La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente il rigetto dell’istanza di sospensione del processo per messa alla prova nell’ipotesi di imputazioni plurime e cumulative, avanzata soltanto per alcune di esse.
Nel caso di specie la richiesta di sospensione del processo con messa alla prova avanzata dall’imputato/ricorrente soltanto in relazione ad alcuni dei reati addebitatigli, avendo per i restanti chiesto ed ottenuto di procedere con il rito abbreviato, veniva rigettata da parte del giudice di primo e di secondo grado.
La Corte distrettuale, così come il primo giudice, ha disatteso la richiesta di sospensione, rilevando che la scelta dei due differenti riti per le diverse imputazioni contrasterebbe con la finalità deflattiva che ne giustifica il diritto all’accesso e le connesse conseguenze premiali e citando, a proprio conforto, alcuni precedenti di legittimità.
Per converso l’imputato/ricorrente, richiamando a sua volta altre pronunce di legittimità, obietta, in particolare, che, in caso di imputazioni cumulative, è consentita l’analoga richiesta di definizione in parte con il rito abbreviato ed in parte con applicazione di pena e che, con la richiesta di giudizio abbreviato, possono essere avanzate richieste subordinate di altri riti speciali, per l’eventualità che la prima non venga accolta.
Orbene, la sentenza impugnata si basa sull’erroneo presupposto per cui al pari degli altri procedimenti speciali ab origine previsti dal codice di rito (Libro VI, Titoli I-V), anche la sospensione del procedimento con messa alla prova trovi fondamento in esigenze di speditezza processuale e, in particolare, condivida con il c.d. “patteggiamento” ed il giudizio abbreviato una funzione deflattiva dei carichi processuali, che ne legittimerebbe la richiesta cumulativa in via gradata.
In realtà, è sufficiente scorrere le disposizioni degli artt. 464-bis e seguenti del codice di procedura penale, per rilevare come la sospensione con messa alla prova non determini alcuna deflazione del carico giudiziario, comportando, semmai, un aggravio del procedimento, attraverso la previsione di incombenze ulteriori, dell’intervento di organi esterni all’apparato giudiziario e di un’eventuale stasi processuale.
La ragione giustificatrice dell’istituto, dunque, è tutt’altra e va individuata nel favore per la risocializzazione del reo, prima ed in via alternativa e preferibile rispetto alla sottoposizione di esso a pena.
Ma, se così è, ne scaturisce, con logica ovvietà, che tale procedimento di recupero del reo non possa essere parziale, sì da essere sperimentato e consentito, in caso di imputazioni plurime e cumulative, soltanto per alcune di esse: in tal senso, la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di esprimersi, stabilendo che la sospensione con messa alla prova non possa essere disposta, previa separazione dei processi, soltanto per alcuni dei reati contestati per i quali sia possibile l’accesso al beneficio, in quanto la messa alla prova tende all’eliminazione completa delle tendenze antisociali del reo, sì che una rieducazione “parziale” sarebbe incompatibile con le finalità dell’istituto (Cass. Sez. 2, n. 14112 del 12/03/2015).
Corte di Cassazione, Sez. 6, n. 27394/2021