., n. 33216 del 31/03/2016).
Al contrario, il pubblico ministero avverso il provvedimento con il quale il giudice, vagliata preventivamente l’ammissibilità dell’istanza di messa alla prova, dispone la sospensione, è legittimato ad esperire, in via esclusiva, uno specifico strumento di impugnazione ovvero il ricorso per cassazione, previsto dall’art. 464 quater, comma 7, C.p.P., con il quale può, in primo luogo, sollecitare il sindacato sulla sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 168 bis C.p.
Anche la sentenza con la quale il giudice, ai sensi dell’art. 469 septies C.p.P., dichiara, nell’ambito dello stesso procedimento speciale, che la prova ha avuto esito positivo con conseguente estinzione del reato, per quel che interessa in questa sede, è ricorribile per cassazione, secondo i princìpi generali fissati dall’art. 111, comma 7, Cost. e dall’ art. 568, commi 2 e 3, C.p.P.
E’ evidente, però, che la cognizione dei due giudizi di impugnazione azionabili dal pubblico ministero – rispettivamente avverso l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 464 quater, comma 3, C.p.P., ed avverso la sentenza di cui all’art. 469 septies C.p.P., – deve essere necessariamente diversa.
Ciò, implica, in primo luogo, che con il ricorso per cassazione avverso la sentenza di proscioglimento non possono essere proposti motivi attinenti all’ammissibilità della richiesta di sospensione del processo con messa alla prova perché preclusi dall’avvenuta decorrenza del termine entro il quale deve essere proposto il mezzo di impugnazione avverso l’ordinanza di cui all’art. 464 quater commi 3 e 7, C.p.P.; al contrario, ben potranno essere dedotte, secondo le regole ed i limiti del giudizio di legittimità, censure attinenti alla fase del procedimento successiva all’ordinanza di sospensione sia di natura processuale (si pensi, ad esempio, all’omesso avviso alle parti o alla persona offesa per l’udienza dedicata alla decisione finale ex art. 464 septies comma 1, secondo periodo, C.p.P. ) sia eventuali errores in iudicando.
Deve ribadirsi, dunque, che nel sistema delineato dal legislatore, con l’impugnazione della sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato per l’esito positivo della messa alla prova non può essere più dedotta la doglianza, relativa all’originaria insussistenza di uno dei casi previsti dall’art. 168 bis C.p.P. per l’accesso al rito speciale (Cass., Sez. 1, n. 41629/2019).
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 2 n. 5245 Anno 2021